esempi di architettura



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esempi di architettura 9

esempi di architettura La collana editoriale Esempi di Architettura nasce per divulgare pubblicazioni scientifiche edite dal mondo universitario e dai centri di ricerca, che focalizzino l attenzione sulla lettura critica dei proget ti. Si vuole così creare un luogo per un dibattito culturale su argomenti interdisciplinari con la finalità di approfondire tematiche attinenti a differenti ambiti di studio che vadano dalla storia, al restauro, alla progettazione architettonica e strutturale, all analisi tecnologica, al paesaggio e alla città.

Federica Ottoni Delle cupole e del loro tranello La lunga vicenda delle fabbriche cupolate tra dibattito e sperimentazione Prefazione Giovanni Benvenuto Presentazione Mario Como

Copyright MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it via Raffaele Garofalo, 133/A B 00173 Roma (06) 93781065 isbn 978 88 548 0000 0 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell Editore. I edizione: marzo 2012

A Pietro, che ama le storie

- Is there any point to which you would wish to draw my attention? - To the curious incident of the dog in the night-time. - The dog did nothing in the night-time. - That was the curious incident Sir Arthur Conan Doyle, Silver Blaze

Indice Prefazione p. 7 Giovanni Benvenuto Presidente Associazione Edoardo Benvenuto Presentazione p. 11 Mario Como INTRODUZIONE 1. Babele, le Cupole e il fegato di Prometeo p. 15 1.1. I motivi di una ricerca p. 19 1.2. Una questione di metodo. Guardando gli Dèi che giocano a scacchi p. 25 1.3. I confini della questione. Itinerari tra dibattiti e costruzioni p. 29 PARTE I. IL LIBRO DEGLI ERRORI 2. Dall antica harmonia mundi al sublime calcolo delle differenze p. 41 2.1. La questione della conoscenza degli antichi. Ars vs Scientia p. 47 2.2. Il Pantheon di Roma e la forma della perfezione p. 55 2.3. Prima che il dibattito abbia inizio. Breve storia degli archi e delle cupole prima di Galileo p. 65 5

6 Indice 3. Santa Sophia, i due matematici e la divina saggezza p. 95 3.1. Epifania dell errore: deformabilità e geometria p. 111 3.2. Crolli e ricostruzioni. Verso una soluzione p. 121 3.3. Sinan e la soluzione dell empirismo p. 127 4. Il gran Tempio Vaticano. Memorie tra matematica e fisica sperimentale p. 139 4.1. La costruzione dell errore p. 149 4.2. I tre matematici e il Principio dei Lavori Virtuali p. 165 4.3. Poleni e la fisica sperimentale p. 183 PARTE II. ARCHITETTI PARANOICI 5. Brunelleschi, architetto paranoico p. 215 5.1. La costruzione della cupola tra segreti e conoscenza p. 230 5.2. Viviani, le columnae scissae e la lezione Galileiana p. 241 5.3. Gli altri dibattiti. Ipotesi sulla stabilità p. 261 6. Soufflot, Rondelet e la sublime intuizione dei materiali p. 281 6.1. La costruzione tra simbolo e struttura p. 291 6.2. Resistenza vs dimensione p. 307 6.3. La cupola non spinge più p. 319 7. La solidità scientifica e l eleganza non capricciosa p. 343 7.1. Galileo e la caduta del cielo. Archi e cupole dopo il Seicento p. 361 7.2. La moderna comprensione per il consolidamento p. 393 7.3. Lo strano caso del cane a mezzanotte. Santa Maria del Quartiere in Parma p. 411 CONCLUSIONI 8. Un epilogo. Alla fine della vicenda p. 439 BIBLIOGRAFIA p. 447

