UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO. Facoltà di medicina e chirurgia. Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di medicina e chirurgia Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria MORFOLOGIA DEI TESSUTI MOLLI PERIMPLANTARI NELLE EDENTULIE MULTIPLE LATERO-POSTERIORI CON L UTILIZZO DI IMPIANTI A CONNESSIONE CONICA: STUDIO PROSPETTICO Relatore: Chiar.mo Prof. Matteo Chiapasco Correlatore: Dott. Alessandro Rossi Tesi di Laurea di: PIERO LAZZARI Anno Accademico 2009-2010

RIASSUNTO L inserimento di impianti adiacenti nelle zone estetiche comporta, spesso, la perdita del picco osseo interimplantare con deficit dei tessuti molli. Scopo di questo lavoro è valutare se l uso di impianti con platform switching e connessione conica possa preservare il riassorbimento interimplantare con conseguente stabilizzazione dei tessuti molli. INTRODUZIONE L utilizzo di impianti osteointegrati nelle riabilitazioni protesiche si è dimostrata una metodica predicibile con risultati soddisfacenti nel breve e lungo periodo 1. In un primo momento l inserimento implantare era limitato esclusivamente al trattamento di edentulie complete. Successivamente si è iniziato ad utilizzare impianti anche per risolvere quadri di edentulie intercalate e di monoedentulie, sia nei settori posteriori sia nelle zone estetiche 2. Da un analisi della letteratura 3 emerge, però, come la stragrande maggioranza dei clinici sconsigli l utilizzo di impianti adiacenti nelle aree ad alta valenza estetica dal momento che ciò comporta, spesso, deficit a livello dei tessuti molli con perdita dell armonia delle papille, conseguenze estetiche, fonetiche e accumulo di residui alimentari nello spazio interprossimale. Principale responsabile nella creazione di tali deficit sembra essere l alterazione del profilo crestale osseo. In particolare, sembra che quando impianti adiacenti vengono posizionati a distanze superiori a 3 mm si ha la preservazione del picco osseo interimplantare. Al contrario, quando la distanza è inferiore a 3 mm si riscontra una riassorbimento del picco osseo e un aumentato rischio che si formino inestetici black hole. Bisogna tuttavia sottolineare come i maggiori lavori scientifici a riguardo traggano delle conclusioni relative all uso di impianti con una connessione di tipo flat to flat la quale, sottoposta ai carichi masticatori, comporta spesso la formazione di un microgap che agisce come sede preferenziale per la localizzazione batterica. Inoltre, il tipo di connessione influenza anche l andamento dei picchi di stress legati al carico occlusale con conseguenti ripercussioni a livello osseo. Per far fronte a queste problematiche, verso la fine degli anni novanta, è stata proposta una connessione di tipo conico la quale, oltre a minimizzare e talvolta azzerare le dimensioni del microgap, sembra amplificare la distribuzione degli stress masticatori su un area maggiore e, in definitiva, ridurre l entità del riassorbimento osseo marginale 8. La connessione conica è spesso associata ad un altro concetto, quello di platform switching, che implica la riduzione del diametro dell abutment rispetto alla piattaforma implantare al fine di allontanare il gap della connessione implanto-protesica dal tessuto osseo peri-implantare preservandone il riassorbimento. Obiettivo di questo studio è valutare, in maniera prospettica, come viene influenzato il riassorbimento osseo interimplantare quando si posizionano impianti a connessione conica con platform switching a distanze minori e maggiori di 3 mm. MATERIALI E METODI Nel periodo compreso fra il gennaio 2007 ed il dicembre 2009 sono stati selezionati 32 pazienti (16 maschi e 16 femmine) di età compresa tra 38 e 74 anni (media: 59.8 anni) affetti da edentulie nei settori latero-posteriori. Tutti i pazienti al momento dell intervento chirurgico godevano di buone condizioni di salute generale e nessuno presentava infiammazioni locali o patologie delle mucose orali. I criteri di inclusione hanno previsto l assenza di almeno due elementi contigui nei

