La confisca (diretta e per equivalente) nei reati tributari commessi in beneficio della persona giuridica: il rilievo assunto dal D.Lgs.



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La confisca (diretta e per equivalente) nei reati tributari commessi in beneficio della persona giuridica: il rilievo assunto dal D.Lgs. 231/01 A cura di Avv. Andrea Moroni Avvocato in Bologna e Dottore di ricerca in diritto penale Con la sentenza del 30 gennaio 2014, n. 10561, le Sezioni Unite della Cassazione penale sono intervenute sulla dibattuta questione relativa all applicabilità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni appartenenti ad una persona giuridica, per violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante, a beneficio della stessa. Snodo centrale dell apparato argomentativo della sentenza è la distinzione tra confisca diretta del profitto del reato e la confisca per equivalente. Dalla predetta dicotomia, le Sezioni Unite fanno discendere una duplice soluzione al quesito sottoposto al giudizio, giungendo a conclusioni diametralmente opposte, a seconda, appunto, se si tratti di operare una confisca diretta o per equivalente. A ben vedere, però, con riferimento ad entrambe le soluzioni adottate, il fondamento giuridico (seppur non esclusivo, ma preminente) delle stesse è rappresentato dalle indicazioni ricavabili a tal riguardo dal corpus normativo disciplinante la responsabilità amministrativa degli enti (d.lgs. 231/01). Come meglio si esporrà di seguito, difatti, nella decisione in commento, da un lato, viene valorizzata la generale previsione della confisca del profitto che l ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente, di cui al c. 5, art. 6, d.lgs. 231/01: disposizione idonea ad avvalorare nell intendimento delle Sezioni Unite il costante orientamento giurisprudenziale in tema di confisca diretta nei confronti di terzi (pur se non concorrenti nel reato), anche con riferimento al patrimonio dell ente, ove ivi si rinvenga il profitto del reato. Dall altro lato, con specifico riferimento alla confisca per equivalente, si evidenzia l insormontabile limitazione posta alla applicazione dell istituto in questione nei confronti del patrimonio della persona giuridica, stante l omessa estensione della responsabilità amministrativa ex d.lgs. 231/01, nelle ipotesi in cui il reato commesso da organi della società sia costituito dalle violazioni penali incriminate dal d.lgs. 74/2000. Pertanto, in via di prima approssimazione, può correttamente anticiparsi come il d.lgs. 231/01 costituisca il fondamento giuridico della decisione adottata dalle Sezioni Unite in commento.

a) Il caso di specie Con ordinanza n. 1962/2013, la Terza Sezione penale della Cassazione rimetteva alle Sezioni Unite la decisione sulla questione se sia possibile o meno aggredire direttamente i beni di una persona giuridica per violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa. Il caso concreto che aveva dato origine all ordinanza di rimessione riguardava la decisione del Tribunale di Trento che in funzione di giudice dell appello in sede cautelare, aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di un immobile di proprietà del legale rappresentante della stessa, indagato del reato p. e p. dall art. 10 ter, d.lgs 74/2000, per aver omesso di versare per conto della società l imposta sul valore aggiunto. L indagato così aveva proposto ricorso per cassazione, dolendosi, tra gli altri motivi, del fatto che non si sarebbe potuto procedere al sequestro funzionale alla confisca per equivalente nei suoi confronti, in quanto il PM e successivamente il Tribunale avrebbero dovuto prima verificare la possibilità di procedere a sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato nei confronti del patrimonio della società, nelle cui casse era rimasto l importo non versato all'erario. Solo in caso di impossibilità di procedere nel senso sopra detto sosteneva l indagato si sarebbe potuto disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, procedendo però sempre nei confronti del patrimonio della società, in quanto beneficiaria del reato; non invece nei confronti dell indagato, il quale non avrebbe tratto alcuna utilità dalla commissione del reato. Si chiedeva pertanto alla Corte di Cassazione di annullare l ordinanza del Tribunale, posto che, allorquando il profitto del reato sia rimasto nella casse della società, quest ultima non può essere considerata estranea al reato; sicché, alla confisca (diretta o per equivalente) del profitto del reato si sarebbe dovuto procedere nei soli confronti della società. b) L ordinanza di rimessione: contrapposti orientamenti La Terza Sezione della Cassazione, con riferimento al su esposto motivo di ricorso, nel rimettere la questione alle Sezioni Unite, dà atto dell esistenza di opposti orientamenti giurisprudenziali, circa la possibilità di sottoporre a sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, i beni del patrimonio della società beneficiaria delle conseguenze del reato tributario. Secondo un primo indirizzo, sarebbe data possibilità di procedere al sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona giuridica anche al di fuori dei casi in cui la sua creazione sia finalizzata a farvi confluire i profitti degli illeciti fiscali quale società schermo. A detta conclusione si è giunti, valorizzando la considerazione che le conseguenze patrimoniali dei reati tributari ricadono sulla società a favore della quale l illecito è stato commesso, con il

