INTRODUZIONE ALLA ANALISI FUNZIONALE. Dispensa del Corso di Metodi Matematici della Fisica

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INTRODUZIONE ALLA ANALISI FUNZIONALE Dispensa del Corso di Metodi Matematici della Fisica (versione ridotta, 25 febbraio 2011) Prof. Marco Boiti a.a. 2010-2011

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Indice 1 Spazi Metrici 5 1.1 Insiemi Aperti. Insiemi Chiusi. Intorni...................... 5 1.2 Convergenza. Successioni di Cauchy. Completezza................ 8 1.3 Completamento di uno Spazio metrico...................... 12 2 Spazi Normati. Spazi di Banach 15 2.1 Spazio Vettoriale.................................. 15 2.2 Spazio Normato. Spazio di Banach........................ 18 2.3 Ulteriori Proprietà degli Spazi Normati...................... 20 2.4 Spazi Normati Finito Dimensionali e Sottospazî................. 20 2.5 Compattezza e Dimensioni Finite......................... 24 2.6 Operatori Lineari.................................. 27 2.7 Spazi Lineari di Operatori............................. 30 2.8 Operatori Lineari Limitati e Continui...................... 30 2.9 Funzionali Lineari................................. 35 2.10 Operatori Lineari e Funzionali su Spazi Finito Dimensionali.......... 38 2.11 Spazi Normati di Operatori. Spazio Duale.................... 41 3 Spazi con Prodotto Scalare. Spazi di Hilbert 45 3.1 Breve Orientamento................................ 45 3.2 Spazi con Prodotto Scalare, Spazio di Hilbert.................. 46 3.3 Ulteriori Proprietà degli Spazi con Prodotto Scalare.............. 48 3.4 Definizione Equivalente di Spazio con Prodotto Scalare............. 50 3.5 Completamento di uno Spazio con Prodotto Scalare.............. 52 3.6 Complemento Ortogonale e Somma Diretta................... 52 3.7 Insiemi e Successioni Ortonormali......................... 58 3.8 Serie Collegate a Successioni e Insiemi Ortonormali............... 61 3.9 Basi Ortonormali.................................. 64 3.10 Rappresentazione di Funzionali su Spazi di Hilbert............... 68 3.11 Operatori Aggiunti di Hilbert........................... 72 3.12 Operatori Autoaggiunti, Unitari e Normali.................... 75 4 Teoremi per gli Spazi Normati e di Banach 79 4.1 Breve Orientamento................................ 79 4.2 Lemma di Zorn................................... 79 4.3 Alcune Applicazioni del Lemma di Zorn..................... 80 4.4 Teorema di Hahn Banach............................. 81 4.5 Operatore Duale.................................. 87 3

4 INDICE 4.6 Spazi Riflessivi................................... 90 4.7 Teorema della Categoria e della Uniforme Limitatezza............. 92 4.8 Convergenza Forte e Debole............................ 94 4.9 Convergenza di Successioni di Operatori e di Funzionali............ 98 4.10 Teorema dell Applicazione Aperta........................ 101 5 Teoria Spettrale degli Operatori Lineari 107 5.1 Teoria Spettrale in Spazi Normati Finito Dimensionali............. 107 5.2 Concetti Basilari.................................. 110 5.3 Proprietà Spettrali degli Operatori Lineari Limitati............... 110 5.4 Ulteriori Proprietà del Risolvente e dello Spettro................ 114 5.5 Uso dell Analisi Complessa nella Teoria Spettrale................ 117

Capitolo 1 Spazi Metrici Uno spazio metrico è un insieme X dotato di una metrica. La metrica associa ad ogni coppia di elementi (punti) di X una distanza. La metrica è definita assiomaticamente, gli assiomi essendo suggeriti da alcune proprietà semplici della distanza, così com è familiarmente definita fra punti della retta reale R o del piano complesso C. Si tratta come mostrano alcuni esempi basilari di un concetto molto generale. Un importante proprietà aggiuntiva che uno spazio metrico può possedere è la completezza. Un altro concetto di interesse teorico e pratico è la separabilità di uno spazio metrico. Gli spazi metrici separabili sono più semplici di quelli non separabili. 1.1 Definizione (Spazio Metrico, Metrica) Uno spazio metrico è una coppia (X, d), dove X è un insieme e d una metrica su X (o distanza su X), cioè una funzione definita su X X tale che per ogni x, y, z X si abbia M1 d è a valori reali, finito e non negativo. M2 d(x, y) = 0 se e solo se x = y. M3 d(x, y) = d(y, x) M4 d(x, y) d(x, z) + d(z, y) (Simmetria) (Disuguaglianza Triangolare) Alcuni termini di uso corrente sono i seguenti. X è normalmente chiamato l insieme sottostante a (X, d). I suoi elementi sono chiamati punti. Per x, y fissati il numero non negativo d(x, y) si chiama distanza fra x e y. Le proprietà da (M1) a (M4) sono gli assiomi della metrica. Il nome disuguaglianza triangolare è preso a prestito dalla geometria elementare. Un sottoinsieme (Y, d) di (X, d) si ottiene prendendo un sottoinsieme Y X e restringendo d a Y Y ; allora la metrica su Y è data dalla restrizione d si chiama la metrica indotta su Y da d. d = d Y Y. 1.1 Insiemi Aperti. Insiemi Chiusi. Intorni. V è un considerevole numero di concetti ausiliari che giocano un ruolo in connessione con gli spazi metrici. Quelli di cui avremo bisogno sono inclusi in questa sezione. Perciò questa 5

6 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI sezione contiene molti concetti, ma il lettore noterà che molti di loro divengono familiari quando vengono applicati agli spazi euclidei. Consideriamo dapprima alcuni importanti sottoinsiemi di un dato spazio metrico X = (X, d). 1.2 Definizione (Palla e Sfera) Dato un punto x 0 X ed un numero reale r > 0 definiamo tre tipi di insiemi (a) B(x 0 ; r) = {x X d(x, x 0 ) < r} (b) B(x 0 ; r) = {x X d(x, x 0 ) r} (c) S(x 0 ; r) = {x X d(x, x 0 ) = r} (Palla Aperta) (Palla Chiusa) (Sfera) In tutti e tre i casi x 0 è chiamato il centro ed r il raggio. Attenzione. Lavorando con gli spazi metrici è assai utile utilizzare una terminologia analoga a quella della geometria Euclidea. Tuttavia bisogna essere coscienti di quanto sia pericoloso assumere che palle e sfere in uno spazio metrico arbitrario soddisfino alle medesime proprietà soddisfatte da palle e sfere in R 3. Ad esempio una possibile proprietà inusuale è che una sfera può essere vuota. Un altra possibile proprietà inusuale sarà citata più in là. 1.3 Definizione (Insiemi Aperti, Insiemi Chiusi) Un sottoinsieme M di uno spazio metrico X è detto aperto se contiene una palla centrata in ciascuno dei suoi punti. Un sottoinsieme K è detto chiuso se il suo complemento (in X) è aperto, cioè se K C = X K è aperto. La dizione aperta e chiusa utilizzata nella definizione precedente è coerente con questa definizione di insieme aperto e chiuso. Infatti, utilizzando la diseguaglianza triangolare, è facile vedere che per ogni punto x 1 B(x 0 ; r) la palla B(x 1 ; r 1 ) centrata in x 1 e di raggio r 1 = r d(x 1, x 0) è contenuta in B(x 0 ; r) e quindi B(x 0 ; r) è un insieme aperto. Che B(x 0 ; r) sia chiuso si dimostra per assurdo. Sia infatti per assurdo il complemento di B(x0 ; r) non aperto. Allora esiste ameno un punto x 1 esterno a B(x 0 ; r), ossia per cui d(x 1, x 0 ) > r, tale che ogni palla centrata in x 1 contiene almeno un punto x B(x 0 ; r). Consideriamo ora la palla B(x 1 ; r 1 ) centrata in x 1 di raggio r 1 = d(x 1, x 0 ) r. Per l x comune a B(x 0 ; r) e B(x 1 ; r 1 ) abbiamo d(x 1, x 0 ) d(x 1, x) + d(x, x 0 ) < r 1 + r = d(x 1, x 0 ), che è impossibile. Una palla aperta B(x 0 ; ε) di raggio ε è spesso chiamata un ε intorno di x 0. Per un intorno di x 0 si intende un qualunque sottoinsieme di X che contiene un ε intorno di x 0. Vediamo direttamente dalla definizione che ciascun intorno di x 0 contiene x 0 ; in altre parole x 0 è un punto di ciascuno dei suoi intorni. Se N è un intorno di x 0 e N M, allora anche M è un intorno di x 0. Chiamiamo x 0 un punto interno di un insieme M X se M è un intorno di x 0. L interno di M è l insieme di tutti i punti interni a M e può essere indicato con M 0 o con Int(M). Int(M) è aperto ed è l insieme aperto più grande contenuto in M. Non è difficile mostrare che la collezione di tutti i sottoinsiemi aperti di X, che possiamo chiamare T, ha le seguenti proprietà T1 T, X T. T2 L unione di membri di T è un membro di T. T3 L intersezione di un numero finito di membri di T è un membro di T.

