LA GESTIONE DEL SERVIZIO TRAMITE



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Transcript:

Cooperazione e gestione del sistema idrico integrato: LA GESTIONE DEL SERVIZIO TRAMITE COOPERATIVA DI UTENTI CITTADINI ANDREA MARIA ALTIERI PIER ANGELO MORI PAOLO PERUZZI FRANCESCA SPINICCI Rapporto Definitivo Maggio 2013

INDICE Introduzione...4 1 La cooperazione di utenza: una nuova prospettiva per i servizi pubblici e di interesse generale (Pier Angelo Mori)...9 2 Servizio Idrico Integrato e cooperazione: aspetti giuridici (Andrea Maria Altieri)... 13 2.1 Premessa... 13 2.2 Il quadro europeo in materia di servizio di interesse generale... 13 2.3 La disciplina del servizio idrico integrato... 15 2.4 La giurisprudenza costituzionale sulla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in materia di servizio idrico integrato.... 19 2.5 Le modalità di affidamento e le cooperative di utenti... 21 2.5.1 L affidamento diretto a cooperative di utenti risponde ai criteri europei dell in house providing?... 21 2.5.2 La gara pubblica per l affidamento e criteri di valutazione dell offerta economicamente più vantaggiosa... 22 2.5.3 La partecipazione di cooperative di utenti a società miste... 24 2.6 L ipotesi dell autoproduzione cooperativa... 26 2.7 Studio sulla fattibilità giuridica della gestione cooperativa dei servizi idrici nella Regione Toscana...28 2.8 Prospettive legislative in senso cooperativo.... 30 2.9 Bibliografia.... 32 3 La corporate governance e le forme di gestione nel servizio idrico integrato (Paolo Peruzzi, Francesca Spinicci)... 34 3.1 Premessa... 34 3.2 Cos è la corporate governance... 34 3.3 Le problematiche della corporate governance e le misure per riallineare i comportamenti del management agli interessi degli azionisti/finanziatori... 35 3.4 Le forme di disallineamento fra il comportamento del management e gli interessi degli azionisti/finanziatori... 36 3.5 Le disfunzioni della corporate governance... 36 3.6 Misure per il riallineamento del comportamento del management con gli interessi degli azionisti... 36 3.6.1 Incentivi monetari e incentivi impliciti... 36 3.6.2 Il monitoraggio... 37 3.6.3 La concorrenza nel mercato del prodotto... 41 3.6.4 Lo schema interpretativo... 41 1

3.7 Corporate governance e forme d impresa... 41 3.8 Una comparazione delle diverse forme di gestione rispetto alle problematiche di corporategovernance... 43 3.8.1 Il monitoraggio dell azionista... 45 3.8.2 Il ruolo del consiglio di amministrazione... 45 3.8.3 L attivismo degli investitori... 45 3.8.4 Acquisizioni di controllo e leveraged buyout... 45 3.9 La corporate governance e la società cooperativa: un approfondimento... 46 3.10 Corporate Governance e società cooperative in Italia... 49 3.11 Considerazioni conclusive... 53 4 La regolazione dei servizi idrici e customer engagement (Paolo Peruzzi, Francesca Spinicci)... 54 4.1 Criticità e opportunità della regolazione... 54 4.2 Regolazione e coinvolgimento degli utenti nei servizi idrici nel caso di OFWAT... 61 5 L assetto attuale dei servizi idrici in Toscana (Paolo Peruzzi)... 67 5.1 Premessa... 67 5.2 La riforma e la riorganizzazione dei servizi idrici... 68 5.2.1 La riforma dei servizi idrici in Italia... 68 5.2.2 La situazione dei servizi idrici prima della riforma in Toscana... 71 5.2.3 L attuazione della riforma in Toscana... 73 5.2.4 L assetto proprietario delle società di gestione... 75 5.2.5 I primi risultati del servizio idrico integrato... 75 5.2.6 La riforma del 2011 e la costituzione dell Autorità Idrica Toscana (AIT)... 78 5.3 Gli investimenti nel settore dei servizi idrici... 79 5.3.1 Gli investimenti previsti dai Piani di Ambito... 79 5.3.2 Le caratteristiche degli investimenti nel settore dei servizi idrici... 84 5.3.3 Il finanziamento degli investimenti nel settore dei servizi idrici... 86 5.3.4 Il finanziamento degli investimenti, i referendum del giugno 2011, il nuovo metodo tariffario... 88 5.4 Riflessioni e considerazioni... 90 6 Privatizzazioni e de privatizzazioni del servizio idrico: l esperienza del Regno Unito (Francesca Spinicci)... 92 6.1 Introduzione... 92 6.2 Privatizzazioni e liberalizzazioni dei servizi pubblici... 92 6.3 Il processo di ristrutturazione del servizio idrico nel Regno Unito... 93 6.4 Le criticità del processo di privatizzazione e ristrutturazione... 95 6.4.1 Glas Cymru: eccezione o modello replicabile?...102 6.5 Strutture organizzative a confronto...105 6.6 Conclusioni...110 7 Studio di caso (Paolo Peruzzi, Pier Angelo Mori, Francesca Spinicci)...112 7.1 Introduzione...112 2

7.2 Il problema finanziario...112 7.2.1 Il finanziamento nelle società cooperative...115 Capitale sociale e soci cooperatori...115 Prestito sociale...116 Finanza di sistema...117 Le riserve...117 7.3 GAIA S.p.a...117 7.3.1 Ambiente in cui opera la società...118 7.3.2 L evoluzione della società...119 7.3.3 Profilo dell azienda e quadro economico finanziario...119 7.3.4 Governance della società...124 7.4 La soluzione cooperativa...126 7.4.1 Finanziamento...126 Il vantaggio cooperativo: costo del capitale di rischio...134 Il vantaggio cooperativo: oneri sul debito...135 Riduzione del costo della provvista finanziaria...136 Allungamento del periodo di ammortamento e conseguente riduzione della quota di ammortamento finanziario trasferita annualmente in tariffa....141 7.4.2 Valutazione quantitativa del beneficio cooperativo: uno schema operativo...144 7.4.3 Alcune considerazioni relative alla governance...145 8 Conclusioni...147 9 Bibliografia...148 Nota Questo rapporto è il frutto congiunto del lavoro del gruppo di ricerca composto da Andrea Altieri, Pier Angelo Mori (coordinatore), Paolo Peruzzi, Francesca Spinicci che ha strettamente interagito in tutte le fasi. I nomi a cui sono attribuiti i singoli capitoli sono di coloro che maggiormente vi hanno contributo e ne hanno curato la stesura. 3

INTRODUZIONE La ricerca su Gestione del servizio tramite cooperativa di utenti cittadini che viene qui presentata è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze per l Economia e l Impresa 1 dell Università di Firenze nell ambito del progetto di Unioncamere Toscana Cooperazione e gestione del sistema idrico integrato. 2 Essa ha una duplice finalità: 1. da un lato accertare la fattibilità giuridica di una cooperativa di cittadini utenti come gestore del servizio idrico, 2. dall altro valutarne la convenienza sul piano economico. 1. In relazione al primo obiettivo è stata fatta un approfondita ricognizione della normativa regionale della Toscana e della normativa nazionale e comunitaria. Dopo un breve inquadramento della normativa europea in materia di servizi di interesse generale, viene esaminata la disciplina del servizio idrico integrato in Italia, con riferimento ai ruoli dei diversi soggetti coinvolti e agli effetti del referendum in materia di affidamento. Dato che lo studio privilegia l ambito regionale, particolare attenzione è dedicata al tema della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in materia di servizio idrico integrato. I profili del servizio idrico integrato sono di prevalente competenza statale in virtù del legame con la disciplina di tutela della concorrenza. Allo stesso tempo però dalla giurisprudenza recente viene sottolineato che la tutela statale trova un limite in altri interessi rilevanti connessi alle finalità sottese al servizio e che quindi in virtù di questi l autonomia di Regioni ed enti locali potrebbe tornare ad espandersi. Tutte le possibili modalità di affidamento del servizio cioè affidamento diretto in house, gara pubblica e conferimento a società miste vengono considerate in rapporto alla cooperativa di utenza. Per quanto riguarda l in house, l assimilazione della cooperativa di utenza a società in house risulta verosimile se si focalizza l attenzione sui fini protetti dall ordinamento europeo e nazionale, ma al tempo stesso questa interpretazione è poco convincente perché richiede un applicazione molto estensiva della giurisprudenza europea. Per quanto riguarda l affidamento tramite gara pubblica, si osserva come gli enti locali che intendono affidare il servizio idrico integrato tramite questa modalità godano di ampia discrezionalità nella scelta dei criteri valutativi delle offerte. Quindi nel caso che l amministrazione ritenga importante coinvolgere direttamente i cittadini nella gestione, può inserire tra i criteri di aggiudicazione un parametro relativo alla partecipazione degli utenti, riguardo a cui la cooperativa di utenti si troverebbe oggettivamente favorita rispetto ad altre forme di impresa, senza peraltro violare il principio di non discriminazione. La partecipazione di cooperative di utenti a società miste presenta alcune criticità che vengono ben evidenziate. Un ultima strada che potrebbe aprire l ingresso di cooperative di utenti nel servizio idrico è quella dell autoproduzione. A questo proposito la conclusione è dubitativa, essendo soggetta al verificarsi di particolari condizioni tecniche da verificare caso per caso. Viene anche esplorata la possibilità di equiparare le Regioni a statuto ordinario alle Province autonome di Trento e Bolzano con riferimento alle potestà inerenti al Servizio Idrico Integrato e sugli art. 43 e art. 118 c. 4 della Costituzione. Le conclusioni sono sintetizzate nella seguente tabella. Nelle celle sulla prima riga si indica sinteticamente se nell ambito del quadro normativo attuale è possibile (SI) o impossibile (NO) procedere all insediamento di una cooperativa di utenti attraverso la modalità indicata nella corrispondente colonna. Nelle righe sottostanti si fa invece riferimento alla possibilità di attuare le 1 Incarico originariamente affidato al Dipartimento di Scienze Economiche, che nel corso della ricerca è stato assorbito dal nuovo Dipartimento di Scienze per l Economia e l Impresa, nell ambito del riassetto complessivo dell Ateneo. 2 Il gruppo di lavoro si compone di: Andrea Maria Altieri, Pier Angelo Mori (coordinatore), Paolo Peruzzi, Francesca Spinicci. 4

