A partire dagli anni Sessanta le donne hanno assunto un ruolo primario nell emigrazione per lavoro, una vera rivoluzione su scala globale.



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Transcript:

A partire dagli anni Sessanta le donne hanno assunto un ruolo primario nell emigrazione per lavoro, una vera rivoluzione su scala globale. Questo trasferimento su larga scala di lavoro produce uno scambio diseguale. La globalizzazione non riguarda solo l ipermobilità dei capitali e la crescita delle economie delle informazioni. Riguarda anche luoghi e processi di lavoro specifici. La donna è l elemento che promuove la migrazione ed instaura circuiti globali di sopravvivenza verso un Primo mondo fondato su un sistema regolato e collaudato sul modello maschile; in questo modo la globalizzazione garantisce al sistema produttivo a scapito dei rapporti affettivi all interno delle famiglie. L emigrazione femminile del Sud del Mondo verso l occidente può essere così interpretata come l altra faccia della globalizzazione: una globalizzazione delle tradizionali mansioni femminili che produce, come sostenuto dalla sociologa Saskia Sassen una creazione di un offerta globale di nuovi addetti all assistenza e di femminilizzazione della sopravvivenza. Si tratta di un fenomeno nuovo, in cui i problemi di disuguaglianze prodotti dalla nuova economia globale si sommano alle difficoltà che le migranti incontrano nei paesi d arrivo e alle conseguenze della loro lontananza sulla famiglia d origine. La città diviene il luogo di incontro globale in cui donne occidentali e donne migranti si incontrano, e le seconde per far fronte all equilibrismo per conciliare lavoro e famiglia e alla fuga dei mariti di fronte alle incombenze domestiche, arruolano donne del Terzo Mondo che devono assumere il ruolo domestico sottopagato e sotto inquadrato. Nelle città globali, quindi, un gran numero di donne migranti mal pagate vengono assorbite in settori economici strategici, purché rimangano invisibili. Sul piano della sfera privata si verifica un rovesciamento della prospettiva tradizionale, in cui ad oggi le famiglie benestanti dipendono dal lavoro delle donne migranti in una sorta di lavoro globale che supera i classici ruoli di genere. Il lavoro di cura diviene un non lavoro non negoziabile e poco contrattualizzabile in un ottica di rapporto datore di lavoro-lavoratrice.

Il lavoro di assistenza che si richiede è un lavoro che prevede la presa a carico di tutti gli aspetti della vita di una persona diurni e notturni, i compiti che vengono richiesti sono: lavoro per la persona, lavoro per la casa, lavoro di cure sanitarie, lavoro di relazione con i parenti, lavoro di relazione con il vicinato, lavoro di socializzazione e lavoro con la rete dei servizi territoriali. In questa tipologia lavorativa, si evidenzia una presenza di sfruttamento a catena, in cui il welfare state viene garantito in prevalenza dalle lavoratrici migranti. E possibile guardare al welfare state come elemento di garanzia sociale in cui lo sfruttamento non sia l elemento principe di avvallo per il sostentamento di ruoli sociali femminili? L invecchiamento della società del Primo Mondo è il primo dato caratterizzante un futuro in cui la domanda di lavoro di cura sarà sempre più elevata; oltre ad un altro elemento tipico della società italiana 1 in cui i tagli al welfare pubblico sono sempre più consistenti e che mettono a dura prova il sistema Paese. Si ritiene possibile, a fronte della prospettiva futura di questo settore strategico, guardare al lavoro di cura, come elemento da introdurre nelle politiche pubbliche del nuovo Stato sociale, conciliandolo con le garanzie lavorative di chi svolge queste mansioni. E necessario, tra le proposte possibili, inserire una normativa, che attualmente in Italia non è presente, sul riconoscimento dei titoli di studio, che possa garantire alle lavoratrici migranti un riconoscimento di competenze pregresse di cui spesso sono in possesso, ma non possono spendere nel mercato del lavoro. Inoltre, si ritiene che il Welfare sia un settore non de localizzabile e che possa garantire un importante fetta del mercato del lavoro, anche quello di cura che ad oggi non è riconosciuto e parzialmente garantito 2. L inserimento dell attore pubblico, come già avviene in molti Stati Europei, garantirebbe anche nella nostra realtà nazionale, un vero riconoscimento di un settore 1 l'italia a trovarsi al secondo posto nel mondo, dopo il Giappone, nella graduatoria dei paesi più vecchi, avendo un rapporto tra anziani (con più di 65 anni) e giovani (con meno di 15) pari a 141 su 100. (fonte ISTAT) 2 Si ricordi il sistema CASSA COLF, ad oggi non ancora ben conosciuto dai datori di lavoro e dalle lavoratrici per garantire la malattia alle assistenti domestiche. www.filcams.cgil.it

