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Dipartimento di Ingegneria Agraria www.regione.lombardia.it Modelli gestionali per l'uso sostenibile degli effluenti di allevamento GEA Quaderni della ricerca n. 104 settembre 2009

Studio condotto nell ambito del progetto di ricerca n. 1038: Modelli gestionali per l'uso sostenibile degli effluenti di allevamento nelle zone a elevata vocazione zootecnica. (d.g.r. 2 agosto 2007, n. 5214 - Piano per la ricerca e lo sviluppo 2007). Autori del testo Giorgio Provolo, Elisabetta Riva Università degli Studi di Milano Dipartimento di Ingegneria Agraria, Facoltà di Agraria Via Celoria, 2 20133 Milano Collaborazione alla ricerca Alberto Tenconi, Stefano Rancati, Omar Ferrari Provincia di Lodi Settore Agricoltura Via Hausmann, 7 Lodi Coordinamento scientifico Prof. Giorgio Provolo Tel. 02/5031.6855 e-mail: giorgio.provolo@unimi.it Elaborazione grafica Sergio Mancastroppa Per informazioni: Regione Lombardia - Direzione Generale Agricoltura U.O. Interventi per la competitività e l innovazione tecnologica delle aziende Struttura Ricerca e innovazione tecnologica Via Pola 12/14-20124 Milano Tel: +39.02.6765.2537 fax +39.02.6765.2757 e-mail: agri_ricerca@regione.lombardia.it Referente: Gianpaolo Bertoncini - tel. +39.02.6765.2524 e-mail: gianpaolo_bertoncini@regione.lombardia.it Realizzato con la collaborazione di: Marco Castelnuovo Fondazione Minoprio Viale Raimondi 54-22070 Vertemate con Minoprio CO Tel: +39.02.6765.6562 Copyright Regione Lombardia

Modelli gestionali per l'uso sostenibile degli effluenti di allevamento - GEA Quaderni della ricerca n. 104 settembre 2009

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Sommario Presentazione...5 Introduzione...7 Inquinamento ambientale...8 Scopo del lavoro...11 Valutazione della compatibilità ambientale delle produzioni azotate di origine zootecnica...12 Approccio metodologico...12 Quantificazione delle produzioni di effluenti di allevamento...12 Quantificazione delle richieste azotate da parte delle colture agricole...14 Valutazione della compatibilità ambientale dei carichi zootecnici...16 Possibilità di compensazione dei quantitativi di azoto in eccesso tra le diverse aree lombarde...20 Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento...22 Separazione solido-liquido...23 Rimozione biologica dell azoto con rilascio in aria di azoto in forma molecolare...24 Estrazione di azoto in forma minerale...26 Il ruolo del biogas...26 Scenari di intervento per il riequilibrio dei carichi azotati...27 Approccio metodologico...27 Analisi a livello Provinciale...28 Applicazione ad aree di studio...40 Conclusioni...61 Bibliografia...63 3

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Presentazione La rispondenza ad elevati standard ambientali è diventato un presupposto irrinunciabile per tutte le attività produttive. Il sistema agricolo, chiamato a svolgere plurime funzioni oltre a quella di garantire la produzione di alimenti e materie prime vegetali e animali di qualità, è fortemente impegnato in questo senso mantenendo la propria competitività sul mercato globale. Il comparto zootecnico è particolarmente sollecitato a questo proposito dato il rilevante contributo che fornisce ai rilasci di alcuni inquinanti, in particolare i composti dell azoto. Per questo la revisione del programma di azione per le zone che sono state designate vulnerabili in applicazione della Direttiva Nitrati (91/676/CEE) e le norme che sono state introdotte per le zone non vulnerabili richiedono a molte aziende zootecniche di riprogettare le modalità di gestione degli effluenti. Questo Quaderno della Ricerca fornisce un contributo significativo a supporto di questo percorso di miglioramento ambientale. Le indicazioni che scaturiscono dall analisi a livello Regionale forniscono un quadro di orientamento per gli amministratori, su cui basare anche la pianificazione del territorio. La metodologia sviluppata per individuare le soluzioni impiantistiche e gestionali a livello locale fornisce una base di scelta per gli imprenditori che si devono adeguare alla normativa e suggerisce alcune modalità di intervento e di aggregazione agli operatori del settore. Il lavoro si inserisce pienamente nel quadro delle iniziative attivate dalla Regione Lombardia sulla tematica della riduzione dei nitrati di origine agricola con l obiettivo di garantire agli imprenditori il supporto necessario per mantenere competitiva la loro attività. Luca Daniel Ferrazzi Assessore all Agricoltura Regione Lombardia 5