varie modalità a seguito di interventi legislativi a livello regionale (senza interventi ai livelli superiori), a livello nazionale (senza interventi al livello comunitario) e infine a livello comunitario. TABELLA 1: LA COOPERATIVA COME GESTORE DEI SERVIZI IDRICI DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO: SINTESI gara specifica (1) Affidamento affidamento diretto società mista Autoproduzione A) Quadro normativo attuale SI NO NO SI con riserva (3) B) Intervento legisl. regionale NO NO nazionale SI SI UE? (2)?? Note alla tabella: (1) Gara con valorizzazione della natura cooperativa mediante apposita configurazione dei criteri di valutazione. (2) Ad esempio la UE potrebbe riconoscere nell ambito dell economia sociale uno status speciale alle imprese di cittadini/utenti che operano nei servizi pubblici. (3) La riserva deriva dal fatto che il processo produttivo potrebbe non essere scomponibile in più gestioni per motivi meramente tecnici (valutazione di fattibilità richiede valutazione tecnica). 2. L analisi giuridica è propedeutica all analisi economica intrapresa nella seconda parte della ricerca e ne condiziona la fisionomia. Come abbiamo detto, le conclusioni circa la fattibilità giuridica dell affidamento a una cooperativa di utenti cittadini della gestione del servizio idrico sono, pur con le qualificazioni viste, sostanzialmente negative nel quadro normativo attuale. Siamo di fronte a carenze legislative il legislatore non si è mai direttamente occupato dell organizzazione cooperativa per la gestione dei servizi che rendono piuttosto incerta l attuazione di affidamenti del servizio idrico a cooperative di utenti. Queste carenze chiamano in causa, come abbiamo sopra osservato, il legislatore nazionale e comunitario, per cui il coinvolgimento dei cittadini attraverso lo strumento della cooperativa rimane al momento un ipotesi che attende opportune azioni per essere tradotta in pratica. Sarebbe stato temerario in un contesto come quello delineato tentare di rispondere al secondo obiettivo della ricerca mediante una valutazione puntuale della convenienza economica della cooperativa di utenti. L analisi economica che viene qui svolta segue pertanto, necessariamente, una strada alternativa. Gli obiettivi parziali perseguiti sono a questo riguardo essenzialmente due: da una parte mostrare da varie angolature l opportunità di mettere in campo la soluzione cooperativa per la gestione del servizio idrico, fornendo in tal modo motivazioni per un azione legislativa in materia; dall altra, evidenziare le fonti e la natura dei benefici, nonché dei costi, che possono derivare alla collettività da tale soluzione, obiettivo che è perseguito, per maggiore concretezza, con riferimento a un caso reale. Il primo passo di questo percorso è approfondire le ragioni generali, per così dire le premesse della soluzione cooperativa, essenzialmente lungo tre direzioni: A) Analisi dello stato attuale del settore idrico e dei suoi problemi, B) Descrizione di alcuni tentativi concreti di implementazione della soluzione cooperativa, C) Ricognizione della teoria economica su due temi centrali per la soluzione cooperativa, regolazione e governance. A) Al primo punto è lo stato del settore idrico in Toscana. La riforma dei servizi idrici in Italia è un processo di lungo corso che parte dalle leggi L. 183/1989 e L. 36/1994, con la separazione dei compiti di programmazione e controllo da quelli di gestione, e arriva alla recente soppressione delle Autorità di Ambito e trasferimento all Autorità per l Energia Elettrica e il Gas delle funzioni attinenti 5

alla regolazione e al controllo dei servizi idrici. La situazione dei servizi idrici in Toscana prima della riforma del 1994 evidenziava un quadro comune a gran parte del paese: frammentazione delle gestioni, prevalenza di gestioni dirette da parte dei Comuni, insufficiente dotazione di infrastrutture per fognatura e depurazione. La Toscana è la regione che per prima ha dato applicazione alla legge 36/94 e ha effettuato una riorganizzazione del servizio su larga scala. Il quadro dell attuazione della riforma in Toscana coinvolge diversi aspetti che vengono esaminati puntualmente: le caratteristiche degli ATO, gli investimenti previsti nei Piani di Ambito, lo sviluppo della tariffa reale media, l assetto proprietario delle società di gestione e i risultati conseguiti nel servizio idrico integrato. A fronte di indubbi risultati in termini di assetto industriale, gestione e investimenti, assetto istituzionale e governo delle società di gestione, si profilano tuttavia alcune criticità, in particolare la difficoltà di misurare il miglioramento dello stato delle infrastrutture e dei livelli di servizio, il problema dell incremento di efficienza dei gestori e il trasferimento di parte dei vantaggi all utente, la pianificazione degli investimenti. L aspetto più delicato è però quello degli investimenti. I dati relativi agli investimenti previsti dai Piani di Ambito evidenziano che la Toscana è nella media rispetto al livello nazionale e presenta un grado di realizzazione degli investimenti superiore alla media nazionale. Le caratteristiche degli investimenti nel settore idrico alta intensità di capitale, lunga durata della vita utile degli asset, basso tasso di rendimento, distribuzione costante nel tempo hanno un impatto sulle modalità finanziamento. Il project finance, pur essendo preferibile, non ha al momento ampia diffusione in Italia. La finanziabilità degli investimenti è poi legata al sistema tariffario ed è fortemente condizionata dagli esiti referendum del 2011 con i conseguenti limiti alla remunerazione sul capitale investito.la rassegna del settore idrico evidenzia alcune criticità delle soluzioni attualmente in campo. Da una parte la difficoltà di attuare gli investimenti necessari, sia per le imprese pubbliche (come ad esempio Gaia SpA, gestore dell ATO 1 Toscana Nord, di cui occupiamo nell ultima parte), che per i gestori di natura lucrativa. L incertezza che circonda la tariffa nel passaggio dal vecchio al nuovo metodo di determinazione, a seguito degli esiti referendari, sta causando un blocco degli investimenti, per il momento temporaneo, in attesa che la situazione tariffaria si chiarisca, ma che, dato l avvitarsi della vicenda tra ricorsi e controricorsi, potrebbe portare a uno stallo permanente, in cui nessuna delle strade attualmente battute impresa pubblica e gestore lucrativo risulta praticabile, sia pure per motivi diversi. Esiste tuttavia una terza soluzione che è la cooperazione di utenza. Se sono chiare le ragioni negative che possono sostenere la soluzione cooperativa impraticabilità/insostenibilità delle soluzioni alternative, meno ovvie sono le ragioni positive, i suoi meriti intrinseci. Diciamo subito che l analisi economica non è di grande aiuto in questo. Sia la teoria economica attualmente disponibile, sia le analisi applicate del settore industriale non forniscono sufficienti indicazioni in merito, per un motivo molto semplice: finora nella pratica questa forma organizzativa non è stata molto diffusa e non si è percepito che potesse essere rilevante. Dunque non è stata oggetto di approfondite analisi. Questo pone delle oggettive difficoltà alla presente ricerca, a cui si è cercato di ovviare guardando ad alcune esperienze soprattutto nel Regno Unito e analizzando con gli strumenti della teoria economica alcune problematiche organizzative (in particolare, governance, cap. 3, e regolazione, cap. 4). B) È in questo spirito che nel cap. 6 si esamina, soprattutto concentrandosi sul dibattito di policy, la vicenda di alcuni tentativi di de privatizzazione dell acqua che hanno avuto luogo nel Regno Unito alla fine degli anni 90. La scelta di concentrarsi su questo è dettata dal fatto che nel Regno Unito questo problema è stato affrontato da un punto di vista operativo e di policy, con particolare riferimento al finanziamento degli investimenti. L attenzione è qui focalizzata su due proposte di deprivatizzazione del servizio idrico che furono presentate all autorità di regolazione OFWAT e che prevedevano il cambiamento della titolarità delle aziende di gestione a favore di entità private non lucrative, Kelda Group e Glas Cymru. Delle due proposte solo quella di Glas Cymru si è realizzata. Dalla documentazione istruttoria emergono i principali elementi di criticità che riguardano gli incentivi all efficienza, la fornitura del servizio, la concorrenza, il finanziamento e il rischio, la regolazione e la tutela del consumatore. Sulla base di essa si può fare un confronto di massima tra assetti organizzativi 6