Prefazione Sono lieto di introdurre brevemente, quale presidente pro-tempore della Associazione Edoardo Benvenuto, l opera di Federica Ottoni, già vincitrice ex aequo del Premio Benvenuto nell anno 2009 (ottava edizione), opera che giunge ora molto opportunamente al traguardo della pubblicazione presso l Editore Aracne di Roma, nella collana Esempi d Architettura, diretta da Olimpia Niglio. Il testo, frutto dell imponente lavoro svolto nell ambito del dottorato di ricerca in Forme e strutture dell Architettura presso l Università di Parma (Tutore: Prof. Carlo Blasi), rappresenta infatti un contributo molto significativo agli studi e alle ricerche sulla Scienza e l Arte del Costruire nel loro sviluppo storico, la cui promozione costituisce appunto l obiettivo che l Associazione si è posta, fin dalla sua costituzione, l 8 Giugno 1999, allo scopo di onorare la memoria di Edoardo Benvenuto (1940 1998). Figura di spicco in ambito genovese, ma conosciuto e apprezzato per i suoi scritti e la sua attività di studioso in Italia e all estero, Benvenuto si era distinto per la sua singolare attitudine a coniugare armonicamente in un contesto unitario il rigore scientifico e la cultura u- manistica. La sua attività spaziava infatti dalla scienza delle costruzioni (di cui era professore ordinario) alla filosofia, dalla teologia alla storia della scienza, dalle arti figurative alla musica. Benvenuto non si limitò tuttavia a svolgere un intensa attività di studio e di ricerca, ma collaborò efficacemente, in prima persona, alla valorizzazione culturale della sua città: in qualità di esperto dell UNESCO si era adoperato in modo determinante affinché Genova potesse diventare nel 2004 capitale della cultura; nella sua veste di preside di Architettura, incarico 7

8 Prefazione che aveva mantenuto per quasi 18 anni, aveva sostenuto con fermezza l opportunità del trasferimento della facoltà nel centro storico genovese ed era stato il principale artefice della realizzazione di questo obiettivo, con una intuizione che si rivelò ottimale da un punto di vista urbanistico e sociale. Ma limitando il discorso alle tematiche più specifiche su cui la Associazione, come sopra ricordato, ha voluto focalizzare la sua attenzione, è interessante ricordare che Benvenuto, vinta la cattedra di professore ordinario in Scienza delle costruzioni nel 1974 e chiamato, dal 1975, ad insegnare presso la nuova Facoltà di Architettura di Genova, della quale diviene preside nel 1979, avvia una innovativa impostazione dell insegnamento e dello studio delle discipline strutturali, introducendo la prospettiva storica come fondamentale chiave di lettura della evoluzione delle conoscenze scientifiche. Tale impostazione era motivata dall esigenza, che il nuovo impegno presso la facoltà di Architettura gli suggeriva, di trovare un luogo d incontro tra una cultura tecnico-scientifica con cui si era misurato negli anni trascorsi a ingegneria e una cultura diversa, più orientata alle scelte progettuali e al confronto con le scienze umane. Scrive infatti Benvenuto nella introduzione alla sua opera maggiore La scienza delle costruzioni e il suo sviluppo storico (prima edizione presso Sansoni, Firenze, 1981; riedizione presso Edizioni di Soria e Letteratura, Roma, 2006): «L ipotesi da me perseguita è appunto che la lettura storica possa favorire la configurazione di quel luogo di incontro di cui prima accennavo. Il contrasto epistemologico tra una scienza tradizionale, qual è la meccanica delle strutture, e le altre scienze dallo statuto più duttile cui l architetto è orientato, ha in astratto l aspetto di una insanabile contraddizione, ma se è colto retrospettivamente nel reale sviluppo del pensiero scientifico-tecnico e delle soluzioni costruttive, sull arco della storia dell architettura, diventa invece il segno di un rapporto dialettico che può essere interpretato e vissuto solo mescolando i due orizzonti di comprensione o le due culture». L approccio metodologico inaugurato da Benvenuto con il suo libro ha avuto un seguito significativo in Italia con la promozione di un dottorato di ricerca specifico e la definizione di una linea di ricerca innovativa, che ha visto la partecipazione e il sostegno di numerosi stu-