1.1. INSIEMI APERTI. INSIEMI CHIUSI. INTORNI. 7 Dimostrazione. (T1) segue dall osservazione che non ha elementi e, ovviamente, X è aperto. Proviamo (T2). Un punto qualunque x dell unione U degli insiemi aperti appartiene ad (almeno) uno di questi insiemi, sia M, ed M contiene una palla B di x poiché M è aperto. Allora B U per definizione di unione. Ciò prova (T2). Infine se y è un punto qualunque dell intersezione degli insiemi aperti M 1,, M n allora ciascun M j contiene una palla di y e la più piccola di queste palle è contenuta nell intersezione. Ciò prova (T3). Osserviamo che le proprietà da (T1) a (T3) sono così fondamentali che vengono di norma inserite in un contesto più generale. Precisamente si definisce come uno spazio topologico (X, T ) un insieme X ed una collezione T che soddisfa gli assiomi da (T1) a (T3). L insieme T è chiamato una topologia per X. Da questa definizione segue che Uno spazio metrico è uno spazio topologico. Gli insiemi aperti giocano anche un ruolo in connessione con le applicazioni continue, dove la continuità è una naturale generalizzazione della continuità conosciuta dall analisi ed è definita come segue. 1.4 Definizione (Applicazione Continua) Siano X = (X, d) e Y = (Y, d) due spazi metrici. Un applicazione T : X Y è detta continua nel punto x 0 X se per ogni ε > 0 v è un δ > 0 tale che d(t x, T x 0 ) < ε per ogni x che soddisfa a d(x, x 0 ) < δ. T è detta continua se è continua in ogni punto di X. È importante ed interessante che le applicazioni continue possano essere caratterizzate in termini di insiemi aperti come segue. 1.5 Teorema (Applicazioni Continue) Un applicazione T di uno spazio metrico X in uno spazio metrico Y è continua se e solo se l immagine inversa di un qualunque sottoinsieme aperto di Y è un sottoinsieme aperto di X. Dimostrazione. (a) Supponiamo che T sia continua. Sia S Y aperto ed S 0 l immagine inversa di S. Se S 0 = è aperto. Sia S 0. Per un qualunque x 0 S 0 sia y 0 = T x 0. Poiché S è aperto contiene un ε intorno N di y 0. Poiché T è continua x 0 ha un δ intorno N 0 che è applicato in N. Poiché N S abbiamo che N 0 S 0 così che S 0 è aperto perché x 0 S 0 era arbitrario. (b) Viceversa assumiamo che l immagine inversa di ogni insieme aperto in Y sia un insieme aperto in X. Allora per ogni x 0 X e qualunque ε intorno N di T x 0 l immagine inversa N 0 di N è aperta, poiché N è aperto, e N 0 contiene x 0. Quindi anche N 0 contiene un δ intorno di x 0 che è applicato in N poiché N 0 è applicato in N. Di conseguenza, per definizione, T è continua in x 0. Poiché x 0 X era arbitrario ne segue che T è continua. Introduciamo ora due altri concetti che sono collegati. Sia M un sottoinsieme di uno spazio metrico X. Allora un punto x 0 di X (che può o può non essere un punto di M) è chiamato un punto di accumulazione di M (o punto limite di M ) se ogni intorno di x 0 contiene almeno un punto y M distinto da x 0. L insieme costituito dai punti di M e dai punti di accumulazione di M è chiamato la chiusura di M ed è indicato con M. L insieme M è chiuso, perché se non lo fosse il suo complemento non sarebbe aperto e conterebbe quindi almeno un punto di accumulazione di M. Inoltre, allo stesso modo, si mostra che M è il più piccolo insieme chiuso che contiene M.

8 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI Prime di procedere menzioniamo un altra proprietà inusuale delle palle in uno spazio metrico. Mentre in R 3 la chiusura B(x 0 ; r) di una palla aperta B(x 0 ; r) è la palla chiusa B(x 0 ; r), in un generico spazio metrico ciò può non essere valido. Usando il concetto di chiusura vogliamo dare una definizione che risulterà di particolare importanza nel seguito. 1.6 Definizione (Insieme Denso, Spazio Separabile) Un sottoinsieme M di uno spazio metrico X è detto denso in X se M = X. X è detto separabile se ha un sottoinsieme numerabile che è denso in X. Quindi se M è denso in X ogni palla in X, per quanto piccola, conterrà punti di M; o, in altre parole, non c è punto x X che abbia un intorno che non contiene punti di M. Vedremo nel seguito che gli spazi metrici separabili sono alquanto più semplici di quelli non separabili. 1.2 Convergenza. Successioni di Cauchy. Completezza. Sappiamo che le successioni di numeri reali giocano un ruolo importante in analisi ed è la metrica di R che permette di definire il concetto basilare di convergenza di una tale successione. Lo stesso vale per le successioni di numeri complessi; in questo caso dobbiamo usare la metrica del piano complesso. In uno spazio metrico arbitrario X = (X, d) la situazione è assai simile, cioè possiamo considerare una successione (x n ) di elementi x 1, x 2, di X ed usare la metrica d per definire la convergenza in maniera analoga a quella dell analisi. 1.7 Definizione (Convergenza di una Successione, Limite) Una successione (x n ) in uno spazio metrico X = (X, d) è detta convergere od essere convergente se v è un x X tale che x è chiamato il limite di (x n ) e si scrive lim d(x n, x) = 0. n lim x n = x n o semplicemente x n x. Diciamo che (x n ) converge a x o ammette il limite x. Se (x n ) non è convergente si dice che è divergente. Come è stata usata la metrica d in questa definizione? d ha fornito la successione di numeri reali a n = d(x n, x) la cui convergenza definisce quella di (x n ). Quindi se x n x, dato un ε > 0, esiste un N = N(ε) tale che tutti gli x n con n > N giacciono in un ε intorno B(x; ε) di x. Per evitare incomprensioni osserviamo che il limite di una successione convergente deve essere un punto dello spazio X. Mostriamo ora che due proprietà delle successioni convergenti (unicità del limite e limitatezza), che risultano familiari dall analisi, si mantengono in questo contesto molto più generale.