che ad oggi sostiene l intero Paese in particolare per quanto riguarda la popolazione anziana, che è ad oggi un insieme di realtà, bisogni, condizioni sociali molto diverse tra loro. Il diritto alla cura è un'importante conquista sociale che richiede di ampliare e innovare le politiche soprattutto per quella fascia di cittadini che per la perdita di autosufficienza sono costretti a ricorrere ad aiuti. A fronte di quanto emerso dalla tesi, le donne immigrate sono segregate in un mercato e in una condizione che le impoverisce e non permette di raccogliere la ricchezza di questa presenza; pertanto vi è la concreta necessità di sviluppare politiche inclusive, andando a eliminare quella troppo affermata idea, che esiste nella nostra società per cui il lavoro di cura è un destino assoluto per le migranti e di carattere privatistico. Questo tipo di politica sociale permetterebbe alle donne interessate al lavoro di cura di scegliere quest'occupazione con maggiore consapevolezza, e consentirebbe di costruire una reale professionalità nel campo della salute. Offrire alle donne migranti accompagnamenti mirati per la costruzione dei loro curricula professionali che non possono e non devono essere bloccati solo nel lavoro di cura, facilitando percorsi individuali di riconoscimento delle proprie progettualità. Tali azioni progettuali devono partire dalle competenze legislative dei vari soggetti, quali i centri per l'impiego, gli assessorati al lavoro e al sociale, alla cittadinanza, alla cultura e all'immigrazione, organizzando politiche integrate di azioni in cui le lavoratrici e gli assistiti non siano abbandonati. Affermare che la qualità della sfera della cura è un bene comune e che la relazione curante - persona curata è un legame sociale che deve essere socialmente valorizzato sono punti di partenza e per questo non può essere lasciata alla buona volontà delle persone, né considerata una responsabilità morale individuale. Si ritiene necessaria una consapevolezza sociale e politica del lavoro di cura, in cui l'impoverimento e l'invecchiamento della popolazione non possono essere relegati nella sfera assistenziale con misure accessibili solo a gruppi che si ritengono

particolarmente bisognosi o che hanno le possibilità economiche per garantirsi l assistenza famigliare. Inoltre il lavoro di cura non può essere inscritto nel ruolo femminile; strettamente connesso all essere donna, ed è necessario un ripensamento dei ruoli famigliari e dell apporto del lavoro domestico, anche come lavoro retribuito 3. Inoltre, la condizione di servilità del lavoro svolto dalle migranti intacca il diritto di cittadinanza, in quanto non esprime totalmente la realizzazione delle migranti che non vengono riconosciute professionalmente per il lavoro che svolgono, in contraddizione con l art 1 della nostra Costituzione che prevede l espressione del lavoro come elemento fondante di cittadinanza piena. Il futuro di un Paese si basa sulla sfera della riproduzione e tale elemento, deve essere condiviso tra i generi e tra le generazioni, in cui il sistema di Stato sociale consideri il ruolo di genere un elemento che ridefinisca le regole, ad oggi, impostate su un sistema maschile. La sfera della riproduzione è il campo in cui si costruiscono i significati sociali, le identità, il senso delle cose, i valori, per questo la riproduzione non può continuare ad essere appannaggio delle donne, per cui occorre organizzare momenti di riflessione in cui donne, uomini di diverse generazioni siano coinvolti; la riproduzione e la cura non possono essere relegati ad un sistema di welfare che non tenga conto del lavoro delle donne sia che esse siano autoctone o migranti. Inoltre, il potere contrattuale delle donne lavoratrici della cura deve essere rafforzato attraverso l'affermazione e la tutela dei diritti che devono riguardare oltre che a quelli contrattuali anche a quelli della sfera personale, in modo tale da far emergere il lavoro di cura da uno stato di servilismo/schiavitù a cui è relegato. Si ritiene che la disponibilità di donne senza casa, con famiglie a carico e lontane dal loro Paese d origine, non può continuare ad essere un bene di consumo facile e a livello contrattuale deve prevedere un costo del lavoro molto più elevato, 3 Si ricordi, Fondazione Elvira Badaracco Riguardarsi Manifesti del movimento politico delle donne in Italia a cura di Emma Baeri e Annarita Buttafuoco, Protagon Editori Toscani, 1997

riconoscendo che queste mansioni siano elemento essenziale della rete dei servizi territoriali di assistenza e di cura previsti dal servizio pubblico di welfare. Gli stessi Piani di zona, previsti nelle attività di regolamentazione e programmazione dei servizi territoriali devono tener conto e dare valore alla domiciliarità intesa come diritto all utente, includendo il lavoro delle lavoratrici migranti con maggiori garanzie e reti di comunicazione tra famiglia e servizi pubblici. Infine si deve tener concetto global care chain, e del senso di responsabilità che richiama la politica di welfare. Per risolvere in modo efficace la questione della dipendenza e del lavoro di cura e le sue implicazioni all interno di una teoria della giustizia è necessario affrontare in modo conseguente la questione dei soggetti dipendenti guardando all integrazione della donna nella società di eguali nella sua globalità. Come sostenuto dalla Kittay 4, poiché non nasciamo fungorum more e non possiamo contare sulla certezza di una condizione di perenne perfetta salute e autonomia, una società non può riprodursi, né mantenersi, senza attività di cura nei confronti dei soggetti non autonomi: bambini, anziani non più indipendenti, e disabili gravi. Per questo è necessario delineare un modello etico e politico che tenga conto delle conseguenze derivanti dal carattere asimmetrico e non egualitario delle relazioni di cura un modello che sia attento non solo alle questioni di equità, ma anche alla dimensione della relazione e del legame, che integri giustizia ed etica della cura. Se i soggetti dipendenti non possono essere lasciati privi di cure, è necessario creare un sostegno per i dependency workers. Il sostegno a chi presta cura alle persone dipendenti è un obbligo della società che deriva dalla nostra comune condizione umana, e da una nozione estesa di reciprocità necessaria a riprodurre la società di generazione in generazione. Si ritiene che non vi 4 Il contributo di Eva Feder Kittay al dibattito sull etica della cura di Brunella Casalini in http://www.sifp.it/articoli-e-libri-articles-and-books/.

sia più ragione per continuare nell iniqua distribuzione del lavoro di cura tra uomini e donne. La prospettiva delineate sinteticamente trovano significato nel saggio di Barbara Ehrenreich: le donne migranti devono essere considerate esseri umani a tutti gli effetti. Sono persone che lottano e vittime allo stesso tempo, mogli e madri oltre che donne che lavorano; sorelle, con le quali noi donne del Primo Mondo potremmo un giorno definire una piattaforma comune.