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Introduzione L agricoltura moderna ha assunto un ruolo multifunzionale e non è più solamente orientata alla produzione, ma anche alla tutela dell ambiente e del paesaggio rurale. La Comunità Europea ha infatti emanato direttive rivolte a tutelare l ambiente e il territorio, sempre cercando di garantire un livello produttivo adeguato. Negli ultimi anni è infatti aumentata la preoccupazione dei governi per quanto riguarda lo stato di salute dell ambiente e questo ha portato a rivolgere l attenzione anche verso l inquinamento di origine antropica (Burton & Turner, 2003). Nel quadro delle attività agricole, la zootecnica è indubbiamente quella che può causare maggiori problemi ambientali. Nell agricoltura tradizionale, era consolidata un elevata integrazione tra le attività di allevamento e di coltivazione dei suoli. Il valore degli effluenti era riconosciuto per le sue proprietà positive che esercitava sui suoli, come ammendante e fertilizzante (Karmakar S., 2007). La marcata specializzazione produttiva che caratterizza il settore zootecnico ha portato le aziende a concentrarsi su un numero ridotto di attività in certi casi scollegate tra di loro. La conseguenza è stata una inevitabile separazione delle attività di allevamento (con i propri output) dalle attività di coltivazione, dove sempre più spesso sono impiegati fertilizzanti inorganici per sostenere le produzioni delle colture praticate. In risposta a questo problema di gestione e di riutilizzo degli effluenti, linee guida e regolamenti incoraggiano migliori pratiche agricole, introdotte in molti paesi dell Unione Europea. Lo scopo di molti interventi è di focalizzare l attenzione sulla gestione degli effluenti e incoraggiare un approccio più studiato ed organizzato. E riconosciuto il valore agronomico degli effluenti in quanto questi possono apportare al suolo effetti positivi solo se introdotti in maniera adatta e previo opportuno trattamento. Si nota infatti, dove la zootecnia e la fertilizzazione organica sono state ridotte da tempo, una depauperamento del tenore di sostanza organica nei suoli con conseguente accelerazione dei processi erosivi e perdita di fertilità (Bassanino et al., 2006). Il sistema suolo presenta una capacità teorica di ricevere l effluente, ma non basta tenere sotto controllo questa variabile per risolvere il problema dell eccesso, ci sono altri fattori che devono essere osservati come le tempistiche e le modalità di applicazione (Provolo, 2005). La direttiva nitrati (91/676/CEE) orienta verso una migliore utilizzazione degli effluenti di allevamento perché il loro utilizzo non corretto ha come conseguenza l inquinamento del comparto suolo, acqua e aria (Morvant et al., 2001). La pratica della fertilizzazione dei terreni agricoli, effettuata attraverso l utilizzo degli effluenti provenienti dalle aziende zootecniche e delle piccole aziende agroalimentari, è oggetto di una specifica regolamentazione volta a salvaguardare le acque sotterranee e superficiali dall inquinamento causato, in primo luogo, dall azoto presente nei reflui. La direttiva nitrati ha dettato i principi fondamentali a cui si è uniformata la successiva normativa nazionale, ovvero il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152; il decreto ministeriale 7 aprile 2006 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. La Regione Lombardia ha integrato il programma di azione e le norme per l utilizzazione degli effluenti con la d.g.r. n. 8/5868/2007, aggiornando il recepimento della normativa europea e recependo la normativa nazionale. La direttiva prevede la designazione di Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola (ZVN), nelle quali è consentita la distribuzione degli effluenti degli allevamenti e delle piccole aziende agroalimentari, fino un limite massimo annuo di 170 kg di azoto per ettaro. 7

Inoltre è prevista la regolamentazione dell utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e dei reflui aziendali, con definizione dei Programmi d Azione, che stabiliscono le modalità con cui gli effluenti possono essere applicati al terreno. Questo porta ad una forte riduzione della possibilità di utilizzare gli effluenti, specialmente nelle zone vulnerabili, allo scopo di tutelare maggiormente l ambiente. Focalizzandoci sul sistema agroindustriale Lombardo, caratterizzato da una forte vocazione cerealicolo-zootecnica, l applicazione di questa direttiva va a colpire particolarmente quelle aree con un elevata vocazione zootecnica dove è presente un alta densità di capi allevati. Per molte aziende, recepire questi criteri non è facile. Per le situazioni caratterizzate da una bassa superficie disponibile rispetto al quantitativo di effluenti disponibili è necessario individuare soluzioni sostenibili non solo dal punto di vista ambientale, ma anche tecnico ed economico. Inquinamento ambientale La gestione dei reflui zootecnici è la fase finale del processo produttivo che porta, partendo da proteine vegetali, a quelle animali. Una corretta prassi consiste nel fornire agli animali alimenti derivati principalmente dalla coltivazione dei terreni (salvo una integrazione equivalente agli elementi nutritivi asportati con la vendita dei prodotti) e nell utilizzare gli effluenti in quantitativi corretti e con una tempistica opportuna in relazione alle colture praticate. La nutrizione animale infatti gioca un ruolo chiave nel controllo del flusso dei nutrienti nelle aziende zootecniche (Petersen et al., 2007). Gli allevamenti tuttavia presentano un elevata integrazione di alimenti acquistati all esterno dell azienda, portando ad un eccesso di effluenti, che in qualche maniera devono essere gestiti. Solo un certo quantitativo di questi svolgerà un ruolo fertilizzante mentre la quota non utilizzata dalle colture si trasferirà in aria e verso le acque. Alla quota di materiale organico si sommano i fertilizzanti minerali azotati e questo comporta un ulteriore fattore di allarme da tenere sotto controllo. Per quanto riguarda l inquinamento dell aria, l agricoltura contribuisce limitatamente all emissione di anidride carbonica. I settori che incidono maggiormente sull emissione di anidride carbonica sono infatti le industrie e processi che implicano combustione. Gli ossidi di azoto, tra cui il protossido, sono gas-serra e l'effetto di quest'ultimo è circa 296 volte quello dell anidride carbonica. L agricoltura contribuisce principalmente attraverso la denitrificazione, che si verifica nelle risaie sommerse e negli stoccaggi degli effluenti zootecnici. Anche il metano contribuisce ad aumentare l effetto serra e viene prodotto principalmente dal metabolismo animale, ma la quota prodotta dalla fermentazione degli effluenti nelle vasche di stoccaggio può assumere valori rilevanti. L acidificazione è un processo mediante il quale sostanze gassose di origine antropica o naturale, una volta emesse in atmosfera, si trasformano in acidi e alterano le caratteristiche chimiche degli ecosistemi (acquatici e terrestri). Acidificanti possono essere biossido di zolfo, gli ossidi di azoto e l ammoniaca che in atmosfera possono portare alla formazione di acido solforico e acido nitrico. L agricoltura contribuisce in maniera rilevante all emissione dell ammoniaca, infatti l urea presente negli effluenti zootecnici o quella distribuita come fertilizzante si trasforma rapidamente in ammoniaca. In relazione al ph, si instaura un equilibrio tra ammoniaca e ione ammonio che influenza il grado di volatilizzazione. 8

