14 Problematiche comuni al recesso e alla esclusione SOMMARIO 14.1. Arbitrato e tutela cautelare dinanzi al Giudice ordinario. Problemi comuni alle ipotesi di recesso e esclusione del socio sono i seguenti: a) che, di fronte al recesso [o all esclusione del socio], gli altri soci possano decidere lo scioglimento della società (art. 2473, ultimo comma, c.c.), in tal modo assorbendosi lo scioglimento particolare del vincolo determinato dal recesso o dall esclusione; b) se, quando la società è sciolta, siano ammissibili il recesso del socio o la sua esclusione; c) se gli istituti del recesso e della esclusione siano utilizzabili per ovviare alla invalidità del singolo vincolo sociale. Nel primo caso, lo scioglimento è certamente opponibile al socio
150 L esclusione del socio recedente, il quale deve subire le conseguenze della decisione presa dagli altri soci (ed alla quale egli non potrà partecipare versando in conflitto di interessi), e deve attendere quindi la conclusione della liquidazione della società per ottenere il valore della quota. Quanto alla seconda problematica, se siano ammissibili il recesso e la esclusione in caso di dopo lo scioglimento della società, occorre distinguere le differenti ipotesi del recesso e della esclusione. Nel caso del recesso, non si vedrebbe quale interesse potrebbe avere il socio ad esercitarlo, considerando che ove lo potesse esercitare efficacemente esso socio rimarrebbe privo dei diritti di controllo (come non più socio) mentre non potrebbe pretendere la liquidazione particolare della sua quota entro cento ottanta giorni, per le ragioni già dette. Si aggiunga che se il recesso venisse motivato col fatto che la società è contratta a tempo indeterminato, si dovrebbe osservare che il recesso, in tali ipotesi, è consentito per difendere il socio da un vincolo di durata perpetua, mentre, quando la società è in liquidazione, quella situazione non sussiste più, poiché lo scioglimento e la liquidazione preludono alla estinzione della società e alla liberazione dei soci dal vincolo sociale entro un termine bensì non esattamente precisabile, ma comunque valutabile con riferimento a una data epoca. Quanto al recesso per giusta causa, non si vede in quale ipotesi potrebbe verificarsi, considerando gli ampi poteri decisori dei liquidatori. Dubbi potrebbero invece insorgere per quanto attiene alla esclusione, trattandosi di misura stabilita a salvaguardia della società, contro il socio. Va evidenziato, innanzitutto, che la esclusione di diritto (a cagione del fallimento del socio) opera senz altro anche se la società è in liquidazione, stante l efficacia automatica della esclusione legale. Ma sembrerebbe anche di non poter scartare la opportunità o necessità della esclusione di un socio quando la sua partecipazione alla vita sociale risulti di grave ostacolo alla liquidazione: si pensi, ad es., al socio che fa abitualmente uso illegittimo delle cose sociali o che si avvale delle notizie ottenute, nell esercizio dei diritti di controllo, per favorire un terzo concorrente a danno della società in liquidazione. Tuttavia, il prodursi di cause di esclusione è del tutto improbabile, in fatto, considerati gli ampi poteri decisori dei liquidatori, che lasciano uno spazio molto limitato a iniziative e decisioni dei soci, e che perciò rendono difficile una interferenza del socio nelle operazioni di liquidazione, pregiudizievoli alle stesse.
Problematiche comuni al recesso e alla esclusione 151 In ogni caso, l esclusione comporterà solo l aspetto della estromissione del socio dalla partecipazione alla vita della società; non anche l attribuzione allo stesso (o al curatore del fallimento) del diritto a ottenere entro diciotto mesi la liquidazione particolare della sua quota, a ciò ostando il principio che impone il pagamento ai creditori sociali prima di qualsivoglia rimborso o riparto a favore dei soci. Quanto, infine, alla questione se sia possibile ricorrere al recesso o alla esclusione, in caso di (per rimedio alla) invalidità del singolo vincolo sociale, si ritiene che ove il singolo vincolo sia affetto da invalidità (annullabilità, nullità) non è possibile ravvisare nel recesso per giusta causa l istituto da applicarsi. L invalidità del vincolo, cioè, non si traduce in una giusta causa di recesso, per il socio che lamenta la causa di annullabilità o di nullità, posto che il concetto di giusta causa di recesso (che la legge non definisce e quindi non delimita) comprende anche le causali della annullabilità e nullità. Ma le cause di annullabilità e nullità inficiano il rapporto e il vincolo fino ab initio, in quanto sono coeve alla stipulazione del contratto sociale. Ora, nell ordinamento delle società, la reazione ai fatti nuovi e sopravvenuti che potrebbero integrare fattispecie di risoluzione del contratto (originariamente valido) per inadempimento o sopravvenuta impossibilità, è stata, per l appunto, regolata mediante la previsione degli specifici istituti del recesso per giusta causa e della esclusione; invece, la reazione ai vizi che invalidano ab origine il vincolo sociale non è stata regolata mediante l adozione di istituti particolari, specifici, sostitutivi della disciplina ordinaria (consacrata negli artt. 1420, 1446 c.c.), dettata proprio per i contratti plurilaterali con comunione di scopo, dei quali il contratto di società costituisce esempio saliente. Tuttavia, non può escludersi che i soci convengano di risolvere la questione insorta a seguito della affermata invalidità del dato vincolo sociale, facendo ricorso all istituto del recesso (ad es., da parte del socio che lamenta l errore, la violenza, il dolo) o anche all istituto della esclusione (ad es., da parte degli altri soci che contestano la idoneità dell oggetto del conferimento), o comunque con un accordo che valga a conseguire rapidamente lo scioglimento del singolo vincolo sociale, all infuori di un giudizio, a date condizioni, più o meno analoghe agli effetti che deriverebbero da una pronuncia di invalidità. Con il che, e stante l evidente praticità della soluzione, il problema della invalidità del singolo vincolo sociale viene a perdere notevolmente di pratica rilevanza.