Prefazione 9 diosi e docenti. Il riconoscimento a livello internazionale è giunto qualche anno dopo con la pubblicazione dell altro suo importante trattato, in due volumi, An introduction to the history of structural mechanics (Springer Verlag, Berlin - New York, 1991) e degli Atti del primo Symposium Between Mechanics and Architecture (Birkhäuser, Basel, 1995), curati da Benvenuto con P. Radelet de Grave. Ho voluto trascrivere le parole di Benvenuto nel brano sopra riportato perché, a mio avviso, chiariscono molto bene quale era il suo progetto culturale di interpretazione del rapporto tra scienza e arte del costruire alla luce della prospettiva storica. L obiettivo di portare avanti questo progetto e di proseguire sulla strada tracciata è stato alla base della costituzione della Associazione Edoardo Benvenuto, che in questi anni ha conseguito interessanti risultati sviluppando diverse attività quali: organizzazione di convegni nazionali ed internazionali, conferenze, giornate di studio; collaborazione con istituzioni di ricerca nazionali e straniere; promozione della collana editoriale Between Mechanics and Architecture ; attivazione del portale Bibliotheca Mechanica-Architectonica, prima biblioteca digitalizzata open source dedicata alla ricerca storica sui testi di meccanica e architettura. Ma forse l iniziativa più qualificante è stata l istituzione del Premio Edoardo Benvenuto, giunto nel 2010 alla nona edizione, riservato a giovani ricercatori nell ambito degli studi storici sulla scienza e l arte del costruire. L assegnazione del Premio avviene a valle di un esame approfondito dei testi pervenuti alla Associazione ad opera di una Commissione internazionale di esperti. E qui vengo finalmente al motivo principale di questa mia prefazione. Per l ottava edizione (Premio Benvenuto 2009) la Commissione era composta da Stefano Bennati (Università di Pisa), Rolf Gerhardt (RWTH Aachen Hochschule), Riccardo Gulli (Alma Mater Studiorum Università di Bologna). Il giudizio unanime della Commissione per l assegnazione del Premio al lavoro di Federica Ottoni era motivato, oltre che dalla ampiezza e ricchezza della documentazione presentata e dalla serietà della analisi scientifica, dalla congruenza con la linea di ricerca e l approccio metodologico di cui Benvenuto era stato il promotore. Estraendo dal giudizio alcune frasi si legge infatti: «Il paradigma della ricerca è congruente con i contenuti scientifici che conno-

10 Prefazione tano gli studi nell ambito della Scienza e dell Arte del Costruire nel suo sviluppo storico. Il lavoro esprime una interessante lettura interpretativa dei processi evolutivi che legano la teoria e la prassi nella definizione del comportamento strutturale delle costruzioni cupolate attraverso l analisi di alcune vicende esemplari». In effetti, scorrendo le pagine del libro di Federica Ottoni, di piacevolissima lettura, facilitata e stimolata dalla scelta di figure pertinenti e di citazioni intriganti, non si può che condividere il giudizio lusinghiero della Commissione, ma viene spontaneo aggiungere qualcosa di più. Personalmente ho apprezzato, oltre all originalità dell impostazione generale e alla eleganza dello stile utilizzato per il racconto, alcune scelte che ritengo importanti: le fabbriche cupolate come oggetto dello studio, dal momento che «Le cupole costituiscono un punto di vista privilegiato per osservare, e raccontare, l evoluzione della conoscenza nella pratica costruttiva»; il ruolo fondamentale dell errore e delle sue correzioni, nonché degli architetti paranoici come strumenti significativi di progresso della conoscenza; la individuazione dei protagonisti eccellenti e degli oggetti architettonici rilevanti che hanno caratterizzato la lunga vicenda esaminata, ecc., ecc.. Mi fermo qui, anche per non anticipare quanto il lettore potrà scoprire da sé. Certamente, al termine della lettura, egli avrà più elementi per «capire quando esattamente, l intuizione degli antichi costruttori si sia trasformata da bella pratica in sapere matematico, e poi in Scienza del Costruire». Giovanni Benvenuto Presidente dell Associazione Edoardo Benvenuto per la ricerca sulla Scienza e sull Arte del Costruire nel loro sviluppo storico

Presentazione Questo libro, che costituisce la tesi di dottorato di Federica Ottoni svolta presso l università di Parma, tratta, con un linguaggio denso ed immaginifico, la storia della costruzione delle cupole, a partire da quella del Pantheon di Roma fino a quella del Pantheon di Parigi, attraversando l architettura del Medioevo, del Rinascimento e del Barocco. Molti sono i discorsi che vengono svolti. Alcuni, più espliciti, sono relativi all analisi della storia degli stati di danneggiamento che si sono prodotti nelle cupole dopo la loro costruzione, chiamati, questi, con una metafora, errori, altri invece, più nascosti, ma che si rivelano in trasparenza, si intersecano con tutto il lungo dibattito in corso sulla storia della scienza del costruire. E la cupola del Pantheon romano l archetipo di tutte le cupole costruite in muratura, la prima cupola ad essere esaminata e l A. si domanda continuamente che cosa i successivi costruttori abbiano appreso da essa. Dopo quella del Pantheon segue poi la storia della costruzione della cupola di Santa Sofia, con la descrizione dei suoi crolli e delle sue ricostruzioni. Vengono così descritti, insieme alla tecnica costruttiva muraria bizantina, criticamente esaminata, gli aspetti originali ed a- simmetrici della statica grande fabbrica di Santa Sofia così come i suoi punti deboli ed i successivi interventi di riparazione e di rinforzo eseguiti. Sono questi costituiti dalle importanti cerchiature in ferro e- seguite sulla cupola circa mille anni dopo, da Sinan, e più tardi, sul tamburo, da Fossati. Tali interventi, decisi in seguito all esame dei crolli verificatisi, si dimostrarono risolutivi e diventeranno i rimedi 11

