Sicurezza degli impianti e gestione dei rifiuti radioattivi di Giancarlo Bolognini* In tutto il mondo sono state a oggi costruite e messe in funzione oltre 500 centrali nucleari; la maggior parte di esse si trova in paesi dell OCSE. Si stima che nel periodo 2005-2035 siano circa 400 gli impianti che concluderanno la propria vita operativa, e che dovranno essere smantellati, con dei costi complessivi rilevanti stimati in oltre 120 miliardi di euro. La sicurezza degli impianti sottoposti a smantellamento, processo che richiede anni o decenni, e il problema dello smaltimento delle scorie radioattive, costituiscono problemi sensibili, come dimostra il caso italiano. Man mano che gli impianti nucleari di tutto il mondo raggiungono la fine della loro vita tecnico-economica, gli esercenti in molti paesi sono chiamati a interromperne il funzionamento. Si devono affrontare, allora, sia le problematiche connesse alla disattivazione e allo smantellamento (D&S) per ottenere il rilascio degli edifici e dei siti liberi da vincoli radiologici, sia quelle relative all idonea gestione dei rifiuti derivanti. A seconda del percorso prescelto, la disattivazione e lo smantellamento degli impianti nucleari possono richiedere alcuni anni o più decenni, soprattutto per gli impianti di maggiori dimensioni. Questa estensione temporale comporta specifiche decisioni da parte del sistema paese, ad esempio in tema di finanziamento, gestione rifiuti, politica industriale e ha un impatto più ampio, visto che coinvolge problemi quali la sostenibilità dell energia nucleare e la salvaguardia del benessere delle comunità locali. L obiettivo del presente articolo è di offrire, utilizzando una terminologia non troppo specialistica, una breve panoramica della situazione e delle problematiche legate alla disattivazione degli impianti nucleari e allo smaltimento dei rifiuti prodotti. La gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi sono punti chiave per la riuscita delle attività di D&S degli impianti nucleari e rappresentano la parte principale dei costi totali, anche data la grande quantità di rifiuti. Ciò richiede particolare attenzione nello sviluppo e nell applicazione di criteri normativi e di controllo sui quali fondare il rilascio dei materiali, per la riutilizzazione o il riciclo. Altro aspetto che deve poi essere tenuto in considerazione riguarda la protezione fisica da atti criminosi esterni, che deve continuare a
essere garantita a un impianto sottoposto a smantellamento, soprattutto visti il combustibile e i rifiuti radioattivi in esso presenti. Gli avvenimenti dell 11 settembre hanno naturalmente acuito le preoccupazioni in merito; le misure di protezione si sono perciò estese a tutto il materiale nucleare esistente. Situazione degli impianti nucleari nel mondo. In tutto il mondo sono state a oggi costruite e messe in funzione oltre 500 centrali nucleari, e la maggior parte di esse è ubicata in paesi membri dell OCSE. Queste centrali sono equipaggiate principalmente con reattori raffreddati ad acqua bollente (boiling-water reactor), ad acqua pressurizzata (pressurized-water reactor), a gas (gas-cooled reactor). Poiché l età media delle centrali nucleari è di circa 15 anni, rispetto a una vita utile di almeno 30-40 anni, il tasso di messa fuori servizio culminerà poco oltre il 2015. Ipotizzando infatti una vita utile di 30 anni, si stima che nel periodo 2005-2035 siano circa 400 gli impianti che concluderanno la propria vita operativa, e che dovranno essere smantellati, con dei costi complessivi rilevanti stimati in oltre 120 miliardi di euro. Il problema delle responsabilità e il ruolo della Commissione europea. Le principali funzioni associate alle attività di D&S degli impianti nucleari e alla gestione dei rifiuti risultanti, comprendono: l elaborazione di politiche nazionali riguardanti la strategia di chiusura e smantellamento degli impianti nucleari e la gestione dei relativi rifiuti; l emanazione di leggi sulla sicurezza nucleare, sulla protezione dalle radiazioni e sulla