REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE DEL LAVORO DEL TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO



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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE DEL LAVORO DEL TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO terminata la discussione orale, pronunzia, mediante lettura in udienza pubblica, la presente S E N T E N Z A nel proc. n. 56/2011 RG promosso da M. R. con l avv. B. B. contro P. I. SPA con l avv. D. E. OGGETTO: lavoro subordinato - plurimi contratti di lavoro a termine con P. I. spa - conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato - risarcimento del danno MOTIVAZIONE M. R. espone di essere stato assunto dalla convenuta P. I. spa filiale di Trento, con inquadramento nel livello E, qualifica di impiegato addetto-portalettere junior, mediante 4 contratti a tempo determinato, e precisamente dall 1.02 al 31.03.2007, dal 22.06 al 15.09.2007, dall 1.02 al 31.03.2008 e dall 11.04 al 31.05.2008. 1

Precisa che, in tutti i contratti, l assunzione è stata effettuata ai sensi dell art. 2, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001 (come modificato dalla legge 23.12.2005, n. 266). Secondo il ricorrente, tutti i contratti a termine sono nulli, in quanto l apposizione del termine è avvenuta sia in violazione della quota di contingentamento del 15%, sia in violazione della direttiva europea n. 90/77. Precisa all uopo che l art 1 del cit. decreto legislativo n. 368/2001, attuativo della direttiva, consente l apposizione del termine - nei contratti di lavoro - a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, prevedendo l inefficacia dell apposizione del termine, qualora le ragioni predette non siano specificate direttamente o indirettamente da atto scritto. Il successivo art. 2 consente - in taluni casi - di non giustificare il motivo dell assunzione a termine. Tale norma, originariamente applicabile solo al trasporto aereo ed ai servizi aeroportuali, è stata poi estesa anche ai servizi postali dal comma 1 bis del medesimo art. 2, introdotto dalla legge n. 266 del 2005, in base al quale le disposizioni del comma 1 si applicano anche quando l assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi postali, nella percentuale non superiore al 15% dell organico aziendale - vale a dire del personale assunto a tempo indeterminato - riferito al primo gennaio dell anno in cui le assunzioni si riferiscono. Secondo il ricorrente, P. I. spa ha violato la predetta quota di contingentamento in entrambi gli anni 2007-2008. Da ciò consegue, sempre ad avviso del ricorrente, l illegittimità dell apposizione del termine ai contratti di lavoro e la conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sin dalla data del primo contratto. 2

Dopo aver precisato che l onere della prova della legittimità dell apposizione del termine grava sul datore di lavoro, il ricorrente afferma inoltre che la quota di contingentamento deve essere calcolata sulla base del criterio del full time equivalent, richiamando all uopo l art. 6 primo comma del decreto legislativo n. 61 del 2000, in base al quale, in tutte le ipotesi in cui sia necessario accertare la consistenza dell organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero dei lavoratori in proporzione all orario svolto. Soggiunge inoltre il ricorrente che l apposizione del termine è illegittima anche per una seconda ragione, consistente nella avvenuta successione di più contratti a termine. Ed infatti le clausole n. 3 e n. 5 della cit. direttiva europea 99/70, al fine della legittimità della successione di contratti a termine, impongono l esistenza di specifiche ragioni oggettive che giustifichino il rinnovo, la loro durata massima, ponendo altresì limiti al numero massimo di rinnovi. Secondo il ricorrente, il cit. art. 2 comma 1 bis viola le predette clausole n. 3 e n. 5 della direttiva europea 99/70, poiché consente la successione di contratti a termine senza indicare le specifiche ragioni oggettive della successione stessa, omettendo altresì di prevedere misure dirette a prevenire eventuali abusi nella successione di contratti a termine (non apparendo sufficiente il limite di 10 mesi all anno previsto dal medesimo art. 2 comma 1 bis), come del resto già sancito in materia dalla Corte di Giustizia nella sentenza 23.04.2009 (caso Angelidaki). Posto allora che il cit. art. 2 comma 1 bis va disapplicato per contrarietà alla direttiva europea, riprende vigore l art. 1 del cit. decreto legislativo n. 368/2001, con la 3