alternativi per la fornitura di servizi pubblici locali (ed in modo particolare dei servizi idrici) e dà l opportunità di evidenziare i pro e i contro della soluzione cooperativa. C) Alcune indicazioni parziali su questo tema vengono anche dalla teoria economica, soprattutto in merito a governance e regolazione. Grosso modo il primo è un terreno dove la cooperativa gioca in svantaggio rispetto all impresa lucrativa (ma non rispetto all impresa pubblica), mentre sul secondo gioca in vantaggio. Il tema della corporate governance viene affrontato utilizzando principalmente il quadro analitico proposto da Tirole, fondato sulla teoria dell agenzia. Il problema principale è il disallineamento in vari modi fra il comportamento del management e gli interessi degli azionisti, nei cui confronti si danno diversi possibili correttivi. Gli incentivi al management possono essere espliciti (monetari) o impliciti, tra cui le acquisizioni di controllo e il debito come strumento di disciplina, a cui si affiancano altri strumenti di controllo come gli organi societari, in particolare il consiglio di amministrazione. Sulla base di questa griglia interpretativa viene effettuato un confronto tra le diverse forme di gestione (società privata selezionata con gara, società mista con partner selezionato tramite gara, in house, cooperativa di utenti) in merito alle problematiche di corporate governance. Da questa analisi emerge che la cooperativa di utenti presenta sia elementi positivi che criticità riguardo alla capacità di allineamento del comportamento del management agli interessi dei soggetti che detengono la titolarità. L elemento di maggiore criticità è probabilmente la debolezza del monitoraggio legata alla frammentazione della proprietà, mentre i maggiori vantaggi stanno nella capacità di rendere più efficace l azione del consiglio di amministrazione e la stabilità della proprietà. Riguardo alla regolazione e al coinvolgimento degli utenti, viene ancora una volta preso come riferimento il caso britannico per la ricchezza del materiale collegato alle proposte di ristrutturazione di cui abbiamo parlato. I problemi più rilevanti della regolazione sono gli incentivi, la cattura del regolatore, il trasferimento del rischio sugli utenti. Su questi temi vi sono delle differenze strutturali tra le cooperative di utenti e le altre forme d impresa, che in genere si traducono in vantaggi delle prime rispetto alle seconde. Particolarmente interessante per le implicazioni generali che comporta per il nostro problema è il tentativo di coinvolgimento degli utenti nel processo di regolazione attuato da OFWAT nel Regno Unito. Proprio quest esperienza tuttavia sottolinea la notevole difficoltà di tale attività, superabile dall autoregolazione delle cooperative di utenza, la quale permette di internalizzare il meccanismo di regolazione e di allineare gli interessi degli utenti a quelli dell azienda che fornisce il servizio. L ultimo passo di questo percorso è mostrare che la soluzione cooperativa è in grado di risolvere il problema principale, cioè garantire gli investimenti con il minore impatto possibile in tariffa per gli utenti. È in quest ottica che è stata condotta la valutazione economica del cap. 7. Vediamo precisamente l oggetto e le modalità di questa. L obiettivo principale perseguito è individuare da dove può venire il vantaggio per gli utenti nella soluzione cooperativa. A tal fine consideriamo un ipotetica trasformazione in una cooperativa di utenza di un gestore realmente esistente. Si tratta in sostanza di un tentativo di contestualizzare in un caso reale l ipotesi della presenza di una cooperativa di utenza al posto dell attuale gestore, che viene individuato in Gaia SpA operante nell ATO1 Toscana Nord. I dati economico finanziari di base utilizzati per i calcoli e le simulazioni sono quelli del caso considerato. I benefici della gestione cooperativa rispetto alle modalità alternative possono venire per gli utenti essenzialmente da due fonti: - compressione dei margini di utile, - riduzione degli oneri del debito. La prima ha interesse soprattutto nel confronto con i gestori lucrativi, ma non con le imprese pubbliche come Gaia SpA, dove i margini di profitto sono solitamente esigui. Nel nostro caso quindi assume importanza centrale la seconda, e gran parte delle simulazioni si concentrano appunto sulle modalità di finanziamento del debito proprie della cooperativa, in particolare il prestito sociale. Il prestito sociale presenta due vantaggi. L esperienza delle cooperative dove il prestito sociale è più 7

diffuso le cooperative di consumo mostra che esso consente di ottenere risorse finanziarie a tassi particolarmente vantaggiosi, certamente più bassi che con un mutuo bancario. In secondo luogo, il prestito sociale non è soggetto all orizzonte temporale della concessione (è a vista, senza scadenza definita), consentendo potenzialmente di risolvere uno dei problemi più spinosi del finanziamento nel settore idrico, cioè la discrepanza tra durata degli asset oggetto di finanziamento e l orizzonte temporale dei mutui bancari (legato alla durata della concessione). Tutto questo si traduce in vantaggi per gli utenti. Nel presente lavoro tuttavia non vengono fatte simulazioni puntuali del vantaggio cooperativo complessivo e di fatto ci limitiamo a individuare dove e come può sorgere tale beneficio. Il motivo di ciò è la relazione che corre tra struttura finanziaria e tariffa. Il beneficio per l utente si produce se esso paga tariffe più basse, ma le tariffe dipendono in larga misura dalla struttura finanziaria della gestione, per cui il calcolo della tariffa richiede in primo luogo la disponibilità del Piano Economico Finanziario (PEF) della gestione cooperativa. Dunque, il primo passo obbligato in una simulazione puntuale della tariffa sarebbe la simulazione del PEF stesso. Questo compito esula dai limiti della presente ricerca e pertanto ci limitiamo qui a sondare mediante valutazioni parziali i possibili vantaggi in termini di oneri finanziari derivanti dalla gestione cooperativa. C è anche un secondo problema che ostacolava la stima puntuale della tariffa: la revisione in atto del metodo tariffario normalizzato e l incertezza dunque sull algoritmo di riferimento per il calcolo della tariffa (il vecchio, il nuovo in fase di revisione o altro?). Pertanto la valutazione del vantaggio cooperativo, pur servendosi di simulazioni parziali e calcoli finanziari di vario genere, qui è essenzialmente qualitativa. Partendo dal fabbisogno finanziario dell attuale gestore, si mostra che la soluzione cooperativa presenta effettivamente vantaggi rispetto al costo sia del capitale di rischio che del capitale di debito. Nel caso del capitale di rischio il vantaggio si ricollega a forme di beneficio alternative al dividendo. Per quanto riguarda invece il capitale di debito i vantaggi sono principalmente collegati alla riduzione degli oneri finanziari e all allungamento del periodo di ammortamento. Lo studio, oltre a fornire prime conferme fattuali dell esistenza di un vantaggio economico nella soluzione cooperativa, rappresenta la base di partenza per una piena valutazione quantitativa del beneficio, che potrà essere effettuata in futuro, partendo dalla elaborazione di PEF della gestione cooperativa, che tengano opportunamente conto di natura e provenienza dei potenziali benefici. Questo lavoro quindi potrà in futuro servire da base per valutazioni puntuali di fattibilità economico finanziaria di progetti di esternalizzazione del servizio coinvolgenti le cooperative di utenti. 8

