LA GAMMA CAMERA La gamma camera viene impiegata per l'acquisizione di immagini scintigrafiche statiche, dinamiche e tomografiche, espressione della distribuzione in vivo di radiofarmaci opportunamente somministrati. Poichè permette l'esplorazione simultanea di aree corporee di grandi dimensioni essa è oggi l'apparecchiatura più diffusamente utilizzata per le indagini diagnostiche in medicina nucleare, dove ha sostituito il vecchio scintigrafo lineare che, eseguendo una scansione punto per punto, richiedeva lunghi tempi di acquisizione e forniva solo immagini planari statiche. E' anche chiamata "camera di Anger" in onore dell'ingegnere che fu inventore e costruttore del primo prototipo nel 1953 e che ne sviluppò ampiamente le caratteristiche. Nel tempo è stata perfezionata per essere usata al meglio con i fotoni gamma da 140 kev del 99m Tc che è il radionuclide oggi più usato in diagnostica medico-nucleare per le sue caratteristiche fisiche e dosimetriche, per il suo facile approvvigionamento e per il basso costo. E' importante sottolineare che, a differenza delle apparecchiature radiologiche, la gamma camera non emette radiazioni ma si limita a rilevare le radiazioni emesse dal paziente. Come è fatta? I principali componenti di una moderna gamma camera sono: un collimatore che viene posto tra l'oggetto che emette le radiazioni e il cristallo di rilevazione. Ha la funzione di schermare le radiazioni dirette verso direzioni non desiderate che degraderebbero la qualità dell'immagine scintigrafica; un cristallo di grande superficie, circolare o rettangolare, per la rilevazione delle radiazioni X e gamma che vengono trasformate in fotoni luminosi ("scintille"). La larghezza del cristallo determina il campo di visione della gamma camera; ifotomoltiplicatori(pm) e i preamplificatori che, collegati alla superficie posteriore del cristallo di rivelazione per mezzo di una connessione ottica, hanno la funzione di rilevare i fotoni luminosi trasformando la loro energia in segnale elettrico che viene amplificato e condotto verso i circuiti di elaborazione; icircuiti di elaborazione, schematicamente distinguibili in: circuito di localizzazione spaziale, che determina dove é avvenuta l'interazione del raggio gamma nel cristallo; analizzatore di ampiezza del segnale (pulse-height analizer), che riconosce l'energia della radiazione incidente e permette una selezione degli impulsi utili alla formazione dell'immagine; convertitori analogico-digitali (ADC) che trasformano da analogici a digitali i segnali provenienti dai circuiti di elaborazione dell'impulso, permettendone così l'inserimento nella memoria di un computer; un computer, con il quale vengono memorizzati ed elaborati i dati acquisiti, permettendo di ottenere le immagini finali da stampare su pellicola radiografica o supporti cartacei, a colori o in bianco e nero, utilizzabili a scopo clinicodiagnostico.
Collimatore E` una struttura di un metallo con numero atomico elevato e quindi con alto potere schermante le radiazioni (generalmente piombo). E' costituito da setti metallici che circondano fori, per lo più disposti "a nido d'ape", che vengono percorsi dalle radiazioni. Ha la funzione di "focalizzare" il fascio fotonico prima che giunga al cristallo di rivelazione. La focalizzazione dei raggi gamma è una focalizzazione per assorbimento: Dalla sorgente, posta in prossimità della gamma camera, i fotoni fuoriescono in tutte le direzioni. Quelli che giungono alla gamma camera provengono quindi da ogni area della sorgente in maniera del tutto casuale e ciò non consentirebbe di produrre un'immagine informativa. I fotoni gamma, a causa del loro potere penetrante, non possono essere deviati da lenti ottiche, come avviene per i fotoni luminosi nella fotografia tradizionale; non possedendo, inoltre, carica elettrica non possono essere deviati da campi elettrici o magnetici. Il fascio fotonico viene quindi modulato per mezzo del collimatore che agisce schermando gran parte dei fotoni e lasciando passare quelli la cui traiettoria passa per il punto focale. La collimazione per assorbimento permette dunque di proiettare una immagine sul cristallo di rivelazione formata solo dai fotoni gamma che giungono a questo da determinate direzioni. La focalizzazione per assorbimento é un metodo intrinsecamente inefficente, perché inevitabilmente scarta gran parte delle radiazioni emesse dal paziente. Questa è una delle ragioni alla base del minor dettaglio morfologico espresso dalle immagini medico-nucleari rispetto a quelle radiologiche. Lo spessore dei setti metallici dei collimatori è variabile secondo l'energia dei fotoni che devono essere