INDICE RASSEGNA STAMPA Si parla di noi Repubblica Firenze 12/03/2016 p. XX KOREA FILM FESTIVAL 1 Tirreno Livorno 12/03/2016 p. XIII La regista livornese e quel documentario su Piergiorgio Welby Ursula Galli 2 Iniziative ed eventi Nazione Arezzo 12/03/2016 p. 25 Week end col regista Marco Bellocchio 4 Indice Rassegna Stampa Pagina I
KOREA FILM FESTIVAL Alla sua terza opera da regista Shin su-won, voce simbolo della nuova cinematografia sudcoreana, ci restituisce un quadro della società sudcoreana ancora una volta fatto di violenze, sopraffazioni e crudeltà. "Madonna", presentato nella sezione Un certain regard all'ultimo festival di Cannes e proposto oggi all'odeon per il Florence Korea film festival di cui la stessa regista è ospite, racconta la storia di una giovane donna impiegata in un prestigioso ospedale in cui è ricoverato un facoltoso anziano in stato vegetativo e in attesa di trapianto di cuore, che il figlio si ostina a tenere in vita per non perderne il patrimonio; con l'arrivo di una misteriosa paziente in coma e prossima al parto, la routine dell'infermiera subirà una scossa inaspettata. E' per stasera anche il gettonatissimo appuntamento con la Notte Horror, che quest'anno presenta in anteprima "12 Deep Red Nights: chapter 1" (alle 23.45), film a episodi di Oh In-chun. Cinema Odeon, p.zza Strozzi, ore 21 Si parla di noi Pagina 1
1 le regista livornese e quel documentario su Piergiorgio Welby ïintitola. "Love is all" lavoro di Livia Giunti «E un autoritratto che racconta la sua vit dieci anni dalla morte di Piergiorgio Welby, il 4 marzo è partita in Parlamento l'esame della proposta di legge di iniziativa popolare per la legalizzazione dell'eutanasia. E' la prima volta nella storia italiana che si affronta in sede legislativa questo difficile e delicato tema. La proposta di legge è quella a cui lavorò negli ultimi due anni della sua vita, insieme a giuristi e medici, proprio Welby, l'artista e intellettuale romano malato di distrofia muscolare progressiva che, nel 2006, espresse, in una lettera aperta al presidente della Repubblica, la speranza che fosse concessa, a lui e a tutti i malati incurabili italiani, la stessa opportunità di scegliere di interrompere le terapie. Opportunità che avevano già allora i cittadini svizzeri, belgi, olandesi, e che ora hanno in tutta Europa (Serbia, Croazia, Bosnia, Grecia, Romania, Polonia, e appunto in Italia, dove l'eutanasia è ancora considerata omicidio). Piergiorgio Welby, che tutti ricordiamo, nelle drammatiche immagini dei Tg, immobilizzato in un letto, tenuto in vita da un respiratore, il volto sformato ma con gli occhi mobili e e frenetici come uccelli tenuti in gabbia, è il protagonista dello splendido documentario realizzato da una giovane regista livornese, Livia Giunti, insieme a Francesco Andreotti. Titolo, Love is All. Piergiorgio Welby, Autoritratto". Trentanove anni da compiere, Livia Giunti ha presentato la sua opera, già molto elogiata al Festival dei Popoli, qualche sera fa, anche nella propria città, al circolo Kinoglaz,teatro Il Grattacielo. Il documentario, con taglio artistico, mischia sapientemente, con grande gusto e raffinatezza, le tante tracce lasciate da Welby: gli innumerevoli scatti e autoscatti i suoi quadri, gli sgranati filmini di famiglia in Vhs anni '80. Non è un film sulla morte di Welby, ma perla prima volta, racconta la sua vita. Livia Giunti ne parla al Tirreno. Prima di tutto, per capire chi è la protagonista ci fa un accenno alle "radici" livornesi e com'è nata la passione per il cinema? «Elementari al Sacro Cuore di via Cecconi, medie alle Micali, liceo scientifico "Enriques", e poi a Pisa laurea in lingue (ma alla facoltà di Lettere) dove ho scelto un percorso storico artistico con particolare approfondimento sul cinema. Un dottorato di ricerca in Storia delle arti visive e dello spettacolo, un corso intensivo di documentarista a Parigi agli Ateliers Varan. Poi diversi documentari e cortometraggi, sia come regista che come produttrice». Come si è avvicinata al genere del documentario? «Del cinema documentario in particolare mi appassiona da sempre la possibilità che si ha di mostrare contemporaneamente due percorsi: quello del soggetto che si racconta e quello della persona che ha deciso di raccontare quel soggetto. L'aspetto soggettivo e il punto di vista dell'autore sono gli elementi che rendono ricco e appassionante il racconto del cinema del reale». Com'è nata l'idea di questo documentario su Welby? «Assolutamente per caso. Nel dicembre 2006 io e Francesco stavamo preparando con un amico ornitologo un documentario sui falchi che abitano i cieli di Roma. Ci siamo imbattuti in un blog di bird-watchers di cui animatore era stato, fino a pochi mesi prima, Piergiorgio Welby, da poco scomparso quello stesso anno. Inchiodato nella sua stanza nel quartiere di Cinecitttà, Welby seguiva grazie a delle webcam (le sue finestre sul mondo) il volo degli uccelli, e poi scriveva, aiutato dalle tecnologie e dalla