12 Presentazione tradizionali utilizzati, fino almeno al Seicento, per contrastare la spinta delle cupole. Antitetico a questa impostazione è lo studio degli errori o difetti della cupola vaticana di S. Pietro, che viene svolto subito dopo l analisi della statica di Santa Sofia. In questo caso la definizione del progetto di consolidamento venne raggiunta attraverso un approfondita analisi statica, descritta da Federica Ottoni in un affascinante e- same critico che chiama in causa gli sviluppi della Meccanica del tempo. Segue l analisi della costruzione della cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze con quella dei suoi particolari accorgimenti costruttivi, suggeriti al Brunelleschi dall esame del Pantheon effettuato dall'architetto fiorentino durante un lungo soggiorno romano. Il dibattito nascosto sulla filosofia del costruire, nella contrapposizione tra la teoria della proporzionalità e quella basata sulla resistenza dei materiali, e- merge in tutta la sua complessità quando l A. ricorda come Brunelleschi esperimenti la costruzione della grande cupola, da voltare senza centinature, realizzando la preliminare costruzione della cupola della cappella Stiatta Ridolfi in San Jacopo Soprarno, modello in scala ridotta della cupola del duomo di Firenze. La teoria delle proporzioni formava infatti la base delle regole del costruire del passato. Secondo questa regola tutte le costruzioni murarie dovevano essere governate solo dalla loro geometria e, di conseguenza dal modulo, indipendentemente dalla sua misura assoluta. Ma è nella descrizione dei quadri fessurativi formatisi nella cupola del duomo di Firenze e nella storia, giunta fino ai giorni nostri, degli studi e dei relativi progetti di cerchiaggio, mai realizzati, che si spinge la lunga analisi svolta. Il successo, e insieme la fine della tradizionale concezione delle cupole in muratura, come scrive in modo suggestivo Federica Ottoni, si raggiungono nella costruzione della cupola del Pantheon in Parigi, l l ultima ad essere analizzata. La costruzione di questa cupola, effettuata da Soufflot e da Rondelet, utilizza la tecnica della costruzione della pietra armata. Con questa nuova tecnologia si risolve l errore e le cupole in muratura non spingono più sulle loro strutture di sostegno. Questo volume richiama in modo intelligente e suggestivo gli a- spetti più problematici della ricerca storico critica sulla costruzione delle cupole. Esso si ricollega direttamente agli studi di S: Di Pasquale

Presentazione 13 ed E. Benvenuto, e si inserisce nel lungo e mai risolto dibattito fra i sostenitori della validità del dimensionamento empirico e puramente geometrico, le cui regole erano gelosamente custodite e tramandate dai costruttori del passato, e l impostazione teorico-matematica, in una affascinante storia che Federica Ottoni ci ha voluto raccontare. Il volume, oltre a costituire elemento di obiettivo interesse per tutti gli studiosi di statica delle costruzioni in muratura, è un utile supporto per tutti i corsi di statica delle costruzioni storiche nelle scuole di ingegneria e di architettura.. Mario Como

Introduzione Babele, le cupole e il fegato di Prometeo Una ricerca può cominciare in molti modi. Questa comincia dall errore e dalle sue correzioni. Sembra un buon punto di partenza quando si vogliano indagare le ragioni di una forma costruttiva, la cupola, e le sue evoluzioni; ancora di più, se lo scopo della ricerca, neanche troppo nascosto, è quello di cercare di capire quando esattamente, l intuizione degli antichi costruttori si sia trasformata da bella pratica in sapere matematico, e poi in Scienza del costruire. Figura 1.1. La torre di Babele di Bruegel il Vecchio, 1563. Il paradigma dell errore comincia da Babele e da quelle macchine da costruzione, immaginarie e immaginifiche, disegnate da Bruegel nel suo famoso quadro. A un certo punto qualcuno deve aver pensato che la sfida contro il cielo, le torri l avrebbero persa; e deve essere stato allora che si è cercato di chiuderlo in una cupola, magari abbastanza grande per dipingerglielo sopra. 15