focalizzati, in quanto il potere assorbente dei setti si riduce all'aumentare dell'energia dei fotoni incidenti. Quindi, per ottenere una immagine di buona qualità utilizzando nuclidi emittenti radiazioni di energie elevate, sono necessari pesanti collimatori con grossi setti che riducono però il potere risolutivo dell'immagine stessa e la sensibilità del sistema. Secondo la loro geometria i collimatori sono distinti in quattro tipi principali: parallel-hole - il più usato, focalizzante all'infinito, presenta fori paralleli e perpendicolari alla superficie del cristallo. Proietta una immagine delle stesse dimensioni e senza distorsione spaziale della struttura esplorata. Una variante dello stesso è lo "slant-hole" che presenta fori paralleli ma con una angolazione fissa rispetto alla perpendicolare sulla superficie del cristallo (di solito 25 ) converging - oggi poco usato, presenta fori convergenti e può esere considerato un diverging rovesciato del quale mantiene tutti gli inconvenienti. Similmente al pin-hole, provvede ad ingrandire l'immagine ed è stato utilizzato in passato per studiare organi piccoli come la tiroide o per studi pediatrici. diverging - oggi poco usato grazie alle grandi dimensioni dei cristalli di rivelazione attualmente utilizzati. Presenta fori divergenti che hanno la funzione di aumentare il campo di vista del cristallo e quindi di visualizzare organi grandi o grandi superfici corporee su cristalli più piccoli di esse. Ha avuto largo impiego in passato a causa delle piccole dimensioni dei cristalli delle vecchie gamma camere. Ha il difetto che il fattore di ingrandimento e la risoluzione spaziale dell'immagine ottenuta sono variabili a seconda che la struttura esplorata si trovi vicina al centro del
cristallo o in periferia, in piani superficiali o profondi. Ciò introduce una distorsione dell'immagine che può causare difficoltà nell'interpretazione della stessa. pin-hole - focalizzante a breve distanza, provvede ad ingrandire l'immagine. Per contro introduce una distorsione a causa della diversa distanza dal fuoco delle strutture esplorate e fornisce un'immagine rovesciata su entrambi gli assi. E' utilizzato per organi piccoli, come la tiroide, o per ottenere ingrandimenti di piccole regioni corporee. Cristallo rilevatore E' un rivelatore a scintillazione, generalmente ioduro di sodio (NaI) attivato con tallio (Tl). Il cristallo di NaI acquista le proprietà scintillanti grazie alla presenza delle impurità di Tl inserite nel reticolo cristallino. Tali impurità agiscono come trappole per elettroni e formano centri di luminescenza. Il cristallo è molto delicato e deve essere protetto dall'umidità che ne degrada drasticamente le qualità. E' per questo rinchiuso in uno strato di alluminio, rivestito internamente da materiale riflettente (guida di luce) tranne che sul lato posteriore dove è accoppiato ai fotomoltiplicatori. Quando il fotone gamma entra nel cristallo interagisce con esso tramite una serie di collisioni Compton in rapida sequenza, dissipando l'energia residua in una interazione fotoelettrica. Non tutti i gamma che giungono al cristallo, però, interagiscono con esso, alcuni lo attraversano: per energie dei gamma inferiori ai 200 kev l'efficenza del cristallo è dell'80 % circa, mentre per energie superiori l'efficenza si riduce drasticamente. Ogni volta che avviene una collisione Compton o un'interazione fotoelettrica, l'energia del gamma viene in parte o totalmente trasmessa a un elettrone che, spostandosi nel reticolo cristallino, raggiunge un centro di luminescenza dove vengono prodotti lampi di luce, nella lunghezza d'onda dal blu all'ultravioletto. Benchè emessi in sequenza, i lampi di luce derivanti dall'interazione con il cristallo dello stesso fotone gamma giungono al fotomoltiplicatore in un tempo inferiore alle possibilità di discriminazione temporale dello stesso che li vede come unico lampo luminoso, di intensità proporzionale all'energia del fotone gamma incidente (tipicamente per ogni kev di energia vengono prodotti 30 fotoni luminosi). Così, se il fotone incidente dissipa tutta la sua energia nel cristallo, viene mantenuta una perfetta proporzionalità tra la l'energia del fotone gamma e l'intensità della luce che giunge ai fotomoltiplicatori. Ciò risulta di fondamentale importanza per i successivi stadi dell'elaborazione del segnale. Le moderne gamma camere sono generalmente fornite di cristalli circolari, con diametro di 40-50 cm, oppure rettangolari con lati di 30-40 x 40-50 cm. Fotomoltiplicatori Accoppiati in stretta contiguità con la parte posteriore del cristallo consistono in fotocatodo e catena di dinodi.
