X Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia A cura di Caritas Italiana Fondazione Zancan



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In caduta libera X Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia A cura di Caritas Italiana Fondazione Zancan INTRODUZIONE (Mons. Giuseppe Benvegnù Pasini, presidente Fondazione Emanuela Zancan ) Da 15 anni, Caritas Italiana e Fondazione E. Zancan presentano congiuntamente un rapporto periodico su povertà ed esclusione sociale in Italia. La Fondazione accentua prevalentemente il cammino della società civile, evidenziando le carenze esistenti e le prospettive per un loro superamento; la Caritas Italiana documenta il contributo delle Chiese Italiane e delle Caritas, che sono lo strumento ufficiale di Pastorale della carità, nell assistenza e nella promozione umana dei poveri e degli esclusi. L obiettivo comune è di sensibilizzare l opinione pubblica e stimolare le Istituzioni a farsi carico, in termini nuovi ed efficaci di questo grave problema. La povertà in Italia è tuttora un nodo irrisolto e rischia di venire percepito dalla sensibilità comune come una delle negatività fisiologiche e irrisolvibili della compagine sociale, per le quali non vale la pena di impegnarsi più di tanto. In realtà le proporzioni del fenomeno vanno ben oltre le disfunzioni tollerabili in un paese classificato tra i più ricchi. Inoltre è doveroso ricordare che la sua permanenza è in contrasto con il dettato costituzionale che impegna la Repubblica a garantire a tutti i cittadini pari dignità e uguaglianza..e a rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e sociale del Paese (a.3). Qual è la situazione oggi, rispetto al precedente rapporto? Si è soliti distinguere il fenomeno in povertà relativa, povertà assoluta, rischio di caduta nella povertà. La povertà in senso relativo, in Italia, viene calcolata sulla base della spesa media per consumi. È considerato povero chi può spendere per i consumi meno di metà della spesa media. Nel 2009, le famiglie in condizioni di povertà erano 2 milioni 657 mila e rappresentavano il 10,8% delle famiglie residenti. In termini complessivi, si tratta di 7 milioni 810 mila individui poveri, pari al 13,1% dell intera popolazione. I poveri non stanno tutti al medesimo livello di disagio. Una parte di essi vive in povertà assoluta. Vi rientrano le persone che secondo una definizione vigente nell Unione Europea- non possono accedere ai beni essenziali che consentano uno standard di vita minimamente accettabile. Nel 2009, in Italia, le famiglie povere di povertà assoluta risultavano essere 1162 (il 4% delle famiglie residenti), per un totale di 3 milioni e 74 mila individui (il 5,2% dell intera popolazione). Questo dato è peggiore dell anno precedente. Nel 2008 le persone assolutamente povere erano 2 milioni e 893 mille, pari al 4,9% dei residenti. Infine c è la categoria degli impoveriti, ossia delle persone che non sono computabili statisticamente tra i poveri, ma che hanno visto, nel corso degli anni di crisi, modificarsi la propria condizione economica, in termini peggiorativi e che rischiano, per un qualunque pesante imprevisto (licenziamento, disoccupazione prolungata, riduzione del reddito, malattie, difficoltà a saldare la rata del mutuo, infortunio professionale...) di cadere improvvisamente sotto la linea della povertà. Sono pertanto a rischio di povertà. 1

In questo ambito sociale non ci sono statistiche precise, ma il disagio è sotto gli occhi di tutti ed è esperienza diretta di milioni di cittadini. Le cause sono diverse: il tasso di disoccupazione, che nel secondo trimestre del 2010, ha raggiunto l 8,5%, segnando il livello massimo dal 2003; la disoccupazione giovanile che ha sfiorato il 28%, il che significa che un giovane su quattro è disoccupato; Il calo del potere reale d acquisto delle famiglie italiane. Quest ultimo aspetto è forse il più diffuso. Secondo l Istat nell ultimo trimestre del 2009, il reddito disponibile delle famiglie, in termini reali, è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% rispetto al 2008. La spesa delle famiglie nel 2009 è scesa dell 1,9%: si tratta del calo percentuale più elevato dall inizio delle serie storiche degli anni 90. Naturalmente le situazioni non sono uniformi. Nel Sud sono molto più gravi che altrove: vi risiedono due terzi dei poveri; nel corso del 2009 i posti di lavoro persi sono stati 194.000, contro i 186.000 del Centro Nord. In sintesi, mancando una ricerca specifica sulle famiglie e sulle persone a rischio di caduta nella povertà, la Commissione Nazionale di Indagine sull Esclusione sociale, ha fatto propri i dati pubblicati a livello di Comunità Europea e diffusi da Eurostat. Secondo questa fonte la percentuale della popolazione italiana a rischio di povertà risulta essere del 20% della popolazione. In concreto 1 Italiano su 5 sarebbe in questa condizione: non povero, ma fortemente impoverito. Famiglie e povertà