conseguenza che la clausola contrattuale contenente l apposizione del termine è nulla ed ha luogo - conclude il ricorrente - la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato sin dalla data del primo contratto, con diritto del ricorrente medesimo ad essere reintegrato-riammesso in servizio nonché a percepire tutte le retribuzioni maturate dalla data di scadenza dell ultimo termine fino alla effettiva reintegra, oltre a vedersi riconosciuta l indennità nella misura massima prevista dall art. 32 della legge n. 183 del 2010. P. I. spa, resiste. Eccepisce la decadenza dal potere di impugnare i contratti a termine, richiamando l art. 32, quarto comma, della legge n. 183 del 2010, entrato in vigore il 24.11.2010, il quale ha modificato l art. 6 della legge n. 604 del 1966. Trattandosi di contratti di lavoro a termine cessati prima del 24.11.2010, essi (rectius, il sotteso licenziamento) andavano impugnati - mediante atto giudiziale o stragiudiziale idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore - entro il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della cit. legge n. 183 del 2010, vale a dire entro lunedì 24.01.2011. Nella fattispecie, invece, il cit. 24.01.2011 ha avuto luogo solo il deposito in cancelleria del ricorso introduttivo del presente giudizio, mentre la notifica dello stesso - alla quale secondo la convenuta deve farsi riferimento, poiché solo mediante la notifica il lavoratore rende nota la sua volontà, trattandosi di atto recettizio ai sensi dell art. 1334 c.c. - è avvenuta oltre il cit. termine. Né assume all uopo rilievo, sempre secondo P. I. spa, che nel 2008 il ricorrente abbia promosso il tentativo di conciliazione, anche perché ad esso non è seguito il deposito del ricorso entro i 270 giorni successivi. Eccepisce inoltre P. 4

I. spa l intervenuta risoluzione dei rapporti di lavoro per mutuo consenso, in quanto l ultimo contratto a termine è definitivamente cessato nel maggio del 2008 e il ricorrente ha prestato tacita acquiescenza all estinzione definitiva del rapporto, come si desume dal lasso di tempo trascorso prima del deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio (24.01.2011), nonché dal fatto che, sempre nelle more, il ricorrente ha trovato altra occupazione. Nel merito, P. I. spa ricorda che, a norma dell art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001 (comma aggiunto dall art. 1, comma 558, della legge n. 266 del 2005), è stato estesa anche alle imprese concessionarie di servizi postali la facoltà, già prevista nel settore aeroportuale, di assumere lavoratori a termine per un periodo massimo di 6 mesi, compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, e di 4 mesi per periodi diversamente distribuiti, a condizione che la percentuale degli assunti a termine non superi il 15% dell organico aziendale, riferito all 1 gennaio dell anno a cui le assunzioni si riferiscono, esentando in tal caso dall obbligo di indicare, in ogni singolo contratto, le ragioni giustificatrici dell apposizione del termine. I contratti oggetto del presente giudizio - prosegue P. I. spa - sono stati stipulati proprio in applicazione di tale previsione normativa. Con riferimento alla percentuale non superiore al 15% (cd. clausola di contingentamento), P. I. spa sostiene di averla rispettata sia nel 2007 (147.927 dipendenti a tempo indeterminato, 22.075 a termine), sia nel 2008 (147.130, 21.732). Il ricorrente afferma che tale calcolo della percentuale andrebbe effettuato con il criterio del cd. full time equivalent (FTE), in base al quale i lavoratori part time vanno 5

computati in proporzione al lavoro svolto, come previsto dall art. 6 del decreto legislativo n. 61 del 2000. P. I. spa non condivide tale interpretazione, sostenendo di aver considerato - nelle tabelle di contingentamento - come una unità ogni contratto a termine, sia esso full time o part time, così come del resto previsto dal tenore letterale della disposizione normativa. P. I. spa ha quindi calcolato il numero di lavoratori a tempo indeterminato, senza distinguere se essi fossero full time oppure part time. Sostiene inoltre P. I. spa che il criterio FTE non può applicarsi, anche perché previsto dal cit. art. 6 del decreto legislativo n. 61 del 2000, norma anteriore rispetto alla posteriore e speciale disposizione di cui al cit. art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001, la quale è norma speciale che, nel calcolo dei rapporti a tempo indeterminato, non distingue tra lavoro full time e lavoro part time. Pertanto, sempre secondo P. I. spa, è corretto calcolare come unità ogni rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sia esso full time oppure part time, anche perché se si considerasse il part time solo in proporzione, si dovrebbe anche considerare in tempo di lavoro supplementare eventualmente svolto da ciascun lavoratore part time. Posto dunque che i contratti a termine in esame sono stati stipulati ai sensi del cit. art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001, P. I. spa afferma la conformità di tale normativa nazionale alla direttiva UE n. 1999/70/CE del 28.06.1999, e ciò sulla base dei considerando nn. 7, 8 e 10 dell accordo quadro recepito, nonché della clausola n. 5. In particolare, la direttiva non richiede che, in caso di rinnovo di un contratto a termine, siano specificate le ragioni del rinnovo medesimo, limitandosi per contro ad imporre agli 6