152 L esclusione del socio 14.1. Arbitrato e tutela cautelare dinanzi al Giudice ordinario L art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 5/2003 dispone che la clausola compromissoria debba prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri ad un soggetto estraneo. Dunque, la clausola compromissoria che preveda una differente modalità di nomina del collegio arbitrale è nulla. E in questo senso ha già deciso la prima giurisprudenza di merito 1. Sull argomento dell arbitrato societario si riscontrano diverse posizioni dottrinarie. Una prima opinione ritiene che le nuove regole introdotte con la riforma del processo societario (in particolare, l efficacia della clausola anche rispetto ai soci dissenzienti, salvo il diritto di recesso; ovvero, la competenza degli arbitri a decidere su questioni incidentali) violerebbero il principio posto dall art. 24 Cost., per cui tutti possono adire l autorità giudiziaria per la tutela dei propri diritti o interessi legittimi. Si è, però, osservato a contrario che anche gli arbitri esercitano una funzione giurisdizionale, per espressa volontà di quanti abbiano approvato la clausola compromissoria, secondo le modalità imposte dalla legge (art. 34, ultimo comma, D.Lgs. n. 5/2003). Un secondo orientamento, invece, prendendo posizione sulla problematica afferente l efficacia della clausola compromissoria dello statuto, difforme dalla previsioni recate dall art. 34 cit., ritiene che il nuovo arbitrato, delineato negli artt. 24 ss., D.Lgs. n. 5/2003, si aggiunga, e non si sostituisca, a quello di diritto comune, di cui agli artt. 806 ss. c.p.c. E ciò, anche sulla base della circostanza che la stessa Relazione illustrativa del D.Lgs. n. 5/2003 ha specificato che quello previsto nel testo di riforma è «... una compiuta species arbitrale che si sviluppa senza pretesa di sostituire il modello codicistico (naturalmente ultrattivo in materia societaria) comprendendo numerose opzioni di rango processuale...». In altri termini, secondo la riferita ricostruzione della problematica, le società sarebbero libere di introdurre negli statuti clausole conformi alle previsioni della riforma, ovvero di utilizzare l arbitrato di 1 V. Trib. Latina 22 giugno 2004, che ha pronunciato la nullità della clausola compromissoria presente nello statuto di una s.r.l., nella quale si rimetteva alle parti la nomina degli arbitri; Trib. Trento 8 aprile 2004, in Società, 2004, p. 996.
Problematiche comuni al recesso e alla esclusione 153 diritto comune, con l unica conseguenza, in quest ultimo caso, di una riduzione delle controversie arbitrabili. Autorevole dottrina 2 ha ritenuto di derivare dalla constatazione della autonomia della clausola compromissoria (contenuta nell atto costitutivo o nello statuto) rispetto al al contratto di società la vincolatività della previsione contenuta nella clausola stessa, nei riguardi della questione attinente al socio, di cui si discuta la legittimità dell esclusione o del recesso. Si afferma, infatti, che il socio ha stipulato quella clausola per devolvere ad arbitrato tutte le controversie inerenti il rapporto societario, ivi compresa la sua estinzione. E, dunque, si reputa che debbono essere ricomprese le controversie relative al recesso e alla esclusione del socio, che rivestiva tale qualità al momento dei fatti dedotti in causa. Per la verità, occorre distinguere il caso della controversia sull uscita del socio o, a maggior ragione, su fatti pregressi alla sua uscita, dall ipotesi relativa a fatti (e diritti) successivi alla sua uscita (e che, quindi, lo coinvolgono uti terzo); in questo secondo caso, infatti, in giurisprudenza, si è affermato che quando il socio è già uscito per es., per esclusione per le altre controversie nei confronti dello stesso, la clausola compromissoria non si applica più 3. Analogamente, l affermata autonomia del procedimento cautelare (rispetto al giudizio di merito) pare possa contribuire a rafforzare sotto il profilo della assai maggiore rapidità della decisione l efficacia della tutela di quell interesse che il socio ha all accertamento della legittimità o meno della propria esclusione dalla compagine societaria. La scissione tra procedimento cautelare e procedimento di merito, non più legati da un vincolo di necessaria strumentalità, rende, infatti, la parte libera di operare la scelta di intraprendere o meno il giudizio di merito, ben potendo, l interesse della stessa, esaurirsi nella richiesta del provvedimento cautelare, in quanto esso fornisce una tutela sufficiente al conflitto di interessi sotteso. Per i procedimenti cautelari, il legislatore non ha indicato fattispecie tipiche, e ciò anche per la tendenziale indeterminabilità a priori dell oggetto, in particolare dei provvedimenti d urgenza, che nascono proprio per coprire una serie indeterminata di situazioni, 2 Cfr. E. ZUCCONI GALLI FONSECA, L arbitrato societario, Bologna, 2004, p. 27. 3 V. Cass. 18 dicembre 1978, n. 6053.
154 L esclusione del socio accomunate dai presupposti per la concessione della tutela cautelare urgente. Tuttavia, tra le fattispecie tipiche di provvedimenti cautelari in materia societaria, è senz altro da ricomprendersi la possibilità di chiedere la sospensione della delibera assembleare di esclusione del socio, regolata dall art. 23, D.Lgs. n. 5/2003, da proporsi al tribunale in composizione monocratica, competente all adozione del provvedimento cautelare ante causam.