Caritas Italiana e Fondazione Zancan hanno deciso di mettere a fuoco nel loro 10 rapporto la famiglia. Le ragioni più evidenti di questa scelta, possono così riassumersi: Anzitutto la famiglia è la principale vittima della povertà e dell impoverimento. Le famiglie considerate agiate, e quindi al riparo dalle ripercussioni della crisi, sono circa il 45% del totale. Le altre, in proporzioni diverse hanno risentito dell attuale congiuntura sfavorevole, o per la difficoltà ad arrivare alla fine del mese, o perché impossibilitate a onorare impegni e debiti pregressi, o perché non riescono più a risparmiare, o perché impossibilitate ad assicurare ai figli un avvenire soddisfacente. Inoltre la povertà, accompagnata dalla precarietà di lavoro, colpisce la famiglia in fase di progettazione, imponendo ritardi nella celebrazione del matrimonio L età media per gli uomini è oggi di 32 anni, quella per le donne è di 29 anni. Ricerche sviluppate sulla prolungata permanenza dei figli in famiglia, hanno evidenziato che una delle cause che maggiormente pesano su tale prolungata permanenza è costituita, per un verso, dalla precarietà lavorativa - i giovani sotto 29 anni che non studiano né lavorano, sono circa 2 milioni -, per altro verso dall alto costo degli affitti e dalla difficoltà di accedere ad un mutuo bancario. Il ritardo nella celebrazione del matrimonio ha una ripercussione anche sulla procreazione. Le scelte procreative, tendono a spostarsi verso la fase terminale della fecondità della donna. L età media del primo parto si è alzato attorno ai 32 anni. È evidente che il ritardo del primo parto, rende più problematiche le eventuali maternità successive. Le difficoltà economiche sono almeno in parte causa anche di tanti aborti. L Istituto Europeo delle politiche familiari ha reso pubblico, nel mese di marzo. il numero di aborti verificatisi nell Unione nel corso del 2008: 2,9 milioni, 7.400 al giorno. Una vera ecatombe, prima causa di mortalità in Europa. L Italia occupa il 4 posto tra i 27 Paesi dell unione, assieme alla Francia, all Inghilterra e alla Romania. Qualunque sia il giudizio etico attribuito al fenomeno, è certo che siamo di fronte ad un fatto socialmente grave, condizionato in buona parte dalle condizioni economiche. Il legame tra povertà e natalità, risulta evidente dai dati statistici. Il tasso di povertà relativa colpisce mediamente l 11% delle famiglie italiane. Tale tasso sale quando la famiglia ha tre o più figli: raggiunge il 16,7% per le famiglie con 4 figli e il 25,9% nelle famiglie con 5 figli. L assenza di una politica di sostegno alla famiglia rende problematica ogni decisione dei coniugi in merito ad eventuali nuove nascite. 2

La povertà vissuta nell attuale momento di crisi rende problematica, anche la gestione e- ducativa e assistenziale delle famiglie. Le difficoltà della crisi attuale hanno imposto tagli progressivi ai servizi per l infanzia e ai servizi per i disabili e per gli anziani non autosufficienti. Tutto questo ha avuto pesanti ripercussioni sulle famiglie. Per quanto riguarda gli asili nido, in Italia si registra una carenza cronica. Il Consiglio Europeo di Lisbona nel 2000, aveva fissato agli Stati membri l obiettivo di raggiungere il 33% del fabbisogno entro il 2010. Ad oggi, in Italia solo il 23% dei bambini riesce a trovare posto negli asili nido. Molte famiglie sono scoraggiate anche per il costo: la spesa italiana media mensile per gli asili comunali è di 297 euro mensili. I genitori più fortunati ripiegano sui nonni e sui suoceri, ma non tutti dispongono di questa opportunità. Quanto ai disabili, secondo i dati Istat di aprile 2010, quelli che vivono in famiglia sono 2 milioni e 600 mila, mentre 190.000 vivono in istituto. Il problema della disabilità coinvolge soprattutto gli anziani: il 44,47% ha più di 80 anni, e il peso è portato quasi per intero dalle famiglie, sulle quali ricade la carenza di servizi. È un campo nel quale ci sono leggi all avanguardia, che però non vengono attuate. Infine lo stato di incertezza e di precarietà lavorativa, creata dall attuale congiuntura e- conomica sconvolge i rapporti intergenerazionali e le speranze, tradizionalmente conservate dai genitori, di preparare ai propri figli un condizione sociale migliore di quella in cui loro sono vissuti. Il 53% degli italiani resta ancorato tutta la vita al ceto sociale da cui proviene. È come se l ascensore sociale per la maggioranza degli italiani si fosse bloccato,e con esso le speranze. Solo il 31,7% riesce a salire al piano superiore, mentre il 15,3% deve adattarsi ad una classe sociale inferiore a quella del padre. Molti genitori sono sconvolti da questa constatazione. Sono riusciti a far laureare il figlio con grande sacrifici. Ora si trovano in casa un dottore disoccupato, o un precario a vita e non sanno se egli avrà in vecchiaia una pensione sufficiente. Il livello di istruzione è aumentato, ma le disuguaglianze sociali non si sono