NEW ECONOMY E PICCOLA IMPRESA: LE OPPORTUNITA' DEL SOFTWARE LIBERO



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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE Corso di laurea in Scienze dell'amministrazione SOCIOLOGIA DELL ORGANIZZAZIONE Tesi di Laurea: NEW ECONOMY E PICCOLA IMPRESA: LE OPPORTUNITA' DEL SOFTWARE LIBERO Candidato: Angelo D'Adorante Relatore: Prof.ssa Anna Carola Freschi Anno accademico 2003-2004 1

INDICE INTRODUZIONE... 6 Parte I: La conoscenza come valore CAPITOLO 1: New economy e knowledge economy 1.1 New economy: realtà o illusione?... 10 1.2 Informazionalismo e complessità organizzativa... 17 1.3 Knowledge economy... 24 CAPITOLO 2: Distretti Industriali e modello giapponese: l'emergere del modello a rete 2.1 Fordismo e post fordismo... 29 2.2 I Distretti Industriali: teoria di Marshall... 32 2.3 Il modello giapponese... 40 2.4 I due modelli a confronto con le nuove discontinuità... 45 CAPITOLO 3: Sviluppo e limiti dell'impresa distrettuale 3.1 I limiti del distretto industriale... 49 3.2 Due scelte per l'impresa: exploitation ed exploration... 52 3.3 Verso l'impresa rete... 55 2

Parte II: ICT e comunità CAPITOLO 4: Internet e il nuovo modello d'impresa 4.1 Internet: la rete delle reti... 57 4.2 Le organizzazioni della new economy... 62 4.3 L'impatto delle ICT sulle organizzazioni: due teorie - Venkatraman e Keen... 65 4.4 Il paradigma Cisco Systems... 74 CAPITOLO 5: Comunità 5.1 Comunità e comunità virtuali... 76 5.2 Comunità per la divisione del lavoro cognitivo... 80 5.3 Comunità e apprendimento situato... 82 CAPITOLO 6: Comunità e impresa 6.1 Impresa come comunità di pratiche... 85 6.2 Criteri di valutazione di una comunità... 88 6.3 Casi: Xerox, Amazon, E-bay... 92 3

Parte III: Comunità virtuali, etica e produttività CAPITOLO 7: Economia del software 7.1 Sistema proprietario: Microsoft... 96 7.2 Sistema "open": Linux, Apache... 102 7.3 Economia del dono: il valore della reputazione... 108 CAPITOLO 8: Aspetti legati al software 8.1 Dalle comunità scientifiche alla comunità open source... 112 8.2 Copyright e copyleft... 117 8.3 Digital divide... 123 CAPITOLO 9: Spazi reali e spazi virtuali: i Distretti Tecnologici 9.1 L'importanza del territorio... 131 9.2 Toscana: il tentativo Arnovalley... 138 CAPITOLO 10: L'open source come possibilità 10.1 Comunità open source: un'opportunità per l'impresa... 147 10.2 Migrazione verso il software libero: il caso Faunalia... 154 10.3 Distretto empolese e software libero: un caso unico al mondo...160 4

CONCLUSIONI... 166 BIBLIOGRAFIA... 172 RINGRAZIAMENTI... 182 5

INTRODUZIONE L'economia italiana sta attraversando un difficile momento connotato da recessione e sfiducia verso investimenti di lungo periodo, automatica reazione del mercato azionario all'euforia imprenditoriale che ha caratterizzato i primi anni del nuovo millennio, periodo altrimenti definito new economy, durante i quali si è potuto registrare l'esplosione della commercializzazione di Internet e il conseguente fenomeno della bolla speculativa delle imprese dotcom. Dal mondo del software libero e dell'open source proviene un'interessante opportunità di rilancio economico per la piccola impresa italiana. Questo lavoro si propone di delineare le dinamiche economiche, organizzative e sociali che hanno caratterizzato l emergere della cosiddetta new economy, e tentare un approfondimento sulle prospettive italiane di sviluppo di un modello economicoproduttivo-sociale della nuova economia molto specifico, basato sull'industria del software non proprietario e la sua effettiva applicabilità alla piccola impresa, con particolare riferimento alla realtà dei distretti industriali in linea con i requisiti competitivi e organizzativi che il nuovo contesto globale impone. Il lavoro è suddiviso in tre parti distinte per temi trattati, tipo di svolgimento e di acquisizione ed uso delle fonti. Nella prima parte si propongono alcuni elementi di base sulla new economy, elementi su cui viene impostata la successiva analisi. Partendo da autori contemporanei come Castells e Formenti e facendo debito riferimento a classici come Weber, Marshall e Thompson, si cercha di definire, sia da un punto di vista economico sia da un punto di vista sociologico, le dinamiche dell informazionalismo, modello produttivo che si è imposto a partire da almeno un quindicennio. Nel primo capitolo, in particolare, si evidenziano le problematiche relative alla complessità ambientale dovuta alla velocità di innovazione e diffusione delle ICT, ma anche le nuove possibilità a 6