1.2. CONVERGENZA. SUCCESSIONI DI CAUCHY. COMPLETEZZA. 9 Chiamiamo un sottoinsieme non vuoto M X un insieme limitato se il suo diametro δ(m) = sup d(x, y) x,y M è finito. Chiamiamo una successione (x n ) in X una successione limitata se l insieme dei suoi punti è un sottoinsieme limitato di X. Ovviamente se M è limitato allora M B(x 0 ; r), dove x 0 X è un qualunque punto ed r è un numero reale (sufficientemente grande) e viceversa. La nostra asserzione è allora formulata come segue. 1.8 Lemma (Limitatezza, Limite) Sia X = (X, d) uno spazio metrico. Allora (a) Una successione convergente in X è limitata ed il suo limite è unico. (b) Se x n x e y m y in X, allora d(x n, y m ) d(x, y). Dimostrazione. (a) Supponiamo che x n x. Allora prendendo ε = 1 possiamo trovare un N tale che d(x n, x) < 1 per tutti gli n > N. Quindi per tutti gli n abbiamo che d(x n, x) < 1+a dove a = max{d(x 1, x),, d(x N, x)}. Ciò mostra che (x n ) è limitata. Assumendo che x n x e che x n z abbiamo dalla (M4) e l unicità x = z del limite segue dalla (M2). (b) Dalla (M4) abbiamo che 0 d(x, z) d(x, x n ) + d(x n, z) 0 + 0 d(x n, y m ) d(x n, x) + d(x, y) + d(y, y m ). Da cui otteniamo d(x n, y m ) d(x, y) d(x n, x) + d(y m, y) ed una diseguaglianza simile scambiando x n con x e y m con y e moltiplicando per 1. Assieme forniscono d(x n, y m ) d(x, y) d(x n, x) + d(y m, y) 0 per n, m. Definiremo ora il concetto di completezza di uno spazio metrico, che risulterà basilare nel seguito. La completezza non segue dagli assiomi (M1) sino a (M4), poiché vi sono spazi metrici incompleti. In altre parole, la completezza è una proprietà addizionale che gli spazi metrici possono avere o non avere. Essa ha varie conseguenze che rendono gli spazi metrici completi migliori e più semplici di quelli incompleti. Ricordiamo dapprima dall analisi che una successione (x n ) di numeri reali o complessi converge sulla retta reale R o nel piano complesso C se e solamente se soddisfa il criterio di convergenza di Cauchy, cioè se e solo se per ogni ε > 0 v è un N = N(ε) tale che x m x n < ε per tutti gli m, n > N.

10 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI Qui x m x n è la distanza d(x m, x n ) da x m a x n sulla retta reale R o nel piano complesso C. Quindi possiamo scrivere la diseguaglianza del criterio di Cauchy nella forma d(x m, x n ) < ε ( m, n > N). Se una successione (x n ) soddisfa alla condizione del criterio di Cauchy potremo chiamarla una successione di Cauchy. Allora il criterio di Cauchy dice semplicemente che una successione di numeri reali o complessi converge in R o C se e solamente se è una successione di Cauchy. Sfortunatamente in spazi più generali la situazione può essere più complicata e vi possono essere successioni di Cauchy che non convergono. 1.9 Definizione (Successione di Cauchy, Completezza) Una successione (x n ) in uno spazio metrico X = (X, d) è detta di Cauchy (o fondamentale) se per ogni ε > 0 v è un N = N(ε) tale che d(x m, x n ) < ε per ogni m, n > N. (1.1) Lo spazio X è detto completo se ogni successione di Cauchy in X converge (cioè se ha un limite che è un elemento di X). A prescindere dalla completezza o meno di X la condizione (1.1) è necessaria per la convergenza di una successione. Infatti si ottiene facilmente il risultato seguente. 1.10 Teorema (Successione Convergente) Ogni successione convergente in uno spazio metrico è una successione di Cauchy. Dimostrazione. Se x n x allora per ogni ε > 0 v è un N = N(ε) tale che d(x n, x) < ε 2 per tutti gli n > N. Quindi dalla disuguaglianza triangolare otteniamo per m, n > N d(x m, x n ) d(x m, x) + d(x, x n ) < ε 2 + ε 2 = ε. Ciò mostra che (x n ) è di Cauchy. Se lo spazio X è completo la condizione di Cauchy (1.1) diventa necessaria e sufficiente per la convergenza e si parla di criterio di Cauchy per la convergenza. Il teorema che afferma la validità del criterio di Cauchy in R e in C può essere riespresso in termini di completezza come segue. 1.11 Teorema (Retta Reale, Piano Complesso) La retta reale ed il piano complesso sono spazi metrici completi. Completiamo questa sezione con tre teoremi che sono legati alla convergenza e alla completezza e che saranno necessari nel seguito. 1.12 Teorema (Chiusura, Insieme Chiuso) Sia M un sottoinsieme non vuoto di uno spazio metrico (X, d) e M la sua chiusura così come definita nella sezione precedente. Allora (a) x M se e solo se esiste una successione (x n ) in M tale che x n x. (b) M è chiuso se e solo se ogni successione convergente (x n ) di punti di M converge ad un punto di M, ossia se e solo se per ogni successione di punti x n M tale che x n x è x M.

1.2. CONVERGENZA. SUCCESSIONI DI CAUCHY. COMPLETEZZA. 11 Dimostrazione. (a) Sia x M. Se x M una successione di questo tipo è (x, x, ). Se x / M è un punto di accumulazione di M. Quindi per ogni n = 1, 2, la palla B(x; 1/n) contiene un x n M e x n x perché 1/n 0 per n. Viceversa se (x n ) è in M e x n x allora se x M non v è nulla da dimostrare. Se x / M ogni intorno di x contiene punti x n x, così che x M per definizione di chiusura. (b) M è chiuso se e solo se M = M così che (b) segue facilmente da (a). 1.13 Teorema (Sottospazio Completo) Un sottospazio M di uno spazio metrico completo X è esso stesso completo se e solo se l insieme M è chiuso in X. Dimostrazione. Sia M completo. Grazie a 1.12(a) per ogni x M v è una successione (x n ) in M che converge in M, il limite essendo unico per l 1.8. Quindi x M. Questo prova che M è chiuso perché x M era arbitrario. Viceversa sia M chiuso e (x n ) di Cauchy in M. Allora x n x X ciò che implica x M per l 1.12(a) e x M poiché M = M per assunzione. Quindi la successione arbitraria di Cauchy (x n ) converge in M ciò che prova la completezza di M. Questo teorema è molto utile e ne avremo molto spesso bisogno nel seguito. L ultimo dei tre teoremi annunciati mostra l importanza della convergenza delle successioni in connessione con la continuità di un applicazione. 1.14 Teorema (Applicazione Continua) Un applicazione T : X Y di uno spazio metrico (X, d) in uno spazio metrico (Y, d) è continua in un punto x 0 X se e solo se x n x 0 implica T x n T x 0. Dimostrazione. Si assuma che T sia continua in x 0. Allora per un dato ε > 0 v è un δ > 0 tale che d(x, x 0 ) < δ implica d(t x, T x0 ) < ε. Sia x n x 0. Allora v è un N tale che per ogni n > N sia d(x n, x 0 ) < δ. Quindi per ogni n > N d(t x n, T x 0 ) < ε. Per definizione ciò significa che T x n T x 0. Viceversa assumiamo che x n x 0 implichi T x n T x 0 e proviamo che allora T è continua in x 0. Supponiamo che ciò sia falso. Allora v è un ε > 0 tale che per ogni δ > 0 v è un x x 0 che soddisfa a d(x, x 0 ) < δ ma tale che d(t x, T x0 ) ε. In particolare per δ = 1/n v è un x n che soddisfa a d(x n, x 0 ) < 1 n ma tale che d(t xn, T x 0 ) ε. Chiaramente x n x ma (T x n ) non converge a T x 0. Ciò contraddice T x n T x 0 e prova il teorema.