1 LA COOPERAZIONE DI UTENZA: UNA NUOVA PROSPETTIVA PER I SERVIZI PUBBLICI E DI INTERESSE GENERALE (PIER ANGELO MORI) La cooperazione di utenza è una forma di cooperazione che si basa sulla partecipazione diretta dei cittadini alla gestione di servizi di interesse generale. L idea che questa possa essere una valida soluzione ai problemi che affliggono i servizi pubblici in numerosi paesi, soprattutto in merito a finanziamento e gestione, non è certo nuova ma trova oggi un numero crescente di sostenitori in ambito politico e sociale, soprattutto a causa di una crescente insoddisfazione nei confronti delle forme organizzative tradizionali, sia quella pubblica che quella basata sul coinvolgimento di gestori privati. Sempre più numerose sono le prese di posizione da parte di singoli o gruppi sotto forma di libri, policy briefings, rapporti, manifesti, ecc., che invocano una maggiore partecipazione dei cittadini alla gestione dei servizi (si vedano ad esempio: IPPR, 2001; Mayo e Moore, 2001; Warner, 2009; Birchall, 2011). Una menzione a parte in questo quadro riguarda il movimento che in Italia promuove lo sviluppo della sussidiarietà: la sussidiarietà orizzontale, come recepita dal nuovo art. 118 della Costituzione, ha strette relazioni con la cooperazione di utenza nei servizi pubblici. 3 Dal punto di vista economico il tema principale è l efficienza economica della forma cooperativa di organizzazione con riferimento ai servizi pubblici locali. Le domande sono quelle usuali della teoria dell impresa: A. perché si dovrebbe ricorrere all organizzazione cooperativa nei servizi pubblici locali? B. sotto quali condizioni la cooperativa di utenza è economicamente e finanziariamente sostenibile? A queste domande generali se ne aggiungono poi altre più specifiche. In diversi paesi ed epoche le cooperative di utenza nei settori dove questa forma di cooperazione si è maggiormente sviluppata acqua e elettricità risultano per lo più di piccole dimensioni e localizzate in aree extraurbane: è così ad esempio in Finlandia nelle gestioni idriche, negli USA nell elettricità, in Italia in entrambi i settori. La domanda a questo riguardo è: C. la caratterizzazione in termini di dimensione piccola e localizzazione extraurbana delle cooperative di utenza nei SPL ha motivazioni strutturali? Interessa cioè sapere se dietro di essa vi siano cause organizzative, economiche, finanziarie permanenti (strutturali) o solo cause storiche contingenti. In quest ottica sorge spontanea la domanda se vi sia una scala ideale dell organizzazione cooperativa (problema diverso da quello della scala ottimale di un impianto dal punto di vista dell efficienza tecnica). Queste domande sono rivolte soprattutto alla teoria: difficilmente possono venire risposte da analisi storiche o empiriche. Anche se analisi quantitative dei dati storici possono fornire utili indicazioni, la ricostruzione storica del fenomeno può al più mettere in luce le cause che hanno portato alla situazione attuale ma non se gli esiti che si sono determinati siano efficienti e quali siano le condizioni di efficienza. In particolare non è in grado di dirci se, al di là degli specifici eventi storici che 3 Come dice Arena (2006, p. 70) la sussidiarietà comporta una condivisione di risorse pubbliche e private per il perseguimento di fini di pubblica utilità. La cooperazione di utenza è uno strumento di partecipazione dei cittadini alla gestione dei servizi di pubblica utilità e dunque anche uno strumento della sussidiarietà orizzontale, anche se questo collegamento è ancora in larga misura da esplorare nella dottrina giuridica. 9

hanno portato alla situazione presente, vi siano delle motivazioni economiche strutturali. La teoria economica attuale tratta prevalentemente delle cooperative di lavoro e, in misura molto minore, delle cooperative di consumo classiche; sulla cooperazione di utenza non c è quasi nulla. Dal punto di vista organizzativo questa ha numerosi tratti in comune con le altre forme cooperative ma presenta anche particolarità che impongono di guardare al tema dell efficienza della struttura di controllo (ownership) in modo diverso: la prospettiva dei servizi pubblici aggiunge nuove dimensioni e cambia in parte il problema, sollecitando analisi nuove. Per capire sotto quali condizioni la forma cooperativa sia socialmente desiderabile e sostenibile come gestore di un servizio pubblico è necessario affrontare una pluralità di temi, tra cui: le asimmetrie informative sulla qualità del servizio, la regolazione, in particolare tariffaria, la finanza, in particolare il problema del finanziamento delle infrastrutture, le politiche pubbliche, in particolare riguardo alla creazione di nuove cooperative di utenti. La cooperazione di utenza si intreccia, anche storicamente, con la cooperazione di comunità. La cooperazione di comunità, che si sviluppa prima in Europa a partire dalla fine dell ottocento e successivamente in altre parti del mondo, è la versione moderna delle antiche istituzioni di gestione comunitaria come le Regole d Ampezzo, le Huertas Valenciane, ecc. 4 Come quelle del passato anche le cooperative di comunità gestiscono, attraverso forme di governo democratico, beni/servizi essenziali e di interesse generale per la comunità, 5 quasi sempre servizi pubblici locali come la fornitura/produzione di energia e la fornitura di acqua. Vi sono però anche alcune rilevanti differenze. Le antiche istituzioni di gestione comunitaria dei beni di comunità come le regole, le magnifiche comunità, ecc., si occupavano essenzialmente di regolare l uso di beni esistenti in natura e il loro compito principale era la definizione dei diritti d uso. Nelle moderne cooperative di servizio il fine è invece la produzione di un bene/servizio e l enfasi è sull organizzazione di questa. Anche i problemi economici che debbono affrontare sono diversi: cruciali qui sono gli investimenti necessari per la realizzazione/manutenzione delle infrastrutture, problema del tutto assente nelle gestioni comunitarie del passato. In Italia sono oggi attive diverse cooperative che erogano servizi pubblici locali e i cui soci sono i cittadini utenti. I due campi dove più consistente è la presenza cooperativa sono quelli dell energia, in particolare produzione e distribuzione di elettricità da fonti rinnovabili (l altro sotto settore di un qualche peso è il teleriscaldamento), e dell acqua (soprattutto erogazione). I numeri assoluti sono piccoli, solo qualche decina di aziende per ciascun settore (le cooperative elettriche contano attualmente circa 40.000 utenti, sia soci che non soci). 6 Le singole unità sono di piccole dimensioni (le elettriche contano una media di circa 700 soci) e quasi tutte localizzate in ambito extra urbano nell area alpina. Il numero complessivo di queste cooperative nella seconda metà del 900 è andato addirittura diminuendo a causa delle politiche di nazionalizzazione e municipalizzazione dei servizi (a questo riguardo va ricordata soprattutto la nazionalizzazione dell energia elettrica del 1962, anno in cui si contavano oltre 200 cooperative elettriche). Dunque, tutto sommato al momento attuale un settore economicamente marginale per l Italia. Nel resto del mondo il quadro non è molto diverso (pur con qualche eccezione come gli Sati Uniti dove si contano addirittura 40 milioni di utenti di cooperative elettriche). 4 Cfr. Ostrom (1990). La vasta letteratura politologica, sociologica ed economica su queste istituzioni è stata recentemente portata alla ribalta dall assegnazione del premio Nobel a Elinor Ostrom. 5 Beni con queste caratteristiche sono detti beni di comunità. 6 La fondazione Euricse di Trento e l Università di Firenze hanno recentemente realizzato un censimento delle cooperative italiane che operano nei servizi pubblici locali, da cui sono tratte queste cifre e a cui rimandiamo per ulteriori dettagli Spinicci (2011). 10