disposizione dei vari attori economici della new economy che provengono dall'utilizzo della conoscenza in tutti i processi organizzativi. Nel secondo capitolo vengono introdotti alcuni elementi basilari per una riflessione sulla situazione italiana, con particolare riferimento ai possibili percorsi di sviluppo della piccola impresa guardando al percorso storico evolutivo delle forme organizzative prevalenti che ha portato dall'impresa fordista all emergere del modello giapponese, e alla rivalutazione dei Distretti Industriali. Nel terzo capitolo viene approfondito il tema del Distretto Industriale guardando alle implicazioni delle nuove tecnologie ed evidenziando continuità e discontinuità, opportunità e limiti, sia per il sistema produttivo locale 'distretto' che per la singola impresa. La seconda parte della tesi propone un approccio più specifico alle dinamiche organizzative dell'impresa, con riferimento all'introduzione di quelle soluzioni ICT, in particolar modo legate all'utilizzo di Internet, che sembra poter riuscire a modificare il funzionamento tradizionale favorendo l emersione di nuove strategie. Questa parte introduce la dimensione sociologica dell' informazionalismo, secondo la definizione di Manuel Castells riferita al passaggio evolutivo tecnologico in corso, associata essenzialmente al fenomeno delle comunità virtuali. Tale aspetto ha interessanti ripercussioni economiche in quanto le comunità virtuali possono essere viste anche come strumento strategico per l'impresa, grazie alla facilità con cui riescono a sviluppare processi di divisione del lavoro cognitivo e processi di apprendimento. Alcuni esempi servono per chiarire il punto, come nel caso di Xerox, Amazon e E-bay, che hanno avuto successo trovando un giusto equilibrio tra la funzione relazionale e la funzione produttiva, equilibrio che sembra contraddistinguere da un punto di vista economico la natura di comunità di una realtà produttiva. Nella terza ed ultima parte si tenta un approfondimento empirico su alcune esperienze toscane. Le fonti utilizzate sono soprattutto testimonianze di personaggi appartenenti al mondo politico ed economico, locale e nazionale, raccolte per mezzo di interviste aperte dirette e durante conferenze o convegni. La questione specifica affrontata riguarda l adozione del software libero/open source come opportunità di rilancio per la piccola impresa toscana e i distretti 7

industriali. Dopo aver evidenziato la centralità del settore del software nelle dinamiche economico-produttive delle economie nazionali moderne, si ripercorrono i momenti più importanti della storia del settore del software che hanno portato alla sua biforcazione in due famiglie principali: da un lato il sistema proprietario di Microsoft tipico di un'economia di scambio che si regge sulla scarsità delle risorse e sul vantaggio competitivo proveniente dal loro controllo; dall'altro il sistema libero di Linux e Apache tipico invece di un'economia del dono in cui le risorse sono abbondanti e la competizione si muove su dinamiche incentrate sulla reputazione e la capacità di invenzione. Dopo una panoramica del dibattito politico, che assume i tratti di una rivendicazione etica e sociale che anima il confronto economico tra i due modelli produttivi, si cercherà di evidenziare il punto di vista dei fautori del software libero e open source sulle opportunità di questo modello per la piccola impresa distrettuale toscana. Un approfondimento, la ricerca su Arnovalley, offre l occasione di guardare più da vicino alcuni problemi specifici: la necessità per le piccole e medie imprese di muoversi verso un livello di sviluppo tecnologico superiore per lo sviluppo dell'economia, centrato sull utilizzo delle ICT, e il rinnovamento della logica agglomerativa territoriale delle imprese new economy che non perde di centralità neanche quando la comunicazione e le informazioni si muovono soprattutto per vie virtuali. Il quadro emergente fa supporre che esista la possibilità, anche in Italia, di creare anche nuove forme di distretti, centrati sulla produzione di tecnologia digitale o digitali, sul modello della Silicon Valley americana. Nell'ultimo capitolo si cercherà quindi di mettere in luce come l esistenza di forme comunitarie nell organizzazione tradizionale dei distretti costituisca una risorsa in continuità con le opportunità offerte dalle nuove comunità virtuali. Impresa rete e comunità open source possono costituire risorse organizzative decisive nel contesto della competizione globale, ipotizzando un utilizzo delle ICT, da parte delle imprese distrettuali, come risorsa per l accumulazione e la condivisione di conoscenze necessarie alla competizione, come ambiente produttivo di apprendimento, e come incentivo alla creazione di relazioni collaborative in rete. A questo proposito sono portate ad esempio alcune esperienze toscane che si muovo in tale direzione: Faunalia e il Distretto Industriale empolese. In entrambi i casi, quindi sia a livello di singola impresa che di sistema locale di piccole imprese, si sta procedendo con risultati promettenti alla migrazione 8