12 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI In particolare da questo teorema e dal Lemma 1.8 al punto b) segue la seguente proposizione. 1.15 Proposizione (Continuità della distanza) La distanza d(x, y) in X è continua in x ed in y. 1.3 Completamento di uno Spazio metrico Sappiamo che la retta razionale Q non è completa ma può essere allargata alla retta reale R che è completa. Questo completamento R di Q è tale che Q è denso in R. È molto importante che un arbitrario spazio metrico incompleto possa essere completato in una maniera simile. Per una formulazione precisa e conveniente useremo i due concetti seguenti collegati fra loro e che hanno anche diverse altre applicazioni. 1.16 Definizione (Applicazione isometrica, Spazi Isometrici) Siano X = (X, d) e X = ( X, d) spazi metrici. Allora (a) Un applicazione T di X in X è detta isometrica o una isometria se T conserva le distanze, cioè se per ogni x, y X d(t x, T y) = d(x, y), dove T x e T y sono le immagini di x e y, rispettivamente. (b) Lo spazio X è detto isometrico allo spazio X se esiste un isometria biiettiva di X su X. Gli spazi X e X sono allora chiamati spazi isometrici. Si noti che una isometria è sempre iniettiva. Due spazi isometrici possono differire al più per la natura dei loro punti ma sono indistinguibili dal punto di vista della metrica. In uno studio, in cui la natura dei punti non abbia importanza, i due spazi si possono considerare identici ovvero come due copie del medesimo spazio astratto. Possiamo ora formulare il teorema che asserisce che ogni spazio metrico può essere completato. Lo spazio X che appare in questo teorema è chiamato completamento dello spazio dato X. 1.17 Teorema (Completamento) Per ogni spazio metrico X = (X, d) esiste uno spazio metrico completo X = ( X, d) che ha un sottospazio W che è isometrico a X e che è denso in X. Questo spazio X è unico a meno di isometrie, cioè, se X è un qualunque spazio metrico completo che ha un sottospazio denso W isometrico a X, allora X e X sono isometrici. Lo studente interessato può trovare la dimostrazione di questo teorema nella versione estesa delle dispense. Problemi 1. Sia l lo spazio delle successioni x = ( ξ j limitate di numeri complessi, ossia tali )j N che ξ j c x (j = 1, 2,... )

1.3. COMPLETAMENTO DI UNO SPAZIO METRICO 13 per ogni x. Mostrare che d (x, y) = sup ξ j η j j N dove y = ( η j ) l definisce una metrica su l. 2. Sia C [a, b] l insieme di tutte le funzioni a valori reali x(t), y(t),... definite e continue nella variabile t sull intervallo chiuso J = [a, b]. Mostrare che definisce una metrica su C [a, b]. d (x, y) = max x (t) y (t) t J 3. Sia l p (p 1) lo spazio delle successioni x = ( ξ j tali che )j N Mostrare che ξ j p <. j=1 d (x, y) = ξ j η j p j=1 dove y = ( η j ) l p definisce una metrica su l p. Suggerimento: Utilizzare la diseguaglianza di Minkowski ξ j + η j p j=1 1/p ξ j p j=1 1/p 1/p + η j p 4. Sia la distanza D (A, B) fra due sottoinsiemi non vuoti A e B di uno spazio metrico (X, d) definita essere D (A, B) = inf d (a, b). a A b B Mostrare che D (A, B) non definisce una metrica sull insieme dei sottoinsiemi non vuoti di X. 5. Mostrare che lo spazio l non è separabile. Soluzione: Sia y = (η 1, η 2,... ) una successione di 0 e di 1. Allora y l e due successioni differenti di questo tipo distano 1. Essi possono essere messi in corrispondenza biunivoca coi reali nell intervallo [0, 1], giacché un qualunque reale nell intervallo [0, 1] è rappresentabile in forma binaria come η 1 2 1 + η 2 2 2 + + η n 2 n +... Quindi non sono numerabili. Consideriamo ora le palle di raggio 1/3 centrate in queste particolari successioni. Esse sono non numerabili ed hanno a due a due intersezione nulla. Quindi se esistesse un insieme M numerabile e denso in l... 6. Mostrare che lo spazio l p (p 1) è separabile. j=1 1/p.

14 CAPITOLO 1. SPAZI METRICI Soluzione: Sia M l insieme delle successioni di l p della forma y = (η 1, η 2,..., η n, 0, 0,... ) con n intero positivo e le η j razionali. M è numerabile. Si tratta di mostrare che è denso in l p. Sia dato un x = ( ξ j ) l p arbitrario. Per ogni ε > 0 esiste un n tale che Scegliamo un y M tale che Quindi... j=n+1 ξj p ε p < 2. n ξ j η j p ε p < 2. j=1 7. Mostrare che l è completo. Suggerimento: Sia (x m ) una successione di Cauchy di l, dove (x m ) = ( Mostrare che le successioni di numeri ξ (m) j ( ) ξ (m) 1, ξ (m) 2,.... ) per ogni j fissato sono di Cauchy ed quindi convergenti, ossia lim m ξ (m) j = ξ j. Mostrare infine che x m x, dove x = (ξ 1, ξ 2,... ) l. 8. Mostrare che l p è completo. Suggerimento: Seguire la medesima via seguita nel caso precedente. 9. Mostrare che C [a, b] è completo. 10. Mostrare che l insieme dei polinomi considerati come funzioni di t sull intervallo [a, b] e con metrica definita come su C [a, b] non è completo. 11. Se (x n ) e (x n) in (X, d) soddisfano a d (x n, x n) 0 e (x n ) ammette limite, mostrare che anche (x n) converge ed ha il medesimo limite. 12. Se (x n ) e (x n) in (X, d) ammettono il medesimo limite, mostrare che d (x n, x n) 0.