limite rappresentato dalla rottura del rapporto di immedesimazione organica, cosicché non è richiesto che l ente sia responsabile ai sensi del d.lgs. 231/01 ed esso non può considerarsi estraneo al reato perché partecipa all utilizzazione degli incrementi economici che ne sono derivati. Conclusione che legittimerebbe quindi tanto la confisca diretta, quanto quella per equivalente nei confronti della società beneficiaria del profitto del reato tributario. Un secondo orientamento di segno contrario, invece, ritiene l impossibilità di applicare il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei casi in argomento. Il limite insuperabile, a pena di procedere mediante un interpretazione analogica in malam partem, è costituito dall omessa inclusione all interno del novero dei reati presupposto ex d.lgs. 231/01, dei reati fiscali, di cui al d.lgs. 74/2000. Secondo l'orientamento menzionato, costituirebbe eccezione a tele regula iuris, la sola ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere illeciti, tanto che ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dall autore del reato. Tale soluzione sarebbe inevitabile alla luce della normativa vigente, anche se l'interpretazione adottata non sarebbe scevra di profili di irragionevolezza, poiché, mentre nei casi di reati tributari compiuti nell'ambito di fenomeni associativi a carattere trasnazionale sarebbe possibile disporre la confisca per equivalente nei confronti del patrimonio della società coinvolta (art. 10, l. 146/2010), lo stesso risultato sarebbe invece precluso in difetto del carattere della trasnazionalità dell'illecito, indipendentemente dalla misura dell'imposta evasa. c) L articolata soluzione adottata dalle Sezioni Unite Nel risolvere il quesito interpretativo sottoposto alle Sezioni Unite, il punto di partenza (e di gran pregio argomentativo) adottato, è rappresentato dalla distinzione tra confisca diretta del profitto del reato e la confisca per equivalente. A tal riguardo, è bene premettere che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 240 e 322 ter c.p., la confisca diretta (resa obbligatoria in relazione ad alcune fattispecie, dal secondo referente normativo citato) colpisce il profitto del reato. Diversamente, la confisca per equivalente ha per oggetto denaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia disponibilità, sino al raggiungimento del valore del profitto del reato, come accertato nel caso concreto. L applicazione della confisca per equivalente, però, si pone in via residuale rispetto alla confisca diretta, nel senso che la prima può essere disposta solo allorché non sia possibile, per i più svariati motivi, procedere alla confisca del profitto del reato. Ai fini del coordinamento dell applicazione delle due species di misure ablative-

sanzionatorie in argomento, assume fondamentale importanza l esatta comprensione della nozione di profitto del reato che evidenzia aspetti di problematicità, qualora questo sia costituito da denaro o altri beni fungibili, in relazione ai quali, quindi, la materiale apprensione diventa pressoché impossibile, stante, appunto, il carattere di fungibilità degli stessi. È sin troppo ovvio infatti che in questi casi, ove si voglia intendere con la nozione di profitto - legittimante, quindi, la confisca diretta - solo i beni appresi per effetto immediato e diretto dell illecito, stante il carattere fungibile del denaro, si dovrebbe sempre discutere di confisca per equivalente. Sicché, le Sezioni Unite aprono il percorso argomentativo con un importante precisazione, secondo la quale rientra nella nozione di profitto che consente la confisca diretta, ogni utilità comunque ottenuta dal reo, anche in via indiretta e mediata, come ad esempio i beni acquistati con il denaro derivante dall attività illecita, o ancora l utile derivante dall investimento del denaro di provenienza criminosa. In tutti questi casi, quindi, dovendosi discutere pur sempre di profitto del reato, si rimane ancora entro l alveo applicativo della confisca diretta. Con specifico riferimento alla determinazione del profitto nei reati tributari, le Sezioni Unite argomentano che questo è costituito da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovute a seguito di accertamento del debito tributario. Così come, quanto alla fattispecie di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11, d.lgs. 74/2000), il profitto del reato confiscabile va individuato nella somma di denaro la cui sottrazione all'erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo del reato. c.1) La confisca diretta nei reati tributari Precisati gli strumenti argomentativi utili alla risoluzione del quesito sottoposto, le Sezioni Unite entrano nel merito della questione, affermando che la confisca diretta del profitto del reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità della stessa. A tal riguardo, le Sezioni Unite rimarcano come a norma del d.lgs. 231 del 2001, art. 6, comma 5, anche nei confronti degli enti per i quali non sia applicabile la confisca-sanzione di cui all'art. 19 dello stesso decreto, per essere stati efficacemente attuati i modelli organizzativi per impedire la commissione di reati da parte dei rappresentanti dell'ente, è comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.