settori latero-posteriori e di deficit ossei verticali e orizzontali. I criteri di esclusione, al contrario, prevedevano di scartare dallo studio pazienti forti fumatori, pazienti con patologie sistemiche non compensate e pazienti che necessitavano di tecniche ricostruttive o rigenerative. Prima di procedere all esecuzione dell intervento chirurgico è stata richiesta una dettagliata documentazione pre-operatoria sia clinica (modelli studio, ceratura diagnostica e mascherina chirurgica) che radiografica (radiografie endorali, ortopantomografia e, se necessario, tomografia computerizzata) al fine di pianificare correttamente il trattamento. Il protocollo chirurgico utilizzato è stato quello standard, con impianti inseriti in maniera convenzionale e previo sollevamento di lembo chirurgico. Sono stati valutati i seguenti parametri: 0. presenza della papilla interimplantare (indice di Jemt, 1997): la papilla è stata considerata presente quando occupava l intero spazio prossimale e coincideva con il valore 3 della classificazione di Jemt; 1. indici parodontali (indici di Mombelli, 1987); 2. riassorbimento osseo interimplantare misurato a 6, 12 e 24 mesi dal carico protesico; 3. percentuale di successo (criteri di Albrektsson, 1986) e di sopravvivenza degli impianti inseriti; 4. IID (Implant - Implant Distance): distanza interimplantare misurata a livello della spalla implantare di ciascun impianto; 5. CPB (Contact Point - Bone distance): distanza fra il punto di contatto delle corone protesiche e il centro della cresta ossea nello spazio interimplantare. Nei casi in cui le corone erano in rapporto tra di loro tramite una superficie di contatto si è considerato come punto di repere, ai fini della valutazione, il punto più apicale della superficie stessa; Per le misurazioni effettuate a livello delle radiografie endorali (riassorbimento osseo, IID e CPB) è stato utilizzato un software (Image-J - Microsoft) in grado di eseguire misurazioni lineari su immagini digitali. Nel complesso sono stati inseriti 89 impianti (AstraTech, AB Monlal, Svezia) seguiti per un follow up medio di 17.8 mesi e sono state valutate 49 papille interimplantari (di cui 24 fra impianti con distanze 3 mm e 25 fra impianti con distanze >3 mm).

RISULTATI 1. Indici parodontali In merito ai valori degli indici parodontali si è riscontrato per la placca e il sanguinamento una prevalenza di score 0, mentre per la profondità di sondaggio una prevalenza di valori compresi tra 1 e 3 mm (grafici 1, 2, 3). Grafico 1: Profondità di sondaggio Grafico 2: Indice di sanguinamento Grafico 3: Indice di placca

2. Riassorbimento osseo interimplantare Analizzando le medie dei valori di riassorbimento per spazi interimplantari rispettivamente minori (gruppo A) e maggiori (gruppo B) di 3 mm si sono riscontrati per il primo gruppo valori medi compresi in un range fra -0.33 mm e -0.77 mm (considerando i vari periodi di follow up) per una media complessiva di -0.44 mm (SD = 0.21) e per il secondo compresi fra -0.28 mm e -0.80 mm, per una media di -0.45 mm (SD = 0.17) (tabella 1). Non sono risultate esservi differenze statisticamente significative (T Student = 0.081 e P < 0.01). IID 3 mm IID > 3 mm Range -0.33 / -0.77-0.28 / -0.80 Media -0.44-0.45 SD 0.21 0.17 Tabella 1: valori medi di riassorbimento per entrambi i gruppi. 3. Successo e sopravvivenza La percentuale di successo degli impianti inseriti è stata del 97.76%, mentre quella di sopravvivenza del 100%. 4. IID (Implant - Implant Distance) Dalle misurazioni raccolte in merito alle distanze interimplantari (IID) è emerso un valore medio di 2.5 mm (SD = 0.57) per il gruppo con IID 3 mm (gruppo A) e di 3.9 mm (SD = 1.2) per il gruppo con IID > 3 mm (gruppo B). Nell ambito del gruppo con distanze IID 3 mm la completa formazione della papilla si è riscontrata in 8 pazienti corrispondenti al 33.3% dei casi. Viceversa, per valori di IID > 3 mm si è riscontrata la completa formazione nel 28% dei casi. Tale correlazione non è risultata essere statisticamente significativa (χ² =1,65 e P<0.05) (tabella 2). Prendendo in considerazione, invece, la totalità delle misurazioni effettuate nell ambito di entrambi i gruppi, la completa formazione della papilla si è avuta nel 31% dei casi.