Un altro fenomeno molto importante è la lisciviazione dei nitrati. Che consiste nel trasporto dell azoto in forma di nitrato negli strati di suolo profondi, lo ione infatti non viene trattenuto dal suolo in quanto presenta carica negativa. La conversione da ammonio a nitrato è influenzata da molti fattori, tra i quali la temperatura e il tipo di suolo, che determinano l ammontare di nitrati che possono raggiungere l acqua di falda. Il fenomeno è più rilevante nei terreni sabbiosi o ricchi di scheletro, mentre suoli argillosi possono trattenere maggiormente l acqua per capillarità grazie ai pori più piccoli. Un effetto ambientalmente rilevante conseguente al rilascio di azoto e fosforo è l eutrofizzazione, ossia un arricchimento delle acque di sali nutritivi che provoca cambiamenti quali l aumento delle alghe e di piante acquatiche, l impoverimento delle risorse ittiche, la generale degradazione della qualità dell acqua e altri effetti che ne riducono o precludono l uso. I fattori di rischio di inquinamento più rilevanti da nitrati oltre all elevata concentrazione degli allevamenti e dal numero di capi allevati, possono essere prima di tutto uno squilibrato rapporto tra capi allevati, superfici disponibili per lo spandimento degli effluenti prodotti e la capacità di assorbimento di nutrienti da parte delle colture in atto. Calendari di distribuzione non coerenti con i periodi di maggiore fabbisogno di elementi nutritivi da parte delle colture possono causare emissioni di nutrienti nell ambiente. Anche per questo motivo è fondamentale un corretto dimensionamento dei contenitori per lo stoccaggio degli effluenti in modo da rispettare i periodi in cui non è possibile l applicazione al suolo. L uso molto diffuso dei sistemi di irrigazione per scorrimento superficiale e l andamento meteorico possono favorire il trasporto superficiale e la lisciviazione di nutrienti provenienti dal terreno, dagli effluenti di allevamento e anche dai fertilizzanti minerali. Normative sull uso agronomico degli effluenti di allevamento Le recenti normative introdotte a livello nazionale e regionale in applicazione della direttiva nitrati pongono la gestione dell azoto come elemento centrale della sostenibilità ambientale dell attività agricola. Uno dei limiti più significativi che derivano dalla Direttiva Nitrati (91/676/CEE), recepita a livello nazionale con il dlgs. 152/2006 e il DM del 4 aprile 2006, riguarda la quantità massima di azoto da effluenti di allevamento utilizzabile, che come detto, nelle zone vulnerabili viene fissata in 170 kg per ettaro e per anno. Parallelamente il decreto nazionale regolamenta l utilizzo dell azoto anche nelle zone non vulnerabili fissando il tetto di utilizzo di quello di origine zootecnica a 340 kg per ettaro e per anno. Inoltre, vengono poste limitazioni anche all utilizzo di concimi azotati che devono essere distribuiti in relazione alle esigenze delle colture e in vicinanza del momento di maggiore assorbimento da parte delle piante. I provvedimenti normativi sollecitano gli imprenditori agricoli ad affrontare una corretta gestione dell azoto al fine di limitare i rilasci verso l aria, per volatilizzazione dell ammoniaca, e verso le acque, per lisciviazione e ruscellamento dell azoto presente nel terreno e non utilizzato dalle colture. Queste perdite sono particolarmente elevate nella gestione degli effluenti di allevamento raggiungendo valori complessivi che possono superare l 85% dell azoto escreto dagli animali (figura 1). Indipendentemente dalla rispondenza alle normative, l aumento dell efficienza dell azoto zootecnico è un obiettivo che dovrebbe essere perseguito per due motivi principali. Il primo è che gestendo adeguatamente l azoto contenuto negli effluenti zootecnici si può risparmiare sull acquisto di concimi minerali. 9

emissioni di ammoniaca volatilizzazione 13 15 Azoto al campo 72 10-25 ESCRETO 100 20-35 UTILE 12-42 Lisciviazione/ ruscellamento Figura 1. L azoto contenuto negli effluenti viene solo parzialmente utilizzato dalle colture. Infatti, attraverso l attenta programmazione ed esecuzione della utilizzazione agronomica degli effluenti è possibile aumentare la quantità di azoto che viene utilizzato dalle colture, riducendo o annullando la necessità di integrazione minerale. Con una gestione attenta, si possono ridurre significativamente le perdite e migliorare l efficienza di utilizzazione. Aumentare del 10% la quota di azoto utilizzato significa risparmiare 1 centesimo di euro per litro di latte e 0,5 centesimi per chilogrammo di carne suina prodotta grazie alla riduzione dell acquisto e distribuzione di concimi azotati minerali. Il secondo motivo riguarda la necessità di garantire un apporto di azoto alle colture adeguato agli obiettivi di resa previsti. Infatti, la normativa prevede il contingentamento anche delle quantità di fertilizzanti minerali in base a un piano di concimazione. Inoltre stabilisce che l azoto contenuto deve essere considerato completamente utilizzato dalle piante, cioè che l efficienza sia pari al 100%, valore oggettivamente difficile da raggiungere. La poco attenta gestione dell azoto zootecnico non può quindi essere compensata da un aumento delle quantità di azoto minerale e può comportare una riduzione delle produzioni. Le tecniche per il contenimento delle perdite di azoto e per l aumento dell efficienza di utilizzo da parte delle colture sono ampiamente note e sono riconducibili alle Migliori Tecnologie Disponibili per la riduzione delle emissioni riportate anche nel D.M. 29-1-2007 che fornisce le linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per gli allevamenti. A esempio, la distribuzione raso terra con incorporazione entro le 4 ore consente di aumentare del 20% l azoto disponibile per le colture rispetto all utilizzo del carro spandiliquame con piatto deviatore. La scelta di un idonea epoca di distribuzione può incidere per un altro 15-20%. Limitare l esposizione all aria del liquame nelle zone di stabulazione e nelle vasche di stoccaggio può consentire una riduzione delle perdite del 10-15%. Anche se la riduzione dei rilasci di azoto è un elemento importante per le aziende zootecniche, la preoccupazione attuale riguarda in molti casi l adeguamento ai limiti normativi, soprattutto nelle zone vulnerabili. In particolare il vincolo dei 170 kg di azoto di origine zootecnica per ettaro colloca molte aziende in esubero e la densità zootecnica nelle aree vulnerabili non consente di rientrare nei carichi consentiti attraverso la pratica della distribuzione degli effluenti sui terreni di aziende non zootecniche limitrofe. 10