Diversi segnali indicano tuttavia che una fase nuova si sta aprendo in cui le cooperative di utenza possono giocare un ruolo maggiore e su basi nuove rispetto al passato. L elemento di maggiore novità è rappresentato dal fallimento delle privatizzazioni in vari paesi, sia nel settore idrico che in altri settori (per i dettagli rimandiamo a Mori, 2013). Gli eventi più eclatanti e negativi come la guerra dell acqua di Cochabamba del 2000, pur limitati nel numero, hanno avuto un ampia risonanza a livello mondiale e hanno contributo a creare una forte e crescente opposizione nelle popolazioni interessate a progetti di privatizzazione (Hall et al., 2005). Una recente dimostrazione di questa tendenza si è avuta con il referendum italiano del giugno 2011 sul servizio idrico. Due fazioni si sono fronteggiate in quest occasione, ma le stesse fazioni si ritrovano anche in altri paesi: i sostenitori delle privatizzazioni di tipo classico, dove l operatore è un impresa lucrativa, e i sostenitori della gestione pubblica. In realtà, seppure assente dal dibattito, vi è anche un altra opzione che presenta vantaggi sia rispetto alla soluzione del gestore privato lucrativo che quella del gestore pubblico. Il primo aspetto da considerare è che gli utenti diventano titolari dell impresa e hanno accesso alle informazioni tramite gli organi di governo di questa. Ciò è un evidente vantaggio sia rispetto all impresa privata lucrativa che all impresa pubblica e può essere determinante nella soluzione di situazioni di conflitto dove l informazione ai cittadini è, come nel caso delle produzioni rischiose, l elemento chiave. Anche il problema dell autodeterminazione riceve nella cooperativa una risposta migliore che in entrambe le forme organizzative concorrenti. Nella cooperativa il controllo è esercitato in modo democratico, esattamente come nell ente pubblico locale, il che è ovviamente un vantaggio rispetto alla gestione privata lucrativa, dove il controllo è invece esercitato da un potere terzo, magari estraneo al territorio. Il punto interessante, non colto dai sostenitori del modello pubblico, è che ciò costituisce un vantaggio anche rispetto alla gestione pubblica: difatti nella cooperativa la catena di controllo è più corta e dunque potenzialmente più efficace. Se ad esempio gli utenti cittadini vogliono licenziare il management di un impresa pubblica, non hanno altra possibilità che votare contro il governo politico locale, cioè una forma di sanzione molto indiretta e diluita che si rivela in molti casi del tutto inefficace. Infine il controllo democratico nella cooperativa si esercita nell ambito di un contesto istituzionale privato: nella cooperativa di utenza gli utenti soci possono usare nei confronti dei manager tutti gli strumenti di tutela civilistica che i soci hanno nei confronti degli amministratori di società. L accesso alle informazioni e il controllo democratico possono essere considerati fattori di vantaggio della cooperativa di utenza nei confronti di entrambe le forme alternative di gestione. Vi sono poi alcuni vantaggi specifici. Rispetto all impresa lucrativa l obiettivo mutualistico della cooperativa di utenza è un evidente vantaggio: pur trattandosi di impresa privata, questa ha come obiettivo non il profitto ma la soddisfazione degli utenti attraverso il servizio. La cooperativa inoltre per sua natura garantisce il radicamento nel territorio del capitale accumulato: il surplus prodotto dall impresa non può essere distribuito e rimane a disposizione della comunità, a differenza che con i gestori privati lucrativi (ricordiamo che una delle contestazioni che vengono più frequentemente sollevate nei confronti di essi è proprio la possibilità che i profitti prodotti nel territorio finiscano altrove). Un ultimo ma non meno importante vantaggio della cooperativa di utenza rispetto all impresa lucrativa è l autoregolazione. Il gestore privato di un servizio pubblico deve necessariamente essere regolato dai pubblici poteri ma la regolazione è spesso fallace (è questa una delle ragioni di fondo dei fallimenti delle privatizzazioni che si sono verificati in passato). Se invece sono i cittadini stessi a gestire il servizio, la regolazione può essere effettuata in forma più leggera: la possibile presenza di utenti non soci a causa dell obbligo del servizio universale impone sì una qualche forma di regolazione, al fine di impedire lo sfruttamento dei non soci da parte dei soci, ma una regolazione che richiede interventi meno invasivi ed è pertanto più efficace. Abbiamo fin qui parlato dei vantaggi della cooperazione di utenza. A fronte di questi vi sono però alcuni problemi che vanno valutati con cura. Ne ricordiamo uno in particolare: l esercizio effettivo della democrazia. Se non è difficile capire come vi possa essere un efficace controllo democratico della gestione da parte di una compagine sociale limitata, occorre interrogarsi su quanto efficace sia invece 11

il controllo democratico con i grandi numeri. Più precisamente: fino a quali dimensioni d impresa può essere considerato efficace il controllo democratico? Quali accorgimenti organizzativi si debbono prevedere per renderlo il più efficace possibile? Le risposte a queste domande sono cruciali se la cooperazione di utenza vuole svilupparsi oltre i confini attuali, risposte che possono venire in parte dalla teoria ma anche e soprattutto dalla sperimentazione, che al momento però manca del tutto. I servizi pubblici locali sono oggi attanagliati da problemi assai seri: difficoltà finanziarie, inefficienza organizzativa, insoddisfazione dei cittadini e mancanza di fiducia nelle istituzioni tradizionalmente preposte alla fornitura e al controllo. La cooperazione di comunità/utenza è la terza via, tra privato lucrativo e pubblico, che può risolvere situazioni di impasse che, come nel servizio idrico, paiono oggi senza via d uscita. La sfida è trasferire un modello di organizzazione prevalentemente sperimentato su piccola scala e in territori particolari a contesti diversi, urbani e di medio grande dimensione. Per un progetto di tale portata sono richieste una forte innovazione nel campo della cooperazione dote che le cooperative nella loro centenaria storia hanno in più circostanze mostrato di avere e di politiche pubbliche coraggiose: non è pensabile che un processo di questo genere, che comunque vede il pubblico come interlocutore in una veste o in un altra degli operatori privati, sia portato a termine senza il supporto di mirate politiche pubbliche. Per prevenire un possibile malinteso va detto con forza che non sono i denari pubblici che servono. Un processo come quello che si prefigura ha tra le sue motivazioni quella di attivare risorse finanziarie della società civile, non di attingere alla finanza pubblica. Occorre soprattutto un quadro giuridico favorevole all assunzione della gestione dei servizi pubblici da parte di cooperative di cittadini (come si argomenta in altra parte di questo lavoro gli ostacoli attuali non pochi sul piano legale). Sul fronte della cooperazione occorre che il movimento cooperativo metta a disposizione dei cittadini le sue competenze imprenditoriali e dia loro strumenti per autorganizzarsi: nuove forme di mutualità esterna al servizio delle comunità per un uso civile e condiviso di beni/servizi essenziali. Questo lavoro fornisce un primo contributo in questa direzione. 12

2 SERVIZIO IDRICO INTEGRATO E COOPERAZIONE: ASPETTI GIURIDICI (ANDREA MARIA ALTIERI) 2.1 PREMESSA La questione centrale che si affronterà nel presente lavoro riguarda le modalità attraverso cui i cittadini possono partecipare alla gestione diretta del servizio idrico integrato e la possibilità per le Regioni di legiferare al riguardo, tenendo conto delle competenze attribuite loro dal Titolo V Cost. e della specifica disciplina in materia di servizio idrico integrato. In primo luogo, verranno delineate le disposizioni, in materia di organizzazione e governo del servizio idrico integrato, con particolare riferimento alla ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, così come risultante dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Dopodiché, verrà verificata la compatibilità delle forme di affidamento del servizio idrico integrato con la forma gestionale della cooperativa di utenti del servizio. Insieme all analisi delle forme di affidamento verrà vagliata anche la possibilità che il servizio possa essere autoprodotto, ex art. 9 della l. 10 ottobre 1990 (legge antitrust). Tale ipotesi reca il vantaggio che questo genere di erogazione non necessiterebbe di un affidamento da parte degli enti locali, potendo esso coesistere accanto ad una gestione in esclusiva. Al termine del lavoro si delineerà quale spazio effettivo esista per un intervento legislativo regionale e quale genere di normativa nazionale potrebbe essere propedeutica alla gestione attraverso il peculiare modello della cooperativa di utenti. 2.2 IL QUADRO EUROPEO IN MATERIA DI SERVIZIO DI INTERESSE GENERALE In funzione di una migliore comprensione delle norme di settore, occorre far cenno alla disciplina europea in materia di servizi di interesse generale e in materia di servizio idrico. A livello europeo esiste la nozione di servizio di interesse generale, comune denominatore delle differenti culture giuridiche, che ricomprende tutti quei servizi, di mercato e non di mercato, che «le autorità pubbliche considerano di interesse generale e assoggettano a specifici obblighi di servizio pubblico» 7. Il diritto europeo distingue inoltre i servizi di interesse economico generale, citati nel Trattato sul Funzionamento dell Unione agli articoli 14 e 106, co. 2, caratterizzati dalla presenza di un mercato profittevole per la loro fornitura. La natura economica di un servizio di interesse generale discende, appunto, dalla presenza di un offerta sul mercato di quel determinato servizio e dalla redditività, almeno potenziale, dell offerta, capace di produrre un risultato economico favorevole 8. Condizione necessaria per la presenza di un offerta è la possibilità di coprire tutti i costi con la tariffa 9. Non esiste un elenco tassativo dei servizi di interesse economico generale, il cui novero muta anche a seconda dell evoluzione delle condizioni di contesto e dalla modalità di erogazione e la cui individuazione è 7 Cfr. Comunicazione della Commissione, Libro bianco sui servizi di interesse generale, COM (2004) 374, Allegato 1, Definizione dei termini. 8 Per questa ricostruzione, si v. in particolare L. Bertonazzi, R. Villata, Servizi di interesse economico generale, in M.P. Chiti, G. Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, II ed., parte speciale, tomo IV, 2007, in part. 1791 1797. 9 Cfr. Corte cost. 17 novembre 2010, n. 325; Corte cost. 26 gennaio 2011, n. 26. In quest ultima sentenza, la Corte ha stabilito che anche il venir meno della previsione di un adeguata remunerazione del capitale investito in tariffa non fa venir meno il carattere economico del servizio, che discenderebbe dalla previsione della copertura dei costi attraverso la stessa tariffa, si v. A. Lucarelli, Riconfigurazione del concetto di «rilevanza economica». Spunti di riflessione sulla natura «economica» del servizio idrico integrato in assenza dell elemento della remunerazione del capitale investito, in Giurisprudenza costituzionale, 2011, 1, 302 ss. 13