IID 3 IID > 3 TOT Jemt 0 2 0 2 Jemt 1 7 8 15 Jemt 2 7 10 17 Jemt 3 8 7 15 Jemt 4 0 0 0 TOT 24 25 49 Tabella 2: relazione tra IID e presenza della papilla valutata con l indice di Jemt. 5. CPB (Contact Point - Bone distance) In relazione alle distanze verticali fra il punto di contatto e la cresta ossea (CPB) la presenza o meno di tessuti molli che occludano interamente lo spazio prossimale è stata valutata suddividendo le misurazioni raccolte in piccoli gruppi con valori differenti. Osservando i dati (tabella 3) si nota che fra i gruppi con valori inferiori ai 4.5 mm si ha una sostanziale somiglianza in relazione alla distribuzione delle papille con indice 3 di Jemt e lo stesso vale per i gruppi con valori superiori ai 4.5 mm. Sulla base di tali considerazioni, si è deciso di raggruppare i vari gruppi in due macrogruppi di dimensioni maggiori, al fine di semplificarne la valutazione e per trarne delle conclusioni più chiare ed esplicative. La formazione della papilla si è riscontrata in 14 casi, pari a oltre la metà del campione (64%), quando sono stati analizzati valori di CPB compresi fra 3.0 e 4.5 mm e in solo 2 casi, pari al 7%, per valori di CPB>4.5 mm. La differenza fra le due serie di dati risulta, in questo caso, statisticamente significativa (χ² =16 e P<0,05). 3-4.5 mm >4.5 mm 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5 5-6 6-7 > 7 TOT Jemt 0 0 0 0 0 1 1 0 2 Jemt 1 2 0 2 3 2 1 4 14 Jemt 2 1 2 1 2 5 3 3 17 Jemt 3 6 3 5 1 0 1 0 16 4 Jemt 0 0 0 0 0 0 0 0 TOT 9 5 8 6 8 6 7 49 22 27 Tabella 3: relazione tra CPB e presenza della papilla valutata con l indice di Jemt. Correlazione IID - CPB

Dopo essere stati analizzati singolarmente, i rispettivi parametri IID e CPB sono stati messi in relazione fra di loro per vedere se il rispetto di determinate distanze, sia orizzontali che verticali possa, di fatto, essere utile al fine di permettere la formazione della papilla con buoni livelli di predicibilità. In particolare, sono stati messi in relazione tutti i valori di IID e CPB per i quali si sia riscontrata la formazione di una papilla classificata come 3 secondo l indice di Jemt. Sebbene il campione non sia numericamente sufficiente per poter parlare di dati che abbiano una certa rilevanza statistica, dalla tabella 4 si nota come il maggior numero di papille si sia formato con valori di IID inferiori a 3 mm e di CPB compresi fra 3 e 3.5 mm. IID CPB 3-3,5 3,5-4 4-4,5 4,5-5 5-6 6-7 >7 3 4 2 2 0 0 0 0 >3 2 1 3 1 0 1 0 Tabella 4: rapporto fra i valori di IID e CPB in relazione alle papille con indice 3 di Jemt. DISCUSSIONE Come già anticipato, lo studio pubblicato da Tarnow e coll. 3 nel 2000, nel quale viene valutato il riassorbimento osseo interimplantare fra impianti privi di platform switching sostiene, sulla base dei risultati ottenuti in termini di riassorbimento, la necessità di posizionare impianti a distanze superiori a 3 mm l uno dall altro. Dai suoi dati emerge, infatti, come la perdita ossea crestale in sede interimplantare sia mediamente di 1.04 mm quando misurata per valori di IID 3 mm e di 0.45 mm quando si prendono in considerazione distanze IID > 3 mm. Nel nostro studio, invece, prendendo in considerazione le stesse distanze valutate da Tarnow e osservando i riassorbimenti dei due gruppi, si riscontrano valori (gruppo A = -0.44 mm e gruppo B = -0.45 mm) privi di una differenza statisticamente significativa. Del resto, in uno lavoro recentissimo dello stesso Tarnow e coll. 4, è stato valutato nuovamente il riassorbimento interimplantare fra impianti posizionati a distanze minori di 3 mm ma, in questo caso, gli impianti erano dotati di platform switching. I dati raccolti evidenziano valori di riassorbimento medio di 0.62 mm che si avvicinano maggiormente a quelli riscontrati nel nostro studio, piuttosto che a quelli del suo primo trial clinico. Sulla base di queste premesse ci si dovrebbe aspettare, quindi, una simile distribuzione di papille neoformate sia per distanze superiori a 3 mm, sia per distanze inferiori. Difatti, dai dati raccolti si è riscontrata la formazione di una papilla completa nel 33% dei casi per distanze IID 3 mm e nel 28% dei casi per IID > 3 mm. In definitiva, con le cautele del caso dovute alla bassa rappresentatività del campione, questi risultati sembrano dimostrare come l utilizzo di impianti a connessione conica e platform switching, pur riducendo i livelli di riassorbimento osseo, non consenta di avere tessuti molli interimplantari stabili in maniera predicibile. La riduzione dei livelli di riassorbimento osseo dovrebbe, infatti, garantire la formazione dei tessuti molli nella maggior parte dei casi ma il fatto che tale evento si sia riscontrato solo nel 31% del campione esaminato sottintende la necessità di valutare anche altri parametri come potenzialmente responsabili nell influenzare la formazione, o meno, della papilla in aree interimplantari. Un altro fattore da prendere in considerazione è, in questo senso, la distanza verticale che intercorre fra il punto di contatto delle corone protesiche e la cresta ossea (CPB).