16 Introduzione Una volta che si decide di chiudere il cielo in una cupola è facile farsi prendere la mano, e costruire cieli sempre più grandi. Inevitabile arriva l errore, e poi forse il crollo. Le cupole costituiscono un punto di vista privilegiato per osservare, e raccontare, l evoluzione della conoscenza nella pratica costruttiva. Basate sullo stesso sistema spingente degli archi che le compongono, tendono ad aprirsi, trasmettendo ai propri sostegni non solo azioni verticali, ma anche forze spingenti verso l esterno, fino a generare sugli appoggi gravosi stati tensionali che ne determinano spesso l'instabilità. Nel tempo, fratture verticali hanno attraversato più o meno tutte le cupole in muratura nel loro spessore, evidenziandone il principio meccanico fondante, oltre che il meccanismo di dissesto. Che l arco, e quindi la cupola, nel suo perfetto funzionamento a compressione che in effetti rappresenta il migliore modo per sfruttare le potenzialità della muratura (poco importa che sia di pietra o laterizio) - nascondesse un tranello, era già noto a Vitruvio; e tutta la storia della costruzione della cupola, da lì in poi, può essere vista come un modo, a metà tra dimensionamento proporzionale e calcolo, per evitarne il tranello, e quindi per neutralizzare, o almeno contenere, la primigenia natura spingente che da sempre ne ha causato il dissesto. Il dibattito secolare che ha coinvolto le cupole, diretta evoluzione dello studio sugli archi, ha come centro la spinosa questione della loro stabilità (e quindi della loro spinta), e il rapporto che questa ha con la sua forma e con quella delle opere di sostegno. L errore si inserisce allora in un lungo racconto di fabbriche cupolate, che è quello che si propone questa ricerca, collocandosi in un tempo particolarissimo tra l eterno e il contingente. Il riferimento è al mito di Prometeo, e al suo fegato, che mangiato di giorno, di notte si rigenera, a rappresentare quel tempo ciclico, di dissesto e ricostruzione, che congiunge il tempo lineare degli uomini con quello eterno degli Déi. Jean-Pierre Vernant conclude il racconto del mito di Prometeo dandone una precisa interpretazione. Dopo aver rubato il fuoco per darlo agli uomini, Prometeo finisce incatenato ad una colonna, con un aquila che gli mangia il fegato di giorno, che ricresce di notte, ciclicamente, e nella punizione divina all'ubris umana si riuniscono i tre tempi del mito. C è il tempo degli Dei, l eternità, in cui nulla accade e tutto è già presente; c è quello degli uomini, lineare, dove tutto scorre

Babele, le Cupole e il fegato di Prometeo 17 sempre nello stessa direzione (si nasce, si cresce, e si muore) e poi c'è il terzo tempo, quello del fegato di Prometeo, circolare, che procede in modo ciclico, scandendo un esistenza simile a quella della luna, che cresce, cala fino a scomparire e ricompare. E lo fa all infinito. Prometeo, o meglio il suo fegato, è la cerniera tra mortalità ed immortalità, e il suo tempo è l immagine mobile dell eternità immobile, imprigionato a metà tra cielo e terra. Come il tempo delle cupole. Può quindi servire come metafora del tempo dell'errore, che é quello che congiunge la pratica costruttiva (il tempo lineare degli uomini) con le leggi immutate della statica (la Scienza del costruire), che appartengono al tempo eterno delle idee, e per traslazione agli dèi. Il suo procedere ciclico ben sintetizza l'idea di un'evoluzione della pratica attraverso l'osservazione del crollo e la sua ricostruzione, quasi che solo così - mangiando il suo fegato e superando l'errore - si possa ottenere il passaggio da Arte a Scienza del costruire. Lo scopo di questa ricerca è questo: ricostruire, in maniera non certamente esaustiva, una storia di errori, la cui soluzione e il cui superamento progressivo, ha portato alla definizione di una teoria che solo la scienza, come processo induttivo, riesce a giustificare, cercando di scoprire quanta parte di questo processo sia in realtà deduttivo, e quando esattamente sia avvenuta la trasformazione. Il mito di Prometeo, o meglio il mito di per sé, ha poi un altro significato interessante, che serve da ulteriore spunto per questa ricerca. Nell'introduzione al suo libro, Vernant cerca di spiegarne l'origine e la natura, e dichiara che Il mito è un racconto venuto dalla notte dei tempi [che] esisteva già prima che qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo. Dipende dalla trasmissione e dalla memoria [e] come una costruzione, continua ad essere modificato, tramandandosi di generazione in generazione 1. Questa frase, forse più di ogni altra, chiarisce la prospettiva di questa ricerca. La costruzione, e in questo caso la cupola (o l'arco di cui è la primitiva declinazione), esiste da sempre, almeno nella dimensione eterna dell'idea di struttura, governata da precise leggi della statica. Queste leggi fondanti, il suo funzionamento e il suo meccanismo di dissesto, sono state riscoperte traducendo la pratica in matematica, modificandosi e trasformandosi, migliorando le proprie qualità struttu-

