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REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE Deliberazione n. 80/2014/SRCPIE/PAR La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, nell adunanza del 6 maggio 2014, composta dai Magistrati: Dott. Mario PISCHEDDA Presidente f.f. Dott. Giuseppe Maria MEZZAPESA Consigliere Dott. ssa Alessandra OLESSINA Primo Referendario Dott. Massimo VALERO Primo Referendario - relatore Dott. Adriano GRIBAUDO Primo Referendario Dott. Cristiano BALDI Referendario Visto l art. 100, comma 2, della Costituzione; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con Regio Decreto 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni; Vista la Legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; Visto il Regolamento per l organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni; Vista la Legge 5 giugno 2003, n. 131 recante disposizioni per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l art. 7, comma 8; Visto l atto d indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l esercizio dell attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9; Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5; Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010; 1

Vista la richiesta del Sindaco del Comune di Casal Cermelli (AL), in data 8 aprile 2014, e pervenuta per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte il 10 aprile 2014, recante un quesito in materia di contabilità pubblica; Vista l ordinanza con la quale il Presidente f.f. ha convocato la Sezione per l odierna adunanza; Udito il relatore, dr. Massimo Valero; OGGETTO DEL PARERE Nella nota richiamata in epigrafe il Sindaco del Comune di Casal Cermelli (AL) espone che: - Poste Italiane S.p.A. ha intenzione di ristrutturare dei locali comunali in cui opera l ufficio postale di Casal Cermelli con un investimento a carico della società di 50.000,00/60.000,00 Euro per inserire servizi aggiuntivi (postazione bancomat, ad oggi assente); - gli affitti medi dei negozi in locazione a privati a Casal Cermelli sono ben al di sotto della cifra individuata dall osservatorio del mercato immobiliare per locali analoghi; - a parere dell Amministrazione comunale, Poste Italiane S.p.a., in un piccolo centro, rientra a pieno titolo nel servizio sociale; - l'amministrazione intende richiedere per l'ampliamento dell'ufficio Postale di Casal Cermelli a Poste Italiane un canone ben al di sotto della media citata dal predetto osservatorio, in funzione della socialità e dell'indispensabilità del servizio postale svolto nel paese. Tanto premesso, il Sindaco chiede a questa Sezione un parere sul disposto di cui all'art. 32 comma 8 della L. n. 724/1994 (Legge Finanziaria per il 1995) ovvero se sia possibile includere, nella portata della norma, oltre agli immobili per l'edilizia economica e popolare e per il disagio abitativo in genere, anche gli immobili Comunali in locazione al servizio postale in capo all'azienda Poste Italiane S.p.a., in considerazione del fatto che i presidi postali nei piccoli comuni svolgono, in assenza di altri servizi similari, una funzione certamente sociale di assistenza alla popolazione anziana, disabile e in genere che vive in condizioni di difficoltà insite nelle fasce demografiche citate, e quindi se sia possibile concludere dei contratti di locazione con Poste Italiane scontando canoni di locazione attiva ben al di sotto dei valori indicati dall Osservatorio per il mercato immobiliare, sempre per assicurare e garantire la presenza di detto servizio nel paesi a rischio di desertificazione. PREMESSA Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta di parere rientri nell ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti 2

dall art. 7 comma ottavo, della legge 5 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell efficienza e dell efficacia dell azione amministrativa. La funzione di cui al comma ottavo dell art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa. I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l organo di controllo esterno. Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall'ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione. L'esame e l'analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l'interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell'ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest'ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda. AMMISSIBILITÀ SOGGETTIVA Riguardo all individuazione dell organo legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell ente comunale, si osserva che il Sindaco è l organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell ente ai sensi dell art. 50 T.U.E.L. Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall organo legittimato a proporla ed è stata inviata tramite il C.A.L. AMMISSIBILITÀ OGGETTIVA Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione, contenuta nel comma 8, dell art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali. Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo. 3

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriore rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare, con l attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica. Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva. Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell art. 17, co. 31 del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria di contabilità pubblica incentrata sul sistema di principi e di norme che regolano l attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010). Il limite della funzione consultiva, come sopra delineato, esclude qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nell esclusiva competenza dell autorità che la svolge; nonché esclude che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali. Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all evolversi dell ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l ambito di attività. Nel caso in esame, la richiesta di parere è ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, giacché il quesito riguarda la materia della contabilità pubblica, come delineata dalle SS.RR. con la richiamata deliberazione n. 54/2010. MERITO In via preliminare, il Collegio rammenta che la funzione consultiva è diretta a fornire un ausilio all Ente richiedente per le determinazioni che lo stesso è tenuto ad assumere nell esercizio delle proprie funzioni, restando ferma la discrezionalità dell Amministrazione in sede di esercizio delle prerogative gestorie. Il quesito verte sulla possibilità o meno di includere, nell ambito derogatorio previsto dall art. 32, comma 8 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, gli immobili comunali dati in locazione per l esercizio del servizio postale svolto dall'azienda Poste Italiane S.p.a. e quindi se sia possibile concludere dei contratti con Poste Italiane scontando canoni di locazione attiva inferiori ai valori di mercato, al fine di garantire la presenza di detto servizio sul territorio. Esula dunque 4