Da uno studio di Tarnow e coll. 5 del 2003, in cui è stata valutata l altezza della papilla interimplantare su un campione di 136 papille, è emersa un altezza media del tessuto molle neoformatosi di 3.4 mm e nel 72.8% dei casi si sono riscontrati valori compresi tra 3 e 4 mm. Dai dati del nostro studio si riscontra come il maggior numero di papille si sia formato per valori di CPB compresi fra 3 e 4.5 mm. In particolare, a questi valori è possibile associare la formazione dell 87.5% di tutte le papille interamente formatesi nei pazienti presi in esame dallo studio. Anche Noaves e coll. 6 in uno studio in cui è stato valutato l effetto delle varie distanze ai fini della formazione della papilla interimplantare, sostengono la necessità di mantenere distanze tra punto di contatto e cresta ossea inferiori ai 5 mm. Gastaldo e coll. 7, allo stesso modo, hanno riscontrato come valori compresi tra 3 e 4 mm si associno ad una maggior frequenza di riscontrare la papilla interimplantare. In definitiva, sebbene dai nostri dati emerga con chiarezza la difficoltà di mantenere o creare la papilla fra due impianti adiacenti, è anche vero che il rispetto di valori di CPB compresi in un range fra 3 e 4.5 mm aumenta, verosimilmente, la probabilità che questo evento si verifichi. CONCLUSIONI Obiettivo di questo studio, condotto su impianti adiacenti posizionati nelle zone lateroposteriori, era quello di valutare l entità del riassorbimento associato ad impianti con connessione conica e, in aggiunta, il comportamento dei tessuti molli interimplantari corrispondenti, al fine di valutare la possibilità di utilizzare impianti adiacenti anche nei settori estetici. In virtù dei risultati ottenuti (31% di papille neoformatesi) si può sostenere la necessità di utilizzare molta cautela. E di fondamentale importanza, inoltre, l interazione tra la pianificazione protesica e quella chirurgica al fine di migliorare la predicibilità estetica delle riabilitazioni implanto-protesiche. Nell ambito delle distanze orizzontali (IID) da questo studio emerge che non esistono differenze statisticamente significative (P<0.01) fra il riassorbimento osseo interimplantare quando si posizionano impianti a distanze IID maggiori o minori di 3 mm. Si può, quindi, pensare agli impianti a connessione conica e con platform switching come a un valido strumento da utilizzare per minimizzare i fisiologici livelli di perdita ossea successivi all inserimento della fixture implantare e per aumentare, quindi, la predicibilità del risultato estetico finale. Di seguito vengono riportati alcuni casi esplicativi relativi alle misurazioni effettuate nell ambito del gruppo con valori di IID 3 mm (gruppo A) e IID > 3 mm (gruppo B). GRUPPO A (IID 3 mm) Paziente 1

Paziente 2 Paziente 3 Paziente 4 Paziente 5 Paziente 1 GRUPPO B (IID > 3 mm) Paziente 2

Paziente 3 Paziente 4 Paziente 5 BIBLIOGRAFIA 1. Albrektsson T, Zarb G, Worthington P, Eriksson AR The long term efficacy of currently used dental implants: a review and proposed criteria of success. Int J Oral Maxillofac Implants 1986; 1: 11-25 2. Lekholm U, Van Steenberghe, Hermann I Osseointegrated implants in the treatment of partially edentulous jaws: a prospective 5-year multicenter study. Int. J Oral Maxillofac Implants 1994; 9: 627-35 3. Tarnow DP, Cho SC, Wallace SS The effect of inter-implant distance on the hight of inter-implant bone crest. J. Periodontol. 2000; April 71(4): 546-9 4. Rodriguez-Ciurana, Vela Nebot, Segalà-Torres, Calvo Guirado, Cambra, Mendez Blanco, Tarnow The effect of interimplant distance on the height of the interimplant bone crest when using platform-switched implants. Int. J. Periodontics Restorative Dent 2009; 29: 141-15 5. Tarnow DP, Elian N, Fletcher P, Froum S, Magner A, Cho S, Salama M, Salama H, Garber D Vertical distance from the crest of bone to the height of the interproximal papilla between adjacent implants J. Periodontol. 2003; December 74(12): 1785-8

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