Stati di prevedere limiti ai rinnovi: dovere a cui - sempre secondo P. I. spa - il nostro Paese si è uniformato, prevedendo un intervallo minimo tra un contratto a termine e quello successivo, nonché la trasformazione in contratto a tempo indeterminato nel caso in cui mansioni equivalenti siano state svolte per un periodo complessivo di oltre 36 mesi. Per tali motivi, è conforme alla direttiva UE la normativa nazionale che, in caso di riassunzione, non richiede la specificazione dei motivi di apposizione del termine, ponendo peraltro altri limiti al fine di prevenire gli abusi, quali la ricordata clausola di contingentamento. Del resto, anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 14.07.2009, n. 214, ha ritenuto legittimo l esonero - in talune settori, come quello postale in esame - dall obbligo di indicare le ragioni dell apposizione del termine; esonero che, secondo P. I. spa, non può non riguardare anche i rinnovi contrattuali. Anche la Corte di Giustizia, nella sentenza 4.07.2006, Adeneler, ha precisato che la predetta direttiva, in caso di abuso, non impone agli Stati di sancire la conversione del rapporto da tempo determinato a rapporto a tempo indeterminato. Richiede solo la previsione di una delle sanzioni previste dalla clausola 5, n. 1, lett. da a) fino a c), dell accordo quadro: il nostro Paese ha adottato la previsione di cui alla lett. b), introducendo il cit. art. 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001, in base al quale la conversione ha luogo in caso di svolgimento di mansioni equivalenti per un periodo superiore a 36 mesi. Di qui, secondo P. I. spa, la irrilevanza del fatto che nei rinnovi contrattuali non siano state specificate le ragioni degli stessi. In subordine, nel caso in cui il termine sia considerato illegittimamente apposto, P. I. 7

spa sostiene che la relativa clausola è stata espressamente dichiarata essenziale dalle parti, con la conseguenza che la sua eventuale nullità travolgerebbe l intero contratto di lavoro, con la conseguenza che in alcun caso potrebbe aver luogo la conversione in rapporto a tempo indeterminato. In ulteriore subordine, P. I. spa sostiene che l eventuale conversione non potrebbe avere effetto ex tunc, ma solo ex nunc, vale a dire dalla data della sentenza, così come previsto dal cd. collegato lavoro. Ancora in subordine, P. I. spa sostiene che il ricorrente avrebbe diritto solo all indennità nella misura minima di 2,5 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, così come previsto dall art. 32, quinto comma, della legge n. 183 del 2010; e non anche a tutte le retribuzioni maturate dell illegittima interruzione del rapporto di lavoro fino all effettiva reintegra, atteso che la previsione di detta indennità esclude la spettanza di ogni altro emolumento, sia risarcitorio che indennitario. La misura minima dell indennità è giustificata dalla brevità dei singoli contratti a termine e dall inerzia tenuta dal ricorrente dopo la cessazione dell ultimo contratto di lavoro. L esclusione di ogni altro emolumento, sia risarcitorio che indennitario, sempre secondo P. I. spa, è giustificata anche dall inerzia tenuta dal ricorrente prima del deposito del ricorso, circostanza che dà luogo al concorso di colpa ai sensi dell art. 1227, secondo comma, c.c.. In subordine, il lavoratore può aver diritto solo alle retribuzioni maturate a decorrere dalla data del deposito del ricorso. In ogni caso, deve essere detratto sia l aliunde perceptum che l aliunde percipiendum, consistendo il primo nel reddito da lavoro ottenuto dopo la scadenza dei contratti a termine. A 8