completa da un sistema software e di gestione della conoscenza di tipo proprietario ad un sistema basato sul software libero/open source e ad un modello cooperativo di condivisione della conoscenza. 9

Parte I: La conoscenza come valore CAPITOLO 1: New economy e knowledge economy 1.1 New economy: realtà o illusione? Gli ultimi decenni della storia economica mondiale possono essere considerati un periodo di cambiamento generale legato al nuovo livello di sviluppo tecnologico raggiunto dall'umanità. Il termine più diffuso per definire la situazione attuale è new economy o net economy. La letteratura sia economica che organizzativa ha iniziato a trattare il tema della new economy all inizio degli anni 90, in coincidenza con il salto in avanti dell economia americana, che per prima aveva esplorato e valorizzato nuovi 10

settori industriali legati alle nuove tecnologie informatiche, che stavano conoscendo il loro più grande sviluppo grazie alla diffusione di Internet. Il consolidarsi della leadership statunitense vede la sua causa principale nello sfruttamento del potenziale produttivo e commerciale delle tecnologie dell informazione e della comunicazione (ICT- Information and communication technology). La storia della new economy si può legare con quella dell eccellenza tecnologica americana. Infatti, proprio gli anni '80-'90 sono caratterizzati dal massiccio investimento in infrastrutture e servizi dedicati allo sviluppo dei nuovi settori ad alto contenuto tecnologico; investimento che ha portato alla liberalizzazione dei mercati e alla globalizzazione del capitale sotto la spinta del governo statunitense. La prima definizione di new economy coincide quindi con quella del settore tecnologico dell ICT: si tratta delle imprese che producono gli strumenti e le applicazioni, hardware e software, i mezzi di calcolo e i mezzi di informazione e di comunicazione, nonché le imprese di servizi connessi alle crescenti applicazioni dell ICT ai più diversi campi economici e sociali. La prima fase della new economy vede un impetuoso incremento degli investimenti in settori ICT. Con il via libera alla commercializzazione di spazi virtuali su Internet, il segnale più impressionante è la moltiplicazione incontrollata del dot.com, un fenomeno che vide un'enormità di aziende commerciali gettarsi a capo fitto nei nuovi spazi creati dalle reti telematiche che inevitabilmente si stavano diramando su tutto il territorio mondiale, mossi dalle grandi aspettative economiche apparentemente offerte dalla rete. I primi anni vedono quindi un proliferare di nuove imprese, soprattutto startup di nuova generazione, effetto di venture capitals o alleanze strategiche, con una marcata impostazione innovatrice basata sull'uso incondizionato delle nuove risorse tecnologiche a disposizione. Gli Stati Uniti per primi hanno visto il fiorire di questo nuovo settore, ma presto il fenomeno dilagò negli altri paesi sviluppati, soprattutto sotto l'iniziativa privata di una nuova tipologia imprenditoriale che non voleva lasciarsi scappare la conquista delle nuove fonti di guadagno 1. 1 Bravo L., "Americanismo e postfordismo", in Dal fordismo alla globalizzazione. Cristalli di tempo politico, Roma, Manifestolibri, 2001, pp. 17-19, 1997 11