salvaguardia ambientale, oltre a normative concernenti le verifiche di sicurezza per le attività D&S e la gestione dei rifiuti; l esecuzione delle attività di D&S e di gestione dei rifiuti. Queste funzioni sono espressamente riconosciute nella Convenzione internazionale congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, che include fra i suoi obiettivi anche la disattivazione degli impianti nucleari. Quindi, le funzioni descritte trovano sistematico riconoscimento in tutti i paesi, anche se il quadro degli organismi incaricati può variare da un paese all altro. Nel caso specifico della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, una questione importante concerne la ripartizione delle responsabilità tra il governo e altri organismi. I poteri e le 2
responsabilità degli organismi incaricati della gestione dei rifiuti variano, come pure la responsabilità di elaborazione dei criteri di accettazione dei rifiuti ai depositi e l approvazione dei relativi programmi. L elaborazione delle politiche e strategie nazionali, e l emanazione degli strumenti normativi e regolamentari, sono generalmente attuate a livello nazionale dai ministeri o dai dipartimenti competenti. I paesi appartenenti all Unione Europea sono vincolati anche dal Trattato Euratom, che in tema di radiazioni ionizzanti obbliga i governi nazionali all adozione di direttive e standard. La Commissione europea svolge in tal modo un ruolo chiave e le direttive europee, gli standard, le linee guida e le raccomandazioni sono adottati attraverso le leggi e i regolamenti nazionali che le recepiscono. Un esempio importante è dato dalla direttiva del Consiglio del 13 maggio 1996, recante gli standard base di sicurezza (Basic Safety Standards) per la protezione della salute della popolazione e dei lavoratori contro i danni derivanti dalle radiazioni ionizzanti (direttiva 96/29/Euratom). Tra le altre cose, la direttiva autorizza il riciclaggio, il riutilizzo o l eliminazione dei materiali radioattivi a condizione che le sostanze siano conformi ai requisiti sulle concentrazioni massime dei singoli radionuclidi. Questi limiti devono essere stabiliti dalle autorità nazionali competenti secondo i criteri fondamentali di valutazione delle dosi previsti nella direttiva e tenendo conto delle raccomandazioni tecniche elaborate da un gruppo di esperti istituito nell ambito del Trattato Euratom. Strategie di D&S. Le strategie per lo smaltimento possono essere di vario tipo: Smantellamento immediato: con questa strategia le attività di smantellamento avvengono, in alcuni anni, subito dopo la cessazione dell esercizio. I rifiuti radioattivi residui sono trattati, imballati e mantenuti in un sito idoneo allo stoccaggio temporaneo o trasportati al sito di smaltimento definitivo. Lo smantellamento immediato offre il vantaggio di disporre rapidamente del sito (eventualmente di alcuni edifici) e consente di incaricare delle attività di D&S operatori dotati di una notevole conoscenza dell impianto. Tale soluzione può comportare costi inferiori, anche se richiede un impegno finanziario iniziale importante. Una parte dei costi deriva dalla necessità di lavorare in presenza di attività radiologica significativa e di dotare l impianto di schermature e di apparecchiature di manipolazione a distanza, al fine di limitare al minimo le dosi assorbite dai lavoratori - dal momento che questa opzione non può contare sui vantaggi del decadimento 3