Scopo del lavoro Obiettivo di questo studio è fornire strumenti di programmazione e pianificazione territoriale per l adeguamento alla normativa, con beneficio per l ambiente, salvaguardando la competitività delle aziende agricole e degli allevamenti. Si ritiene però che questo adeguamento alla normativa, che dovrà essere graduale, debba essere affrontato con delle indicazioni chiare e condivise, con un ottica che si allarga spostando il fuoco dalla singola azienda, che rimane comunque l attore principale, al territorio. Infatti, l obiettivo di miglioramento ambientale sotteso da queste normative, non può essere ottenuto se non intervenendo in modo uniforme nell ambito di un territorio che deve estendersi a un livello sovracomunale. In questo senso, le iniziative mirate ad affrontare la gestione degli effluenti di allevamento a livello territoriale dovranno non solo essere favorite, ma anche sostenute e guidate. Il raggiungimento di questi obiettivi, cioè una riduzione dell impatto delle attività agricole sull ambiente, oltre a essere doveroso, può tradursi in una maggiore qualificazione dei prodotti agricoli e dell agricoltura stessa, nell esplicazione di quella multifunzionalità che la caratterizza, la valorizza e ne garantisce la sostenibilità, anche aldilà del prodotto primario. A questo scopo deve essere definita una strategia che coinvolga le aziende, gli enti locali e le amministrazioni pubbliche per mettere in atto una serie di interventi coordinati e combinati attraverso i quali permettere alle aziende zootecniche di individuare soluzioni economicamente compatibili. Gli interventi e le strategie da adottare devono essere individuate tenendo conto degli specifici contesti locali. E pertanto necessario approfondire la valutazione prendendo in considerazione la struttura delle aziende zootecniche e l uso del suolo in modo da poter valutare l effetto degli interventi e la loro incidenza economica sul sistema produttivo in modo da garantirne la sostenibilità. Il lavoro svolto ha analizzato la compatibilità ambientale delle aziende zootecniche lombarde e individuato le possibili soluzioni tecniche per la riduzione del carico azotato evidenziandone la fattibilità e i costi. Ciò ha consentito di mettere a punto dei modelli gestionali anche pluriaziendali la cui validità tecnica sia basata su conoscenze scientificamente validate. Inoltre, la metodologia messa a punto è stata applicata in alcune aree campione della Provincia di Lodi in modo da individuare le soluzioni proponibili e valutarne la fattibilità, anche dal punto di vista operativo. La ricerca si è posta, quindi, come obiettivo l individuazione di percorsi progettuali, che possano essere utilizzati per affrontare e risolvere la sostenibilità ambientale delle aziende zootecniche e che siano condivisibili dalla pubblica amministrazione e accettabili dall opinione pubblica. I principali risultati delle attività del progetto, sinteticamente riportati in questo quaderno, sono: Rapporto sullo stato della produzione di azoto di origine zootecnia in Lombardia contenente la carta delle criticità a livello lombardo in relazione ai carichi azotati e le possibilità di compensazione dei quantitativi di azoto in eccesso tra le diverse aree lombarde. Rapporto sulle tecniche di gestione degli effluenti di allevamento mirate al contenimento dell azoto al campo con particolare riferimento ai possibili trattamenti e alla loro applicabilità nelle aziende agricole o in impianti consortili. Linee guida per l individuazione di scenari di intervento per il riequilibrio dei carichi azotati in relazione alle caratteristiche del territorio e alla struttura delle aziende agricole. 11

Valutazione della compatibilità ambientale delle produzioni azotate di origine zootecnica Approccio metodologico La valutazione delle limitazioni all utilizzo degli effluenti di allevamento deriva essenzialmente dalla combinazione di due informazioni: la quantità di nutrienti prodotti dagli animali e la ricettività dei suoli, intesa sia come limitazioni introdotte dall applicazione della direttiva nitrati, sia come richiesta agronomica derivante dalle colture praticate. Infatti in una logica di sostenibilità, la somministrazione di quantità di elementi nutritivi superiore a quanto necessario alle colture si traduce in un eccesso di nutrienti che possono aumentare i rischi di rilascio verso l ambiente. Infatti, il principio sancito dalla normativa e dalla buona pratica agronomica è quello basato sul riporto della fertilità ai terreni, cioè del bilancio dei nutrienti in base alle asportazioni delle colture. Ne deriva la necessità, al fine di individuare le criticità del territorio regionale, di disporre delle informazioni riguardanti l uso agricolo del suolo in termini di superfici utilizzate e di tipologia di utilizzo con particolare riferimento alle colture praticate e le relative rese. A questo proposito sono stati utilizzati i dati presenti nell archivio del Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia (SIARL) dal quale è possibile individuare le colture che vengono praticate sul territorio. Al fine di definire le quantità di nutrienti prodotti dal comparto zootecnico, sono stati utilizzati i dati del citato archivio SIARL in cui sono contenute le informazioni relative alla consistenza degli allevamenti. Sulla base di questi dati e utilizzando i parametri di produzione e caratterizzazione degli effluenti previsti dalle normative vigenti, viene definita la copertura dei fabbisogni delle colture con gli effluenti di allevamento. E necessario però introdurre gli ulteriori vincoli introdotti dall applicazione della direttiva nitrati e da quanto previsto dal D.M. del 07/04/2006, che sono state recepiti dalla Regione Lombardia con la Dgr 8/5868 del 21 novembre 2007. A questo proposito, particolare rilevante è anche la ridefinizione delle zone vulnerabili ai sensi del d.lgs. 152/2006 da parte della Regione Lombardia (Dgr 8/3297 dell'11 ottobre 2006). La principale limitazione prevista dalla normativa riguarda i quantitativi massimi di azoto di origine zootecnica distribuibili sui terreni agricoli che risultano di 170 kg ha -1 anno -1 nelle zone vulnerabili e di 340 kg ha -1 anno -1 nelle zone non vulnerabili. In ogni caso, tale quantitativo deve essere considerato come valore medio aziendale. Inoltre, deve essere rispettato il principio del bilancio azotato che prevede un quantitativo di azoto calcolato sulla base delle asportazioni da parte delle colture e degli apporti di azoto da altre fonti, compreso quello derivante dalle acque meteoriche e dalla mineralizzazione della sostanza organica del terreno. L integrazione delle elaborazioni ottenute ha consentito poi di ottenere la compatibilità ambientale dell utilizzo degli effluenti di allevamento sul territorio lombardo. Tale valutazione, visto l obiettivo di ottenere un quadro a livello regionale, è stata effettuata su base comunale. Quantificazione delle produzioni di effluenti di allevamento Al fine di effettuare la quantificazione delle produzioni di azoto contenute negli effluenti sono stati utilizzati i dati forniti dal Sistema Informativo dell Agricoltura della Regione Lombardia (SIARL) alla data del 16 novembre 2007. Questa banca dati contiene le informazioni relative alla SAU aziendale e alla consistenza degli allevamenti in termini numerici suddiviso per specie e categoria di animali. 12