moglie, pensieri, impressioni. Leggendo i suoi scritti, e incontrando la moglie Mina, che ci ha spalancato la porta della loro casa, siamo rimasti asso - lutamente fulminati da questa personalità così profonda e vitale, tanto da decidere di cambiare i nostri progetti. L'idea del documentario sui falchi si è persa, ed è nato il progetto sul film su Piergiorgio Welby». Più che un ritratto, un "autoritratto", come dice il sottotitolo del documentario. «Sì, si tratta quasi di un autoritratto di una persona di grande intelligenza e lucidità, che consente di capire come Welby sia arrivato ad una scelta tanto drammatica, di "disobbedienza civile" come quella della "desistenza terapeutica" o "rifiuto dell'accanimento terapeutico" che tanto scalpore provocò nel nostro Paese, in un dibattito politico scomposto e a tratti molto offensivo nei confronti suoi e della sua famiglia». Cosa racconta nel film? «Il film è il tentativo di raccontare la sua vita dal suo punto di vista, come se fosse lui stesso a riprendersi. Del resto la sua propensione ad auto-rappresentarsi era molto forte. Ne viene fuori il ritratto di una persona che amava la vita, l'amore, e non la morte, non era un "depresso" come lo descrivevano alcuni politici. E tantomeno era una persona abbandonata dalla sua famiglia. Difficile vedere perla r,aìera Iw,,l;-, equeì d rcumcncadt su l'lerximyìo IFclb Si parla di noi Pagina 2
sone più attente al loro caro che soffre, non ripiegati in lo - ro stessi, ma aperti agli altri». E' stato un lavoro molto lungo? «Lunghissimo. La fase preparatoria è durata anni. Mina Welby continuava a tirare fuori scatole di documenti e noi li abbiamo studiati e catalogati. Non sapevamo più, ad un certo punto, se saremmo approdati a qualcosa, invece ce l'abbiamo fatta. L'idea ora è di non far finire qui il lavoro su questa persona» C'è l'idea anche si un altro lavoro. «Vorremmo lanciare un secondo documentario da mettere in rete, interattivo, con dei percorsi di approfondimento alla vita e all'opera di Welby». Che cosa le ha lasciato l'incontro con la figura di Piergiorgio Welby? «Mi ha lasciato tantissimo. Intanto la sua famiglia, la moglie Mina in primis, è diventata quasi la mia seconda famiglia, una famiglia di persone profonde, calde, accoglienti. In secondo luogo mi ha dato una consapevolezza su temi che prima sentivo vicini, ma che mi turbavano molto, quasi un tabù: la malattia, il dirit- to di autodeterminarsi, anche di scegliere la morte». Ritiene che la battaglia di Welby e della sua famiglia sia servita? L'Italia è andata avanti sui temi dei diritti civili e in particolare sul diritto a quella che con un eufemismo chiamiamo la "buona" morte? «Se penso che per fare arri - vare la legge Welby in Parlamento ci sono voluti dieci anni mi verrebbe da dire di no (mentre parliamo arriva la notizia che non vi sarà in parlamento un calendario dei lavo - ri stringente per l'esame della proposta di legge di iniziativa popolare in materia di eutanasia. La proposta non sarà esaminata a marzo (n.d.r). Cosa pensa della società italiana? «In realtà sono convinta che la società italiana sia andata molto più avanti delle sue istituzioni, politiche e religiose. La gente sente come fondamentali questioni come le cure palliative, l'interruzione dell'accanimento terapeutico e il suicidio assistito per i malati incurabili. Lo prova la facilità con la quale sono state raccolte centomila firme per proporre la legge di iniziativa popolare che porta il nome di Welby». In alto la locand nadel driuprientario e I`operz d Ve' -' a cacçia La fase preparatoria è durata anni: la moglie Mina ha tirato fuori un sacco di materiale Ero sempre a casa sua: amava l'amore e non la morte e soprattutto non era depresso Vorremmo fare un secondo lavoro sull'artista che rifiutava l'accanimento terapeutico Mina e Piergiorgio in una foto inserita nel documentario di Giun A sinistra Mina Welby accanto alla regista livornese Livia Giunti Si parla di noi Pagina 3
regista FINE SETTIMANA con il regista e produttore cinematografico Marco Bellocchio ospite a Castiglion Fiorentino oggi e domani. Per l'occasione al teatro «Mario Spina» il regista parteciperà e presenterà la proiezione della versione restaurata del film «I pugni in tasca». L'evento inizierà alle 20.30 e l'incontro sarà moderato da Simone Emiliani, direttore editoriale di «Sentieri Selvaggi». Domenica alle 17 ancora un film del regista, «Sangue del mio sangue» presentato in concorso al 72 Festival di Venezia, Bellocchio sempre alla presenza del regista. Ma c'è anche un fuori programma. E stata aperta una selezione per consentire a un castiglionese di andare a cena e trascorrere una serata con il regista. L'evento è organizzato dal Comune di Castiglion Fiorentino, Officine della Cultura e Sentieri Selvaggi. L'ingresso alle proiezioni costa 7 euro, ridotto 5,50. Domenica invece i possessori del biglietto di sabato pagheranno solo 3,50 euro. Apertura biglietteria un'ora prima della proiezione. Iniziative ed eventi Pagina 4