Capitolo 2 Spazi Normati. Spazi di Banach Si ottengono degli spazi metrici particolarmente utili ed importanti se si considera uno spazio vettoriale e si definisce in esso una metrica a mezzo di una norma. Lo spazio risultante è chiamato spazio normato. Se uno spazio vettoriale normato è completo viene chiamato spazio di Banach. La teoria degli spazi normati, in particolare degli spazi di Banach, e la teoria degli operatori lineari definiti su di essi costituiscono la parte maggiormente sviluppata dell analisi funzionale. 2.1 Spazio Vettoriale 2.1 Definizione (Spazio Vettoriale) Uno spazio vettoriale (o spazio lineare) su un campo K è un insieme non vuoto X di elementi x, y, (chiamati vettori) dotato di due operazioni algebriche. Queste operazioni sono chiamate somma vettoriale e moltiplicazione di vettori per scalari, cioè per elementi di K. La somma vettoriale associa ad ogni coppia ordinata (x, y) di vettori un vettore x + y chiamato la somma di x e y, in tal modo che siano soddisfatte le seguenti proprietà. La somma vettoriale è commutativa ed associativa, cioè per tutti i vettori si ha che x + y = y + x x + (y + z) = (x + y) + z; inoltre esiste un vettore 0, chiamato vettore nullo, e per ogni vettore x un vettore x tali che per tutti i vettori si ha che x + 0 = x x + ( x) = 0. Cioè X rispetto alla somma vettoriale è un gruppo additivo abeliano. La moltiplicazione per scalari associa ad ogni vettore x e scalare α un vettore αx (scritto anche xα) chiamato il prodotto di α e x, in tal modo che per tutti i vettori x, y e scalari α, β si ha che α(βx) = (αβ)x 1x = x 15

16 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH e le leggi distributive α(x + y) = αx + βy (α + β)x = αx + βx. Dalla definizione vediamo che la somma vettoriale è un applicazione X X X, mentre la moltiplicazione per scalari è un applicazione K X X. K è chiamato il campo scalare (o campo dei coefficienti) dello spazio vettoriale X, e X è chiamato uno spazio vettoriale reale se K = R (il campo dei numeri reali) ed uno spazio vettoriale complesso se K = C (il campo dei numeri complessi). L uso dello 0 sia per lo scalare 0 che per il vettore nullo non dovrebbe, in generale, creare confusione. Se fosse desiderabile per ragioni di chiarezza, si può indicare il vettore nullo con 0. Il lettore può provare che per tutti i vettori e gli scalari 0x = 0 α0 = 0 e ( 1)x = x. Un sottospazio di uno spazio vettoriale X è un sottoinsieme non vuoto Y di X tale che per ogni y 1, y 2 Y e tutti gli scalari α, β si ha che αy 1 + βy 2 Y. Quindi Y stesso è uno spazio vettoriale, le due operazioni algebriche essendo quelle indotte da X. Uno speciale sottospazio di X è il sottospazio improprio Y = X. Ogni altro sottospazio di X ( {0}) è chiamato proprio. Un altro sottospazio speciale di un qualunque spazio vettoriale X è Y = {0}. Una combinazione lineare dei vettori x 1,, x m di uno spazio vettoriale X è un espressione della forma α 1 x 1 + α 2 x 2 + + α m x m dove i coefficienti α 1,, α m sono scalari qualunque. Per ogni sottoinsieme non vuoto M X l insieme di tutte le combinazioni lineari di vettori di M è chiamato l inviluppo o lo span di M e si scrive span M. Ovviamente è un sottospazio Y di M e diciamo che Y è generato da M. Introduciamo ora due concetti fra di loro collegati che verranno usati molto spesso nel seguito. 2.2 Definizione (Indipendenza Lineare, Dipendenza Lineare) L indipendenza e la dipendenza lineare di un dato insieme M di vettori x 1,, x r (r 1) in uno spazio vettoriale X sono definite a mezzo dell equazione α 1 x 1 + α 2 x 2 + + α r x r = 0, (2.1) dove gli α 1,, α r sono scalari. Chiaramente l equazione (2.1) vale per α 1 = α 2 = = α r = 0. Se questa è la sola r pla di scalari per cui la (2.1) è valida l insieme M è detto linearmente indipendente. M è detto linearmente dipendente se M non è linearmente indipendente, cioè se (2.1) è anche valida per una r pla di scalari non tutti zero.

2.1. SPAZIO VETTORIALE 17 Un sottoinsieme arbitrario M di X è detto linearmente indipendente se ogni sottoinsieme finito non vuoto di M è linearmente indipendente. M è detto linearmente dipendente se non è linearmente indipendente. Una motivazione per questa terminologia proviene dal fatto che se M = {x 1,, x r } è linearmente dipendente almeno un vettore di M può essere scritto come combinazione lineare degli altri; per esempio se (2.1) vale con un α r 0 allora M è linearmente dipendente e possiamo risolvere (2.1) rispetto a x r e ottenere x r = β 1 x 1 + + β r 1 x r 1 (β j = α j /α r ). Possiamo usare i concetti di dipendenza ed indipendenza lineare per definire la dimensione di uno spazio vettoriale. 2.3 Definizione (Base di Hamel) Se X è uno spazio vettoriale qualunque e B è un sottoinsieme linearmente indipendente di X che genera X, allora B è chiamato una base (o base di Hamel) per X. Uno spazio vettoriale X è detto finito dimensionale se ammette una base B di n vettori linearmente indipendenti. In questo caso è facile dimostrare che ogni altra base contiene n vettori indipendenti. n è perciò un numero caratteristico di X ed è chiamato la dimensione di X e si scrive n = dim X. Per definizione X = 0 è finito dimensionale e dim X = 0. Se dim X = n una n pla qualunque di vettori {e 1,, e n } di X linearmente indipendenti costituisce una base per X (o una base in X) ed ogni x X ha una rappresentazione unica come combinazione lineare di questi vettori, ossia x = α 1 e 1 + + α n e n. Se X non è finito dimensionale si dice infinito dimensionale. Anche nel caso infinito dimensionale ogni x X non nullo ha una rappresentazione unica come combinazione lineare di (in numero finito!) elementi di B con coefficienti scalari non tutti nulli. Ogni spazio vettoriale X {0} ha una base di Hamel. Per spazi vettoriali arbitrari infinito dimensionali la prova richiede l uso del lemma di Zorn ed è rinviata a dopo che avremo introdotto questo lemma per altri propositi. Menzioniamo il fatto che anche le basi di un dato spazio vettoriale X infinito dimensionale hanno lo stesso numero cardinale. Una prova richiederebbe alcuni strumenti piuttosto avanzati della teoria degli insiemi. Anche nel caso infinito dimensionale questo numero è chiamato la dimensione di X. Più in là avremo bisogno del seguente semplice teorema. 2.4 Teorema (Dimensioni di un Sottospazio) Sia X uno spazio vettoriale n dimensionale. Allora ogni sottospazio proprio Y di X ha dimensioni minori di n. Dimostrazione. Se n = 0 allora X = {0} e non ha sottospazî propri. Sia ora n > 0. Chiaramente dim Y dim X = n. Se dim Y fosse n allora Y avrebbe una base di n elementi, che sarebbe anche una base per X perché dim X = n, così che X = Y. Ciò mostra che un qualunque insieme di vettori linearmente indipendenti in Y deve avere meno di n elementi e quindi dim Y < n.