In motivazione, sul punto, viene precisato che la disposizione normativa citata costituisce una previsione di carattere generale che impone la confisca, diretta o per equivalente, del profitto derivante da reato, secondo una prospettiva non di tipo sanzionatorio, essendo fuori discussione la irresponsabilità dell'ente, ma di ripristino dell'ordine economico perturbato dal reato, che comunque ha determinato una illegittima locupletazione per l'ente, ad obiettivo vantaggio del quale il reato è stato commesso dal suo rappresentante. Pare scorgersi nel passo argomentativo riportato, la considerazione che se in generale è consentita la confisca diretta dei beni che costituiscono il profitto del reato, anche nel caso in cui si trovino nel patrimonio di terzi soggetti, indipendentemente dal fatto che si tratti di concorrenti nel reato, altrettanto deve dirsi nell'ipotesi in cui detti beni siano confluiti nel patrimonio sociale, stante la su richiamata normativa, prescindendo, quindi, dalla previsione o meno di responsabilità amministrativa per il reato medesimo. c.2) La confisca per equivalente nei reati tributari Diversamente, non è data possibilità di procedere alla confisca per equivalente di beni della persona giuridica, per reati tributari commessi dagli organi della stessa. Il percorso argomentativo si fonda su una duplice considerazione. In primo luogo, viene sminuito il rilievo che l'opposto orientamento giurisprudenziale assegnava al rapporto di immedesimazione organica, da cui, con riferimento all istituto in esame, venivano fatte discendere conseguenze assimilabili a quelle tipiche della disciplina del concorso delle persone nel reato, nell ambito della quale, come noto, vige il principio secondo cui a ciascun concorrente devono applicarsi le conseguenze del reato e, dunque, con riferimento alla materia de qua, i beni di ciascun concorrente possono formare oggetto della confisca per equivalente. Argomentano a tal riguardo le Sezioni Unite, come l'assunto non tiene in considerazione la peculiare fisionomia del rapporto di immedesimazione organica, le cui conseguenze non sono assimilabili a quelle derivanti dalla disciplina del concorso nel reato, posto che è persino possibile che la persona giuridica, attraverso altri organi, promuova azione di responsabilità verso il suo amministratore che l'ha esposta a responsabilità (civile) conseguente a reato. Di tal che, il rapporto tra ente e un suo organo non è di per sé suscettibile di provocare l'estensione dell'operatività della confisca per equivalente nei confronti della società. Ma è la seconda considerazione a precludere in via assoluta la possibilità di disporre la misura in argomento nei confronti della società, pur beneficiaria delle conseguenze del reato tributario; considerazione che trova il relativo referente normativo nel d.lgs. 231/01. Innanzitutto, le Sezioni Unite argomentano che a carico di un ente può configurarsi solo

