No alla manipolazione dei dispositivi di protezione: bisogna pensarci sin dall'inizio.



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No alla manipolazione dei dispositivi di protezione: bisogna pensarci sin dall'inizio. La ditta Planzer ci insegna che la cultura della sicurezza parte da lontano. Alterare un dispositivo di protezione mette in pericolo i lavoratori, non è una trasgressione giustificabile, ma un reato vero e proprio. Max Kuster, responsabile del reparto confezionamento della filiale Planzer AG a Villmergen, vigila attentamente in azienda. Per lui la sicurezza sul lavoro è un processo che nasce da lontano. Per far sì che i dispositivi di protezione funzionino come si deve e non si intervenga a posteriori con qualche ritocco, egli si rivolge al fabbricante per testare la macchina prima dell'acquisto e per procedere ad un eventuale adeguamento. Questo sì che è un comportamento esemplare! Trasporto di merci, gestione del magazzino e movimentazione: queste sono le attività principali della ditta Planzer. Nel reparto di Max Kuster, dove si svolgono le operazioni di confezionamento, tutto avviene rapidamente: le tavolette di cioccolato vengono incartate, le minestre pronte finiscono nelle buste, le buste di cacao vengono etichettate, si allestiscono i display di cartone e si riempiono di merci scontate. «Sul lavoro siamo molto flessibili e veloci», afferma il capo reparto. «Risparmiare sulla qualità o sulla sicurezza è fuori discussione! Mai uno specialista della sicurezza sul lavoro della Suva troverebbe da noi una macchina manipolata». In effetti è proprio così. Confezionatrici termoretraibili, saldatrici angolari, confezionatrici flowpack e verticali: ogni impianto in dotazione all'impresa è ineccepibile. Ad esempio, se uno sportello si apre, le macchine si arrestano immediatamente e non si riavviano automaticamente. Produttività e sicurezza: due fattori conciliabili Ma la situazione non è sempre così rosea: stando ad un sondaggio rappresentativo condotto dalla Suva nella primavera del 2007, un'impresa di produzione su due in Svizzera manipola i dispositivi di protezione installati sugli impianti. Ciò significa che un assicurato Suva su venti lavora su una macchina manipolata. «Irresponsabile», sentenzia Max Kuster. «E completamente inutile! Non ci guadagneremmo in efficienza manipolando i dispositivi: da noi le macchine operano secondo ritmi prestabiliti». Gli infortuni possono capitare in un battibaleno e il capo reparto sa quali sono i potenziali pericoli: ustioni provocate da saldatrici incandescenti, schiacciamento a causa dei punzoni, amputazione di dita se le mani finiscono sotto le lame zig-zag. Manipolare è un reato Chi manipola una macchina mette in pericolo i propri dipendenti ed è punito dalla legge. I datori di lavoro sono tenuti a prevenire gli infortuni e le malattie professionali, ma non solo. Essi devono provvedere affinché «non venga compromessa l'efficacia delle misure e delle installazioni di protezione». In caso di inadempienza, i responsabili rischiano una pena detentiva sino a tre anni o una pena pecuniaria (Codice penale svizzero CP). E per arrivare a questo non è detto che debba verificarsi un infortunio: basta dimostrare che il datore di lavoro ha tollerato la rimozione di un dispositivo di protezione. Dialogare con i costruttori per ottimizzare i dispositivi di protezione Per evitare che simili episodi possano accadare, Max Kuster pensa alla sicurezza sin dall'acquisto di una macchina. «Non comprerei mai una macchina sulla quale i dipendenti potrebbero metterci le mani per un ritocchino», afferma. «Per questo vado dal costruttore e provo prima la macchina. Così mi rendo subito conto se soddisfa le mie esigenze sul piano della sicurezza. Spesso faccio cambiare dei dettagli che però sono importanti, ad esempio faccio modificare un dispositivo di protezione per renderlo più facile all'uso». Ogni cultura d'impresa ha un piano di sicurezza La non manipolazione dei dispositivi di sicurezza è solo un elemento del vasto piano di sicurezza elaborato dalla ditta Planzer. Periodicamente l'azienda organizza delle esercitazioni antincendio con i dipendenti, i quali sono istruiti costantemente sulle problematiche inerenti la sicurezza, che si tratti dell'uso delle calzature di sicurezza o dell'installazione di neon infrangibili nei locali di produzione. E se, nonostante tutto, avvenisse comunque una manipolazione? «Per prima cosa ci sarebbe un avvertimento scritto e in caso di recidiva il licenziamento», dichiara Max Kuster. «Da noi la sicurezza è fortemente ancorata nei principi aziendali. Per motivi etici e anche economici: chi mai vorrebbe subire dei costi d'infortunio indiretti dovuti ad ore di lavoro perse, pretese di responsabilità civile o conseguenze penali?»