radioattivo. Possono inoltre manifestarsi maggiori esigenze di stoccaggio e di smaltimento dei rifiuti radioattivi per il fatto di non poter sfruttare la possibilità di un loro decadimento naturale. Le principali problematiche legate a tale strategia sono il timore del possibile degrado dell impianto dopo la chiusura, la possibile perdita delle conoscenze operative e del personale competente dopo l interruzione dell esercizio dell impianto, nonché il possibile venire meno dei fondi necessari alle attività di D&S nel caso di differimento delle attività. Le attività di smantellamento hanno una durata di circa 10 o 20 anni. Alcuni paesi, specie quelli che continuano a impegnarsi nell uso dell energia nucleare, come Giappone e Francia, adottano questa strategia con l obiettivo di avere dei siti disponibili per la costruzione di nuovi impianti nucleari. Safe storage: con tale strategia, dopo l allontanamento del combustibile dal reattore e dalla piscina di raffreddamento, vengono effettuati smantellamenti solo sulle parti debolmente contaminate. L edificio reattore viene posto in condizioni di sicurezza, sigillato in tali condizioni e mantenuto in questo stato per alcuni decenni. Il decadimento naturale riduce la quantità di materiali contaminati e radioattivi da trattare e smaltire nel corso delle successive attività di D&S, con una conseguente riduzione dell esposizione dei lavoratori e della popolazione. Questa opzione presenta tuttavia problemi connessi con la possibile perdita di personale qualificato, l indisponibilità del sito e degli edifici per un periodo di tempo prolungato e le incertezze sui costi futuri di smaltimento dei rifiuti, manutenzione, sicurezza e sorveglianza del sito. Il Regno Unito ha adottato questa strategia per lo smantellamento di tutti i suoi impianti raffreddati a gas. Entombment: le strutture, i sistemi e i componenti radioattivi sono racchiusi in una struttura resistente e durevole nel lungo periodo, come ad esempio il calcestruzzo. La struttura risultante è poi sottoposta a un programma di manutenzione e sorvegliata permanentemente, finché il decadimento delle sostanze radioattive non ne consente l eliminazione. Con tale strategia ogni impianto diventa un deposito definitivo di se stesso. Rispetto alle altre strategie, i vantaggi sono collegati alla limitata quantità di lavoro necessaria per incapsulare l impianto e alla diminuzione delle dosi professionali. Tuttavia, tenendo conto della radioattività contenuta, questa opzione può risultare inapplicabile nel quadro delle 4
attuali normative correnti. La strategia è stata utilizzata negli Stati Uniti per tre piccoli reattori dimostrativi, ma nessun operatore industriale l ha proposta per i reattori di potenza. Tra le prime attività del processo di D&S di un impianto nucleare, vi è la rimozione del combustibile irraggiato - operazione comune a tutte le strategie. Tale attività può comportare il riprocessamento (reprocessing) del combustibile, con conseguente recupero dell uranio e del plutonio, o la sistemazione del combustibile in contenitori a secco, depositati temporaneamente in apposite strutture bunkerizzate (deposito provvisorio). Il combustibile o i rifiuti risultanti dal riprocessamento avranno poi collocazione finale in una struttura geologica che dia garanzie di stabilità nel corso di diversi secoli e che costituirà, quindi, il deposito a termine indefinito (smaltimento). Le successive attività in ambito di D&S comprendono la messa a punto di adeguate tecnologie, dipendenti dalle caratteristiche dell impianto da smantellare. Le principali aree di approfondimento sono le seguenti: Tecniche di decontaminazione, che coinvolgono generalmente diversi processi chimici, meccanici o elettrici, o una loro combinazione. Tali tecniche sono utilizzate per ridurre o eliminare la contaminazione dai metalli, dal cemento e da altre superfici. Ciò consente di facilitare i lavori di taglio e manipolazione dei componenti da smantellare e di ridurre il quantitativo di rifiuti radioattivi prodotti. Tecniche di taglio, utilizzate per smantellare le installazioni, incluse le strutture in metallo o cemento, gli impianti e le attrezzature di tutti i tipi. Esse si basano su processi meccanici, termici, ecc. Tecniche di misurazione della radioattività, utilizzate per redigere l inventario radioattivo all interno dell impianto, selezionare i processi di decontaminazione e/o di smantellamento, classificare i materiali e i rifiuti in categorie allo scopo di trattarli, immagazzinarli e smaltirli, adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori, verificare che i materiali, gli edifici e il sito possano essere liberati da vincoli radiologici. Tecniche di operazione a distanza, utilizzate per lavorare a distanza o in ambienti schermati, che includono telemanipolatori e strumenti semiautomatici che consentono di lavorare a distanza dalle fonti di radiazione. Tecniche di trattamento, precondizionamento e condizionamento dei rifiuti, affinché essi siano conformi alla normativa sul trasporto e alle specifiche di smaltimento. Tipiche 5