una responsabilità amministrativa ex d.lgs. 231/01 e non anche penale, la sola quale potrebbe portare a considerare la società come autore del reato o concorrente nello stesso. Considerazione che apre scenari di discussione che non possono trovare ingresso in questa sede per evidenti ragioni di spazio, ma che comunque pare allinearsi con le limitazioni poste dalla giurisprudenza, circa l'operatività dei principi di diritto penale nell ambito del corpus normativo del d.lgs. 231/01, ove non espressamente ivi previsti. In ogni caso, però - sottolineano le Sezioni Unite - si pone in irrimediabile contrasto con la tesi dell estensione dell applicabilità della confisca per equivalente nei confronti del patrimonio sociale, la considerazione che il d.lgs. 231/01 che ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti conseguente a reato, non contempla i reati tributari fra quelli per cui è prevista tale responsabilità amministrativa della persona giuridica. Sicché, essendo l'operatività della confisca sanzione di cui all'art. 19, d.lgs. 231/01, limitata al campo di applicazione riconducibile al novero dei reati presupposto di cui agli artt. 24 e ss., d.lgs. 231/01, essa è preclusa nella forma per equivalente nell'ipotesi di reati tributari commessi dagli organi dell'ente. L'unica eccezione formulata dalle Sezioni Unite alla regula iuris enunciata, è l'ipotesi in cui la persona giuridica sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l'amministratore agisca come effettivo titolare. In tali ipotesi, infatti, il trasferimento del profitto del reato nel patrimonio dell'ente, non si atteggia alla stregua di un trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia: con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in apparente vantaggio dell'ente ma, nella sostanza, a favore proprio. c.3) Profili di irrazionalità denunciati dalle Sezioni Unite Prima di concludere, le Sezioni Unite non rinunciano a denunciare la profonda irrazionalità dei sistemi normativi interessati dal quesito sottopostale, nonché la sostanziale perdita di efficacia del d.lgs. 231/01 a perseguire gli obiettivi di politica del diritto posti a fondamento della normativa in commento, stante l'omessa inclusione dei reati tributari nel novero di cui agli artt. 24 e ss., d.lgs. 231/01. Con chiarezza esemplare, le Sezioni Unite denunciano come sia possibile attraverso l'intestazione alla persona giuridica di beni non direttamente riconducibili al profitto di reato, sottrarre tali beni alla confisca per equivalente, vanificando o rendendo più difficile la possibilità di recupero di beni pari all'ammontare del profitto di reato, ove lo stesso sia stato occultato e non vi sia disponibilità di beni in capo agli autori del reato. Dovendosi

anche sottolineare come la stessa logica che ha mosso il legislatore nell'introdurre la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti finisca per risultare non poco compromessa proprio dalla mancata previsione dei reati tributari tra i reati-presupposto nel d.lgs. n. 231 del 2001, considerato che, nel caso degli enti, il rappresentante che ponga in essere la condotta materiale riconducibile a quei reati non può che aver operato proprio nell'interesse ed a vantaggio dell'ente medesimo. Irrazionalità fortemente stigmatizzata, della quale, però, alle Sezioni Unite non resta che prendere atto, senza poter in alcun modo intervenire. Nel senso che si tratta di questione sottratta al sindacato di legittimità costituzionale, e quindi non rimettibile al Giudice delle Leggi, in quanto il principio costituzionale di riserva di legge in materia penale è ostativo all'adozione di pronunce additive che comportino effetti costitutivi o peggiorativi della responsabilità penale, quale sarebbe in ultima analisi una pronuncia di incostituzionalità del d.lgs. 231/01 nella parte in cui non prevede i reati tributari all'interno del novero dei reati presupposto la responsabilità amministrativa dell'ente. Nonostante ciò, le Sezioni Unite formulano espressamente l'auspicio di un intervento del legislatore, volto ad inserire i reati tributari fra quelli per i quali è configurabile responsabilità amministrativa dell'ente ai sensi del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. d) La risoluzione del caso di specie Tutto quanto sopra argomentato, venendo al caso di specie da cui era originata l ordinanza di rimessione, le Sezioni Unite rigettano il ricorso dell indagato. Osservano a tal riguardo, come la doglianza relativa alla mancata ricerca del profitto del reato presso il patrimonio della società beneficiaria del reato tributario è priva di fondamento, in quanto è lo stesso ricorrente ad evidenziare che il profitto del reato fu integralmente utilizzato per il pagamento dei dipendenti e per mantenere l impresa in vita. In secondo luogo, l assenza del profitto nel patrimonio della società è confermata dall ulteriore affermazione dall essere intervenuto un accordo con l Agenzia delle Entrate, per il rientro rateale delle somme ancora dovute. Sicché concludono sul punto le Sezioni Unite essendo stata dedotta dal ricorrente stesso l inapplicabilità della confisca diretta, non essendo più possibile rinvenire il profitto del reato nel patrimonio della società che legittimerebbe l adozione della misura del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, il motivo viene respinto, in ossequio ai principi di diritto enunciati. Con riferimento, invece, alla doglianza relativa alla mancata applicazione della confisca per equivalente nei confronti del patrimonio della società, le Sezioni Unite argomentano

l insussistenza di violazioni di legge, in virtù delle considerazioni in precedenza svolte, stante la non applicabilità della confisca per equivalente ai beni della persona giuridica in materia di reati tributari commessi dagli organi della stessa. Pertanto, le Sezioni Unite rigettano il ricorso, così confermando come nel caso di specie sia stata correttamente adottata la misura del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dell immobile di proprietà dell indagato, non essendo appunto, da un lato, possibile rinvenire il profitto del reato, dall altro, essendo preclusa la possibilità di sottoporre a confisca per equivalente i beni della società, a beneficio della quale è stato commesso il reato tributario.