Il ruolo della cooperazione L uomo al centro delle iniziative per lo sviluppo Prima di affrontare il tema del ruolo delle Organizzazioni Non Governative (Ong) nella cooperazione allo sviluppo, ritengo utile definire meglio alcuni termini chiave. Cooperare significa operare-con, fare-con, coinvolgere in un cammino di sviluppo soggetti pubblici e privati del Nord e del Sud del mondo: istituzioni pubbliche, quali sono il ministero degli Affari Esteri, gli enti locali, l Unione Europea, il sistema Onu. È importante, poi, una sinergia con le imprese (una imprenditorialità non di rapina, ma tesa a far crescere il settore produttivo di un Paese, è un elemento fondamentale per lo sviluppo), con le università e con tutte le libere aggregazioni della società civile che si mobilitano per dare una risposta al bisogno incontrato. «[ ] Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione della mentalità e dei costumi. È l uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica» 1. È quindi protagonista la persona, tutta la persona in ogni sua dimensione materiale e spirituale. L uomo non è mai riducibile al solo suo bisogno materiale e non è mai definibile col suo limite: il malato, l affamato, l orfano, il profugo. Un uomo, a qualsiasi latitudine viva e in qualsiasi circostanza si trovi, è destinato alla felicità e desidera la felicità. I singoli bisogni, per i quali cerca una risposta, sono l espressione contingente del grande e inesauribile desiderio di compimento. Se dunque l uomo è il centro di ogni iniziativa per lo sviluppo, l educazione è la strada, e quindi è la prima e vera emergenza. Infatti l esito positivo del lavoro e dell impegno comune, dell operare-con, è la nascita e la crescita di un soggetto locale, di uomini che sappiano dire «io» con coraggio e con responsabilità, che sappiano costruire brani di realtà nuova dove giocano la loro libertà, diventando protagonisti dello sviluppo proprio e del proprio Paese. Al di là delle pur numerose opere realizzate, l esito più significativo del nostro lavoro è la crescita di queste personalità. Le Organizzazioni non governative Tra gli attori della cooperazione allo sviluppo, le Ong hanno svolto e svolgono un ruolo importante ormai universalmente riconosciuto, anche se non è automatico che tutte le Ong siano adeguate al compito che si sono assunte, ma occorre guardare alla qualità del lavoro di ogni singola associazione. Le Ong fanno parte di quel variegato mondo non profit che porta avanti iniziative di solidarietà in Italia e all estero. Alla data dell ultimo censimento 2 gli enti non profit attivi erano 221.412. Per 1433 delle 221.412 realtà censite dall Istat (circa lo 0,6% del totale) la cooperazio- ARTURO ALBERTI È PRESIDENTE DELLA FONDAZIONE AVSI. 111
ne e la solidarietà internazionale rappresentano l attività prevalente, ed è tra queste che sono comprese le Ong. In una rilevazione effettuata nel luglio 2002 le Ong italiane, in collaborazione con 3.278 partner locali, gestivano 3.108 progetti (334 di emergenza e 2.774 di sviluppo), di cui beneficiavano circa 45 milioni di persone. Il continente in cui maggiormente sono impegnate le Ong è l Africa, dove l 85% di esse ha almeno un progetto. Nel 2004 l importo dei fondi gestiti dalle Ong è stato di 350 milioni di euro, di cui il 45% proveniente da donazioni private, il 32% dall Unione Europea e solo il 17% dal Governo italiano. Da cinque anni la maggioranza delle Ong italiane aderisce all Associazione Ong Italiane (Aoi) che si è costituita per avere più peso nel rapporto con le istituzioni e per cercare un ambito in cui valorizzare la ricchezza di una realtà molto composita. I soci effettivi delle Ong, sempre nella rilevazione del 2002, sono 14.149, mentre l area più allargata dei sostenitori comprende 200.000 persone. Gli operatori retribuiti che lavorano in Italia sono 1.740, di cui 1.029 a tempo pieno e 711 a tempo parziale, coadiuvati da 3.600 volontari che in modo gratuito, ma organizzato e continuativo, offrono il loro contributo al raggiungimento degli obiettivi. Il numero totale di cooperatori impegnati all estero in progetti delle Ong è di 3.433 persone, suddivise in varie tipologie (volontari, cooperanti, esperti). Dai dati emerge una realtà italiana caratterizzata da una ricchezza di soggetti assai diversi tra loro, nati dal coinvolgimento attivo della società civile e ricchi di contenuti culturali e metodologici. Questa nostra realtà si differenzia da quella del nord Europa, dove esistono poche e grandi Ong (ognuna delle quali ha un budget annuo paragonabile allo stanziamento a dono del ministero degli Affari Esteri italiano) che realizzano spesso interventi indicati e sostenuti dai loro governi, svolgendo un ruolo di grandi agenzie per lo sviluppo. In Italia le