Nel fotocatodo il lampo di luce viene convertito per fotoemissione in elettroni mantenendo la proporzionalità tra energia luminosa e numero di elettroni strappati al fotocatodo. Nei dinodi, posizionati in serie e mantenuti ad una differenza di potenziale elevata e costante per mezzo di un alimentatore, viene amplificato il segnale: gli elettroni che giungono al primo dinodo del PM vengono accelerati dal campo elettrico verso il secondo dinodo dove collidono producendo l'emissione secondaria di altri elettroni che a loro volta vengono accelerati verso il terzo dinodo e così via. In tal modo si produce una moltiplicazione a cascata degli elettroni che, all'uscita, vengono trattati come un impulso di corrente elettrica. Viene rispettata la proporzionalità tra l'intensità dell'impulso luminoso l'ampiezza del segnale elettrico. Come funziona? I raggi gamma emessi dal paziente, dopo aver attraversato il collimatore, sono convertiti in scintille di luce nel cristallo di rilevazione. Si crea così un'immagine virtuale di scintillazione all'interno del cristallo, che rispecchia la distribuzione della radioattività nel paziente. La scintilla di luce viene "vista" da ciascun fotomoltiplicatore con una intensità inversamente proporzionale alla distanza dello stesso dal punto ove è avvenuta la scintillazione nel cristallo. Per fotoemissione, la luce viene convertita in elettroni. Questo piccolo segnale elettrico viene amplificato dal fotomoltiplicatore ed elaborato da appositi circuiti in grado di localizzare l'origine dell'evento. In pratica, poichè l'ampiezza del segnale in uscita dal PM è inversamente proporzionale alla distanza tra il centro del fotocatodo e il punto del cristallo dove è stata prodotta la scintillazione, la distribuzione dell'ampiezza dei segnali in uscita dai vari PM permette al circuito di localizzazione di fornire le coordinate X e Y dell'impulso. I segnali in uscita da tutti i PM contigui vengono sommati per produrre un impulso chiamato Z che ha un'ampiezza direttamente proporzionale all'intensità della luce prodotta nel cristallo e quindi direttamente proporzionale all'energia del raggio gamma incidente. Un circuito d'analisi dell'ampiezza del segnale Z permette di rigettare tutti i segnali che non sono all'interno di una "finestra" di energia prescelta dall'operatore. E' in tal modo possibile eliminare parte delle radiazioni di "scatter" (Effetto Compton) che avendo deviato la loro direzione dopo essere state emesse producono un degrado dell'immagine. La capacità di riconoscere l'energia del fotone che provoca la scintillazione permette, inoltre, di impiegare contemporaneamente più radiofarmaci che emettano fotoni di diversa energia. Somministrando contemporaneamente al paziente, a titolo di esempio, 99mTecnezio (140 kev) e 201Tallio (70-80 kev) è possibile programmare l'apparecchiatura affinchè i segnali acquisiti vengano registrati su due diverse immagini, corrispondenti rispettivamente al 99mTc ed al 201Tl.
I segnali vengono, infine, digitalizzati (cioè convertiti da semplici segnali elettrici a numeri) in modo da permetterne la memorizzazione in un computer, sotto forma di matrici numeriche, successivamente elaborabili nei modi ritenuti opportuni. Immagini scintigrafiche digitali Nelle moderne gamma-camere le immagini scintigrafiche vengono abitualmente acquisite in modo digitale, sotto forma cioè di matrici numeriche bidimensionali (quadrate o rettangolari) formate da un insieme di elementi chiamati pixel (dall'inglese "picture element"). Nella memoria del computer ad ogni pixel può corrispondere uno o due "byte", cioè un numero binario rispettivamente di 8 o 16 bit. Nel primo caso il conteggio massimo che può essere registrato in un pixel è quindi 255 (pari a 2^8-1) nel secondo caso è 65535 (pari a 2^16-1). In ogni pixel viene registrato il numero di fotoni che il sistema, durante l'acquisizione dei dati, identifica come provenienti dalla corrispondente piccola porzione dell'oggetto che viene esaminato. E' quindi evidente che la risoluzione finale dell'immagine dipenderà anche dalle dimensioni della matrice prescelta. Tanto più grande è la matrice, tanto più piccoli sono i pixel che la compongono (a parità di dimensioni del campo esplorato) e quindi tanto migliore è la risoluzione dell'immagine finale (intendendo come risoluzione la minor distanza alla quale due punti vicini possono essere correttamente identificati come distinti). In medicina nucleare le matrici abitualmente impiegate sono di 64x64, 128x128, 256x256 e 512x512 pixel. Se consideriamo infatti, a titolo esemplificativo, che l'immagine sia acquisita con una gamma-camera con un campo di vista di 40x40 cm, ad un pixel corrisponderà rispettivamente una porzione pari a 6.2, 3.1, 1.5, 0.75 mm. Poichè una regola generale della digitalizzazione delle immagini stabilisce che la matrice ottimale da utilizzare è quella formata da pixel che abbiano come dimensioni la metà della risoluzione massima ottenibile dal sistema di acquisizione dell'immagine e considerando che allo stato attuale della tecnologia le gamma-camere non sono in grado di fornire immagini con una risoluzione spaziale migliore di 3-4 mm, sarebbe inutilmente dispendioso utilizzare matrici di dimensioni superiori a 512x512 pixel. Fanno ovviamente eccezione le immagini del "corpo intero" che, corrispondendo ad un campo di vista lungo 150-200 cm e largo di 40-50 cm, vengono abitualmente registrate in matrici di 2048x512 pixel.