assottigliate. Viene spontaneo domandarci come abbiano potuto le famiglie superare in questi ultimi anni tante difficoltà. Ritengo che siano stati determinanti tre apporti: - gli interventi massicci della Cassa integrazione, della quale va precisato però, che solo una parte dei lavoratori ne ha beneficiato; - gli interventi assistenziali delle Regioni e degli Enti locali, sempre più contenuti per le ristrettezze finanziarie; - soprattutto gli interventi solidaristici, attuati anche con formule nuove, dalle Chiese attraverso le Caritas e dai numerosi enti di solidarietà, religiosi e laici. Si è assistito ad una vera mobilitazione della società civile, che ha consentito a migliaia di famiglie di superare uno dei momenti più gravi della nostra storia nazionale. È ovvio che questi interventi occasionali non risolvono il problema in discussione. Si avverte più che in passato l esigenza di un piano organico di contrasto alla povertà e di prevenzione, che coinvolga le varie politiche del lavoro, della formazione professionale, della casa, del fisco, della sanità, dell assistenza. Questo obiettivo finora è stato trascurato. È sperabile che venga perseguito quando la responsabilità piena delle politiche sociali passerà alle Regioni e ai Comuni. Auspichiamo anche che i mass media, si mobilitino, nel promuovere, conformemente agli auspici della Commissione Europea, una società più coesa, facendo crescere la coscienza che tutti hanno da guadagnare nello sradicamento della povertà, nella crescita della solidarietà e nella promozione del bene comune. 3

In caduta libera X Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia A cura di Caritas Italiana Fondazione Zancan SINTESI DEI PRINCIPALI CONTENUTI Il Rapporto è diviso in due parti. La prima parte, curata dalla Fondazione Zancan, considera le dimensioni territoriali della povertà e la capacità di risposta delle Regioni, guardando ad alcuni stati europei. Propone una lettura che guarda alla povertà familiare, alle politiche per contrastarla, agli strumenti di solidarietà per lottare in modo più efficace, in un quadro istituzionale di decentramento delle responsabilità e delle risorse: dallo stato alle regioni e agli enti locali. La seconda parte, curata da Caritas Italiana, approfondisce il legame tra comunità ecclesiale e povertà. Sono analizzate le conseguenze della crisi economica sulle famiglie, i dati sugli utenti dei Centri di Ascolto Caritas, i percorsi di riflessione teologica-pastorale, di accompagnamento e di animazione territoriale. Viene inoltre descritta l azione di varie Caritas nazionali in Europa, in riferimento alle attività programmate per la campagna Zero Poverty, promossa per il 2010 da Caritas Europa. I poveri e gli impoveriti SINTESI PRIMA PARTE Non è vero che siamo meno poveri, come gli ultimi dati ufficiali sulla povertà (luglio 2010) farebbero pensare. Secondo l Istat lo scorso anno l incidenza della povertà relativa è stata pari al 10,8% (era 11,3% nel 2008), mentre quella della povertà assoluta risulta del 4,7%. Secondo l Istat si tratta di dati stabili rispetto al 2008. In realtà, si tratta di un illusione «ottica»: succede che, visto che tutti stanno peggio, la linea della povertà relativa si è abbassata, passando da 999,67 euro del 2008 a 983,01 euro del 2009 per un nucleo di due persone. Se però aggiornassimo la linea di povertà del 2008 sulla base della variazione dei prezzi tra il 2008 e il 2009, il valore di riferimento non calerebbe, ma al contrario salirebbe a 1.007,67 euro. Con questa operazione di ricalcolo, alzando la linea di povertà relativa di soli 25 euro mensili, circa 223 mila famiglie ridiventano povere relative: sono circa 560 mila persone da sommare a quelle già considerate dall Istat (cioè 7 milioni e 810 mila poveri) con un risultato ben più amaro rispetto ai dati ufficiali: sarebbero 8 milioni e 370 mila i poveri nel 2009 (+3,7%). La povertà si conferma un fenomeno che riguarda soprattutto il Mezzogiorno, le famiglie numerose, quelle con 3 o più figli (soprattutto se minori), quelle monogenitoriali e coloro che hanno bassi livelli di istruzione. Inoltre, sempre più famiglie, in cui uno o più membri lavorano, sono povere. Accanto ai poveri ufficiali, ci sono le persone impoverite che, pur non essendo povere, vivono in una situazione di forte fragilità economica. Sono persone che, soprattutto in questo periodo di crisi, hanno dovuto modificare, in modo anche sostanziale, il proprio tenore di vita, privandosi di una serie di beni e di servizi, precedentemente ritenuti necessari. Il fenomeno è confermato anche da alcuni dati: nel 2009 il credito al consumo è sceso dell 11%, i prestiti personali hanno registrato un -13% e la cessione del quinto a settembre 2009 ha raggiunto il +8%. Facendo 1