18 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH 2.2 Spazio Normato. Spazio di Banach In molti casi uno spazio vettoriale X può essere al medesimo tempo uno spazio metrico perché una metrica d è definita su X. Tuttavia se non v è relazione fra la struttura algebrica e la metrica non possiamo aspettarci una teoria utile ed applicabile che combini entrambi i concetti. Per garantire una tale relazione fra gli aspetti algebrici e geometrici di X definiamo su X una metrica d in un modo speciale. Prima introduciamo un concetto ausiliario, quello di norma, che usa le operazioni algebriche dello spazio vettoriale. Poi utilizziamo la norma per ottenere un metrica d del tipo desiderato. Questa idea conduce al concetto di spazio normato. 2.5 Definizione (Spazio Normato, Spazio di Banach) Uno spazio normato X è uno spazio vettoriale dotato di una norma. Uno spazio di Banach è uno spazio normato completo (completo nella metrica definita dalla norma). La norma su un spazio vettoriale (reale o complesso) X è una funzione a valori reali su X il cui valore ad ogni x X è indicato con x (si legga norma di x ) ed ha le proprietà (N1) x 0 (N2) x = 0 x = 0 (N3) αx = α x (N4) x + y x + y (Disuguaglianza Triangolare); dove x e y sono vettori arbitrari in X e α è uno scalare qualunque. Una norma su X definisce una metrica d su X che è data da d(x, y) = x y (x, y X) ed è chiamata la metrica indotta dalla norma. Lo spazio normato appena definito si indica con (X, ) o semplicemente con X. 2.6 Lemma (Invarianza per Traslazioni) Una metrica d indotta da una norma in uno spazio normato X soddisfa a per tutti gli x, y, a X ed ogni scalare α. Dimostrazione. Abbiamo e d(x + a, y + a) = d(x, y) d(αx, αy) = α d(x, y) d(x + a, y + a) = x + a (y + a) = x y = d(x, y) d(αx, αy) = αx αy = α x y = α d(x, y). Convergenza di successioni e concetti collegati in uno spazio normato seguono facilmente dalle corrispondenti definizioni 1.7 e 1.9 per gli spazi metrici e dal fatto che ora d(x, y) = x y.

2.2. SPAZIO NORMATO. SPAZIO DI BANACH 19 (i) Una successione (x n ) in uno spazio normato X è convergente se X contiene un x tale che lim n x n x = 0. Allora scriviamo x n x e chiamiamo x il limite di (x n ). (ii) Una successione (x n ) in uno spazio normato è di Cauchy se per ogni ε > 0 esiste un N tale che x m x n < ε per tutti gli m, n > N. Le successioni erano disponibili anche in un generico spazio metrico. In uno spazio normato possiamo fare un passo avanti ed usare le serie. Le serie infinite possono ora essere definite in un modo analogo a quello dell analisi. Infatti se (x k ) è una successione in uno spazio normato X, possiamo associare a (x k ) la successione (s n ) di somme parziali dove n = 1, 2,. Se (s n ) è convergente allora la serie infinita o, per brevità, la serie s n = x 1 + x 2 + + x n s n s cioè s n s 0 è detta convergere od essere convergente, s è chiamata la somma della serie e si scrive s = x k x k. Se x k converge la serie è detta assolutamente convergente. Tuttavia in uno spazio normato la assoluta convergenza implica la convergenza se e solo se X è completo. Possiamo ora estendere il concetto di combinazione lineare al caso di una successione (x n ) e dire che x è combinazione lineare degli (x n ) con coefficienti la successione di scalari (α n ) se x = α k x k. Analogamente si estende il concetto di indipendenza lineare alle successioni dicendo che una successione (x n ) è linearmente indipendente se una qualunque sua combinazione lineare nulla, anche infinita, ha necessariamente coefficienti tutti nulli. È quindi naturale utilizzare la struttura di spazio topologico che in uno spazio normato è aggiunta a quella di spazio vettoriale per dare una definizione di base, che è alternativa a quella di Hamel data sopra e che, per distinguerla da quella, chiameremo base senza ulteriori specificazioni. 2.7 Definizione (Base) Sia M un sottoinsieme di uno spazio normato X (successione o famiglia di vettori). Allora M si dice una base di X se ogni elemento x X si può esprimere come combinazione lineare, eventualmente infinita, di vettori di M con coefficienti univocamente determinati.

20 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH Si noti che ogni sottoinsieme finito o infinito numerabile di M è un insieme di vettori linearmente indipendenti, nel senso sopra detto, e che lo span di M in generale non copre X, ma è denso in X, ossia span M = X. Grazie a questa definizione possiamo costruirci delle basi molto meno ricche in elementi delle basi di Hamel e quindi maggiormente maneggiabili e soprattutto possiamo associare in maniera univoca ad ogni elemento x le sue componenti secondo i vettori della base, in maniera analoga a quanto succede per gli spazi vettoriali finito dimensionali. Se M è una successione (e n ), allora (e n ) è chiamata una base di Schauder per X. In questo caso per ogni x X v è un unica successione di scalari tali che x = α k e k. Se uno spazio normato X ha una base di Schauder allora è separabile. La dimostrazione è semplice e viene lasciata al lettore. Sorprendentemente l inverso non è vero, cioè uno spazio di Banach separabile non ha necessariamente una base di Schauder. 2.3 Ulteriori Proprietà degli Spazi Normati Per definizione un sottospazio Y di uno spazio normato X è un sottospazio di X considerato come uno spazio vettoriale con una norma ottenuta restringendo la norma su X ad Y. Questa norma su Y è detta indotta dalla norma su X. Se Y è chiuso in X allora Y è chiamato un sottospazio chiuso di X. Per definizione un sottospazio Y di uno spazio di Banach X è un sottospazio di X considerato come uno spazio normato. Quindi non richiediamo che Y sia completo. A questo riguardo è utile il Teorema 1.13 perché fornisce immediatamente il seguente teorema. 2.8 Teorema (Sottospazio di uno Spazio di Banach) Un sottospazio Y di uno spazio di Banach X è completo se e solo se l insieme Y è chiuso in X. Il seguente teorema assicura che ogni spazio normato può essere completato secondo una procedura che è unica a meno di isometrie. Lo studente interessato può trovare la dimostrazione nella versione estesa delle dispense. 2.9 Teorema (Completamento) Sia X = (X, ) uno spazio normato. Allora esiste uno spazio di Banach X ed una isometria A da X su un sottospazio W di X che è denso in X. Lo spazio X è unico a meno di isometrie. 2.4 Spazi Normati Finito Dimensionali e Sottospazî Rozzamente parlando il seguente lemma stabilisce che nel caso di vettori linearmente indipendenti non è possibile trovare una combinazione lineare che coinvolge grandi scalari ed al medesimo tempo rappresenta un piccolo vettore.

