Scienze cognitive per una regolazione efficace dell informazione finanziaria



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Transcript:

Convegno di presentazione del Report on financial investments of Italian households Behavioural attitudes and approaches (1.7.2015) CONSOB, Auditorium Via C. Monteverdi, 35 Roma, 3 luglio 2015 Scienze cognitive per una regolazione efficace dell informazione finanziaria Intervento di Fabiana Di Porto * e Nicoletta Rangone ** 1. La CONSOB: un regolatore all avanguardia Desideriamo ringraziare la CONSOB, in particolare il Presidente Vegas e la dottoressa Linciano, per questo invito e per la possibilità di spendere qualche parola su uno dei tanti temi affrontati dal rapporto. In particolare, le indicazioni sui comportamenti che consentono di migliorare l efficacia della regolazione a tutela degli investitori. Regolare sulla base di dati empirici rilevati alla luce delle indicazioni delle scienze cognitive (economia comportamentale, psicologia cognitiva, o neuroscienze) è un approccio che porta i decisori pubblici che vi fanno ricorso (quanto meno per le regolazioni più rilevanti) all avanguardia tra i regolatori mondiali. Negli USA, l OIRA stimola da tempo i regolatori ad una empirically informed regulation ed ha contribuito all avvio di un vasto programma governativo di sperimentazione della smart disclosure (evoluzione dei più tradizionali obblighi di * Professore Associato di Diritto dell economia nell Università del Salento (fabiana.diporto@unisalento.it). ** Straordinario di Diritto dell economia nell Università LUMSA (n.rangone@lumsa.it).

2 information disclosure 1 ). Nel Regno Unito, il Behavioural Insights Team pubblicava nel 2012 il secondo report sui risultati dell introduzione di strumenti di regolazione behaviourally informed 2, ottenendo così il rinnovo del mandato a diffondere la conoscenza dei behavioural insights e ad ottenere risparmi di spesa attraverso regolazioni cognitivebased 3. Oggi questo organismo è stato trasformato in una charity che offre consulenze sul mercato a governi e pubbliche amministrazioni di tutto il mondo. A livello europeo la Commissione, dopo aver pubblicato vari documenti basati su sperimentazioni in settori diversificati (ad esempio, il Joint Research Center, The consumer empowerment index. A measure of skills, awareness and engagement of European consumers, 2011 4 ), ha definito i passaggi procedurali per un behaviourally-informed policy making 5. Va detto che, tra le autorità di regolazione italiane, la CONSOB è stata la prima a dimostrarsi sensibile a questo approccio. Già dal 2010, quando la Commissione europea rendeva noto il Consumer Decision-Making in Retail Investment Services. A Behavioural Economics Perspective, la CONSOB pubblicava il Quaderno n. 66/2010: Errori cognitivi e instabilità delle preferenze nelle scelte di investimento. Le indicazioni di policy della finanza comportamentale, di N. Linciano. Nel 2012 usciva poi il Discussion Paper n. 4, La 1 National Science and Technology Council, Smart disclosure and consumer decision making: Report of the Task force on smart disclosure, maggio 2013. 2 Behavioural Insights Team, Test, Learn, Adapt: Developing Public Policies with Randomised Control Trials, 2012. 3 Behavioural Insights Team, Annual update 2011-2012. La sunstet clause del Team era fissata per l estate 2012. Avendo raggiunto tutti gli obiettivi prefissati all atto della sua istituzione (tra cui aver adottato misure che comporteranno un risparmio di 300 milioni nei successivi 5 anni) il Team poteva proseguire la propria attività per almeno altri due anni. 4 M. Nardo et al, The consumer empowerment index. A measure of skills, awareness and engagement of European consumers, Joint Research Center (JRC-Commissione europea) e Econometrics and applied statistics (Ispra), Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2011. 5 R van Bavel et al, Applying Behavioural Sciences to EU Policy-Making, JRC Scientific and Policy Reports, Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2013.