18 Introduzione rali, o almeno scoprendone le cause, attraverso la trasmissione nel tempo: da quando il primo costruttore ha cominciato il suo racconto, fino a quando l'ultimo (almeno nella nostra trattazione) ne ha decretato il compimento, e quindi la fine. In questa storia l'inizio è il Pantheon di Roma, simbolico compimento di perfezione, e la fine è segnata dalla frase di Rondelet che della cupola in muratura nega la natura spingente, perché nel frattempo è stata trasformata in qualcos'altro. In mezzo c'è l'errore. È attraverso la comprensione dell errore che l architetto, e l ingegnere, può correggere e approfondire la sua conoscenza strutturale, e quindi congiungere la sua pratica costruttiva al tempo immutabile delle leggi matematiche, fino a trasformare l intuizione in scienza. Qualcuno continua a pensare in effetti che l'errore costituisca il modo più semplice per insegnare un concetto: mostrarne l'approssimazione e negarla con la soluzione perfetta. Forse è per questo che Feynman, parlando ai suoi studenti del primo anno di fisica degli atomi in movimento, si serve dell errore didattico. Abbiamo detto che le leggi di natura sono approssimate: che prima si scoprono quelle sbagliate, e poi quelle giuste. Si chiede: Che cosa dovremmo insegnare per primo? La legge corretta, ma poco familiare, con il suo apparato concettuale strano e difficile? [ ] Oppure la semplice legge [ ] che sarà approssimata ma che non richiede idee astruse? 2 Quando si voglia procedere quindi dando il resoconto di un'evoluzione che si è svolta attraverso gli errori, il miglior modo per riuscirci sembra ripercorrerli. Oltre ad un metodo, l'osservazione dell'errore racchiude un monito, quello che Henry Petroski 3 mette a titolo del suo libro - Gli errori degli ingegneri - indicandolo come paradigma di progettazione : coloro che non conoscono il passato sono condannati a ripeterlo. La comprensione di un fallimento ha un ruolo fondamentale in ogni genere di progetto che risulti privo di errori e tutti i progetti che hanno avuto esito positivo possono vedersi come il risultato di un anticipazione adeguata e completa di ciò che avrebbe potuto non funzionare.

Babele, le Cupole e il fegato di Prometeo 19 1.1. I motivi di una ricerca...essa volta o vogliamo dire cielo. Sebastiano Serlio, Sette libri dell'architettura di Sebastiano Serlio bolognese, III libro, 1550. In una dimensione intermedia tra uomini e Dèi, a ben vedere, sta anche la cupola, che per Benvenuto 4 congiunge cielo e terra, divini e mortali, soprattutto quando come succede in molte grandi fabbriche a formare la struttura siano in realtà due calotte, di cui la più interna guarda lo spazio dell uomo e la più esterna quello eterno degli Dèi. Figura 1.1.1. Essa volta o vogliamo dire cielo. La sfera celesta del Pantheon di Roma. Anche in questa declinazione di spazi, in realtà si nasconde un processo: mentre la cupola del tempio classico quella del Pantheon di Roma, o di Santa Sofia a Istanbul viene colta solo nel suo spazio interno, perché solo dall interno ne poteva essere compresa l unitarietà, quella postmedievale assume il doppio significato di aggregazione interna attorno all'asse verticale, e di elemento svettante, dal preminente significato urbano. In questo senso, la cupola di Santa Maria del Fiore sembra svolgere entrambi i ruoli, anticipando la doppia calotta del tempio di San Pietro, per poi declinarsi in successive articolazioni che ne scompongono e ricompongo i due significati.