affidata all interpretazione dei giudici nazionali 10. Il legislatore europeo ha preferito procedere per principi e, solo in determinate circostanze, implementando politiche di settore come nel caso dell energia, dei servizi postali, del trasporto aereo al fine di dare attuazione al mercato unico o implementare altri obiettivi dell Unione quali per esempio la protezione ambientale 11. I servizi di interesse economico generale sono retti da pochi principi per permettere agli Stati membri il massimo grado di autonomia, allo scopo di consentire la più efficiente erogazione di tali servizi 12. L art. 14, TFUE 13, l art. 36 della Carta europea dei diritti fondamentali 14 e il protocollo al Trattato di Lisbona n. 26, all art. 1 15, ribadiscono, in sostanza, l autonomia delle autorità nazionali, regionali e locali nell organizzare tali servizi il più vicino possibile agli utenti, la necessità che la loro organizzazione tenga conto delle differenze tra i diversi servizi e tra i contesti nei quali i servizi devono essere erogati e la garanzia di un elevato livello di qualità. Tale impostazione lascia intendere che l Unione europea punta a proteggere numerosi interessi collettivi connessi all erogazione dei servizi e non unicamente quelli legati all implementazione del mercato unico; infatti «non sono soggetti a norme comunitarie specifiche né alle norme del trattato sul mercato interno, la concorrenza e gli aiuti di stato» 16 Per quanto riguarda i servizi idrici, tale autonomia è stata ribadita dalla direttiva 2000/60/CE in materia di acque 17, la quale definisce il servizio idrico come di interesse generale, non specificandone la natura economica; in questo modo la direttiva lascia massima discrezionalità agli Stati membri nell organizzazione del servizio, consentendo anche la possibilità che gli stessi provvedano agli oneri di servizio 18. La direttiva pur non stabilendo l obbligo di un organizzazione economica del servizio 19, fa però riferimento, in più passaggi, al principio del recupero di tutti i costi del servizio idrico, in base ad 10 Si v. ex multis le sentenze del Consiglio di Stato sez. V, 27 agosto 2009, 5097 e sez. V, 23 ottobre 2012, n. 5409. 11 Per un quadro generale dei servizi di interesse generale in Europa si v. D. Sorace, I servizi «pubblici» economici nell ordinamento na zionale ed europeo, alla fine del primo decennio del XXI secolo, in Diritto amministrativo, 2010, 1, 1 ss,.; G. Marcou, Regolazione, servizi pubblici essenziali e diritti sociali nello spazio giuridico europeo, in A. Lucarelli (a cura di), Diritto pubblico europeo dell economia, Napoli Roma, 2010; L. Bertonazzi, R. Villata, Servizi di interesse economico generale, cit. 12 Cfr. Comunicazione della Commissione, Libro bianco sui servizi di interesse generale, cit.. 13 L art. 14 reca che [ ] in considerazione dell'importanza dei servizi di interesse economico generale nell'ambito dei valori comuni dell'unione, nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale, l'unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell'ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti [ ]. 14 L art. 36 dispone che Al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell'unione, questa riconosce e rispetta l'accesso ai servizi d'interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai trattati. 15 L art. 1 stabilisce I valori comuni dell'unione con riguardo al settore dei servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14 del trattato sul funzionamento dell'unione europea comprendono in particolare: il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti; la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse; un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente. 16 Cfr. Commissione europea, Libro verde sui servizi di interesse generale, COM (270) 2003, punto 32.3 17 Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l azione comunitaria in materia di acque. Si v. P. Urbani, Il recepimento della direttiva comunitaria sulle acque (2000/60): profili istituzionali di un nuovo governo delle acque, in Rivista giuridica dell ambiente, 2004, 2, 209 ss.; F.Lopez Ramón, La planificación hidrológica en los Estados miembros de la Unión Europea tras la Directiva Marco del Agua, in Revista española de derecho administrativo, julioseptembrie 2010, 147 ss. 18 Direttiva 2000/60/CE, art. 9. 19 Ibidem, considerando n. 15. 14

un analisi economica 20. Nel caso in cui uno Stato membro opti per un organizzazione economica del servizio, ne deriverà la vigenza delle norme comunitarie in materia di concorrenza 21. Gli ultimi orientamenti della Commissione europea sembrano confermare la volontà di rispettare i molti interessi rilevanti connessi i servizi di interesse generale, procedendo ad integrarli per differenziazione, intesa sia rispetto alle peculiarità nazionali che a quelle di ogni singolo servizio 22. 2.3 LA DISCIPLINA DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO. Il servizio idrico integrato è stato istituito con la legge 5 gennaio 1994, n. 36, la cui disciplina è stata sostanzialmente trasposta nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. La legge n. 36/1994 ha individuato due punti chiave rispetto ai quali organizzare efficacemente il servizio idrico: l integrazione delle varie fasi del ciclo dell acqua attraverso la creazione di un unico servizio idrico integrato e l individuazione di un nuovo livello amministrativo come riferimento territoriale per la gestione del servizio. Ciò ha implicato un intervento dirigista dello Stato, che si è espletato nell adozione di cogente legislazione per Regioni ed enti locali, e la funzionalità degli altri aspetti della disciplina a queste scelte di fondo 23. Infatti, l art. 141, comma 1, d. lgs. n. 152/2006, sancisce una ripartizione delle competenze tra livelli di governo che affida la competenza esclusiva allo Stato per i profili dei servizi idrici inerenti alle materie di tutela della concorrenza, tutela dell ambiente, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e determinazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. L obiettivo di una razionale e adeguata utilizzazione della risorsa idrica, una risorsa ambientale esauribile da impiegare secondo il criterio della solidarietà tra bacini e tra generazioni, ha imposto il superamento della gestione comunale a favore di un livello di governo più alto, l Ambito territoriale ottimale (ATO) 24, l aggregazione dei servizi di captazione, di adduzione e di distribuzione delle acque, di fognatura e di depurazione 25 e, infine, la gestione del servizio in forma imprenditoriale, stante il suo carattere economico 26. La disposizione che prevede la totale copertura dei costi attraverso la tariffa, che ha natura di corrispettivo, è la principale base su cui si fonda l economicità del servizio idrico integrato, insieme ai riferimenti alla tutela della concorrenza e ad una gestione efficiente, efficace ed economica contenuti nell art. 141, co. 2. La natura della tariffa come corrispettivo e la dimensione sovracomunale del servizio come mercato rilevante svelano una potenziale remunerazione e contendibilità del servizio, da cui discende l organizzazione economica dello stesso e la vigenza del diritto della concorrenza, la operata da quest ultimo legislatore nazionale di organizzare economicamente il servizio per le finalità appena evidenziate delimita le competenze regionali, che 20 Ibidem, considerando n. 38 e art. 9. In particolare la direttiva richiede che gli Stati membri stabiliscano tariffe in grado di coprire i costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali, quelli per il recupero dell ecosistema, che quelli di risorsa, legati all eccessiva estrazione di acque sotterranee per un tipo di uso a danno di altri. 21 Si v. E. Sticchi Damiani, Il riparto di competenze tra Stato e Regioni in tema di servizio idrico integrato, in Analisi giuridica dell economia, 2010, 2, 147 149. Cfr. Si v. Libro verde sui servizi di interesse generale, COM (2003) 270, punto 44. 22 Cfr. Commissione Europea, Comunicazione Una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa, 20 dicembre 2011 COM(2011) 900 definitivo. 23 A. Fioritto, I servizi idrici dalla legge Galli al codice dell ambiente, in AA. VV., Codice dell ambiente. Commento al d. lgs 3 aprile 2006, n. 152, aggiornato alla legge 6 giugno 2008, n. 101, Milano, Giuffrè, 2008, 1114. 24 D. lgs. n. 152/2006, art. 147. 25 Ibidem, art. 141, comma 2. 26 Ibidem, art. 154. Si v. A. Contieri, Servizio idrico integrato: sistemi di gestione e loro evoluzione, in Nuove Autonomie, 2008, 9 10; J. Bercelli, Servizi idrici, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, VI, Giuffrè, Milano, 5513 ss. 15