3 rilevazione della tolleranza al rischio degli investitori attraverso il questionario MIFID, di N. Linciano e P. Soccorso. Il numero 1/2012 della rivista Analisi giuridica dell economia raccoglieva gli interventi presentati da numerosi studiosi nell ambito del primo convegno italiano in materia di finanza comportamentale, organizzato da CONSOB e Associazione Disiano Preite presso la Borsa di Milano nel 2010 6. La CONSOB ha inoltre di recente portato a termine un consumer testing, volto a stabilire il rapporto tra informazione sui prodotti finanziari, da un lato, e percezione del rischio e propensione all investimento, dall altro (Quaderno n. 82/2015). La CONSOB si conferma dunque tra i regolatori all avanguardia a livello europeo nella raccolta di evidenze empiriche e auspicabilmente, in prospettiva, nell utilizzo di queste a fini di regolazione. 2. Bias, evidenze empiriche e soluzioni regolatorie L uso di evidenze empiriche circa la reazione degli individui reali alle informazioni (e più in generale agli stimoli) nel disegno della regolazione, garantisce l efficacia della stessa e limita i suoi fallimenti. In ultima analisi, questa metodologia comporta un risparmio per i regolatori e una più efficace tutela degli interessi generali posti alla base della regolazione stessa. Venendo al tema di oggi, vale a dire all oggetto specifico del comportamento di risparmio delle famiglie, i dati che emergono dal Rapporto sono un aumento della vulnerabilità finanziaria percepita (p. 1), un sostanziale divario tra abilità finanziarie 6 Convegno organizzato dalla Associazione Disiano Preite e dalla Consob, con il contributo scientifico di Carefin - Università Bocconi, sul tema Scelte di investimento e regole di tutela. Il ruolo della finanza comportamentale tra economia, psicologia e diritto, Milano, 30 novembre 2010.

4 percepite e conoscenze dimostrate, una complessa relazione tra percezione del rischio e scelte di investimento. Qui specialmente emerge quanto rilevino non solo le conoscenze finanziarie, ma anche [i] tratti personali degli individui, [il] contesto di riferimento e [le] attitudini comportamentali (bias). Così, ad esempio, leggiamo che coloro che sono avversi al rischio in ambito lavorativo, lo sono anche in relazione alle scelte di investimento. Come pure la rappresentazione del rischio in termini di perdite o di guadagni ha consistenti effetti sulle scelte di investimento, trasformando persone avvezze al rischio in persone ad esso avverse (cd. certainty effect) (p. 21). Un altro bias evidenziato nel rapporto consiste nel cd. disposition effect, di cui sarebbe affetto quasi il 40% del campione (p. 22), che consiste nell attitudine a monetizzare rapidamente i guadagni e a tenere nel portafoglio i titoli in perdita per ritardare l incasso di tale perdita. Addirittura l 83% dei risparmiatori con conoscenze finanziarie più elevate sarebbe affetto da almeno un bias; percentuale che curiosamente scende al 60% nella popolazione con minori conoscenze finanziarie. Questi dati vanno messi in connessione con quanto evidenziato nell ottimo market testing appena pubblicato dalla CONSOB (Quaderno 82/2015), che si segnala ai nostri fini sia per la metodologia sperimentale impiegata, sia per i contenuti. Qui, infatti, si dà ampio spazio alla letteratura sui bias e agli studi empirici condotti in altri paesi. Sui contenuti, esso ci consegna un quadro aggiornato dell impatto sulle scelte di investimento e sulla corretta identificazione del rischio finanziario dell eccesso informativo e della complessità delle informazioni sui prodotti finanziari. In particolare, dal report emergono interessanti indicazioni sul rapporto tra conoscenze finanziarie e percezione del rischio. L errata identificazione del rischio è infatti osservata anche in soggetti con più elevata conoscenza finanziaria, ciò che porta gli autori

5 del rapporto ad evidenziare un possibile problema di overconfidence in capo a tali soggetti. Questi cioè, ritenendosi più competenti, tendono ad essere più esposti ad errori di stima del rischio. Cosa può fare il regolatore? Esso può tentare di arginare i bias aiutando il risparmiatore attraverso strumenti di empowerment, come l educazione finanziaria e la semplificazione. L empowerment attraverso l educazione finanziaria, anche se congegnata in modo da essere cognitive-based rischia, come emerge anche dal Report n. 82/2015, di far scattare l overconfidence. Qui viene evidenziato che l ampliamento delle conoscenze individuali non eviterebbe errori di stima del rischio, anzi sembrerebbe aggravare la situazione. Tanto è vero che il Report n. 82/2015 ripropone la centralità del rapporto advisor-cliente e il ruolo fondamentale dell intermediario nell empowerment dell investitore. Tuttavia, a questo riguardo vale evidenziare che questa soluzione presenta almeno tre limiti. Primo, non necessariamente l intervento dell advisor aiuta a superare i bias 7 ; secondo, lo stesso advisor, così come qualsiasi esperto, può essere affetto da bias; terzo, a diversi livelli l advisor può avere un interesse confliggente con quello del risparmiatore. Ora, l interesse confliggente non è un problema in sé, perchè può essere neutralizzato. Tuttavia, alcuni studi empirici, da verificare nel contesto italiano, ci dicono che la segnalazione del potenziale conflitto di interesse o non viene percepita o seppure percepita porta all effetto non desiderabile di rinunciare alla consulenza stessa 8. 7 Come ci ricorda la Commissione europea: «There is evidence that free communication enables advisors to exploit advisees existing biases but not to de-bias them»: così in Consumer Decision-Making in Retail Investment Services: A Behavioural Economics Perspective, Final Report, November 2010. 8 Commissione europea, op. ult. cit.