una media di questi indicatori, si può calcolare un 10% in più di poveri, da sommare agli oltre 8 milioni stimati. Nella vita di tutti i giorni la crisi si traduce in difficoltà a pagare la spesa, il mutuo, le cambiali (+14% nel 2009). Nei primi mesi del 2010 alcuni sostenevano che la crisi economica era in via di superamento, ma ancora oggi il problema appare in tutta la sua gravità, ci presenta le difficoltà delle persone disoccupate, delle famiglie impoverite, di quelle che sanno che prima o dopo finiranno gli ammortizzatori sociali. Lo sanno le Caritas, i Centri di ascolto, le parrocchie. Gli ammortizzatori sociali non bastano, sono costati nel 2009 ben 18 miliardi di euro, una cifra enorme per un argine utile, ma fragile. La famiglia in caduta libera Il decimo Rapporto mette al centro la famiglia, principalmente per tre motivi: - è la prima vittima della povertà; - l ulteriore precarietà del lavoro impedisce alle nuove generazioni la creazione di nuovi nuclei familiari; - le istituzioni e la politica non la valorizzano adeguatamente e non si impegnano a sufficienza a rimuovere gli ostacoli che la mortificano. La povertà familiare è un fenomeno consolidato, che non accenna a diminuire. Diversamente da altri paesi, in Italia più alto è il numero di figli, maggiore è il rischio di povertà: se in famiglia c è un solo figlio minore l incidenza della povertà relativa sale dal 10,8%, che è il dato medio, al 12,1%, mentre se ci sono tre o più figli l incidenza è del 26,1%. La società italiana si nega così la possibilità di futuro: il numero medio di figli minori per famiglia era trent anni fa di 0,75, passato nei primi anni novanta a 0,6 e ulteriormente sceso a 0,5 nel 2000 per arrivare all attuale 0,43. L assistenza alle persone non autosufficienti è un altro problema incalzante che grava sulle famiglie, che non vogliono separarsi dai propri cari o non possono permettersi le rette delle case di riposo o le assistenti familiari. Le istituzioni dovrebbero tener conto del contributo, anche e- conomico, garantito dalle famiglie al benessere dei loro componenti. Sempre più spesso, infatti, il nucleo familiare garantisce da sé servizi che sarebbero a carico dell offerta pubblica, senza ricevere per questo riconoscimento e tutele più ampie. Spendere meno, spendere meglio Al momento in Italia l assistenza sociale è soprattutto erogazione di soldi per dare risposte emergenziali che non garantiscono l uscita delle situazioni difficili. L errore è sempre lo stesso: si danno troppi soldi e pochi servizi, con costi a carico delle famiglie. La crisi potrebbe aiutarci a prendere coscienza di questa contraddizione, per attuare soluzioni coraggiose, bonificando i trasferimenti e investendo nell aiuto vero. Si basti pensare che la spesa per assistenza sociale nel 2008 (ultimo dato disponibile) è stato di 49 miliardi di euro, l 86% dei quali impiegati per garantire interventi economici e sono un 14% per attivare servizi più duraturi. La sola spesa per gli assegni familiari ammonta a 6 milioni e 427mila euro. Contrariamente a quanto si pensa, attuare questo cambiamento gioverebbe notevolmente anche alle casse pubbliche. Per contrastare efficacemente la povertà basterebbe spendere meno di quanto attualmente spendono i comuni italiani, in alcuni casi perfino la metà (così in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio). In Valle d Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Toscana sarebbe sufficiente un terzo di ciò che si spende ora; in Trentino-Alto Adige un quarto. Nelle regioni del Sud, invece, c è il problema opposto: la spesa attuale degli enti locali non è sufficiente a debellare la povertà relativa. In Calabria, ad esempio, sarebbe necessario il quadruplo delle risorse, in Campania e Puglia il triplo. 2

Quanto si dovrebbe spendere (2008) Quanto spendono i comuni (2006) 30,00 26,1 25,00 22,6 22,5 22,1 23,3 20,00 15,00 17,9 14,0 15,6 19,9 17,4 18,0 14,1 10,00 5,00 6,6 7,0 6,0 3,1 5,7 4,1 3,5 5,1 6,0 5,0 5,4 3,1 5,5 10,8 3,7 4,74,5 4,8 4,2 6,4 10,7 1,8 4,7 6,2 5,1 3,7 5,4 6,9 0,00 Piemonte Valle d A. Lombardia Trentino-A. A. Veneto Friuli-V. G. Liguria Emilia-R. Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Fig. 1 Spesa pro capite per eliminare la povertà relativa e spesa pro capite dei comuni per contrastare la povertà, per regione Sempre sul fronte delle risorse, permangono grandi squilibri nella spesa sociale dei comuni in Italia, come già evidenziato dal precedente Rapporto: raggruppando i comuni per regione, la loro spesa pro capite nel 2006 variava da un minimo di 1,80 euro a un massimo di 23,07, cioè 13 volte di più. Si tratta di un differenziale in aumento rispetto agli anni precedenti (nel 2004 e nel 2005 il differenziale era pari a 11: cioè il gruppo di comuni appartenenti alla stessa regione spendeva 11 volte di meno del gruppo di comuni della regione dove si spende di più per affrontare lo stesso problema). Sono altrettanti indici di come potremmo fare di più e meglio riqualificando le risorse disponibili. Quali politiche per una lotta efficace alla povertà? Il decimo Rapporto propone di dare impulso agli interventi «a monte», in