possono intervenire, nei limiti assegnati dal legislatore statale, solamente per l introduzione di misure volte a garantire una maggiore concorrenza o una maggiore tutela ambientale 27. Il riparto di competenze contenuto nel d. lgs. n. 152/2006 prevede che le Regioni esercitino le funzioni e i compiti loro spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate, con particolare riferimento al governo del territorio 28. Gli enti locali, attraverso le autorità d ambito, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe e di affidamento della gestione e del relativo controllo 29. Le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici sono state assegnate dal d. l. 6 dicembre 2011, n. 201, all Autorità per l energia elettrica e il gas (d ora in avanti Aeeg), in seguito alla soppressione dell Autorità per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua 30. All Aeeg sono state assegnate le funzioni che il d. l. 13 maggio 2011, n. 70, aveva conferito all Agenzia 31, che non era però mai stata istituita. Gli ATO vengono definiti dalle Regioni in base ai principi di unità del bacino idrografico, unitarietà della gestione ed adeguatezza delle dimensioni gestionali 32. Rispetto al dettato della l. n. 36/1994, l art. 148 del d. lgs. n. 152/2006 ha istituito l autorità d ambito, struttura, costituita in ciascun ATO, cui sono trasferite le funzioni spettanti agli enti locali, che sono obbligati a parteciparvi. L autorità è il centro di imputazione degli interessi concernenti l organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato 33. Essa è dotata di personalità giuridica ed è compito delle Regioni e delle Province individuare le forme e i modi della cooperazione fra gli enti locali che ricadono nel medesimo ATO 34. I compiti dell autorità d ambito sono l organizzazione, l affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato 35 e la determinazione della tariffa di base 36. La scelta del modello gestionale avverrà in base ai criteri stabiliti nel piano d ambito, che ha tra i suoi atti proprio la definizione della «struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi» 37, e nel rispetto dell unitarietà della gestione 38. 27 La Corte costituzionale, con la sentenza 20 novembre 2009, n. 307, ha stabilito la legittimità di norme regionali volte ad aumentare la tutela della concorrenza anche oltre i livelli fissati dalla disciplina statale, nel caso di specie fissando un obbligo di affidare il servizio idrico integrato tramite gara. 28 D. lgs. n. 152/2006, art. 142, co. 2. 29 Ibidem, comma 3. 30 Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201,convertito con modificazioni con la legge 22 dicembre 2011, n. 214, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 300 del 27 12 2011 Suppl. Ordinario n. 276, art. 21, comma 19. 31 Il d. l. n. 70/2011, art. 10, comma 14, individua come compiti di regolazione e controllo la definizione e la verifica del rispetto, a pena di sanzioni pecuniarie, dei livelli minimi di servizio; la predisposizione delle convenzioni tipo, la definizione delle componenti di costo per la determinazione della tariffa, la predisposizione del metodo tariffario, l approvazione delle tariffe predisposte dalle autorità, la verifica della corretta redazione dei piani d ambito, l emanazione di direttive per la trasparenza della contabilità delle gestioni e la pronuncia di pareri in materia di servizio idrico su richiesta del Governo, delle Regioni, degli enti locali, delle autorità d ambito, dei gestori e delle associazioni dei consumatori. L Aeeg considera questi compiti di regolazione e controllo in materia di servizi idrici già trasferiti in base al d. l. n. 201/2011 come affermato nei considerando della deliberazione 1 marzo 2012, Avvio di procedimento per l adozione di provvedimenti tariffari e l avvio dell attività di raccolta dati e informazioni in materia di servizi idrici, 74/2012/R/IDR. 32 D. lgs. n. 152/2006, art. 147, comma 2. 33 Si v. G. Bottino, Art. 148. Autorità d ambito ottimale, in AA. VV., Codice dell ambiente, cit., 1160. 34 D. lgs. n. 152/2006, art. 148, comma 1 2. 35 Ibidem, comma 2 36 Ibidem, art. 154, comma 4. 37 Ibidem, art. 149, comma 5. 38 Ibidem, art. 150. L inserimento del principio dell unitarietà della gestione del servizio in luogo dell unicità della gestione, prevista fino al d. lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, ha destato perplessità per il timore che ogni comune potesse così istituire una propria gestione 16

Le autorità d ambito sono state oggetto di alcune riforme tese alla razionalizzazione degli enti pubblici e al contenimento della spesa pubblica: l'art. 2, comma 38, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevedeva che le Regioni procedessero alla rideterminazione degli ATO, valutando prioritariamente il territorio provinciale come ATO al fine di assegnare le funzioni in materia di servizio idrico integrato alle Province o, in caso di ATO di dimensioni maggiori, alle Regioni o alle Province interessate 39. In seguito, l art. 1 quinques della legge 25 marzo 2010, n. 42, ha disposto la soppressione delle autorità d ambito e ha assegnato alle Regioni il compito di attribuire con legge le loro funzioni, «nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza» 40. Occorre aggiungere che tali riforme hanno avuto il difetto di ricercare il contenimento della spesa pubblica senza indicare un criterio guida che portasse a maggiore efficienza nell erogazione del servizio. In particolare, il legislatore avrebbe potuto assegnare alle Regione il compito di ridisegnare le ATO in base ai bacini idrografici come indicato dalla direttiva quadro, allineando così la normativa nazionale in materia alle indicazioni e all orientamento europei 41. Sugli ambiti territoriali ottimali è ritornato anche l art. 3 bis, comma 1, d.l. 13 agosto 2011, n. 138, il quale ha stabilito che Regioni e Province autonome debbano organizzare i servizi pubblici locali su dimensioni almeno provinciali e tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l efficienza del servizio. Ancora una volta, però, il legislatore interviene sulla materia con la finalità di razionalizzare numero e costi degli enti pubblici senza indicare criteri guida di maggiore efficienza propri per questo determinato servizio. In materia di affidamento del servizio idrico integrato, il referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha abrogato l art. 23 bis della legge 6 agosto 2008, n. 133. Tale norma affidava il servizio in via ordinaria mediante procedure competitive ad evidenza pubblica 42, e in via eccezionale, a causa di caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, a società a capitale interamente pubblico che possedessero i requisiti richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione in house 43. In seguito all abrogazione, con referendum, dell art. 23 bis, i servizi idrici sono stati esclusi dall applicazione dell art. 4, del d.l. n. 138/2011 e successive modificazioni, il quale, riprendendo la normativa abrogata pochi mesi prima, ha disposto che l affidamento dei servizi pubblici locali avvenga ordinariamente tramite procedura competitiva ad evidenza pubblica. La scelta del legislatore di escludere il servizio idrico integrato dalla nuova riforma, in combinato disposto con l effetto del referendum, aumenta l autonomia degli enti locali relativamente alla scelta della modalità di gestione, che ora deve avvenire nel rispetto della normativa minima europea in materia e del con la conseguente moltiplicazione del numero dei gestori e il ritorno ad una situazione simile a quella precedente alla l. n. 36/1994. Una lettura sistematica delle norme in materia però porta a ridimensionare tale timore: la possibilità di non aderire alla gestione unica è riservata ai piccoli comuni appartenenti alle comunità montane che hanno la facoltà, con il consenso dell autorità d ambito, di non partecipare alla gestione unica del servizio, fermo restando l obbligo di partecipare all autorità d ambito. Si v. A. Bartolini, Il servizio idrico integrato tra diritto europeo e Codice dell ambiente, in M.P. Chiti, R. Ursi, Studi sul Codice dell ambiente. Atti del convegno Palermo, 23 24 maggio 2008, Torino, Giappichelli, 2009, 300 301. 39 Aveva sollevato non pochi dubbi in termini efficientistici l affidamento diretto delle funzioni svolte dalle autorità d ambito agli uffici degli enti locali. Tale affidamento necessitava strutture amministrative con una capacità tecnica adeguata e avrebbe potuto causare una confusione tra i ruoli di regolazione e di gestione del servizio nei molti casi di affidamento in house. Allo stesso modo, le funzioni delegate alle regioni dagli enti locali avrebbero generato confusioni tra i ruoli, alla luce dei diversi compiti che il d. lgs. n. 152/2006 già assegnava alle regioni in materia di servizio idrico integrato. Sul punto si v. S. Cimino, Il servizio idrico integrato alla luce del Codice dell ambiente e delle ultime novità normative, cit., 56 57. 40 Tale attribuzione dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2012 come stabilito dall art. 13, comma 2, d.l. 29 dicembre 2011, n. 216 (decreto mille proroghe). 41 Si v. S. Cimini, l servizio idrico integrato alla luce del codice dell ambiente e delle ultime novità normative, cit., 52. Più in generale, sulla necessità di ampliare la categoria del servizio idrico integrato oltre il gli usi civili, creando istituzioni che si occupino di ogni utilizzo della risorsa in linea con le finalità della direttiva quadro, si v. P. Urbani, Il servizio idrico integrato alla luce del Codice dell'ambiente e delle ultime novità normative, cit., 216. 42 L. n. 133/2008, art. 23 bis, comma 2. 43 Ibidem, comma 3. 17

decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di contratti pubblici 44. Nel caso di ricorso al mercato, vige l obbligo di affidare il servizio attraverso una procedura competitiva ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi contenuti nel TFUE e dei principi giurisprudenziali di parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, imparzialità, mutuo riconoscimento 45. La procedura competitiva risulta essere obbligatoria anche nel caso in cui gli enti locali decidano di affidare il servizio ad una società mista e debbano selezionare il socio privato; la gara deve avere ad oggetto la capacità finanziaria e tecnica del socio di realizzare i servizi e le attività oggetto dell'affidamento. Inoltre, la società deve essere costituita per l'affidamento di quel servizio, non essendo ammesso l'affidamento a società già esistenti, e deve essere previsto il rinnovo della procedura di selezione del socio alla scadenza del periodo di gestione. Tali obblighi non sono venuti meno con l abrogazione dell art. 23 bis perché derivanti dalla giurisprudenza europea 46. È invece venuto meno l obbligo di attribuire ai soci privati una quota di partecipazione alla società mista non inferiore al 40%, anche se è da escludere una partecipazione del socio privato meramente simbolica che non gli consentirebbe di esercitare un effettiva influenza sull organizzazione, sulla direzione e sul controllo del servizio 47. Nel caso di un affidamento diretto, invece, gli enti locali sono tenuti a rispettare i principi europei relativi all in house providing: il soggetto affidatario deve essere a totale partecipazione pubblica e deve realizzare la parte prevalente della propria attività con l ente affidante, mentre quest ultimo deve esercitare sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi 48. Il quadro delle modalità gestionali del servizio idrico integrato non è ancora del tutto chiarito, confermando il timore che il mero rimando ai principi europei in materia, senza ulteriori interventi legislativi, possa creare incertezza. Infatti, con l abrogazione dell art. 23 bis verrebbe meno la previsione della forma giuridica della società di capitali per gli affidamenti in house, requisito non previsto dalle numerose pronunce giurisprudenziali europee 49. Inoltre, rimane aperta la questione dell affidamento ad azienda speciale, forma organizzativa dei servizi pubblici locali ancora tipizzata nel nostro ordinamento, che è considerata da parte della scienza giuridica compatibile con i principi europei dell in house providing e con l attuale normativa sul servizio idrico integrato 50. 44 La Corte costituzionale nella sentenza n. 24/2011, sull ammissibilità del quesito referendario che chiedeva l abrogazione dell art. 23 bis, aveva dichiarato che Nel caso in esame, all abrogazione dell art. 23 bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997, sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato); dall altro, conseguirebbe l applicazione immediata nell ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica. Nella sentenza n. 25/2011 aveva inoltre affermato che al fine di non andare incontro a sanzioni da parte dell Unione Europea, la lacuna che si verrebbe a creare con l accoglimento dei quesiti referendari dovrebbe essere colmata con l applicazione generalizzata del principio della gara ad evidenza pubblica e con l applicazione delle norme contenute nel Codice dei contratti. 45 Cfr. Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, pubblicata in GUCE 29 aprile 2000, 2000/C 121/02. Sulla direttiva si v. L. Bertonazzi, R. Villata, Servizi di interesse economico generale, cit., 1866 ss. 46 Cfr. Corte di giustizia, 15 ottobre 2009, C 196/08 e il commento in G.F. Nicodemo, Società miste, il giudice europeo detta le condizioni per l'affidamento diretto, in Urbanistica e appalti, 2010, 2, 156 ss. Si v. anche Consiglio di Stato, adun. plen, 4 marzo 2008, n.1. 47 La Corte costituzionale, con sentenza 1 febbraio 2006, n. 29, ha giudicato, con queste motivazioni, legittima una legge della Regione Abruzzo che fissava la quota minima del socio privato al 40%. 48 Cfr. sentenze della Corte di Giustizia Europea 18 novembre 1999, C 107/98, Teckal s.r.l.; 11 gennaio 2005, C 26/03, Stadt Halle; 13 ottobre 2005, C 458/03, Parking Brixen. Per un approfondimento si v. L. Bertonazzi, R. Villata, Servizi di interesse economico generale, cit., in part. 1872 ss.; R. De Nictolis, L. Cameriero, Le società pubbliche in house, e miste, Giuffrè, Milano, 2008, 133 ss. 49 Si v. C. Tessarolo, L affidamento della gestione del servizio idrico integrato, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 11 aprile 2012, par. 5.6. 50 In tal senso si v. A. Contieri, Prime riflessioni sulle modalità di gestione del servizio idrico integrato a seguito del referendum del 12 e 13 giugno 2011, in www.giust amm.it. Al riguardo però va specificato anche che parte della scienza giuridica considera la forma dell azienda speciale incompatibile con il diritto europeo mancando il requisito della divisione tra funzioni di gestione e funzioni di programmazione, si v. A. Pericu, Impresa e obblighi di servizio pubblico: l impresa di gestione di servizi pubblici locali, Milano, Giuffrè, 433. 18

2.4 LA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE SULLA RIPARTIZIONE DI COMPETENZE TRA STATO E REGIONI IN MATERIA DI SERVIZIO IDRICO INTEGRATO. L analisi del contenzioso tra Stato e Regioni di fronte alla Corte costituzionale in materia di servizio idrico integrato risulta utile ai fini dello svolgimento di questo lavoro, configurato in un ottica regionale. Infatti, le sentenze pronunciate della Corte forniscono utili indicazioni per comprendere come le Regioni possano legiferare in materia. Subito dopo l entrata in vigore della l. n. 36/1994, la Corte, nella sentenza 24 novembre 1994, n. 412, ha affrontato la questione della compatibilità della nuova disciplina di settore con le potestà legislative riconosciute alle Province autonome di Trento e Bolzano nei loro statuti, in materia di urbanistica, lavori pubblici, acquedotti e utilizzo delle acque pubbliche. La Corte ha dichiarato illegittimi, nella parte in cui si estendevano anche alle Province autonome l art. 8, commi da 1 a 5, sull organizzazione territoriale del servizio idrico integrato. L impostazione della Corte, tesa a salvaguardare l autonomia statutaria delle due Province, è stata accolta nel d. lgs. n. 152/2006 che all art. 176, comma 2, dichiara l applicabilità delle norme ivi contenute compatibilmente con gli statuti delle due Province autonome. Di fatto, il servizio idrico integrato nelle province di Trento e Bolzano non è organizzato in ATO governate dalle rispettive autorità, secondo i principi contenuti nella disciplina di settore; tali funzioni sono invece svolte direttamente dalle due Province, in forza della loro autonomia statutaria. Ciò ha condotto ad una maggiore varietà di soluzioni nella gestione rispetto ai contesti delle Regioni a statuto ordinario. In seguito alla riforma del Titolo V Cost. del 2001, i ricorsi presentati dalle Regioni in materia di servizio idrico integrato si sono distinti in due distinti filoni, quelli volti ad affermare la competenza regionale in merito alla scelta di organizzare il SII come servizio pubblico di rilevanza economica o non economica, prevedendo anche il possibile ritorno a forme pubblicistiche di gestione; e un secondo gruppo che, fermo restando il carattere economico del SII, mirava ad espandere la potestà legislativa regionale in materia, andando incidere su determinate caratteristiche del servizio quali la sua integrazione verticale, la redazione dei piani d ambito e la tariffa. Per quanto concerne il primo gruppo di ricorsi, occorre menzionare la sentenza 17 novembre 2010, n. 325. Numerose regioni hanno impugnato l art. 23 bis della legge n. 133/2008 asserendo la violazione della competenza esclusiva regionale in materia di servizi pubblici locali da parte di quelle norme statali che obbligavano gli enti locali ad affidare il servizio idrico attraverso la gara pubblica e da parte delle norme statali che stabilivano la rilevanza economica del servizio, sottraendo questa scelta alle Regioni. La Corte si è espressa stabilendo che la competenza regionale sui servizi pubblici locali è delimitata dalla competenza statale in materia di tutela della concorrenza e che, proprio in virtù di questa competenza, è il legislatore statale a stabilire se il servizio debba essere organizzato come servizio pubblico di rilevanza economica impedendo che gli enti infrastatuali possano decidere diversamente 51. Nella sentenza 7 marzo 2012, n. 62, la Corte ha definito l illegittimità di un affidamento diretto ex lege della Regione Puglia ad un azienda pubblica regionale che rispetti determinati criteri gestionali. La Corte ha censurato l affidamento diretto da parte della Regione in quanto il compito di affidare il servizio, insieme alla scelta della forma di gestione, è attribuito alle autorità d ATO e agli organi o enti che li hanno sostituiti in seguito alla loro soppressione. Con tale sentenza, la Corte afferma l impossibilità di ripubblicizzare il servizio idrico utilizzando forme di gestione abrogate dal nostro ordinamento. 51 Si v. considerato in diritto, punto n. 9. Secondo parte della dottrina non esisterebbe alcuna competenza regionale sui servizi pubblici locali perché completamente assorbita nella competenza statale in materia di tutela della concorrenza. Si v. L. Violini, La concorrenza tra Stato e regioni nella disciplina delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, in Non profit, 2007, 4, 873 ss. 19