Per il calcolo della produzione di azoto sono stati attribuiti a ogni categoria di animale i valori di peso vivo e di produzione unitaria di azoto, sulla base di quanto riportato nel DM 209 del 07/04/2006. I dati ottenuti per le diverse categorie di animali sono stati raggruppati per comune e rappresentati cartograficamente. Analizzando i quantitativi di azoto prodotti dagli allevamenti zootecnici su base comunale (figura 2) si evidenziano le significative differenze nelle diverse aree della Regione. La stessa informazione riferita alla superficie agricola evidenzia come anche in comuni con limitata presenza zootecnica in aree montane risultano avere dei carichi di azoto al campo elevati (figura 3). Questo risultato può essere influenzato dalla base di dati utilizzata (SIARL) che non rappresenta in modo esaustivo alcune realtà e in particolare non sempre consente di riferire la consistenza zootecnica al territorio in cui si effettua l utilizzazione degli effluenti, che comprende anche il pascolo. Figura 2. Quantitativo di azoto al campo di origine zootecnica nei comuni lombardi. 13

Figura 3. Carichi di azoto al campo nei comuni lombardi in relazione alla superficie agricola utile. Quantificazione delle richieste azotate da parte delle colture agricole Le asportazioni considerate si riferiscono alle quantità di elementi nutritivi contenute nei prodotti delle coltivazioni praticate. Le asportazioni sono state stimate sulle rese medie delle colture, sui coefficienti di asportazione unitari e sulle superfici agricole utili investite con le singole colture. Le asportazioni delle colture e le rese medie sono state ottenute principalmente dai disciplinari di produzione della misura 2.6 (f) del PSR predisposti dalla Regione Lombardia. Dove necessario tali informazioni sono state integrate da altre fonti bibliografiche (Bonciarelli, 1980 e 1987; Baldoni e Giardini, 1982; Manuale di Agricoltura, 1997; Regione Lombardia, 2002; Tesi, 1987). La figura 4 riporta i fabbisogni azotati ottenuti su base comunale mentre la figura 5 mostra il fabbisogno di azoto per unità di superficie. Si evidenziano gli elevati valori nelle aree centrali della pianura centro-orientale coincidente con le zone in cui è più elevato il carico azotato, ma anche la presenza di zone nella pianura occidentale in cui a fronte di una limitata presenza zootecnica, si riscontra una elevata intensità agricola con i conseguenti rilevanti fabbisogni. 14

Figura 4. Fabbisogno di azoto nei comuni lombardi. Figura 5. Fabbisogno di azoto nei comuni lombardi in relazione alla superficie agricola utile. 15

Valutazione della compatibilità ambientale dei carichi zootecnici La compatibilità ambientale dell utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici richiede la considerazione di alcuni elementi di tipo agronomico e di aspetti normativi. Il termine al campo, su cui sono basate le limitazioni normative, viene utilizzato per definire l azoto contenuto negli effluenti di allevamento nel momento in cui viene prelevato dalle strutture di stoccaggio per essere trasportato in campo. Questo valore non tiene conto delle perdite di azoto che avvengono per volatilizzazione, al momento e successivamente alla distribuzione, e per ruscellamento e lisciviazione una volta incorporato nel terreno. Di fatto, quindi, per determinare il quantitativo di azoto che può essere realmente disponibile per le colture è necessario introdurre una valutazione dell efficienza dell azoto al campo. In realtà il termine efficienza in questo contesto assume il significato di quantitativo di azoto che viene assorbito dalle colture in relazione a quello apportato al campo. L efficienza è influenzata da molteplici fattori tra i quali i principali sono riconducibili all epoca e alle tecniche di distribuzione in relazione alla coltura praticata e alle caratteristiche dei terreni su cui vengono applicati gli effluenti. In una valutazione su base comunale diventa problematica la determinazione puntuale dell efficienza dell azoto e, in relazione all obiettivo dell analisi, si è ritenuto adeguata l utilizzazione di coefficienti medi di efficienza dell azoto. Tale scelta è supportata dalle indicazioni della d.g.r. n. 8/5868/2007 che prevede il raggiungimento di un valore di efficienza minima degli effluenti di allevamento, riportando valori di efficienza differenziati per tipologia di effluente, in relazione alla specie di produzione e alla tessitura del terreno su cui viene distribuito. Pertanto, ogni comune è stato caratterizzato da un valore di efficienza ottenuto come media ponderata dell efficienza commisurata alla produzione di azoto delle diverse specie allevate. E stato in questo modo possibile individuare un valore di azoto efficiente per comune che può essere confrontato con le asportazioni delle colture in un bilancio semplificato per comune. Su questa base è stato possibile ottenere una valutazione delle quantità di azoto di origine zootecnica utilizzabile rispettando i limiti sia normativi, sia agronomici. La differenza tra le quantità di azoto prodotte e quelle massime utilizzabili fornisce una valutazione sintetica della condizione del comune. I risultati sono stati riportati cartograficamente in termini sia di valori assoluti di azoto, sia riferito alla superficie agricola utile comunale. I risultati della valutazione della quantità di azoto efficiente per le colture in valore assoluto (figura 6) e rapportati alla SAU (figura 7) corrispondono sostanzialmente, in termini di distribuzione geografica, alle quantità prodotte. Valgono, anche in questo caso, le considerazioni sui carichi elevati in alcuni comuni di montagna, dovute probabilmente a una sottostima delle superfici disponibili. 16

Figura 6. Azoto di origine zootecnica efficiente per le colture in base ai valori medi obiettivo previsti dalla normativa. Figura 7. Quantità di azoto di origine zootecnica efficiente per le colture in relazione alla superficie agricola utile. 17