I profitti delle prime dot.com furono però impressionanti e l'ingresso nei mercati azionari fece crescere il valore di queste imprese in maniera esponenziale ed in brevissimo tempo; le aspettative di guadagno fecero ovviamente affluire numerosi investimenti, quotazioni in borsa e nuove imprese sul mercato ICT. In molti seguirono il trend positivo che si stava creando in tutti i paesi industrializzati, ma ciò che la maggior parte di essi non considerò fu che questo effetto incredibilmente positivo non poteva durare per molto. Infatti, pochi anni dopo il boom economico, a cavallo dell'anno 2000, arrivò il periodo nero della new economy: molte delle imprese che si lanciarono nel nuovo mercato finirono per fallire in poco tempo 2. Come unanimemente osservato dagli intervistati (durante una ricerca effettuata nell'ambito del settore ICT in Toscana, proposta in dettaglio nel capitolo nove), intervistati che si considerano dei sopravvissuti ad uno spietato processo di selezione delle iniziative imprenditoriali; gli errori commessi dalle imprese private furono di natura concettuale, nati da una sopravvalutazione del mercato che si basava sull idea che qualsiasi cosa contenesse il suffisso.com potesse generare business e cambiare le abitudini all acquisto di consumatori e imprese. Come asseriscono l'amministratore delegato 3 della LTC (impresa legata al gruppo DADA) e il responsabile della Novadis.com 4, azienda leader in Toscana per il servizio di infrastrutture per Internet, da me intervistati, molti sono rimasti attratti dalla chimera dei guadagni facili, pochissimi ce l hanno fatta, moltissimi sono tornati alla realtà, alla visione tradizionale della old economy. Si trattava, secondo loro, di un mercato drogato dalle aspettative, che ha sortito guadagni solo nel breve periodo per coloro che hanno saputo sfruttare il momento opportuno, ma che non aveva le fondamenta necessarie per una stabilità duratura nel tempo. Possiamo definire una serie di elementi che hanno contribuito alla crisi della new economy 5 : 2 Formenti C., Not Economy, Milano, Rizzoli, pp. 10-15, 2003 3 Intervista a Luisa Gallo (24/3/2003) 4 Intervista a Marco Caciulli (24/3/2003) 5 AA.VV, Dall euforia al crollo. La seconda vita della new economy, in Prometeo, volume V, n.20, 2000 12

Una crisi da sovrapproduzione, derivante dalla contraddizione tra crescita illimitata dell offerta (potenzialità tecnologiche, volume d informazioni, ecc.) e limiti reali della domanda. Un inadeguatezza funzionale di parte dell offerta di tecnologie agli effettivi business delle imprese ed alle reali esigenze dei consumatori, legata anche allo sfasamento tra i tempi di produzione dell innovazione e quelli della sua diffusione e metabolizzazione nel corpo sociale. Una minore disponibilità, da parte delle imprese dei comparti tradizionali, ad investire in standard tecnologici dagli esiti incerti ed in servizi dal valore aggiunto solo potenziale, a sua volta derivante dalla congiuntura negativa. Se a questo aggiungiamo la crisi economica di interi paesi come l'ex Unione Sovietica, le crisi medio-orientali, le varie guerre che si sono susseguite in questi anni, si può capire che l'incertezza in cui vivono le imprese non consente all'imprenditoria di avere aspettative di guadagni sicuri che permettano nuovi investimenti su grande scala. L andamento recente delle imprese del settore ICT, dunque, è da inquadrare nel clima di recessione di tutta l'economia internazionale che, manifestatosi già nella primavera del 2001, si è poi pesantemente sostanziato nel crollo degli indici, nella depressione dei consumi e nel calo della produzione, registrati nell autunno 2001 e proseguiti nel corso del 2002. La situazione di crisi ha riportato a terra la riflessione sulla nuova economia 6 ; un fenomeno che non era limitato alla sfera dell impresa: la cosiddetta new economy, prima ancora che specifica forma dell economia o semplice comparto merceologico, ha rappresentato un formidabile dispositivo di scomposizione e ricomposizione sociale, delineando un blocco d interessi definito, più che su basi d appartenenza di ceto, dalla comunanza o contiguità di comportamenti e strategie individuali nei confronti del lavoro, del risparmio, degli investimenti. Nella sua fase ascendente, la new economy, secondo l immagine proposta da alcuni studiosi, ha rappresentato una cash cow, una mucca da soldi 7, 6 AA.VV, La new economy fra nuove illusioni e vecchia realtà, in Prometeo, volume V, n.18, gennaio 2000 7 Formenti C., Mercanti di futuro, Torino, Einaudi, pp. 170-188, 2002 13