2.4. SPAZI NORMATI FINITO DIMENSIONALI E SOTTOSPAZÎ 21 2.10 Lemma (Combinazione Lineare) Sia {x 1,, x n } un insieme di vettori linearmente indipendenti in uno spazio normato X (di dimensioni qualunque). Allora esiste un numero c > 0 tale che per ogni scelta degli scalari α 1,, α n abbiamo che α 1 x 1 + α n x n c( α 1 + + α n ) (c > 0). (2.2) Dimostrazione. Scriviamo s = α 1 + + α n. Se s = 0 tutti gli α i sono zero e allora la (2.2) è soddisfatta per ogni c. Sia s > 0. Allora la (2.2) è equivalente alla disuguaglianza che si ottiene dalla (2.2) dividendo per s e scrivendo β j = α j /s, cioè β 1 x 1 + + β n x n c n β j = 1. (2.3) È quindi sufficiente provare l esistenza di un c > 0 tale che la (2.3) vale per ogni n pla di scalari β 1,, β n con n j=1 β j = 1. Supponiamo che ciò sia falso. Ossia supponiamo che per ogni c > 0 esista una n pla di scalari β 1,, β n con n j=1 β j = 1 tali che β 1 x 1 + β n x n < c. In corrispondenza della successione c = 1/m esiste allora una successione (y m ) di vettori tali che y m = β (m) 1 x 1 + + β (m) n x n y m < 1 m j=1 n β (m) j j=1 e quindi tali che y m 0 come m. Ora ragioniamo come segue. Poiché n j=1 β (m) j = 1 abbiamo che ogni fisso j la successione ( ) ( ) β (m) j = β (1) j, β (2) j, = 1 β (m) j 1. Quindi per è limitata. Di conseguenza per il teorema di Bolzano Weierstrass (β (m) 1 ) ammette una successione estratta (β (1,m) 1 ) convergente. Sia γ 1 il limite di questa successione estratta e sia y 1,m = n j=1 β (1,m) j x j la corrispondente successione estratta di (y m ). Per il medesimo argomento (y 1,m ) ammette una successione estratta n y 2,m = β (2,m) j x j j=1 per cui la corrispondente successione estratta di scalari (β (2,m) 2 ) converge; sia γ 2 il limite. Si noti che la successione (β (2,m) 1 ) essendo estratta di una successione convergente converge

22 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH ancora a γ 1. Continuando in questo modo dopo n passi si ottiene una successione estratta (y n,m ) = (y n,1, y n,2, ) di (y m ) i cui termini sono della forma n n y n,m = β (n,m) j x j β (n,m) j = 1 j=1 con scalari β (n,m) j che soddisfano il limite β (n,m) j γ j per m. Usando allora gli n limiti γ 1,, γ n definiamo y = γ 1 x 1 + γ n x n. e poiché per m n y n,m y = (β (n,m) j j=1 y n,m y = γ j )x j j=1 n j=1 n γ j x j. j=1 β (n,m) j γ j x j Essendo γ j = 1 non tutti i γ j possono essere zero ed essendo {x 1,, x n } un insieme linearmente indipendente abbiamo che y 0. D altro lato poiché (y n,m ) è una successione estratta di (y m ) che converge a zero dobbiamo avere y n,m 0 cosí che y = 0. Ciò contraddice y 0 ed il lemma è provato. Come prima applicazione del lemma proviamo il seguente teorema basilare. 2.11 Teorema (Completezza) Ogni sottospazio finito dimensionale Y di uno spazio normato X è completo. In particolare ogni spazio normato finito dimensionale è completo. Dimostrazione. Consideriamo un arbitraria successione di Cauchy (y m ) in Y e vogliamo dimostrare che ammette limite y con y Y. Sia dim Y = n e {e 1,, e n } una base qualunque di Y. Allora ciascun y m ha un unica rappresentazione della forma y m = α (m) 1 e 1 + + α (m) n e n. Poiché (y m ) è una successione di Cauchy, per ogni ε > 0 v è un N tale che y m y r < ε quando m, r > N. Da ciò e dal Lemma 2.10 abbiamo che per qualche c > 0 n ( ) n ε > y m y r = α (m) j α (r) j e j c α (m) j α (r) j, j=1 dove m, r > N. Dividendo per c si ottiene α (m) j α (r) n j α (m) j α (r) j < ε c j=1 Ciò mostra che ciascuna delle n successioni j=1 (m, r > N). (α (m) j ) = (α (1) j, α (2) j, ) j = 1,, n è di Cauchy in R o in C. Quindi converge; sia α j il limite. Usando allora gli n limiti α 1,, α n definiamo y = α 1 e 1 + α n e n.

2.4. SPAZI NORMATI FINITO DIMENSIONALI E SOTTOSPAZÎ 23 Chiaramente y Y. Inoltre n ( ) y m y = α (m) j α j e j j=1 n α (m) j α j ej. A destra α (m) j α j. Quindi y m y 0, cioè y m y. Ciò mostra che (y m ) è convergente in Y. Poiché (y m ) era una successione di Cauchy in Y, ciò prova che Y è completo. Da questo teorema e dal Teorema 1.12 si deriva il seguente teorema. 2.12 Teorema (Chiusura) Ogni sottospazio finito dimensionale Y di uno spazio normato X è chiuso in X. Avremo bisogno di questo teorema in numerose occasioni nel seguito. Un altra proprietà interessante di uno spazio vettoriale finito dimensionale X è che tutte le norme su X portano alla medesima topologia per X, cioè gli insiemi aperti sono gli stessi, a prescindere dalla particolare scelta della norma in X. I dettagli sono i seguenti. 2.13 Definizione (Norme Equivalenti) Una norma 1 su uno spazio vettoriale X è detta equivalente alla norma 2 su X se esistono dei numeri positivi a e b tali che per ogni x X si ha j=1 a x 2 x 1 b x 2. (2.4) Questo concetto è motivato dal seguente fatto. Norme equivalenti su X definiscono la medesima topologia per X. Infatti ciò segue dalla (2.4) e dal fatto che ogni intorno di un punto x secondo la norma 1 è intorno anche secondo la norma 2 e viceversa. Lasciamo i dettagli di una prova formale al lettore, che può anche mostrare che le successioni di Cauchy in (X, 1 ) e (X, 2 ) sono le stesse. Usando il Lemma 2.10 possiamo ora provare il seguente teorema (che non vale per gli spazi infinito dimensionali). 2.14 Teorema (Norme Equivalenti) Su uno spazio vettoriale finito dimensionale X ogni norma 1 è equivalente a qualsiasi altra norma 2. Dimostrazione. Sia dim X = n e {e 1,, e n } una base qualunque di X. Allora ogni x X ha un unica rappresentazione x = α 1 e 1 + α n e n. Per il Lemma 2.10 esiste una costante positiva c tale che j=1 x 1 c( α 1 + α n ). D altra parte la disuguaglianza triangolare dà n n x 2 α j e j 2 k α j k = max e j 2. j j=1 Assieme danno a x 2 x 1 dove a = c/k > 0. L altra disuguaglianza in (2.4) si ottiene scambiando il ruolo di 1 e 2 nelle considerazioni precedenti. Questo teorema ha una notevole importanza pratica. Ad esempio implica che la convergenza o la divergenza di una successione in uno spazio vettoriale finito dimensionale non dipende dalla particolare scelta della norma su questo spazio.