grado di attivare strategie strutturali, che garantiscano un equità sociale e territoriale e che consentano di rispondere efficacemente ai bisogni delle persone. Ma azioni di questo tipo non sono purtroppo nell agenda istituzionale, neppure in ambito locale, visto che nei piani di zona la povertà non è tra le priorità cui dedicare maggiore impegno e risorse. Questa contraddizione è stridente proprio nel momento di massimo sforzo per spostare le responsabilità e le risorse a livello regionale e locale, in attuazione della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale. Cosa può quindi significare una «strategia nazionale che guardi alle differenze territoriali»? Innanzitutto l uscita dalla contraddizione che vede lo stato gestire sei settimi della spesa per l assistenza sociale. Se regioni e comuni hanno responsabilità piena nell affrontare il problema, devono anche avere tutte le risorse per poterlo fare. Negli anni questo non è avvenuto, poiché la gestione accentrata ha lasciato agli enti locali risorse insufficienti e mal utilizzate. Oggi, però, si può invertire questa prassi dando applicazione al dettato costituzionale, che attribuisce allo stato la sola responsabilità di definire i livelli essenziali di assistenza sociale, lasciando in capo a regioni e comuni il compito di attuarli, con le risorse oggi impropriamente gestite dallo stato. La legge sul federalismo fiscale potrebbe essere un occasione per ridurre le differenze croniche di welfare necessarie per lottare in modo più efficace contro la povertà. Le probabilità di riuscita sono notevoli, visti i sistematici fallimenti che ci consegnano annualmente una po- 3

vertà stabile nei suoi caratteri strutturali. Il problema e la sfida passano necessariamente alle regioni e agli enti locali, per fare quello che lo stato non è riuscito a fare. Uno sguardo all Europa Dal momento che il decimo Rapporto viene presentato nell anno europeo per la lotta alla povertà e all esclusione sociale, i curatori hanno voluto gettare uno sguardo oltre i confini nazionali, per avviare un confronto sulle problematiche comuni e per cercare spunti per nuovi modelli di intervento. Un riferimento d obbligo in Europa è alla Finlandia: molte ricerche indicano che, in linea generale, il basso tasso di povertà dei bambini nei paesi nord-europei deriva da politiche familiari strutturate e da sistemi di welfare che sostengono l occupazione femminile. In particolare, ci sono tre ragioni specifiche che concorrono a mantenere basso il tasso di povertà dei bambini: la distribuzione del reddito, gli assegni familiari e gli assegni di disoccupazione. Questi ultimi, come gli assegni familiari, hanno l obiettivo di garantire uno standard di vita adeguato anche nelle situazioni in cui i genitori non sono in grado di lavorare e consentono l accesso a una serie di servizi pubblici differenziati per tipologia. Sempre in nord Europa, ma per la precisione in Svezia, altre politiche efficienti prevedono che una quota elevata del prodotto interno lordo sia dedicata al contrasto alla disoccupazione attraverso programmi pubblici di inserimento lavorativo. Alla fine degli anni novanta, il governo ha anche approvato una legge, il Social Service Act, in base alla quale gli assistenti sociali possono chiedere la partecipazione a programmi di inserimento lavorativo alle persone che richiedono assistenza sociale e che hanno meno di 25 anni. La legge consente anche agli assistenti sociali di rifiutare o ridurre il sostegno a chi si rifiuta di partecipare, senza addurre motivazioni valide, al programma offerto. In Francia, invece, le politiche per l inserimento lavorativo si sono sviluppate in diverse forme, principalmente attraverso il reddito minimo di inserimento, le politiche di integrazione e il sostegno sociale alle persone in cerca di occupazione, con interventi di tipo personalizzatocce possono anche comprendere un analisi delle competenze, misure di sostegno sociale e psicologico, orientamento rispetto al mercato del lavoro locale. Una differenza sostanziale che caratterizza l azione di altri paesi rispetto all Italia è la capacità di governare azioni di sistema e non solo trasferimenti monetari, come avviene da noi. Per questo il loro impatto è mediamente maggiore rispetto all effetto insignificante che otteniamo in Italia. 4