dal presente parere ogni considerazione in ordine alle ulteriori circostanze di fatto rappresentate dal Sindaco nella premessa del quesito, quali la proposta di ristrutturazione dei locali comunali con un investimento a carico della società postale per l ampliamento dei servizi e la concreta valutazione economica della locazione dell immobile in discorso. La norma testé richiamata dispone che "a decorrere dal 1 gennaio 1995, i canoni annui per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile dei comuni sono, in deroga alle disposizioni di legge in vigore, determinati dai comuni in rapporto alle caratteristiche dei beni, ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato, fatti salvi gli scopi sociali". Occorre innanzitutto premettere che l'ente locale, ai fini della possibilità di concedere la disponibilità di un bene appartenente al suo patrimonio, a delle condizioni diverse da quelle di mercato, in considerazione delle peculiari finalità sociali perseguite dal soggetto beneficiario, deve tener conto, nell'ambito delle valutazioni da effettuare nell'esercizio della sua esclusiva discrezionalità, di una serie di principi già individuati dalla giurisprudenza contabile (ex plurimis, cfr. Corte dei Conti, Sez. Contr. Lombardia, Deliberazione n. 349/2011 e Sez. Contr. Veneto, Deliberazione 716/2012). In generale e indipendentemente dallo strumento giuridico che viene utilizzato per disporre del bene (provvedimento amministrativo se si tratta di bene demaniale o appartenente al patrimonio indisponibile; negozio di diritto privato se si tratta di bene patrimoniale disponibile), l'atto di disposizione deve comunque tener conto dell'obbligo di assicurare una gestione economica dei beni pubblici, in modo da aumentarne la produttività in termini di entrate finanziarie. Quest'obbligo rappresenta infatti una delle forme di attuazione da parte delle pubbliche amministrazione del principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.) del quale l'economicità della gestione amministrativa costituisce il più significativo corollario (art. 1, L 241/1990 e s.i.m.). Ne consegue che, da un lato, l'azione amministrativa deve garantire livelli ottimali di soddisfazione dell'interesse pubblico generale attraverso l'impiego di risorse proporzionate; dall'altro, deve conseguire il massimo valore ottenibile dall'impiego delle risorse a disposizione (Del. Sez. Contr. Veneto cit.). Cionondimeno, il principio generale di redditività del bene pubblico può essere mitigato ove venga perseguito un interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello che viene perseguito mediante lo sfruttamento economico del bene immobile comunale. Se è vero, infatti, che l'indirizzo politico legislativo più recente riconosce vieppiù alla gestione del patrimonio immobiliare pubblico una valorizzazione finalizzata all'utilizzo dei beni secondo criteri privatistici di redditività e di convenienza economica, tuttavia l ente locale non deve perseguire, costantemente e necessariamente, un risultato soltanto economico in senso stretto nell'utilizzazione dei beni patrimoniali, ma, come ente a fini generali, deve anche curare gli interessi e promuovere lo sviluppo della comunità amministrata (Del. Sez. Contr. Veneto cit.). 5

Per cui, l'eventuale scelta di disporre di un bene pubblico ad un canone di importo diverso da quello corrispondente al suo valore di mercato deve avvenire a seguito di "un'attenta ponderazione comparativa tra gli interessi pubblici in gioco, rimessa esclusivamente alla sfera discrezionale dell'ente, in cui però deve tenersi nella massima considerazione l'interesse alla conservazione ed alla corretta gestione del patrimonio pubblico, in ragione della tutela costituzionale di cui questo gode (art. 119, comma 6, Cost.)" (delibera 33/2009/PAR Sez. Contr. Veneto). Per completezza, a quanto già esposto occorre aggiungere che il peculiare servizio universale offerto da Poste Italiane S.p.A. alla collettività può essere oggetto, in determinate zone, di appositi contratti di programma tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane S.p.A. che disciplinano l allocazione sul territorio degli uffici postali, con eventuale possibilità di concordare con le autorità locali una presenza più articolata nelle singole aree territoriali i cui costi non siano a carico della società stessa (sul punto cfr. TAR Lazio - sez. III ter sent. n. 1117/2014). Resta fermo che la valutazione comparativa tra i vari interessi in gioco e l accertamento della compatibilità finanziaria e gestionale dell'atto dispositivo sono rimessi esclusivamente alla discrezionalità ed al prudente apprezzamento dell'ente, che si assume la responsabilità della scelta, e che dovrà risultare da una chiara ed esaustiva motivazione del provvedimento. P.Q.M. Nelle considerazioni che precedono è espresso il parere della Sezione Copia del parere sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria al Consiglio delle Autonomie Locali della Regione Piemonte e all Amministrazione che ne ha fatto richiesta. Così deliberato in Torino nella camera di consiglio del 6 maggio 2014. Il Relatore F.to Dott. Massimo Valero Il Presidente f.f. F.to Dott. Mario Pischedda Depositato in Segreteria il 08/05/2014 Il Funzionario Preposto F.to Dott. Federico Sola 6