6 Quanto al secondo strumento di empowerment menzionato, della semplificazione dell informazione, il testing conferma che anche nel nostro paese l information overload crea confusione e che la semplificazione delle schede prodotto aiuta a ridurre la complessità e ad aumentare l utilità percepita di tali prospetti informativi. Tuttavia, la semplificazione della rappresentazione del rischio può produrre un altro boomerang effect. Come già peraltro dimostrato da Wang et al. (2011 9 ), quando gli individui percepiscono l informativa di prodotto come più comprensibile ritengono il prodotto stesso meno rischioso. 3. Per un procedimento regolatorio cognitive-based ed un Auditel dei risparmiatori La domanda centrale diventa allora: questi bias sono in qualche modo superabili o evitabili? Quanto emerge dal Report e dal testing lascia supporre che i bias non siano così facilmente superabili. Se questo è vero, gli strumenti da impiegare non sono tanto o non solo quelli di empowerment (come la semplificazione o l educazione finanziaria), ma la standardizzazione, il framing e le regole di default. Diventano, in altre parole, cruciali strumenti che partono da questi bias, assumendoli come esistenti e sfruttandoli, cercano di aiutare i risparmiatori ad adottare scelte a loro favorevoli. Si tratta di strumenti che in altra sede abbiamo definito nudging vero e proprio 10 (che, proprio per queste caratteristiche, si differenziano dall empowerment). Ad esempio, attesa la rilevanza del modo in cui 9 Wang M., C. Keller e M. Siegrist, The Less You Know, the More You Are Afraid of. A Survey on Risk Perceptions of Investment Products, Journal of Behavioural Finance, 12:1, 9 19, 2011. 10 Di Porto F. e N. Rangone, Behavioural Sciences in Practice: Lessons for EU Rulemakers, in A.L. Sibony e A. Alemanno (eds), Nudging and the Law: A European Perspective?, Oxford, Hart Publ., 2015, p. 29-59.

7 l informazione è presentata (framing) il regolatore dovrebbe disegnare obblighi informativi che si avvalgano di tale bias per promuovere scelte di investimento più rispondenti agli interessi dei nostri risparmiatori (come emerge dal documento n. 82/2015). Certo è che non esiste una risposta generale al quesito sulla superabilità o meno dei bias, dal momento che ciò dipende dal tipo di bias, dal contesto, dal mercato, dalle caratteristiche individuali, che sono variabili, come variabile è la incidenza dei bias, che andrebbe testata prima di regolare. Per tirare le fila del discorso, ciò che emerge è che un uso corretto degli strumenti di empowerment, come l educazione, la consulenza finanziaria e la semplificazione (che cercarono di superare i bias), deve tenere conto della differenza tra persone e tra prodotti finanziari. È su queste che occorre modulare in modo variegato tali strumenti. Va poi evidenziato che l uso di esperimenti cognitivi nel processo di regolazione, se da un lato consente di limitare il verificarsi di fallimenti della regolazione e i costi ad esso connessi, dall altro, comporta una profonda trasformazione del processo regolatorio e un effetto dirompente sullo stesso in termini di tempi e di costi necessari per decidere (fare esperimenti è costoso e time consuming). Come superare questi ostacoli? In primo luogo, andrebbero selezionati i procedimenti di regolazione che meritano un tale approccio alla luce di un criterio di rilevanza (espressione del principio di proporzionalità), declinato preventivamente ed in termini generali. In secondo luogo, andrebbero razionalizzati gli sforzi che le istituzioni compiono per svolgere gli esperimenti, ad esempio, creando un unità dedicata, che potrebbe essere condivisa tra le tre istituzioni finanziarie ed eventualmente con altre autorità di regolazione.

8 In terzo luogo, andrebbe individuato un campione di utenti/consumatori/risparmiatori, adeguatamente incentivati, e dunque sempre a disposizione per condurre i test e sperimentare la migliore opzione regolatoria...in una parola una sorta di Auditel dei risparmiatori italiani.