tecnologie sono i trattamenti termici (incenerimento, fusione, vetrificazione) o chimicofisici (cementazione). Gestione dei rifiuti radioattivi. La gestione dei rifiuti radioattivi derivanti dalle attività di D&S degli impianti nucleari è un punto fondamentale da prendere in considerazione nella pianificazione e nella tempistica di tali attività; la disponibilità di impianti di smaltimento dei rifiuti (depositi) rappresenta un fattore determinante nel decidere quale strategia adottare per lo smantellamento di un impianto. Ove non esista una infrastruttura di smaltimento, può essere giudicato appropriato - come detto - il differimento delle attività di D&S finché non sia disponibile tale capacità. Tuttavia, ove le circostanze portino alla scelta della strategia di D&S immediato, senza che esistano ancora impianti di smaltimento, l unica alternativa è quella di smantellare l impianto e trasferire i rifiuti prodotti in una struttura di stoccaggio temporaneo. I rifiuti radioattivi derivanti dalle attività di D&S di un impianto nucleare comprendono: I rifiuti di alta attività e i rifiuti di bassa e media attività a lunga vita, sotto forma di combustibile irraggiato, di prodotti del suo ritrattamento o di materiali attivati con radionuclidi di lunga vita (tempi di decadimento di migliaia di anni). I rifiuti di bassa e media attività a breve vita, prodotti in notevoli quantità rispetto ai precedenti, sotto forma di materiali contaminati con radionuclidi di breve vita (tempi di decadimento di centinaia di anni). Essi comprendono parti di impianto e attrezzature o materiali strutturali, come l acciaio e il calcestruzzo. Normalmente, i costi di trattamento, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti derivanti dalle attività di D&S rappresentano la componente principale dei costi totali di smantellamento. Nel 1995, l Agenzia internazionale dell Energia atomica ha pubblicato una Safety Series sui Principi di gestione dei rifiuti radioattivi in cui si richiama l assoluta necessità di non imporre alle future generazioni vincoli od oneri dei quali esse non sono responsabili. In base a questo principio etico, oggi si opera per definire soluzioni ottimali riguardo il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi sino a ora prodotti, in modo da garantire nel tempo la salvaguardia delle persone e dell ambiente. Le soluzioni individuate comprendono, a seconda della tipologia di rifiuto, l immagazzinamento in depositi superficiali (o sub-superficiali) e profondi (geologici) che presentano caratteristiche diverse. 6
Sia dal punto di vista della sicurezza nucleare (safety) che della protezione fisica (security), la scelta del deposito superficiale può fornire garanzie negli anni solo a patto che venga mantenuta e assicurata una attività di sorveglianza, di controllo e di manutenzione continua, in modo da prevenire ogni tipo di deterioramento o di intrusione volontaria. D altra parte, il deposito geologico garantisce tale sicurezza senza che debba essere sorvegliato e mantenuto nel tempo, data l elevata profondità al quale è posto e per le protezioni naturali di cui è dotato. Per i rifiuti ad alta attività e lunga vita, le linee guida internazionali indicano il deposito geologico come la soluzione ottimale. La situazione in Italia. Sul territorio italiano esistono quattro centrali elettronucleari e cinque impianti di trattamento e fabbricazione del combustibile nucleare che sono in fase di smantellamento, e che contengono materiali radioattivi ad alta attività, con particolare riferimento al combustibile