tal fine, P. I. spa chiede che venga ordinata al ricorrente l esibizione del libretto di lavoro, delle buste paga e delle dichiarazioni dei redditi, nonché che vengano assunte informazioni all agenzia del lavoro, e che venga disposto l interrogatorio formale del ricorrente al fine di appurare se egli, nelle more, ha trovato altra occupazione. Nel caso in cui il ricorrente non abbia trovato altra occupazione, P. I. spa eccepisce nuovamente il concorso di colpa, consistente nella mancata iscrizione nelle liste di collocamento, nella mancata richiesta dell indennità di disoccupazione e comunque nella mancata ricerca di una nuova occupazione. Espletati gli incombenti di rito; istruita solo mediante produzioni documentali, essendo ininfluenti i mezzi istruttori dedotti; autorizzato il deposito di note conclusive; al termine della discussione orale, la causa viene ora decisa mediante lettura del dispositivo in udienza pubblica. * * * * * Ritiene questo Tribunale che l eccezione di decadenza dal potere di impugnare i contratti a termine, sia infondata. Va all uopo osservato che il ricorrente, promovendo il tentativo di conciliazione nel 2008 (fatto ammesso da P. I. spa), aveva già inequivocabilmente manifestato alla convenuta la volontà di impugnare il termine apposto dal contratto di lavoro; né rileva l onere di depositare il ricorso nei 270 giorni successivi all espletamento del tentativo di conciliazione, giacché tale onere è stato introdotto solo dall art. 32, primo comma, della cit. legge 4.11.2010, n. 183, entrata in vigore il 24.11.2010, osservandosi anche che, in ogni caso, il 9

ricorso è stato depositato in cancelleria il 24.01.2011 e quindi entro il termine di 270 giorni dall entrata in vigore della cit. legge n. 183 del 2010. Non può essere accolta neppure l eccezione di intervenuta risoluzione dei rapporti di lavoro per mutuo consenso. Per giurisprudenza costante, infatti, nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, precisandosi che a tal fine non è sufficiente né la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto, né l accettazione del trattamento di fine rapporto e la mancata offerta della prestazione, né infine la mera ricerca di altra occupazione (v. da ultimo Cass., sez. L, 29.02.2012, n. 3056; Cass., sez. VI-lav., ord. 4.08.2011, n. 16.932; e Cass., sez. VIlav., ord. 26.07.2011, n. 16.287). Nella specie, come accennato, nel 2008 il ricorrente ha promosso il tentativo di conciliazione, tenendo pertanto un comportamento decisamente incompatibile con l eccepita acquiescenza; né, oltre allo scorrere del tempo, da alcun altro elemento è possibile evincere con sufficiente certezza una volontà di acquiescenza. 10

Passando ora alla violazione della quota di contingentamento dedotta dal ricorrente, ad avviso di costui tutti i contratti a termine sarebbero nulli, in quanto l apposizione del termine sarebbe avvenuta in violazione della cit. quota di contingentamento del 15%. P. I. spa avrebbe violato la predetta clausola di contingentamento in entrambi gli anni 2007-2008. Da ciò consegue - sostiene sempre il ricorrente - l illegittimità dell apposizione del termine ai contratti di lavoro e la conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sin dalla data del primo contratto. Ricorda all uopo questo Tribunale che il cit. art. 2 del decreto legislativo 6.09.2001, n. 368, esonera talune imprese dall onere di indicare per iscritto le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che giustificano l apposizione del termine (onere previsto dal precedente art. 1). L art. 2 prevede infatti testualmente quanto segue. 1. È consentita l apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando l assunzione sia effettuata da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell organico aziendale che, al 1 gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale può essere aumentata da 11

parte delle aziende esercenti i servizi aeroportuali, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su istanza documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo. 1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 1 gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma (comma aggiunto dall art.1, comma 558, della legge 23 dicembre 2005, n. 266). Questo è dunque il testo dell art. 2 del decreto legislativo 6.09.2001, n. 368. Ritiene questo Tribunale che, diversamente da quanto sostenuto da P. I. spa, alla fattispecie debba essere senz altro applicato il criterio del cd. full time equivalent, (FTE), in base al quale in tutte le ipotesi in cui sia necessario accertare la consistenza dell organico, i lavoratori a tempo parziale devono essere computati nel numero dei lavoratori in proporzione all orario svolto. In tal senso dispone inequivocabilmente il cit. art. 6, primo comma, del decreto legislativo 25.02.2000, n. 61 (come sostituito dall art. 1, comma 1, del 12