Le figure 8 e 9 rappresentano i comuni in cui si sono rilevate eccedenze nei quantitativi di azoto di origine zootecnica prodotti, in relazione ai limiti normativi e ai fabbisogni delle colture. Dal punto di vista dei valori assoluti, le zone più critiche risultano quelle della pianura bresciana e bergamasca. Anche i valori delle eccedenze rapportati alla superficie utile confermano la criticità di queste aree, ma evidenziano anche i comuni montani per la citata probabile sottostima delle superfici. Dalla figura 10, infine, è possibile evidenziare come la maggior parte dei comuni lombardi e, comunque, tutti quelli di pianura che presentano un eccesso di azoto di origine zootecnica, raggiungono i limiti normativi prima di soddisfare i fabbisogni delle colture. Questo risultato mette in evidenza che l applicazione della direttiva nitrati richiederebbe la riduzione dell azoto di origine zootecnica, ma questa riduzione dovrebbe essere compensata dall acquisto di significativi quantitativi di fertilizzanti azotati minerali. Figura 8. Eccedenze di azoto di origine zootecnica nei comuni lombardi. 18

Figura 9. Eccedenze di azoto di origine zootecnia rapportato alla superficie agricola utile. Figura 10. Classificazione dei comuni lombardi con eccedenze di azoto di origine zootecnica in relazione alla limitazione prevalente. 19

Possibilità di compensazione dei quantitativi di azoto in eccesso tra le diverse aree lombarde Sulla base dei risultati ottenuti è stata valutata l ipotesi di delocalizzare le eccedenze prodotte in alcune aree lombarde verso altre aree che, non avendo eccedenze strutturali, potrebbero avvantaggiarsi della distribuzione di un fertilizzante organico, anche in termini di mantenimento della sostanza organica nel terreno. A questo proposito si possono classificare i comuni lombardi in base alle eccedenze da una parte e la ricettività potenziale di azoto di origine zootecnica dall altra. I risultati di questa analisi sono riportati in figura 11 che evidenzia come ci sia l effettiva possibilità di questa compensazione tra zone. Figura 11. Comuni eccedentari e che potenzialmente possono equilibrare tali eccedenze. La figura 12 riporta le distanze che dovrebbero essere percorse per consentire una ipotetica gestione delle eccedenze in zone che presentano una ricettività di azoto zootecnico. Come si può notare le distanze a cui sarebbe necessario trasportare gli effluenti sono relativamente elevate superando i 60 km in linea d aria, per le aree con maggiori eccedenze della pianura bresciana. E necessario sottolineare che questa valutazione è puramente teorica in quanto la ricettività da parte delle aziende non è automatica e la valutazione prevede ottimisticamente una disponibilità completa delle superfici comunali. Inoltre, un elemento di attenzione deriva dalla attuale designazione delle zone vulnerabili che potrebbe subire delle modifiche nelle revisioni periodiche previste dalla direttiva nitrati. Per questo motivo non sembra opportuno aumentare il carico di azoto di origine zootecnica nelle aree che sono 20

già sotto osservazione, come alcune aree del cremonese e del lodigiano, in cui il carico zootecnico è già elevato. Per questo motivo si potrebbe ipotizzare un trasporto in aree con basso carico zootecnico, come le zone non zootecniche della provincia si Milano e Pavia. Anche in questo caso, oltre all aspetto puramente economico e gestionale da non sottovalutare, sarebbe necessario valutare attentamente le conseguenze ambientali soprattutto a lungo termine che ne potrebbero derivare, come a esempio, il possibile accumulo di fosforo e metalli pesanti. Per questo motivo, non si ritiene che una delocalizzazione possa essere l unica soluzione alla problematica, anche se può essere validamente associata ad altre tecniche di trattamento degli effluenti, come verrà meglio dettagliato successivamente. Figura 12. Distanza media di trasporto degli effluenti dai comuni eccedentari per raggiungere le zone dove è possibile distribuire le eccedenze. 21

Tecniche di gestione e trattamento degli effluenti di allevamento Obiettivo di questa fase è l individuazione di soluzioni tecnologiche che consentano di affrontare l adeguamento alle normative mantenendo la sostenibilità anche economica delle aziende. Si tratta, in altri termini, di valutare i possibili interventi modulandoli nelle diverse aree e condizioni aziendali sulla base dell entità degli esuberi di azoto. Le soluzioni possono essere di tipo gestionale, nelle zone dove la ridistribuzione degli effluenti sul territorio può essere sufficiente a riequilibrare i carichi di azoto. Dove ciò non risulta possibile è necessario prevedere l introduzione di tecnologie per la rimozione dell azoto. In ogni caso, l introduzione di soluzioni impiantistiche va attentamente valutata e orientata anche verso sistemi di gestione consortile e soluzioni di recupero energetico al fine di ridurne i costi di gestione. In termini generali e senza la pretesa di individuare soluzioni che possano essere adatte alle diverse aree e alle variegate situazioni aziendali, si possono individuare alcuni modelli gestionali differenziati in base all esubero di azoto rispetto ai limiti normativi, fermo restando che l utilizzo di terreni in convenzione è la soluzione più sostenibile se le distanze da percorrere sono contenute. Una soluzione per aziende che hanno eccedenze di azoto limitate (<30% del totale prodotto) può essere quella di effettuare una separazione dei solidi e trasporto del palabile in altra area. In questo caso, il volume contenuto e la maggior facilità di trasporto consente di rendere sostenibile la soluzione anche con distanze decisamente più elevate (100-150 km). Quando la quantità di azoto in esubero rispetto ai limiti normativi supera il 30% sembra inevitabile ricorrere a un trattamento più o meno energico di rimozione dell azoto. Le tecniche utilizzabili a questo fine possono essere suddivise in due grandi categorie in relazione al metodo di rimozione dell azoto: conservazione o dispersione. Alcuni trattamenti infatti consentono di conservare l azoto e trasformarlo in un prodotto minerale che potrebbe essere utilizzato come fertilizzante o dall industria chimica. Altre tecniche prevedono la riduzione dell azoto presente nelle deiezioni alla forma molecolare, gas inerte che compone per circa il 78% l aria che respiriamo. L individuazione delle soluzioni tecnologiche da adottare deve avvenire in modo da rispondere alle esigenze delle singole aziende inserite nel loro contesto territoriale. In ogni caso, nella valutazione delle alternative è indispensabile tener conto delle caratteristiche e delle prestazioni delle diverse tecniche. Le principali tecniche possono essere ricondotte alla separazione solido-liquido e alla rimozione dell azoto per via biologica o fisico-chimica. La produzione di energia mediante il recupero del biogas risulta un interessante tecnica complementare anche dal punto di vista dei benefici ambientali. Vengono di seguito riportate alcune indicazioni su queste tecniche, rimandando, per una più dettagliata descrizione al Quaderno della Ricerca n. 93/2008 Gestione e riduzione dell azoto di origine zootecnica: Soluzioni tecnologiche e impiantistiche realizzato in collaborazione con ERSAF che raccoglie la descrizione delle diverse tecnologie impiegabili per la gestione degli effluenti e a cui sono abbinate delle schede informative su web scaricabili dal Portale Nitrati di ERSAF (http://www.ersaf.lombardia.it/upload/nitrati/02_00_presentazione.html). 22

