LE ECOMAFIE. Il ruolo delle organizzazioni criminali nel ciclo illegale dei rifiuti. Stefano Ciafani Responsabile scientifico nazionale di Legambiente



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LE ECOMAFIE Il ruolo delle organizzazioni criminali nel ciclo illegale dei rifiuti Stefano Ciafani Responsabile scientifico nazionale di Legambiente

Che cosa s intende per ecomafia? Coniato da Legambiente nel 1994, vuole indicare il ruolo delle organizzazioni mafiose nei fenomeni di aggressione al patrimonio ambientale del nostro Paese. Di questo termine esiste, del resto, una definizione linguistica in senso stretto, essendo entrato, a partire dall edizione del 1999, nel vocabolario Zingarelli della lingua italiana. Che così recita: "Ecomafia (comp. di eco- e mafia, 1994), s.f. Settore della mafia che gestisce attività altamente dannose per l ambiente come l abusivismo edilizio e lo smaltimento clandestino dei rifiuti tossici.

Il ciclo illegale dei rifiuti Sul mercato dei rifiuti operano, accanto alle imprese sane e rispettose della legge, soggetti senza scrupoli e vere e proprie organizzazioni malavitose. Questi soggetti concorrono all aggiudicazione degli appalti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti urbani; gestiscono impianti di trattamento e di smaltimento; operano sul mercato della raccolta e del trasporto dei rifiuti speciali, nella maggior parte dei casi di origine industriale. Al fine di ottenere il massimo profitto e ridurre al minimo i costi, questi soggetti falsificano in maniera sistematica i documenti di accompagnamento dei rifiuti, facendo figurare smaltimenti leciti mai avvenuti, destinazioni ad impianti che esistono solo sulla carta, trattamenti dei rifiuti (per selezionarli, ridurne la pericolosità, riciclarli e così via) in realtà mai avvenuti.

Attraverso questo ciclo dei rifiuti sono stati effettuati ingenti traffici illegali nel nostro Paese, soprattutto dalle regioni del Nord verso quelle del Sud, che hanno causato gravi danni ambientali. Si tratta di attività che non potevano non attirare l interesse delle organizzazioni mafiose, per gli elevati profitti che consentono. Non solo: i clan della criminalità organizzata, in virtù della loro capacità di controllo del territorio, gestiscono direttamente o controllano i siti finali di smaltimento illecito dei rifiuti, spesso le stesse cave abusive utilizzate nel ciclo del cemento.

La cronistoria 1994: Legambiente, insieme al Comando generale dell Arma dei carabinieri e all Eurispes, presenta il primo Rapporto Ecomafia. Obiettivo: l introduzione dei delitti contro l ambiente nel codice penale. 1995: istituzione della Commissione parlamentare d inchiesta sul ciclo dei rifiuti 1997: il rapporto Ecomafia di Legambiente diventa un appuntamento annuale. Anche le altre forze dell ordine si specializzano (soprattutto Cfs e Gdf). Si attivano alcuni pool di magistrati e il Sisde.

1999: il termine Ecomafia, coniato da Legambiente 5 anni prima, entra nello Zingarelli, il vocabolario della lingua italiana. 1999: nel Rapporto Ecomafia comincia l analisi del racket degli animali 2000: nel Rapporto di Legambiente inizia la denuncia dell Archeomafia

8 marzo 2001: nell ultimo giorno della XIII legislatura viene approvato il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti Art. 53bis del decreto Ronchi (Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) (oggi art. 260 del Codice ambientale d.lgs 152/2006) Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni

Febbraio 2002: viene arrestato il primo trafficante di rifiuti in Umbria (operazione Greenland ) Dall operazione Greenland del febbraio 2002 ad oggi è stata dimostrata l esistenza nel nostro Paese di vere e proprie organizzazioni criminali, non necessariamente di stampo mafioso, che operano illecitamente nel ciclo dei rifiuti su tutto il territorio nazionale, dalla Lombardia alla Sicilia, passando per l Umbria e la Toscana.