20 Introduzione Accade stranamente che il processo di divaricazione tra gli spazi proceda spesso con l'avanzare della definizione strutturale delle cupole, quasi a rimarcarne le funzioni: lo spazio che divide le due calotte si dilata, mentre le due cupole si divaricano - anche per forma assumendo nella configurazione esterna forme sempre più slanciate e sottili. Spesso poi, alla diversità di forma tra le cupole - interna ed esterna - si accompagna quella dei materiali; come se alla differenziazione delle funzioni corrispondesse una separazione strutturale, in cui la cupola esterna é tutta rivolta a definire uno spazio urbano. A volte, pur nella divaricazione, succede che il linguaggio strutturale coincida con quello formale, come in Saint Paul a Londra, dove il sistema di tre cupole sovrapposte, vede inserirsi tra quella interna in mattoni e quella esterna in legno, non più una cupola ma un cono in muratura, a reggere la pesante lanterna e sostenere l armatura in legno della cupola esterna. In questo modo, non solo si dilata lo spazio tra le due cupole, a sottolinearne le diverse funzioni e dimensioni, ma in questo stesso spazio si inserisce una costruzione autonoma, intermedia, stravolta nella sua caratterizzazione formale di cupola, che ribalta le percezioni trasformando quella che dall esterno sembra una struttura portante, in carico portato. Nello stesso processo di trasformazione degli spazi si inserisce la cupola di Sainte Geneviéve 5, con la quale non a caso la nostra storia delle fabbriche cupolate si conclude. Qui uno stesso schema triplo di cupole si interseca con un sapiente gioco di archi rampanti e volte, a controbilanciarne le spinte orizzontali. L'articolazione dello spazio si intreccia con il linguaggio simbolico, e non sembra allora un caso che alla modificazione della struttura e alla moltiplicazione degli spazi intermedi che si sovrappongono ai due primordiali, quello e- terno e quello umano, a cui la struttura cupolata serviva da ideale congiunzione - corrisponda un progressivo allontanamento della cupola stessa dalla funzione religiosa. Ma questa è un'altra storia. Ciò che qui ci interessa individuare, delle cupole, è il principio strutturale, e più ancora, il processo che ha guidato i costruttori nei secoli fino alla sua identificazione. Una cupola di rotazione - nella quale anelli e meridiani sono elasticamente efficaci (membrana) - a meno di alcune particolari condizioni al contorno e di carico, è per definizione sempre funicolare di un qualsiasi sistema di carichi distribuiti. Mentre l arco, a garanzia della sua

Babele, le Cupole e il fegato di Prometeo 21 stabilità, richiede infatti una perfetta congruenza tra la propria forma e la curva funicolare dei carichi, la cupola diventa automaticamente funicolare dei propri carichi (siano questi pesi propri o carichi accidentali, nella moderna distinzione di queste entità) in virtù di un mutuo scambio di tensioni tra gli elementi costitutivi. Nella teoria nota come membranale, la cupola è semplificabile in una successione di elementi progressivamente individuati da due meridiani e due paralleli vicini tra loro, tracciati sulla sua superficie media. Gli sforzi che si sviluppano all'interno della struttura cupolata, si trasmettono lungo i meridiani e i paralleli - almeno in condizioni assial-simmetriche di carico (con conseguente annullamento delle tensioni tangenziali) - e trovano, nell elemento stesso, il proprio equilibrio. Figura 1.1.2. Semplificazione in meridiani e paralleli nella teoria membranale 6 Osservando una cupola di rotazione, si nota come due meridiani contigui individuino un arco di larghezza variabile, massima all imposta e nulla in chiave, e come tra due paralleli contigui si possa disegnare un anello chiuso - almeno nel caso di una cupola non fratturata. Gli archi individuati dai singoli meridiani hanno la funzione di trasmettere i carichi della cupola, dalla chiave giù fino all imposta, mentre agli anelli è delegata la funzione di sviluppare azioni interne le cui componenti radiali rendano funicolare la curva del parallelo corrispondente. Il più delle volte, partendo dall anello d imposta, le azioni lungo ogni parallelo sono azioni di trazione, che diminuiscono progredendo verso l alto, fino ad annullarsi su un dato parallelo, la cui posizione varia a seconda della forma dei meridiani e a seconda anche dei cari-

22 Introduzione chi a cui la cupola viene sottoposta, oltre che dei vincoli esterni e delle caratteristiche dei materiali. Da questo punto in poi, fino alla chiave, le azioni interne si trasformano in azioni di compressione. Figura 1.1.3. Le forze interne di trazione e di compressione nelle direzioni dei paralleli, che si sviluppano in una cupola emisferica sottoposta al peso proprio 7. Quella appena descritta è ciò che si definisce analisi in regime di membrana: molto semplificata, serve a descrivere il comportamento meccanico della struttura a cupola offrendo un idea intuitiva, ma piuttosto completa, degli sforzi che si generano al suo interno. Il funzionamento perfetto delle azioni interne, che nell'equilibrio dei singoli conci costituenti trasforma ogni sorta di cupola in funicolare interna, ha un difetto, che nel caso delle cupole in muratura è insanabile: evidenzia stati tensionali di trazione ineliminabili alla base della cupola stessa, che quindi è destinata inevitabilmente a fratturarsi. A migliorare la situazione per le fabbriche antiche, almeno per quelle romane come il Pantheon, interveniva la malta pozzolanica, in grado di assorbire anche sforzi di trazione molto elevati e quindi capace di offrire, entro certi limiti e tempi, una certa resistenza all'altrimenti inevitabile meccanismo di frattura che invece coinvolge ogni altra struttura cupolata. Tutte le cupole in muratura, anche se costruite con la massima cura nell ammorsamento dei conci costituenti, sono destinate a fratturarsi lungo i piani meridiani, almeno fino ad una determinata altezza, quella in cui le forze di trazione risultano superiori alle resistenze che le malte utilizzate possono esercitare. Le fratture poi, sempre presenti, possono variare per numero ed ampiezza; comunque sia, trasformano