Poveri ai Centri di Ascolto SINTESI SECONDA PARTE In base ad una rilevazione su un campione di diocesi, relativa all anno 2008, è possibile stimare in circa 360.000 le persone che ogni anno si rivolgono ai Centri di Ascolto Caritas (circa mille persone al giorno). Tenendo conto della numerosità dei nuclei familiari di riferimento, si giunge ad un totale di circa 1 milione di persone che annualmente beneficiano di un intervento strutturato di aiuto e accompagnamento presso i Centri di Ascolto Caritas. La grande maggioranza degli utenti Caritas appare costituita da stranieri (68,9%), mentre gli italiani sono il 30,7%. Nelle regioni del Centro-Nord prevalgono gli stranieri, mentre nel Mezzogiorno prevalgono nettamente gli italiani. L esame dei dati relativi ai bisogni degli utenti conferma l esistenza di forti problemi di povertà economica (65,9%), di occupazione (62%) e, in minor misura, di alloggio (23,6%), sia per gli italiani che per gli stranieri. Le richieste maggiormente formulate da poco meno della metà degli utenti, sia italiani che stranieri si riferiscono a beni e servizi materiali. Vengono richiesti soprattutto viveri e vestiario. Altre richieste espresse molto frequentemente si riferiscono al lavoro, soprattutto da parte degli stranieri (30,1% di tali utenti) rispetto agli italiani (17,5%). I sussidi economici sono stati richiesti in misura molto superiore da utenti italiani (22,6%) piuttosto che da stranieri (8,4%). Identica proporzione di italiani e di stranieri ha richiesto un alloggio (8,8%). A fronte di tali richieste, i dati sugli interventi dimostrano che i Cda, oltre all ascolto attento dei casi, hanno erogato soprattutto beni e servizi materiali (51,1%). Seguono gli interventi di orientamento (12,6%) e i sussidi economici (10,6%). Dal 2008 al 2010: l onda lunga della crisi economica In base alle testimonianze provenienti dalle Caritas diocesane e dalle delegazioni regionali, si evidenziano alcuni aspetti di tendenza della crisi economica nell ultimo biennio. È sempre più difficile estrapolare modelli e percorsi generalizzabili di povertà: le carriere di povertà sono sempre più veloci, complesse, multidimensionali, con frequenti uscite e ritorni in una situazione di disagio sociale. Anche se non si rimane a lungo in situazione di disagio economico, il persistere del fiatone economico e il progressivo esaurimento delle risorse determina situazioni di disagio psicologico e conflittualità intrafamiliare. Inoltre, le carriere dei nuovi poveri sono multi problematiche: vari e molteplici fattori di disagio si intrecciano, in un effetto a spirale, dove giocano un ruolo crescente gli aspetti affettivi e relazionali. In situazione di evidente criticità la dimensione familiare nel suo complesso: le storie di povertà incontrate dalla Caritas sono sempre meno legate a individui soli e sempre più caratterizzate invece da un coinvolgimento dell intero nucleo familiare. Particolarmente vulnerabili le persone appartenenti alla fascia di età di mezzo, i separati e divorziati, le donne sole con prole, gli occupati con instabilità lavorativa persistente, i licenziati e cassa integrati, le famiglie monoreddito, le donne con difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro dopo la condizione di maternità, ecc. Vi sono poi situazioni di povertà legate a livelli di spesa eccessivi, non corrispondenti all entità del reddito familiare. Rientrano in questo panorama il fenomeno del gioco d azzardo e alcuni comportamenti di cattiva gestione del reddito familiare, che favoriscono l indebitamento. Altri segnali di tendenza, provenienti dagli oltre 150 Osservatori diocesani delle povertà e delle risorse presenti sul territorio italiano: - nel corso del biennio 2009-2010 si registra un aumento medio del 25% del numero di persone che si rivolgono alla Caritas per chiedere aiuto. Tale aumento interessa in e- gual misura tutte le regioni d Italia; 5

- rispetto ad una maggioritaria presenza di stranieri, cresce del 40% la presenza di italiani, anche se una gran parte di povertà italiana continua a rimanere sommersa; - crescono del 30% i nuovi utenti, che si affiancano al ritorno in Caritas delle vecchie conoscenze, anche dopo 5-6 anni dall ultima visita al Centro di Ascolto; - cresce il numero di utenti seguiti in modo esclusivo dalla Caritas o da altre espressioni della Chiesa locale: molti nuovi poveri non sono assistibili economicamente dai servizi sociali, perché nonostante abbiano un tenore di vita molto basso, percepiscono comunque un reddito di partenza (tra cui la pensione) oppure dispongono della casa di proprietà; - gli operatori Caritas evidenziano scarsa tempestività degli enti locali nell affrontare le nuove povertà e la mancanza di competenze adeguate sulla gestione dei fenomeni di indebitamento. - non va dimenticata la persistenza della povertà estrema, anche dovuta alla riduzione delle risorse di welfare disponibili su questo settore; - si conferma, come abbiamo osservato nel precedente Rapporto, l affacciarsi di nuove situazioni di impoverimento degli immigrati, dovute alle difficoltà economicofinanziarie di molti comparti produttivi, tra cui l evidente crisi del settore dei servizi alla persona. Da notare a questo riguardo come le misure di controllo imposte dai recenti pacchetti-sicurezza stiano spingendo molti stranieri a non rivolgersi alla Caritas, per il timore di essere rispediti in patria, assieme alle proprie famiglie. La valutazione delle misure governative anti-crisi economica Il Rapporto contiene i risultati di una indagine valutativa sulle misure di contrasto