decreto legislativo 26.02.2001, n. 100), in base al quale in tutte le ipotesi in cui, per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l accertamento della consistenza dell organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all orario svolto, rapportato al tempo pieno così come definito ai sensi dell art. 1; ai fini di cui sopra, l arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno. Trattasi di norma generale che non risulta essere stata in alcun modo derogata, né esplicitamente né implicitamente, dall art. 2, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001, sicché non vi è alcuna ragione per cui detta norma generale non debba essere applicata. Da ciò consegue che i due prospetti prodotti da P. I. spa sub docc. 11 e 12 (allegati alla memoria difensiva denominata comparsa di risposta ), sono privi di utilità, giacché, come esplicitamente ammesso da P. I. spa a pag. 23 della stessa comparsa di risposta, il calcolo ivi contenuto non è stato effettuato applicando detto criterio FTE. Aggiunge poi P. I. spa, a pag. 24 della stessa comparsa di risposta, che anche nel caso in cui si accedesse alla tesi del calcolo in fte di tutti i parametri di riferimento di cui all art. 2, co. 1-bis, p. i. s.p.a. potrà dimostrare tramite il deposito di apposite tabelle per ogni anno di riferimento il rispetto del limite di contingentamento fissato per legge ). 13

Ricorda all uopo il Tribunale che, nel rito del lavoro, per giurisprudenza costante, la decadenza dalle produzioni documentali e dalle istanze istruttorie, è rilevabile d ufficio e non è sanata dall eventuale accettazione del contraddittorio (v. tra le tante v. Cass., sez. L, 25.11.2005, n. 24.900). Va allora rilevato che, ad eccezione dei citt. prospetti tempestivamente prodotti da P. I. spa sub docc. 11 e 12, nessun altro documento è stato - dalla medesima P. I. spa - prodotto unitamente alla comparsa di risposta, né in sede alla medesima sono state avanzate altre istanze istruttorie volte a dimostrare il rispetto della cit. quota di contingentamento, dovendosi anche evidenziare che la relativa esigenza istruttoria era già perfettamente sorta in limine litis, atteso che fin dal ricorso introduttivo del presente giudizio, il lavoratore aveva espressamente ritenuto applicabile il cit. criterio FTE. Di scarsa utilità si rivela anche il doc. 13 pur tempestivamente prodotto da P. I. spa, costituito da una stampa - tramite internet - del bilancio 2007 di P. I. spa, che - per quanto è dato capire - indica genericamente il numero del dipendenti a tempo indeterminato al 31.12.2006 ed al 31.12.2007, senza dar conto dell applicazione o meno del cit. criterio FTE; documento che - va anche aggiunto - difficilmente può possedere una qualche efficacia probatoria, posto che esso è stato formato e proviene dalla stessa convenuta P. I. spa. Risultano poi inutilizzabili - a causa della loro insanabile tardività - tutti i documenti prodotti da P. I. spa successivamente al deposito della cit. comparsa di risposta. In applicazione del noto criterio della vicinanza al mezzo di prova (in base al quale l onere della prova va ripartito sulla base della 14

effettiva possibilità per l una o per l altra parte di offrirla, v. Cass., sez. III, 27.04.2010, n. 10.060; Cass., sez. L, 25.07.2008, n. 20484; e Cass., sez. un., 30.10.2001, n. 13.533), non vi è dubbio che l onere di dimostrare il rispetto della quota di contingentamento, gravava su P. I. spa, la quale - come visto - non può tuttavia ritenersi l abbia assolto. Appurato in tal modo che l apposizione del termine è illegittima a partire sin dal primo contratto di lavoro stipulato l 1.02.2007, a causa dell indimostrato rispetto della quota di contingentamento, ne consegue non già la nullità del contratto ai sensi dell art. 1419 c.c., come sostenuto da P. I. spa, bensì la conversione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato, così come previsto - in termini generali - dall art. 1, secondo comma, del cit. decreto legislativo n. 368 del 2001, in base al quale, in carenza dei requisito di legge, l apposizione del termine è priva di effetto : formula dalla quale deve desumersi la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Va quindi accertato che tra il ricorrente e P. I. spa, in data 1.02.2007, è sorto un contratto di lavoro a tempo indeterminato (dovendosi in tal modo disattendere la tesi di P. I. spa, secondo la quale - per effetto del cd. collegato lavoro - la conversione del contratto avrebbe luogo solo ex nunc, vale a dire dalla data della presente sentenza, e non già ex tunc, vale a dire dalla data del primo contratto; il richiamo dell art. 32, commi 5-7, della legge 4.11.2010, n. 183, non appare invero confortare la tesi di P. I. spa, sol che si consideri che Corte Cost. 11.11.2011, n. 303, ha espressamente 15