Babele, le Cupole e il fegato di Prometeo 23 l organismo cupola, da compatto, ad una sequenza di archi a sezione variabile, mutuamente contrastantisi nelle zone in cui siano presenti le azioni di compressione nei paralleli, anche se questo vuole dire a volte limitarsi anche all ultimo anello della costruzione. Figura 1.1.4. Il meccanismo di rottura di una cupola, conseguente all'allargamento della base. La teoria esposta può derivare solo da conoscenze maturate nel corso dei secoli, e dallo sviluppo e integrazione di equazioni differenziali certamente sconosciute ai costruttori antichi. Ciò che invece era sicuramente noto agli stessi costruttori doveva essere l effetto di tale meccanismo. Il problema quindi è cercare di comprendere come dall'osservazione dell'effetto si sia passati ad una teoria che ne individuasse le cause, comprendendo finalmente il meccanismo sotteso, dando un nome alle azioni e calcolandone le risultanti; individuare insomma quel delicato e forse confuso momento in cui al problema di come contrastare i movimenti (noti e prevedibili, perché sperimentati) che avrebbero prodotto le fratture, si sia sostituito quello più complesso di individuare la teoria sottesa che interpretasse il comportamento delle cupole. L'osservazione della realtà delle strutture, e soprattutto del loro quadro fessurativo, doveva aver chiarito, a chi le indagasse, che la chiave del problema poteva essere l arco, e la soluzione del suo equilibrio ha in effetti costituito la condizione di partenza per risolvere il

24 Introduzione problema delle cupole nel corso dei secoli, con maggiori o minori approssimazioni. Ed è la storia di queste approssimazioni successive che la ricerca si propone di raccontare, prendendo a testimonianza casi precisi della storia strutturale delle cupole, analizzando di volta in volta le costruzioni e i dibattiti che ne sono seguiti. Nonostante sia chiaro che ai costruttori del passato non potessero essere note le teorie attuali sulle strutture, fabbriche complesse e grandiose sono a testimoniare una sapienza di cui si può tuttavia cercare di ricostruire un'evoluzione. Il percorso di discesa dei carichi all interno delle masse murarie era noto a Vitruvio, che nel suo Sesto Libro dimostra di conoscere la spinta delle volte sui muri di sostegno, e nelle grandi costruzioni medievali sembra di intravedere la traccia di conoscenze non sempre esplicitate, lasciando supporre che i costruttori sapessero come i pesi si distribuivano all interno delle murature. A ben vedere, il problema rimane lo stesso ancora oggi per chi voglia indagare, seppure forte degli strumenti attuali, le grandi fabbriche del passato tentando di capirne il comportamento strutturale. Questo, oltre all'interesse storico scientifico di ricostruire le tappe di un passaggio ancora non del tutto chiarito tra pratica costruttiva e scienza strutturale, è un ulteriore motivo della ricerca qui condotta. La muratura è un materiale complesso, che pur avendo una buona capacità di sopportare gli sforzi di compressione, non riesce invece a resistere a quelli di trazione. Questo ne rende difficilmente affrontabile lo studio secondo le teorie risolutive che la moderna scienza delle costruzioni ha modellato sui materiali che invece conosce benissimo. Volendo riconsiderare allora il materiale muratura, e quindi anche le strutture antiche che da questo sono composte, sotto il profilo del calcolo strutturale, è fondamentale comprendere quali fossero le conoscenze meccaniche di chi, queste strutture, le ha create. L approccio moderno è scientifico: esamina l organismo strutturale fissando le a- zioni esterne che è programmato per sopportare secondo precise e mutevoli normative e di seguito determina il comportamento della struttura tramite l'applicazione di teorie codificate, in modo iterativo, fino a che l operazione non risulti soddisfacente. Un po' come facevano gli antichi, seguendo il solo metodo di cui disponevano: l'osservazione del passato.