delle situazioni di povertà, introdotte dal governo italiano nel biennio 2007-2008. Le misure prese in e- same sono: la social card, il bonus famiglia, il bonus elettrico, il bonus Gas e l abolizione dell Ici sulla prima casa. La valutazione è stata realizzata con la collaborazione di due grandi organizzazioni della società civile (Acli e Cisl), e ha contemplato la realizzazione di oltre 150 interviste con operatori di Centri di Ascolto Caritas, Caaf Cisl e Acli Service, in tutte le regioni d Italia. La misura considerata maggiormente efficace nel contrasto delle situazioni di povertà non è la social card ma l abolizione dell Ici per la prima casa. Nello specifico, il 69,2% degli intervistati ha valutato tale misura abbastanza o molto efficace nel ridurre la povertà economica. Le valutazioni espresse sul grado di efficacia della social card nel contrasto della povertà economica sono di taglio negativo: il 94,9% degli operatori intervistati ritiene poco o per niente utile tale misura. Per quello che riguarda le altre misure, il giudizio è meno negativo: una media del 58% degli operatori ritiene i Bonus poco o per niente utili nel contrasto della povertà economica. La riflessione delle Chiese locali Nel Rapporto sono analizzati vari documenti episcopali degli ultimi 2-3 anni (lettere pastorali, omelie, ecc.), soprattutto in riferimento alle 11 regioni e 2 province autonome casostudio. Il tema dei poveri e delle povertà è presente con forza nel Magistero dei vescovi di questi ultimi anni, anche con attenzioni e sfumature nuove rispetto agli anni del Concilio e del dopo Concilio. In tutto il paese, sono molti gli interventi dei vescovi sulle povertà, stimolati anche da due occasioni: la campagna europea Zero poverty e le situazioni legate alla crisi economica. L attenzione dei vescovi tiene conto della complessità delle nuove situazioni di povertà, in cui accanto alle tradizionali forme urbane di esclusione sociale, sono presenti varie e inedite situazioni di impoverimento, che riguardano molte famiglie italiane e stranere, colpite nella capacità di risparmio e consumo. Le Chiese locali, specie nel Mezzogiorno, hanno concentrato la lo- 6

ro attenzione sul tema della precarietà del lavoro, ribadendo allo stesso tempo l esigenza di potenziare le infrastrutture e i servizi di base, tra cui la necessità di una rete scolastica in grado di formare le nuove generazioni. Molti i gesti simbolici dei vescovi, che esprimo vicinanza alle famiglie e alle persone colpite dalla crisi economica. La crisi economica e la crescita delle situazioni di povertà, fragilità e disagio sono state raccolte dai vescovi delle diverse regioni italiane come una sfida non solo di solidarietà, ma anche culturale: per ripensare la città, la comunità, gli stili di vita. La prospettiva in cui si pongono i vescovi non è semplicemente quella emergenziale, ma quella di rileggere la storia e progettare il futuro recuperando verità e carità, seguendo le indicazioni dell enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. La risposta delle Chiese Locali Nel corso del 2009, Caritas Italiana ha accompagnato le Caritas diocesane e le Delegazioni regionali Caritas alla presentazione di numerose progettualità, su vari temi: - 195 progetti diocesani relativi a vari ambiti di bisogno da parte di 114 Caritas diocesane. Dal punto di vista delle risorse, oltre 11 milioni 300mila euro sono stati richiesti alla CEI per queste progettualità, che vedono una partecipazione economica diretta delle Diocesi interessate per oltre 9 milioni 500mila euro. Destinatari di questi interventi sono stati famiglie in difficoltà, minori, immigrati, detenuti ed ex detenuti, anziani, vittime di violenza e tratta, malati terminali, persone senza dimora, richiedenti asilo. Specifiche attenzioni sono state riservate al tema delle dipendenze (da sostanze, farmaci, ecc.), ai problemi di occupazione, all usura, all indebitamento, alle problematiche abitative, ecc. - 16 progetti regionali di Promozione Caritas e 6 progetti diocesani di promozione di Centri di ascolto, Osservatori delle povertà e delle risorse, Laboratori per la promozione e l accompagnamento delle Caritas parrocchiali), per un totale di 490 mila euro; - 14 progetti diocesani contenenti specifiche proposte per i giovani (AVS - Anno di volontariato sociale), per un importo complessivo di circa 175 mila euro; - Spiccano inoltre progetti diocesani su temi specifici e sperimentali (Rom, sinti e camminanti; superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari; degrado delle periferie metropolitane; promozione delle persone in situazione di povertà estrema), per un importo complessivo di circa 2 milioni di euro. Un capitolo a parte riguarda le iniziative diocesane contro la crisi economica. Dal monitoraggio effettuato nel mese di giugno 2010 da Caritas Italiana su tali attività, si evidenzia la presenza di 635 iniziative, attive presso 196 diocesi (su un totale di 