Ong sono state capaci di porre in evidenza nuovi bisogni emergenti dai popoli del Sud del mondo o bisogni trascurati e lasciati senza risposte, ma anche di ideare e di sperimentare metodologie originali nella progettazione e nella realizzazione di programmi di cooperazione allo sviluppo. Contenuti e metodo di lavoro I principali aspetti metodologici degli interventi delle più significative Ong possono essere così sintetizzati: - Si parte sempre per dare una risposta a un bisogno incontrato e non in base a una strategia di intervento decisa a tavolino, a partire da principi teorici o da ipotesi relative all aiuto umanitario. Questo aspetto è molto importante, perché è la base del successo di un progetto di sviluppo. Un incontro identifica un interlocutore reale, mobilita le persone e rende più chiare le ragioni di un impegno. Purtroppo succede spesso che molte Ong, oppresse da situazioni finanziarie difficili, inseguano i finanziamenti e vadano peregrinando nei luoghi dove principalmente arrivano i fondi, senza un nesso significativo con la realtà e con le persone che vivono in quel contesto. - Se, come abbiamo già detto, lo sviluppo è una questione di uomini, gli uomini si incontrano attraverso la presenza di altri uomini. La presenza di persone, che si chiamino volontari, cooperanti o 113
esperti, è decisiva perché attraverso di loro comincia un cammino e si avvia un autentico processo di sviluppo. Avsi, Ong che presiedo da tanti anni, ha adottato uno slogan che è la sintesi di una esperienza in atto: «Condividere i bisogni per condividere il senso della vita». La parola condivisione è la più espressiva e significativa del nostro metodo, e il luogo principale della condivisione è Le Ong, al contrario di quanto avviene con i progetti gestiti direttamente dai governi o da grandi organismi internazionali, sono a stretto contatto con le popolazioni, e possono quindi individuare rapidamente i cambiamenti necessari per adattarsi alle mutate condizioni del contesto in cui operano. il lavoro, perché i volontari attraverso il lavoro mettono a disposizione dell altro quello che sono, quello che hanno e in modo particolare la loro professionalità. - Valorizzazione delle risorse umane locali e del patrimonio culturale presente in ogni contesto. Gli operatori delle Ong sperimentano quotidianamente che ogni comunità umana, anche la più degradata, ha un patrimonio di valori, di tradizioni, di conoscenze, da cui è assolutamente necessario partire. Ridurre la realtà locale solo a una serie di problemi (povertà, carestia, malattie, guerre) non permette di vedere e di valorizzare la storia e la cultura di un popolo. - Flessibilità degli interventi. Le Ong, al contrario di quanto avviene con i progetti gestiti direttamente dai governi o da grandi organismi internazionali, sono a stretto contatto con le popolazioni, e possono quindi individuare rapidamente i cambiamenti necessari per adattarsi alle mutate condizioni del contesto in cui operano. Purtroppo spesso questa flessibilità, caratteristica decisiva dei progetti realizzati dalle Ong, non è compresa, anzi è decisamente ostacolata dalle istituzioni donatrici, che sono burocraticamente legate a ciò che è scritto nel documento di progetto, piuttosto che al cambiamento della realtà. - Promozione di una partnership allargata, tesa a creare le condizioni di crescita di soggettività locali che garantiscono la continuità dell opera iniziata col contributo della cooperazione internazionale. La sostenibilità di un progetto è strettamente legata a una effettiva partnership, con una reale assunzione di responsabilità da parte degli attori locali dello sviluppo. Il progetto viene inteso come un processo condiviso con altri soggetti, attraverso il quale si identificano i bisogni, le forme di organizzazione, le finalità e le modalità di realizzazione di un idea comune, non solo nella sua forma materiale (scuole, ospedali, etc.), ma nella sua essenza e nella sua funzione, rispetto al percorso intrapreso da parte della comunità o del gruppo di persone destinatario dell intervento. - Accompagnamento dell opera dopo la fine del progetto formale. Se si ha a cuore il cammino degli uomini e la crescita delle persone non si può chiudere tutto con la stesura del report finale. È 114