Separazione solido liquido. Nei liquami zootecnici le sostanze minerali e organiche sono in parte disciolte e in parte sospese. La componente sospesa è costituita da particelle con diversa granulometria. Il trattamento di separazione solido-liquido adotta tecniche per la rimozione di queste particelle in modo da rendere la componente liquida più facile da gestire, con minore formazione di odori e riduzione della formazione di sedimenti o crostoni nelle vasche di stoccaggio (figura 13). La componente separata è palabile con un contenuto in solidi dell ordine del 20-40%. Come detto, può essere trasportata in modo più agevole e distribuita sui terreni con un minor rischio ambientale rispetto ai liquami. Infatti, in questa frazione si concentra la maggior parte della sostanza organica. Di conseguenza anche l azoto è presente principalmente in forma organica (60-80% dell azoto totale). Il separato ha quindi caratteristiche ammendanti che lo rendono particolarmente adatto alle fertilizzazioni prima delle lavorazioni principali del terreno e utile per i terreni poveri di sostanza organica. Figura 13. Separatore solido-liquido a vite elicoidale. Le tipologie di separatori in commercio sono finalizzate al trattamento del liquame grezzo per migliorare la gestione dell effluente. Sono sistemi meccanici che si basano, essenzialmente, sullo stesso principio: separare le particelle di dimensione superiore mediante il passaggio del liquame attraverso una superficie grigliata o forata. Le dimensioni dei fori o delle aperture definisce il grado di separazione che si ottiene. In genere questo è un compromesso tra la portata delle attrezzature, il rischio di intasamento e una buona efficienza di separazione. La quantità di frazione palabile (figura 14) che si ottiene non deve essere confusa con l efficienza di separazione che rappresenta il rapporto tra la frazione di solidi, azoto, fosforo che viene separata e quella contenuta nel liquame in ingresso al trattamento. A parità di efficienza di separazione, i volumi di palabile possono variare notevolmente in relazione al contenuto in acqua del separato. Contenuto di solidi nel palabile palabile prodotto 100 m 3 di liquame 5% di solidi Efficienza di separazione dei solidi 30% 20% 30% 45% 7,5 t 5,0 t 3,3 t Figura 14. Frazione palabile ottenibile attraverso la separazione solido-liquido di effluenti di allevamento. 23

L efficienza di separazione di tre tipologie di attrezzature è riportata in tabella 1, i dati riportati sono orientativi e possono variare notevolmente in relazione tipologia alle caratteristiche dell effluente che viene avviato al trattamento. I liquami bovini hanno in genere un contenuto di solidi e una frazione di azoto organico più elevati. La riduzione di volume dei liquidi che si ottiene è in genere modesta. Può diventare significativa (>10%) solo nel caso si utilizzi del liquame bovino con un contenuto di solidi rilevante (>5%). La separazione ottenuta con queste attrezzature può essere utilizzata vantaggiosamente per motivi gestionali, ma non modifica il problema delle eccedenze di azoto prodotto se non di entità particolarmente contenute. Per ottenere una separazione più efficiente dell azoto è possibile utilizzare altre tipologie di separatori (centrifughe, nastro presse, flottatori, sedimentatori) che, grazie anche all uso di additivi e di uso combinato di diverse attrezzature, possono consentire di separare fino al 25-30% dell azoto contenuto nei liquami prodotti. Tipo di separatore Vagli cilindrico elicoidale Tabella 1. Efficienza di tre tipologie di separatore. Efficienza di separazione (%) solidi 20-25 28-40 35-48 N 4-7 8-15 6-16 P 8-12 30-42 28-42 costo m -3 0,2-0,4 0,6-1,2 0,6-1,2 Rimozione biologica dell azoto con rilascio in aria di azoto in forma molecolare È l unico sistema che consente di ridurre l azoto senza doverlo ulteriormente gestire. A questa tipologia appartengono diverse tecnologie che hanno in comune alcuni elementi e la modalità di riduzione dell azoto che viene portato alla forma molecolare e liberato in aria. Questo risultato viene ottenuto mediante due fasi: ossidazione dell azoto in ambiente aerobico; successiva denitrificazione in ambiente anossico (assenza di ossigeno disciolto). Il risultato di questo trattamento è una degradazione della sostanza organica che viene ossidata con la conseguente riduzione degli odori e la rimozione dell azoto che può raggiungere rendimenti anche elevati, liberando in atmosfera fino al 70-80% dell azoto in ingresso all impianto. Il trattamento vero e proprio viene spesso, ma non necessariamente, preceduto dalla separazione dei solidi e seguito dalla rimozione della biomassa in eccesso in uscita dall impianto (fanghi di supero). Inoltre viene in alcuni casi prevista la rimozione del fosforo mediante precipitazione e sedimentazione. L obiettivo del trattamento va dalla semplice riduzione del carico organico e azotato alla depurazione completa con scarico in acque superficiali. Una interessante applicazione di questa tecnologia è costituita dai reattori SBR (Sequencing Batch Reactors). Questi sistemi di trattamento biologico a flusso discontinuo sono costituiti generalmente da uno o due bacini in cui hanno luogo i processi di ossidazione biologica e di sedimentazione. Le fasi del processo sono condotte in tempi diversi, variando ciclicamente le condizioni operative dell impianto. 24