220 diocesi italiane dove è presente la Caritas). Un primo gruppo di iniziative si riferisce al microcredito socio-assistenziale: si tratta di piccoli prestiti legati, in buona parte, alle esigenze quotidiane delle famiglie. In totale, sono 113 le diocesi che hanno attivato un progetto di microcredito socio-assistenziale per persone o famiglie in difficoltà. La diffusione maggiore di tali iniziative è presso le regioni del Nord Italia (48 diocesi). Seguono il Sud, con 40 diocesi e il Centro (25 diocesi). Un secondo gruppo di iniziative rientra invece nel microcredito per le piccole imprese. In questo caso, i prestiti sono rivolti a favore di microimprese in fase d'avvio o già costituite, a elevato rischio finanziario e con oggettive difficoltà di accesso al credito. In totale, sono 49 le diocesi che hanno attivato negli ultimi due anni progetti di microcredito per piccole imprese, spesso a conduzione familiare. In questo caso, è il Sud Italia che vede il maggior numero di diocesi attive (24 diocesi), seguito dal Nord (16 diocesi) e dal Centro (9 diocesi). Vi sono poi altri due gruppi di iniziative, che prevedono erogazioni economiche a fondo perduto. Si tratta di iniziative destinate a risolvere situazioni di emergenza, rivolte a persone in situazione di grave marginalità sociale o psico-fisica, che non sono in grado di restituire, nel 7

breve periodo, l aiuto economico ricevuto. Nel complesso, vi sono in Italia 111 diocesi che hanno attivato dei Fondi diocesani di emergenza a fondo perduto. Si riscontra una leggera predominanza del Sud Italia (40 diocesi). Presso 96 diocesi si ravvisano inoltre prassi locali di erogazione economica a fondo perduto (nelle parrocchie, nei luoghi di assistenza e ascolto, ecc.). Si tratta in gran parte di diocesi del Mezzogiorno (56 diocesi). Vi sono ulteriori tipologie di attività, di carattere innovativo, finalizzate a fornire una risposta alle famiglie colpite dalla crisi economica, soprattutto nella sfera dei bisogni primari: botteghe/empori solidali, carte magnetiche di spesa, sportelli/progetti di inserimento/orientamento lavorativo, attività di sostegno al disagio abitativo, ecc. Empori e/o progetti di Carte acquisto sono presenti in 47 diocesi. Servizi specifici di orientamento al Lavoro sono segnalati presso 97 diocesi, mentre il settore Casa vede la presenza di 59 specifici progetti diocesani. Caritas e chiese europee, unite nella lotta alla povertà Attualmente Caritas è una rete di organizzazioni presenti in tutti i paesi d Europa e del mondo: come confederazione è formata da 162 organizzazioni cattoliche provenienti da oltre 200 paesi e territori. Le Caritas europee sono accomunate da una serie di aspetti in comune, tra cui la forte centralità del povero e la consapevolezza che Caritas non può in ogni caso limitarsi a combattere la povertà quando essa sia già insorta, ma che la prima forma di lotta alla povertà è la sua prevenzione, specie nelle fasi di transizione della vita, durante l infanzia ed all interno della famiglia. Va inoltre rilevata la capillarità della presenza, che caratterizza il network Caritas come la più vasta, ramificata e diffusa rete sociale non governativa di aiuto e promozione umana presente nel continente europeo. Al servizio di tali realtà è presente Caritas Europa, una infrastruttura di lavoro creata nel 1971, e che oggi conta 48 organizzazioni nazionali aderenti, che operano in 44 paesi europei. Il lavoro svolto da Caritas Europa ha permesso nel tempo di costruire un vero e proprio attore politico, necessario per la promozione di un Europa più unita, solidale ed accogliente. Di fronte alla crisi economico-finanziaria, tutte le Caritas europee si sono attrezzate, avviando servizi e progetti specifici, che in molti casi rappresentano un potenziamento di attività già in atto da diversi anni. Notevole anche l attività di studio e ricerca della Caritas su tali fenomeni, utile anche per l elaborazione di statistiche e linee guida, nazionali ed europee. Nel contesto del 2010, Anno Europeo di lotta alla Povertà e all esclusione sociale, le 48 Caritas europee hanno promosso una campagna unitaria di sensibilizzazione sulle condizioni dei poveri, sottolineando la necessità di coinvolgere tutti i paesi europei, entro ed oltre i confini dell Unione, denominata Zero povertà, agisci ora. La campagna è articolata su alcune dimensioni principali: la pubblicazione di un Poverty Paper principale e di una collana di studi di approfondimento; la realizzazione di eventi europei e nazionali coordinati; la creazione di un sito web (www.zeropoverty.org), dedicato al tema della lotta alla povertà. Inoltre, in tutta Europa si raccolgono, on line e su supporto cartaceo, le firme alla Petizione Quattro obiettivi fondamentali, misure concrete per raggiungerli di Caritas Europa. L obiettivo è quello di arrivare a un milione di firme, da presentare alle Istituzioni europee, in vista di una legge di iniziativa popolare. 8