Le inchieste contro i trafficanti di rifiuti Fino al marzo 2010 sono state 151 le indagini avviate dalle forze dell ordine, soprattutto dal Comando tutela ambiente dell Arma dei carabinieri ma anche dai nuclei investigativi del Corpo Forestale e dalla Guardia di Finanza, che hanno portato all emissione di ordinanze di custodia cautelare. Le procure che hanno coordinato le inchieste: 24 del Nord, 25 del Centro e 24 del Sud. Tra le altre: Milano, Busto Arsizio (Va), Spoleto, Napoli, Torre Annunziata, Paola (Cosenza), Bari, Siracusa, Venezia, Mondovì (Cn), Trani (Ba), Palermo, Trapani, Larino (Cb), Firenze, Nola (Na), Rieti, Alessandria, Forlì, Taranto, Livorno, Udine. Fitta ragnatela di connivenze e complicità, che coinvolge produttori di rifiuti, società di raccolta e trasporto, gestori di impianti di smaltimento ma anche insospettabili titolari di aziende agricole.

I numeri che riassumono queste 151 inchieste: - 979 le ordinanze di custodia cautelare emesse; - 2917 le persone denunciate; - 610 le società coinvolte, dalla produzione al trasporto fino allo smaltimento; - 19 le regioni interessate (tutte meno la Valle d Aosta).

Le tipologie di rifiuti trafficati Lungo le rotte dei traffici illeciti, che restano prevalentemente quelle Nord-Sud, viaggia davvero di tutto: - scorie derivanti dalla metallurgia termica dell alluminio - fanghi conciari - polveri di abbattimento fumi (derivanti spesso da industrie siderurgiche) - trasformatori con oli contaminati da Pcb - reflui liquidi contaminati, come quelli al mercurio dell Enichem di Priolo - addirittura rifiuti e terre provenienti da attività di bonifica

Alcune tecniche di smaltimento illegale - fanghi industriali altamente contaminati diventano fertilizzati utilizzati in aziende agricole - polveri di abbattimento fumi, particolarmente tossiche, finiscono nelle fornaci in cui si producono laterizi o nei cementifici - residui di fonderia vengono smaltiti, illegalmente, nelle fondamenta di cantieri edili - rifiuti speciali e pericolosi vengono trasformati in innocui rifiuti urbani da avviare a impianti di incenerimento - rifiuti pericolosi che vengono miscelati illegalmente oppure occultati sul fondo di fusti che contengono sostanze apparentemente innocue

Secondo il Rapporto rifiuti 2008 di Apat e Osservatorio nazionale sui rifiuti gli speciali prodotti in Italia nel 2006 sono stati 134,7 milioni di tonnellate: di questi 9,2 sono speciali pericolosi. La quantità di rifiuti speciali gestiti nello stesso anno nel nostro Paese è stata di 103,7 milioni di tonnellate. Facendo la differenza dei due dati il conto è presto fatto: nel 2006 31 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, sono scomparse nel nulla. Materializzando questi quantitativi da orrore, l Italia ha visto sorgere nel 2006 una decima montagna di rifiuti con base di tre ettari e alta 3.100 metri (la prima nel 97 era alta 1.407 metri, nel 2003 1.880 m, nel 2004 2.600 m).

Dal ciclo del cemento al ciclo dei rifiuti Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano

Troia (FG)

Paliano (FR) Provincia di Milano

Crotone

Provincia di Rieti

Viterbo

Provincia di Caserta

Cosa fare? Inserimento dei delitti ambientali nel codice penale Potenziamento delle strutture investigative (Procure, nuclei specializzati delle forze dell ordine, etc) Utilizzo degli strumenti informatici (evitando di alimentare confusione come fatto col Sistri) Salvaguardare l utilizzo delle intercettazioni contro i trafficanti di rifiuti