proprio in quanto paradigma tecnologico in grado di forzare la direzione dei mercati e influenzare le scelte degli investitori. Ma ha potuto realizzare ciò in forza di una formidabile capacità combinatoria di potenzialità tecniche, comportamenti innovativi nel lavoro e nell impresa, istanze di cambiamento sociale. La crisi della new economy è da leggersi innanzitutto come cedimento, o rottura, di questo dispositivo d integrazione 8 : sviluppo tecnologico, innovazione sociale, nuovo sistema impresa, investimento di capitale finanziario e azionariato diffuso, non costituiscono più un circuito virtuoso capace di generare benefici per tutte le componenti del sistema. Alcuni cambiamenti di natura tecnologica, organizzativa e gestionale introdotti dalle ICT sono irreversibili, ed è su questi che occorre focalizzare gli strumenti di ricerca e d osservazione analitica. Le imprese che più direttamente operano sul mercato dei beni e dei servizi ICT sono impegnate in una difficile fase di transizione, dalle conseguenze sovente dolorose in termini occupazionali e di redditività. I due intervistati ci confermano 9 infatti che il settore ICT ha visto negli anni 2002 e 2003 un generale fenomeno di decurtazione del personale, dovuto alle ristrettezze economiche in cui versavano la maggior parte delle imprese ed ai cali impressionanti dei ricavi. Nel contempo, è una transizione in cui le medesime imprese stanno selezionando le proprie risorse strategiche, focalizzando i business reali, ottimizzando prestazioni e processi, nella direzione di una crescente razionalità del sistema. Esaurita la stagione della crescita esponenziale e dei guadagni facili, la cui fine è stata certamente accelerata da comportamenti speculativi, gli operatori stanno, finalmente, entrando nell economia, intesa classicamente come agire razionale in condizioni di scarsità di risorse. Troppo frettolosamente entusiasti, analisti della net economy ed operatori di mercato alla continua ricerca di innovazione avevano decretato la fine dell economia dei luoghi come variabile essenziale nei processi produttivi 10. Il battesimo di fuoco della prima grande crisi ha costretto molti a ritornare sui 8 Castells M., L'età dell'informazione Volgere di millennio, Milano, Università Bocconi editore, volume III, traduzioni Egea pp.20-30, 2004 9 Interviste a Luisa Gallo e Marco Caciulli (24/03/2003) 10 Butera F., Il campanile e la rete, in Il Sole 24 ore, 22/4/2004 14

propri passi, inducendoli a più accorte valutazioni e alla riconsiderazione della rinnovata importanza che il territorio viene assumendo. Può forse sembrare un paradosso: nel momento in cui si esaminano analiticamente i processi di finanziarizzazione e di globalizzazione, il superamento o la forte ridefinizione dei classici confini fisici e politici, l economia dei luoghi torna prepotentemente a far valere il proprio peso. Ma per i più previdenti tra gli imprenditori della new economy, ovvero coloro che hanno saggiamente preferito puntare sulla solidità dei progetti piuttosto che sulle sirene dei facili guadagni di Borsa, questa non è una novità. Fin dal momento di decidere dove aprire la propria sede produttiva essi avevano capito che non si trattava di una scelta neutra e indifferente. La costruzione di capitale sociale, vero punto di forza per i neo-imprenditori delle nuove tecnologie che aggrediscono il mercato, la creazione di comunità, non possono svilupparsi solo attraverso la virtualità della Rete. È indispensabile la vicinanza fisica, il contatto diretto, il comune vissuto delle dinamiche territoriali. Allo stesso modo, un impresa specializzata in attività di consulenza non può che trovarsi vicino al cliente. Serve un mercato del lavoro attrattivo, in cui sia ricca la disponibilità di competenze professionali di tipo dirigenziale e tecnico, con elevati tassi di neo-imprenditorialità e lavoro indipendente 11. È necessaria, superfluo a dirsi, una dotazione strutturale e infrastrutturale adeguata alle esigenze che non sia legata in maniera esclusiva all informatica e alle telecomunicazioni. La presenza di università e organi istituzionali formativi e di ricerca è un'altra condizione necessaria per lo sviluppo generale di un'area. Il vero problema è come adoperarsi affinché questi soggetti facciano coagulo, facciano sistema. Problemi quali la formazione e l aggiornamento professionale non possono essere risolti in proprio, senza confrontarsi con l ipotesi di un interazione sinergica fatta di imprese, università e pubbliche amministrazioni 12. Il nuovo contesto economico sociale muove verso forme strutturali nuove, con maggiore importanza per le dinamiche cooperative e di relazionamento tra 11 Castells M., L'età dell'informazione - La nascita delle società in rete, Milano, Università Bocconi editore, volume I, traduzioni Egea pp.3-6, 2001 12 Castells M., op.cit. pp 25-28 15

