MUSICA, CORPO E CERVELLO (PARTE SECONDA) PROF. MAURIZIO PISCITELLI
Indice 1 LO SVILUPPO DEL CERVELLO MUSICALE ------------------------------------------------------------------------ 3 2 NEUROLOGIA DELLA MUSICA ----------------------------------------------------------------------------------------- 5 2 di 7
1 Lo sviluppo del cervello musicale 1 L abilità di percepire la musica sembra essere presente già molto precocemente durante lo sviluppo. Naturalmente, impariamo le nozioni specifiche della nostra cultura musicale dall ambiente. Ma il bambino sembra venire al mondo con un cervello già ben preparato a elaborare il proprio mondo musicale. Ogni madre conosce il modo con cui il bambino risponde al tono e al ritmo della sua voce. Ma i bambini sono dei mini-musicisti sorprendentemente sofisticati: sono in grado di distinguere diverse scale e accordi, e, ad esempio, mostrano di preferire combinazioni armoniche rispetto a quelle disarmoniche. Possono riconoscere a distanza di giorni e settimane melodie che hanno ascoltato, e sono capaci di notevole prodezze di apprendimento, una volta entrati a contatto regolarmente con i suoni 2. Si può dire che nei bambini il sistema nervoso sembra essere equipaggiato con una capacità di percepire le differenze nei suoni musicali che raggiungono le loro orecchie in modo tale da costruire una grammatica, ovvero un sistema di regole. Potrebbe essere obiettato che questa è una parte della capacita generale di comprendere il mondo, di essere in grado di predire cosa avverrà nel tempo immediatamente successivo. In un certo senso questo e certamente vero. Ma è importante chiarire che questa abilità arricchisce i bambini della capacita espressa in seguito, nel corso della loro vita, di rispondere alla musica e a godere di essa. Queste evidenze supportano l idea generale che l abilità di percepire e processare la musica non è una recente integrazione alla nostra cognizione, ma che e stata presente da un periodo di tempo tanto lungo da essere espressa sin dai primi stadi del nostro sviluppo nervoso. La musica comprende non solo l ascolto, ma anche il suonare e il creare. Qui le differenze individuali sono molto più spiccate. Nonostante quasi tutti possiedano un sofisticato sistema neurale tale da permettere loro di percepire la musica, non tutti sono in grado di suonare il pianoforte come Vladimir Horowitz. Questo porta a formulare due domande scientifiche molto interessanti, che sono oggetto di attiva ricerca: come possiamo spiegare le differenze individuali nelle capacita innate? Quali effetti può portare l allenamento nelle funzioni e nella struttura del cervello? Piccoli progressi sono stati fatti per quanto riguarda la prima domanda, fatta eccezione del caso molto specifico del cosiddetto orecchio assoluto, per il quale iniziano a essere scoperti fattori genetici e ambientali 3. È ora chiaro che l orecchio assoluto non può svilupparsi senza allenamento musicale, ma, necessariamente, il contatto con la musica deve avvenire durante l infanzia: passata l età dai 12 ai 3 di 7
15 anni, è praticamente impossibile apprenderlo. Da questo si può concludere che il cervello deve essere particolarmente sensibile durante un certo periodo dello sviluppo. Ma non tutti i bambini che prendono lezioni di musica sviluppano questa abilità, e quindi altri fattori devono entrare in gioco. Nuovi dati suggeriscono che la genetica svolge un ruolo importante. Questo è un campo su cui si deve studiare nel prossimo futuro. Sta ormai emergendo un numero di scoperte molto chiare che ci aiutano a capire come il cervello è scolpito dall esperienza musicale. Molti di questi lavori mostrano che l allenamento musicale promuove l attività di certi sistemi neurali. Per esempio, aree della corteccia motoria corrispondenti specificamente alle dita della mano sinistra mostrano una reattività elettrica migliore tra i violinisti 4. Questi cambiamenti sono direttamente collegati all età alla quale è iniziato l allenamento: coloro che hanno cominciato a studiare musica nella prima infanzia mostrano le modificazioni più estese nella risposta cerebrale; quelli che hanno atteso fin dopo la pubertà mostrano benefici molto più ristretti. Effetti simili sono stati descritti per la reattività della corteccia uditoria ai suoni prodotti dagli specifici strumenti. Inoltre cambiamenti anatomici accompagnano questi miglioramenti nella prontezza cerebrale. Molti studi hanno riportato una maggiore densità del tessuto nervoso o un allargamento delle strutture correlate alle capacità motorie e uditive tra i musicisti, indicando che anni di allenamento cambiano effettivamente la sottostante struttura del sistema nervoso. Queste scoperte non dovrebbero essere usate per evidenziare che la musica rende il cervello delle persone più grande e quindi migliore. Tali cambiamenti sono molto specifici, e potrebbero avvenire a spese di altre funzioni. Ma queste scoperte circa la plasticità cerebrale hanno implicazioni molto generali per la nostra comprensione della collaborazione tra l ambiente e il cervello, in particolare nel contesto dello sviluppo, cosi come è critica l età a cui si inizia l allenamento musicale. 4 di 7