La soluzione più semplificata consiste nell alternare periodi di aereazione con periodi di stasi in una vasca dove viene convogliato il liquame tal quale. La produzione di fanghi è limitata perché il processo non è particolarmente spinto e fuoriescono con l effluente (figura 15). N 2 dall allevamento vasca di nitrificazionedenitrificazione allo stoccaggio soffiante sommersa con funzionamento discontinuo Figura 15. Schema di un impianto semplificato di riduzione biologica dell azoto. La soluzione più articolata, prevede, oltre al separatore dei solidi grossolani, una fase di sedimentazione dell effluente in modo da consentire un ricircolo dei fanghi biologici con il conseguente aumento della loro concentrazione nella vasca di trattamento. L effettuazione dell areazione in vasca separata rispetto alla fase anossica consente di ottenere efficienze di rimozione più elevate a fronte di una significativa complicazione impiantistica e maggior difficoltà di gestione (figure 16 e 17). N 2 dall allevamento separatore vasca di denitrificazione vasca di ossidazione sedimentatore allo stoccaggio chiarificato palabile ricircolo nitrati Allo stoccaggio o disidratazione ricircolo fanghi fanghi di supero Figura 16. Schema di un impianto per la rimozione biologica dell azoto mediante nitrificazione-denitrificazione in vasche separate. Figura 17. Vasca di ossidazione di un impianto per la rimozione biologica dell azoto. 25

Questa tipologia di trattamento è adatta per le aziende che non trovano altre soluzioni alla gestione delle eccedenze azotate. I costi elevati di investimento e di gestione rendono questi impianti molto onerosi e la loro scelta deve essere valutata in modo oculato e con un supporto tecnico qualificato. Estrazione di azoto in forma minerale Nelle tecniche conservative l azoto e il fosforo vengono separati e concentrati in un prodotto che può essere facilmente trasportato e utilizzato al di fuori dell azienda. L azoto negli effluenti è presente in forma organica (20-60%) e ammoniacale (40-80%). La frazione organica viene naturalmente degradata e tende, quindi a trasformarsi nella frazione ammoniacale non rimovibile con i normali sistemi di separazione. L estrazione dell azoto in una forma concentrata e riutilizzabile come concime minerale ha tre alternative: estrazione dell ammonica come gas e successiva concentrazione come solfato ammonico liquido; precipitazione come sale ammonico; concentrazione mediante osmosi inversa. Queste tecniche sono consolidate dal punto di vista del processo in quanto ampiamente utilizzate in altri settori, e sono commercializzate da alcune ditte, ma non sono ancora state pienamente sperimentate per il trattamento degli effluenti di allevamento. Un elemento comune è la preventiva separazione spinta dei solidi da effettuare prima del trattamento di estrazione. Questo produce una significativa quantità di materiale palabile che contiene il 20-35% dell azoto degli effluenti in ingresso. Il ruolo del biogas Gli impianti di digestione anaerobica con produzione di biogas anche se non hanno effetto sul contenuto di azoto dei liquami possono fornire un importante contributo nella gestione degli effluenti di allevamento. Un primo aspetto riguarda le trasformazioni che avvengono in questo impianto che comportano una mineralizzazione dell azoto che si trova, al termine della digestione, prevalentemente in forma ammoniacale. Inoltre, i liquami risultano stabilizzati e la formazione di odori notevolmente ridotta. Quindi, viene agevolata la gestione degli effluenti e favorita l utilizzazione dell azoto. Un secondo aspetto è relativo alla possibilità di utilizzare l energia termica ed elettrica, prodotta da un cogeneratore azionato dal biogas prodotto, per il trattamento di rimozione dell azoto. Questo può comportare una riduzione dei costi del trattamento stesso. Pertanto, l utilizzo di impianti combinati per la rimozione dell azoto e la produzione di energia possono fornire un interessante soluzione anche se la loro adozione deve essere attentamente valutata sia per l impegno tecnico della gestione dell impianto, sia dal punto vista economico. 26

Scenari di intervento per il riequilibrio dei carichi azotati Le strategie di intervento hanno come scopo di migliorare la gestione degli effluenti attraverso soluzioni che variano dalla ridistribuzione degli effluenti all adozione di tecniche di trattamento che mirano al contenimento dell azoto e a rendere maggiormente gestibile il refluo. Molte tecniche esaminate, sono ben collaudate ma applicate solo in modo individuale, senza affrontare la tematica in modo integrato e territoriale. Queste strategie devono essere adottate ed applicate tenendo conto degli specifici contesti locali per massimizzare la loro efficacia e permettere cosi una loro effettiva utilizzazione. Questo comporta un analisi approfondita della struttura delle aziende zootecniche e delle caratteristiche dei terreni in modo da poter valutare l effetto degli interventi e la loro incidenza economica sul sistema produttivo, e per valutarne la sostenibilità. Questa attività, collegata alla valutazione ambientale trattata con l analisi multicriteria, permette di fornire un contributo alle problematiche in modo organico e condiviso, con un approccio territoriale e non individuale. Approccio metodologico L attività ha previsto un esame delle aziende zootecniche mettendo a fuoco le caratteristiche strutturali e gestionali, con attenzione alla produzione di effluenti e la loro utilizzazione agronomica. Le fonti utilizzate sono rappresentate dai Piani di Utilizzazione Agronomica, SIARL (Sistema Informativo Agricolo Regione Lombardia), e del SIT TeRESA (Sistema Informativo Territoriale Agricolo della Provincia di Lodi) descritto da Riva et al. (2009). Parallelamente sono state esaminate le strategie di trattamento che possono essere applicate ai reflui zootecnici per ridurre il quantitativo di elementi nutritivi e umidità presenti e migliorare la gestione dei reflui. E stato in seguito definito il percorso logico per combinare gli elementi a disposizione al fine di ottenere il modello gestionale di simulazione (figura 18). La metodologia utilizzata per le simulazioni si basa sul confronto tra il carico di azoto di origine animale esistente sul territorio e i quantitativi massimi ammessi dalla normativa. Dati aziendali (produzione N, superfici, bilancio N) Dati territoriali (ricettività terreni potenziale terreni, appartenenza alle aziende) Banca dati trattamenti Strategia di trattamento (scelta del trattamento in base a eccedenze e dimensione) Strategia di disponibilità terreni (in funzione di rischio ambientale, appartenenza, ricettività) Indicatori Distanze aziende-terreni Azoto distribuibile su terreni delle aziende zootecniche Azoto distribuibile su terreni di altre aziende Costi distribuzione Costi trasporto Costi trattamento Eccedenze azotate Figura 18. Schema del modello realizzato per valutazione delle soluzioni gestionali. 27