precisato che il cit. art. 32 si limita a disciplinare le conseguenze risarcitorie-indennitarie della fattispecie). Passando ora alla consequenziale domanda di risarcimento del danno (dal ricorrente indicato in misura pari a tutte le retribuzioni maturate dalla scadenza dell ultimo contratto a termine, fino all effettiva reintegra nel posto di lavoro), ricorda questo Tribunale che il cit. art. 32, commi 5-7, della legge 4.11.2010, n. 183, prevede quanto segue. 5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (a norma dell art. 1, comma 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92, la disposizione di cui al presente comma, si interpreta nel senso che l indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro). 6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell ambito di specifiche 16

graduatorie, il limite massimo dell indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà. 7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell articolo 421 del codice di procedura civile. Delineato in tal modo il contesto normativo di riferimento, va evidenziato che la cit. Cass., sez. L, 29.02.2012, n. 3056, in relazione ad un contratto a termine per il periodo 10.05-30.06.2000, ha applicato il cit. art. 32, commi 5-7, della legge 4.11.2010, n. 183, stabilendo che esso ha efficacia retroattiva (rectius, si tratta di cd. jus superveniens: lo dice espressamente il comma 7), richiamando sul punto Cass. 31.01.2012, n. 1409 e n. 1411, e Cass., ord., 28.01.2011, n. 2112, nonché la cit. Corte Cost. n. 303 del 2011, con la conseguenza che in tema di risarcimento del danno per i casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, lo ius superveniens ex art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge n. 183 del 2010 (applicabile nel giudizio pendente in grado di legittimità qualora pertinente alle questioni dedotte nel ricorso per cassazione) configura, alla luce dell interpretazione adeguatrice offerta dalla Corte costituzionale con sentenza n. 303 del 2011, una sorta di penale ex lege a carico del datore di lavoro che ha apposto il termine nullo; 17

pertanto, l importo dell indennità è liquidato dal giudice, nei limiti e con i criteri fissati dalla novella, a prescindere dall intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l eventuale aliunde perceptum), trattandosi di indennità forfetizzata e onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto intermedio (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione) (nello stesso senso, va anche Cass., sez. L, 2.03.2012, n. 3305). Pertanto, avendo avuto luogo la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, questo Tribunale non ha proceduto all assunzione di alcun mezzo istruttorio in relazione alla domanda risarcitoria proposta dal lavoratore, atteso che, come visto, egli ha diritto solo alla predetta indennità, la quale, dal canto suo, prescinde dalla prova del danno. Quanto ai citt. criteri da adottare per la determinazione dell indennità da 2,5 a 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, il cit. art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, impone di avere riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell impresa, all anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. Nella fattispecie concreta, considerando la data in cui viene pronunziata la presente sentenza, nonché che il lavoratore ha prestato servizio dall 1.02 al 31.03.2007, dal 22.06 al 15.09.2007, dall 1.02 al 31.03.2008 e dall 11.04 al 31.05.2008, in applicazione dei criteri anzidetti appare equa la misura media di 7 mensilità 18

dell ultima retribuzione globale di fatto (ribadendosi che, a norma del cit. art. 1, comma 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92, tale indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del primo termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro). Oltre accessori di legge Le spese di giudizio seguono la soccombenza. La liquidazione del compenso professionale deve essere effettuata in base ai criteri previsti dal D.M. 20.07.2012 n. 140, atteso che l art. 41 dello stesso D.M. prevede che essi debbano applicarsi alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore, avvenuta il 23.08.2012 (v. Cass., sez. un., 12.10.2012, n. 17.406). P Q M Il Giudice del lavoro, definitivamente pronunziando, accoglie il ricorso, dichiara la nullità dell apposizione del termine ai contratti di lavoro, accerta che tra il ricorrente e P. I. spa, in data 1.02.2007, è sorto un contratto di lavoro a tempo indeterminato, e per l effetto condanna P. I. spa a riammettere il ricorrente nel posto di lavoro da ultimo occupato. Condanna inoltre P. I. spa a pagare al ricorrente un indennità - omnicomprensiva - pari a 7 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, con interessi legali e rivalutazione dalla data di scadenza dell ultimo contratto a termine, fino al saldo. 19

Condanna infine P. I. spa a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, liquidate, per compenso professionale, nella somma di euro 4.500,00, oltre accessori di legge. Trento, addì 20 settembre 2012 Il Giudice del lavoro dott. Roberto Beghini 20