necessario prevedere un periodo in cui, anche se non c è più la responsabilità gestionale della Ong, permane il bisogno di seguire lo sviluppo dell opera nei primi anni di autonomia. È una fase molto delicata e importante in cui, con discrezione, occorre far camminare senza stampelle i partner che sono cresciuti nel tempo, ma essere anche disponibili a intervenire e aiutare se subentrano difficoltà che da soli non potrebbero superare. Prospettive Oggi, se l Italia vuole continuare a svolgere un ruolo significativo nell ambito della cooperazione allo sviluppo, è importante che ci sia una evoluzione, sia da parte delle Ong che da parte del Parlamento e del Governo italiani. Le Ong devono abbandonare definitivamente certe posizioni ideologiche che dividono a priori il mondo in buoni e cattivi, rendono difficile misurarsi con la realtà (con tutti i fattori presenti) e non facilitano il coinvolgimento di altri soggetti decisivi nel processo di sviluppo, come per esempio le imprese. È necessario superare ogni atteggiamento volontaristico e accettare la sfida di coniugare l ideale che muove all azione (ideale umanitario o religioso) e l efficienza e l efficacia degli interventi. Non tutto quello che è stato fatto è positivo e occorre giudicare l operato, saper cambiare, saper dare ragione di come si ricevono i finanziamenti, di come si spendono, dei risultati ottenuti, degli errori commessi. Solo così aumenterà la credibilità e la fiducia che sono alla base del possibile incremento di risorse. In quest ottica è fondamentale un accurata formazione delle persone. In tutte le parti del mondo, anche le più povere, i nostri interlocutori si aspettano interventi e iniziative caratterizzate da alta professionalità, per cui è molto importante la preparazione degli operatori della cooperazione, sia nell apprendimento delle lingue, sia nello specifico della propria professione e nelle capacità manageriali e di gestione dei progetti in cui sono inseriti. Per quanto riguarda i responsabili della politica italiana, essi sono chiamati a fare alcune scelte molto qualificanti: - La cooperazione allo sviluppo deve essere frutto di una politica per lo sviluppo dei Paesi poveri assunta responsabilmente dal Parlamento e non un semplice capitolo di bilancio che può essere saccheggiato alle prime difficoltà finanziarie; - La cooperazione allo sviluppo è parte integrante della politica estera italiana e in molte aree del mondo i progetti di cooperazione sono la modalità principale con cui lo Stato si fa presente e attivo. Se ci sarà questa scelta, allora tutto il sistema Paese dell Italia potrà essere coinvolto in azioni di sviluppo: imprese, istituzioni locali, università, centri di ricerca, sistema sanitario, Ong. Ognuno sarà chiamato a esprimere la propria specificità, senza confusioni di ruoli (le imprese devono fare profitto, le Ong sono non profit), ma con una grande possibilità di integrazione e di sinergie; - Unificare in un unico luogo, il ministero degli Affari Esteri, le responsabilità di tutti gli interventi di cooperazione, che ora sono suddivisi tra vari ministeri; - Ridurre progressivamente il livello di tied aid (la percentuale di aiuti legati a contratti con imprese italiane) che nel 2004 era ancora attorno al 90%, mentre la raccomandazione del Dac (Development Assistance Comittee) è che questa pratica venga 115
abolita; - Aumentare le risorse finanziarie. Negli ultimi anni c è stata una progressiva diminuzione della percentuale di Pil destinata all Aiuto Pubblico allo Sviluppo (Aps). Nel 2005 l Italia ha stanziato fondi pari allo 0,11% del Pil, collocandosi all ultimo posto tra i Paesi donatori. Nel 2002 a Barcellona il Governo italiano si era impegnato a portare l Aps allo 0,33% del Pil entro il 2006, ma è già evidente che non sarà facile mantenere l impegno. In un contesto così difficile, dove gli aiuti mondiali allo sviluppo diminuiscono (il volume mondiale dell Aps è passato da 58,9 miliardi di dollari nel 1995 a 52,3 nel 2001), le Ong più significative del panorama italiano hanno saputo differenziare fortemente le risorse, aumentare significativamente l apporto da privati (per Avsi, per esempio, l apporto privato rappresenta il 55% del bilancio 2005) e continuano a impegnarsi con i popoli più poveri dell Africa, dell America Latina e dell Oriente, confidando soprattutto nella valorizzazione del capitale umano, che è la principale risorsa per lo sviluppo. Atti del convegno «Presenza cristiana è sviluppo», AVSI Associazione Compagnia delle Opere, 2003. G. Marcon, Le ambiguità degli aiuti umanitari. Indagine critica sul Terzo Settore, Feltrinelli, Milano 2002. G. Scidà, Avventure e disavventure della sociologia allo sviluppo, Franco Angeli, Milano 2004. A. Sen, Globalizzazione e libertà, Mondadori, Milano 2002. M. Tommasoli, Le développement participatif. Analyse sociale et logiques de planification, Karthala, Paris 2001. Note 1 Ioannes Paulus P.P. II, Redemptoris missio, Roma 7 dicembre 1990, n. 58. 2 Istat, Istituzioni non profit in Italia anno 1999, Collana Informazioni, Roma 2001, n. 50. Bibliografia A. Alberti, C. Giudici (a cura di), Un altro futuro per il mondo. Le ONG italiane per lo sviluppo e la solidarietà internazionale, Città Aperta Edizioni, Troina 2003. 117