irraggiato e ai rifiuti derivanti dal ciclo del combustibile. La strategia nazionale di gestione del nucleare pregresso, definita in uno specifico documento del 14 dicembre 1999 trasmesso dal ministro dell Industria al Parlamento, si fonda su tre obiettivi generali da conseguirsi in modo coordinato: sistemazione dei materiali nucleari, dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato esistenti (entro 10 anni); localizzazione e realizzazione del sistema nazionale di stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi (entro 10 anni); disattivazione e smantellamento degli impianti nucleari esistenti (entro 20 anni; quindi con una strategia di smantellamento immediato). Gli indirizzi strategici formulati nel documento al Parlamento del dicembre 1999 sono stati ribaditi e confermati, dal ministero dell Industria (2001), negli Indirizzi operativi alla SOGIN, la società di proprietà del ministero dell Economia incaricata dello smantellamento delle centrali nucleari e degli impianti del ciclo del combustibile. Costituita in attuazione del decreto legislativo n. 79/99, la SOGIN è operativa dal 1 novembre 1999 e ha incorporato le strutture e le risorse della divisione nucleare dell ENEL. Nell estate del 2003, SOGIN ha assunto anche la responsabilità degli impianti del ciclo del combustibile di proprietà ENEA e FN (Società fabbricazioni nucleari). I programmi nucleari e le attività condotte nell industria, nella ricerca e nel settore medicoospedaliero hanno prodotto, a oggi, circa 30 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, solo una parte dei quali è stata sottoposta a processi di trattamento (riduzione del volume) e condizionamento (immobilizzazione in forme idonee allo smaltimento). La parte 7
preponderante è tuttora stoccata presso i siti di produzione, attualmente gestiti da SOGIN (centrali elettronucleari, impianti del ciclo del combustibile) e da un ristretto numero di aziende operanti del settore nucleare (Avogadro, Nucleco, Sorin, solo per citarne alcune). Le attività di disattivazione e smantellamento degli impianti produrranno a loro volta ingenti quantitativi di materiali radioattivi da condizionare e smaltire (30.000 m 3 secondo le stime correnti). Ma la componente più impegnativa di questo retaggio è rappresentata dal combustibile nucleare irraggiato. I quantitativi di cui l Italia deve farsi carico ammontano complessivamente a circa 300 tonnellate di ossidi di uranio, plutonio e torio. Presupposto fondamentale per dare soluzione definitiva al problema è dunque la disponibilità di un deposito centralizzato per lo stoccaggio dei materiali radioattivi. Negli intendimenti originari, il sito in cui realizzare il deposito avrebbe dovuto essere individuato entro la fine del 2001 e la costruzione sarebbe dovuta iniziare nel 2005, in modo da rendere operativo il deposito all inizio del 2009. Però, a oggi il sito non è stato ancora localizzato. Recentemente, dopo aver considerato l aumento dei rischi derivanti dall inasprimento dell attuale situazione internazionale, si è deciso di intraprendere nuove azioni volte all immediato trattamento e messa in sicurezza del materiale fissile e dei rifiuti radioattivi ancora presenti sui siti nucleari italiani. Il governo italiano si è quindi espresso decretando lo stato di emergenza in relazione allo smaltimento dei rifiuti radioattivi e nominando un Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari fino alla data del 31.12.04 per le regioni interessate: Lazio, Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte. Le azioni intraprese comprendono sia l accelerazione di attività già previste nei programmi di decommissioning (sistemazione del combustibile, smaltimento rifiuti radioattivi, e così via), sia nuove attività volte ad aumentare la protezione fisica di aree sensibili (impianti anti-intrusione). * Giancarlo Bolognini ha ricoperto numerosi incarichi in ambito nazionale e internazionale nel settore nucleare. È ora amministratore delegato della SOGIN (Società gestione impianti nucleari). 8