2 Neurologia della musica Le immagini a risonanza magnetica consentono ai neurologi di osservare con precisione cosa avviene al cervello quando elabora la musica e di studiare eventuali connessioni con altre funzioni mentali, mentre la tomografia ad emissione di positroni permette di controllare i cambiamenti del flusso sanguigno nel cervello di persone sottoposte all ascolto di musiche scelte appositamente per la loro capacità di indurre reazioni emotive intensamente piacevoli, compresi i brividi 5. Il cervello, che riceve le informazioni musicali attraverso il canale uditivo, elabora la musica utilizzando diverse aree del cervello. Ad esempio, gli intervalli di altezza e la melodia vengono elaborati nella parte laterale di un settore chiamato giro di Heschl, all interno del lobo temporale, i cui circuiti partecipano alla percezione dell altezza dei suoni 6. Isabelle Peretz insieme ai suoi collaboratori ha ipotizzato che l emisfero destro individua le altezze dei suoni 7, mentre quello sinistro si concentra sugli intervalli. Ovviamente la risposta del cervello alla musica non consiste solamente nell elaborare, grazie all apporto uditivo, schemi delle altezze e del ritmo ma, anche, visivamente: «può richiedere l intervento della corteccia visiva per leggere la musica e osservare il direttore o i suoi colleghi, mentre la corteccia sensoriale consente a ognuno di percepire lo strumento sotto le dita» 8. La musica può attivare processi psicologici anche diversi da quelli cognitivi. L obiettivo primario del cervello è individuare le caratteristiche acustiche di base, per esempio le frequenze delle altezze, le armoniche fondamentali o la durata delle note e il volume. Successivamente i risultati «vengono confrontati con i dati musicali immagazzinati nella memoria e nell esperienza ad esempio, la nostra conoscenza esplicita e implicita dei rapporti armonici e delle cadenze, dei generi e degli stili [ ]. Al tempo stesso, ogni aspetto dell analisi e della sintesi in questione stimola le nostre emozioni, e alla fine le informazioni associative, sintattiche ed emotive vengono combinate insieme per stimolare una sorta di risposta comportamentale: ci eccitiamo, ci calmiamo, ci emozioniamo, o ci annoiamo» 9. Secondo Schön: «l ascolto della musica può aumentare la prestazione in una serie di compiti cognitivi, ma tale effetto è mediato dallo stato di attivazione e dall umore [ ]. La musica ha una capacità di cambiare l umore e lo stato di attivazione e questo influenza sulla prestazione in compiti cognitivi, non solo per le competenze visuo-spaziali» 10. Ball afferma che imparare a suonare e a 5 di 7
leggere la musica richiede concentrazione, attenzione, autodisciplina e buona memoria: caratteristiche necessarie anche in altri ambiti dell apprendimento, come la matematica. L informazione musicale viene elaborata da un area specifica del cervello e circola da un area all altra in un flusso continuo. La corteccia uditiva destra, per esempio, è più specializzata della sinistra nell analisi precisa dell informazione dell altezza di un suono, mentre la corteccia sinistra è più specializzata nell analisi dell informazione temporale. Questo, però, non significa che la corteccia uditiva destra analizzi solo l informazione frequenziale e la sinistra l informazione temporale. L elaborazione sintattica musicale richiede l intervento di strutture simili a quelle che operano per l analisi sintattica - linguistica: tali strutture che coincidono con l area di Broca sono più attive a destra che a sinistra per la musica. Si assiste, quindi, a una sovrapposizione delle due aree cerebrali per l elaborazione musicale e linguistica 11. I musicisti devono saper usare le mani in modo indipendente per suonare il proprio strumento e devono contemporaneamente essere in grado di leggere i simboli musicali e interpretarli. In altre parole i musicisti devono essere particolarmente bravi nell integrare informazioni che arrivano da entrambi gli emisferi: per leggere le note si ricorre all emisfero sinistro, mentre per l interpretazione della musica scritta si usa quello destro. I neurologi Gaser e Schlaug hanno rilevato un certo numero di differenze nelle funzioni cerebrali tra musicisti (in modo particolare quelli che suonano strumenti a tastiera) e non musicisti, tra le quali si registra una maggiore abilità in campo motorio, uditivo e visuo-spaziale 12. Inoltre, per i musicisti che usano le dita nell esecuzione della musica, la rappresentazione della mano nella corteccia è più grande: si potrebbe dire che sono più a contatto con le loro dita. Inoltre i musicisti presentano un maggiore sviluppo di una parte della corteccia uditiva utilizzata per elaborare l altezza dei suoni. In generale, quanto più lunga è stata la formazione del musicista, tanto più pronunciati sono questi cambiamenti anatomici; il che lascia supporre che essi siano degli effetti più che delle cause, ossia un prodotto sistematico dell apprendimento musicale e non differenze innate che rendono più probabile una carriera musicale» 13. 6 di 7
1 Zatorre R. (2007). Musica, cibo per le neuroscienze. Quaderni ACP, 14(1), 22-25. 2 Peretz I., Zatorre R. J. (2003) (a cura di). The Cognitive Neuroscience of Music, New York: Oxford University Press. 3 Ibidem 4 Ibidem 5 Ball P. (2011). L istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro. Bari: Edizioni Dedalo, pp. 508. 6 Ivi, p. 292-293. 7 L altezza è un aspetto primario per l elaborazione dell armonia. 8 Ivi, p. 294 9 Ivi, 295 10 Schon D., Akiva-Kabiri L., Vecchi T. (2007). Psicologia della musica. Roma: Carocci, p. 55. 11 Ibidem. 12 Gaser C., Schlaug G. (2003). Brain structures differ between musicians and non-musicians. The Journal of Neuroscience, 23(27), 9240-9245. 13 Ball P. (2011). L istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro. Op. cit., p. 299 7 di 7