24 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH 2.5 Compattezza e Dimensioni Finite Alcune altre proprietà basilari degli spazi normati finito dimensionali e dei loro sottospazî sono legate al concetto di compattezza. Quest ultima si definisce come segue. 2.15 Definizione (Compattezza) Uno spazio metrico X è detto compatto 1 se ogni successione in X ha una successione estratta convergente. Un sottoinsieme M di X è detto compatto se M è compatto considerato come sottospazio di X, cioè se ogni successione in M ha una successione estratta convergente ad un limite che è un elemento di M. Una proprietà generale degli insiemi compatti è espressa nel seguente Lemma. 2.16 Lemma (Compattezza) Un sottoinsieme compatto M di uno spazio metrico X è chiuso e limitato. Dimostrazione. Per ogni x M v è una successione (x n ) in M tale che x n x; cf. 1.12(a). Poiché M è compatto x M. Quindi M è chiuso perché x M era arbitrario. Proviamo che M è limitato. Si noti che se sup x,y M d(x, y) = è anche sup x M d(x, b) = per un qualunque b fisso appartenente a X. Infatti se così non fosse avremmo sup d(x, y) sup d(x, b) + sup d(b, y) < che non è possibile. Quindi se M fosse non limitato conterrebbe una successione (y n ) tale che d(y n, b) > n e quindi tale che lim n d(y n, b) =. Questa successione non potrebbe avere una successione estratta convergente perché allora d(y n, b) ammetterebbe una successione estratta convergente, ciò che è impossibile perché è divergente. L inverso di questo lemma è in generale falso. Dimostrazione. Per provare questo importante fatto consideriamo la successione (e n ) in l 2, dove e n = (δ nj ) ha l n mo termine 1 e tutti gli altri termini 0. Questa successione è limitata perché e n = 1. Poiché è e n e m = 2 per ogni n e m (n m), la successione non ha punti di accumulazione. Quindi i suoi termini costituiscono un insieme di punti che è chiuso perché non ha punti di accumulazione. Per la medesima ragione questo insieme non è compatto. Tuttavia per uno spazio normato finito dimensionale abbiamo il seguente Teorema. 2.17 Teorema (Compattezza) In uno spazio normato finito dimensionale X un qualsiasi sottoinsieme M X è compatto se e solo se M è chiuso e limitato. Dimostrazione. La compattezza implica la chiusura e la limitatezza per il Lemma 2.16. Proviamo l inverso. Sia M chiuso e limitato. Sia dim X = n e {e 1,, e n } una base per X. Consideriamo una qualunque successione (x m ) in M. Ciascun x m ha una rappresentazione x m = ξ (m) 1 e 1 + + ξ (m) n e n. Poiché M è limitato lo è anche (x m ), cioè x m k per tutti gli m. Per il Lemma 2.10 n k x m = j=1 ξ (m) j e j c n ξ (m) j j=1 1 Più precisamente sequenzialmente compatto; questo è il tipo più importante di compattezza in analisi. Menzioniamo che ci sono due altri tipi di compattezza, ma per gli spazi metrici i tre concetti divengono identici.

2.5. COMPATTEZZA E DIMENSIONI FINITE 25 dove c > 0. Quindi la successione di numeri (ξ (m) j ) (j fisso) è limitata e, per il teorema di Bolzano Weierstrass, ha un punto di accumulazione ξ j ; qui 1 j n. Come nella prova del Lemma 2.10 concludiamo che (x m ) ha una successione estratta (z m ) che converge a z = ξ j e j. Poiché M è chiuso z M. Ciò mostra che la successione arbitraria (x m ) in M ha una successione estratta che converge in M. Quindi M è compatto. La nostra discussione mostra il seguente. In R n (o in ogni altro spazio normato finito dimensionale) i sottoinsiemi compatti sono precisamente i sottoinsiemi chiusi e limitati, così che questa proprietà (chiusura e limitatezza) può essere usata per definire la compattezza. Tuttavia questo non può più essere fatto nel caso degli spazi normati infinito dimensionali. Una sorgente di altri risultati interessanti è il seguente lemma di F. Riesz. 2.18 Lemma (F. Riesz) Siano Y e Z sottospazî di uno spazio normato X (di una dimensione qualunque) e supponiamo che Y sia chiuso e sia un sottospazio proprio di Z. Allora per ogni numero reale θ nell intervallo (0, 1) v è un z Z tale che z = 1, z y θ per ogni y Y. Dimostrazione. Consideriamo un qualsiasi v Z Y ed indichiamo la sua distanza da Y con a, cioè a = inf v y. (2.5) y Y Chiaramente a > 0 perché Y è chiuso. Prendiamo ora un qualunque θ (0, 1). Per la definizione di estremo inferiore v è un y 0 Y tale che a v y 0 a θ (2.6) (si noti che a/θ > a perché 0 < θ < 1). Sia z = c(v y 0 ) dove c = 1 v y 0. Allora z = 1 e mostriamo che z y θ per ogni y Y. Abbiamo che z y = c(v y 0 ) y = c v y 0 c 1 y = c v y 1 dove y 1 = y 0 + c 1 y. La forma di y 1 mostra che y 1 Y. Quindi v y 1 a per definizione di a. Usando (2.5) e (2.6) otteniamo a z y = c v y 1 ca = v y 0 a a/θ = θ. Poiché y Y era arbitrario ciò completa la prova. 2.19 Teorema (Dimensioni Finite) Se uno spazio normato X ha la proprietà che la palla chiusa unitaria M = {x : x 1} è compatta allora X è finito dimensionale.

26 CAPITOLO 2. SPAZI NORMATI. SPAZI DI BANACH Dimostrazione. Assumiamo che M sia compatto ma che dim X = e mostriamo che ciò porta ad una contraddizione. Scegliamo un qualunque x 1 di norma 1. Questo x 1 genera uno sottospazio unidimensionale X 1 di X, che è chiuso (cf. 2.12) ed è un sottospazio proprio di X perché dim X =. Per il lemma di Riesz v è un x 2 X di norma 1 tale che x 2 x 1 θ = 1 2. Gli elementi x 1, x 2 generano un sottospazio X 2 bidimensionale proprio e chiuso di X. Per il lemma di Riesz v è un x 3 di norma 1 tale che per tutti gli x X 2 abbiamo che In particolare x 3 x 1 2. x 3 x 1 1 2, x 3 x 2 1 2. Procedendo per induzione otteniamo una successione (x n ) di elementi x n M tali che x m x n 1 2 (m n). Ovviamente (x n ) non può avere una successione estratta convergente. Ciò contraddice la compattezza di M. Quindi la nostra assunzione dim X = è falsa e dim X <. Questo teorema ha varie applicazioni. Lo utilizzeremo come uno strumento basilare in connessione con i cosiddetti operatori compatti. Gli insiemi compatti sono importanti perché hanno un buon comportamento ; essi ammettono numerose proprietà basilari simili a quelle degli insiemi finiti e che non sono soddisfatte dagli insiemi non compatti. In connessione con le applicazioni continue una proprietà fondamentale è che gli insiemi compatti hanno immagini compatte. 2.20 Teorema (Applicazioni Continue) Siano X e Y spazi metrici e T : X Y un applicazione continua. Allora l immagine di un sottoinsieme compatto M di X sotto T è compatto. Dimostrazione. Per la definizione di compattezza è sufficiente mostrare che ogni successione (y n ) nell immagine T (M) Y contiene una successione estratta che converge in T (M). Poiché y n T (M) abbiamo che y n = T x n per qualche x n M. Poiché M è compatto (x n ) contiene una successione estratta (x nk ) che converge in M. L immagine di (x nk ) è una successione estratta di (y n ) che converge in T (M) per l 1.14 perché T è continua. Quindi T (M) è compatto. Da questo teorema concludiamo che la seguente proprietà, ben nota dall analisi per le funzioni continue, si estende agli spazi metrici. 2.21 Corollario (Massimo e Minimo) Un applicazione continua T di un sottoinsieme M compatto di uno spazio metrico X in R assume un massimo ed un minimo in qualche punto di M. Dimostrazione. T (M) R è compatto per il Teorema 2.20 ed è chiuso e limitato per il Lemma 2.16 [applicato a T (M)], così che inf T (M) T (M), sup T (M) T (M) e le immagini inverse di questi due punti consistono dei punti di M in cui T x è, rispettivamente, minimo e massimo.