Foto e legende - Planzer «La Suva ci assiste con competenza in tutte le questioni relative alla sicurezza sul lavoro», dichiara il capo reparto Max Kuster. Le zone pericolose sono schermate: se le protezioni si aprono, la macchina si arresta. Max Kuster, responsabile del reparto confezionamento della filiale Planzer a Villmergen AG, si impegna al massimo per la sicurezza sul lavoro.

Con la porta aperta la macchina non funziona. Le zone pericolose sono schermate; se il dispositivo di protezione è aperto, la macchina non si avvia.

Soprattutto quando il ritmo di lavoro è frenetico la sicurezza sul lavoro e la pianificazione dei processi sono fondamentali.

"Stop alla manipolazione dei dispositivi di protezione : una nuova campagna della Suva In un'impresa su due in Svizzera i dispositivi di protezione vengono manipolati. In altre parole, un assicurato Suva su venti opera su una macchina che non presenta un livello di sicurezza adeguato. Questi sono i dati allarmanti emersi da un sondaggio rappresentativo svolto dalla Suva nella primavera del 2007. I rischi vengono spesso sottovalutati e le conseguenze possono essere pesantissime, a volte fatali. La Suva intende combattere questo malcostume con la campagna Stop alla manipolazione dei dispositivi di protezione, lanciata nell'autunno 2007. Molti superiori tollerano la manipolazione di un dispositivo di protezione, anzi a volte l'ordine viene proprio da loro. E i motivi sono sempre gli stessi: mancanza di tempo, comodità o abitudine. In questi casi la soluzione è ottimizzare le fasi di lavoro, imporre sistematicamente le norme di sicurezza interne e collaborare con i costruttori di macchine se i dispositivi di protezione pregiudicano la produttività dell'azienda. Per sostenere concretamente i datori di lavoro e gli addetti alla sicurezza nel contrastare il fenomeno della manipolazione, la Suva ha ideato una serie di strumenti: liste di controllo di facile compilazione, pubblicazioni con consigli e suggerimenti utili e pratici adesivi. Il materiale può essere ordinato o scaricato dall'indirizzo Internet www.suva.ch/dispositivi-di-protezione. Per i prossimi anni è previsto un rafforzamento dei controlli nei settori professionali più interessati da questa problematica. Con questa campagna la Suva non fa appello solamente alla responsabilità etica dei datori di lavoro, ma ricorda loro che le manipolazioni, oltre ad essere pericolose, sono anche vietate e punibili. Secondo la Legge federale sull'assicurazione contro gli infortuni (LAINF) e l'ordinanza sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (OPI), il datore di lavoro deve provvedere affinché non venga compromessa l'efficacia delle misure e delle installazioni di protezione. In caso di inadempienza, il datore di lavoro rischia una pena detentiva fino a tre anni o una pena pecuniaria (Codice penale svizzero, CP). La Suva Fondata nel 1918, oggi la Suva occupa 2900 collaboratori nella sede principale di Lucerna, nelle 19 agenzie sul territorio nazionale e nelle due cliniche di riabilitazione a Bellikon e Sion. È un'azienda autonoma di diritto pubblico che assicura 110 000 imprese, ovvero 2 milioni di lavoratori e disoccupati, contro le ripercussioni degli infortuni e delle malattie professionali. Dal 2005 gestisce anche l'assicurazione militare su mandato del Consiglio federale. Le prestazioni comprendono assicurazione, prevenzione e riabilitazione. La Suva ha un volume premi di 4,4 miliardi di franchi. Si autofinanzia, non beneficia di fondi pubblici e ridistribuisce gli utili agli assicurati sotto forma di riduzione dei premi. Nel Consiglio d amministrazione sono rappresentate le parti sociali datori di lavoro e lavoratori e la Confederazione. www.suva.ch