i vari soggetti di un territorio, senza con questo limitare il raggio di azione del singolo. Fenomeni reticolari tra imprese si stanno sviluppando ovunque, facilitati dall'utilizzo delle ICT, in una logica di accumulo delle conoscenze, come fonte di valore per superare la fase di transizione e proiettarsi verso un futuro competitivo. 16

1.2 Informazionalismo e complessità organizzativa L'informazionalismo, ovvero il nuovo fenomeno a cui stiamo assistendo, naturale derivazione della velocità di circolazione dell'informazione nell'era della rete, fa sì che la comunicazione e la condivisione delle conoscenze e dei saperi crei un guadagno condiviso per tutti gli attori che si inseriscono nelle reti; sostanzialmente oggi è impensabile che un'impresa di qualsiasi tipo non debba fare i conti con la rete. Questa è una realtà storica che imposta il paradigma organizzativo su forme e modelli economici diversi dal passato, e che prevede alcuni punti fermi. Riassiumiamoli 13 : reti d'impresa : sotto forme diverse, in diversi contesti e derivanti da espressioni culturali distinte. Reti basate sulla famiglia come in Cina o in Italia settentrionale; reti imprenditoriali che nascono da vivai tecnologici come Silicon Valley; reti gerarchiche sul modello delle keiretsu giapponesi; reti organizzative di unità aziendali decentrate rispetto a grandi imprese precedentemente integrate verticalmente ma ora obbligate ad adattarsi alle realtà del tempo; reti aziendali costituite da clienti e fornitori di una data impresa, inserite in una più grande ragnatela di reti formatasi attorno ad altre società interconnesse in rete; infine reti cross-border derivanti da alleanze strategiche tra imprese e dalle loro reti sussidiarie di sostegno. Strumenti tecnologici (ICT): nuove reti di telecomunicazione; nuovi e potenti desktop computer; dispositivi di elaborazione legati a potenti server; nuovi software applicativi e adattabili; nuovi sistemi di comunicazione mobile che estendono collegamenti online in qualsiasi luogo e momento; linguaggio digitale diffuso tra i nuovi managers e lavoratori. Concorrenza globale: costante ridefinizione di prodotti, processi, mercati e 13 Vaciago E., Vaciago G. La new economy, Bologna, Il Mulino, pp. 35-45, 2001 17

input, tra cui capitale e informazione. Lo stato: è sempre presente nella fase di sviluppo e decollo di un'economia, come nell'est asiatico; è agente costituente quando è necessario riconfigurare le istituzioni economiche come nell'unione Europea; è coordinatore, quando le reti territoriali hanno bisogno delle amministrazioni locali per creare quelle sinergie essenziali allo sviluppo dell'innovazione; infine è anche messaggero, quando si tratta di indirizzare un'economia nazionale o l'ordine economico mondiale verso una nuova fase storica, come è accaduto per il governo degli Stati Uniti per la costruzione di autostrade informatiche nel XXI secolo oppure per quanto riguarda la liberalizzazione dei mercati mondiali. Tutti questi elementi si uniscono per generare metaforicamente un singolo immenso organismo che è il simbolo dell'informazionalismo: l'impresa rete. L'economia informazionale costituisce un sistema socio-economico differente dal sistema dell'economia industriale, ma la differenza non sta nelle fonti di aumento della produzione, in quanto, in entrambi i casi, la conoscenza e l'elaborazione di informazioni rappresentano dei fattori cruciali per la crescita economica. Lo possono dimostrare la storia dell'industria chimica basata sulla scienza o la rivoluzione manageriale che ha creato il fordismo. La peculiarità invece risiede nella comprensione del potenziale di produttività dell'economia industriale matura, grazie ad uno spostamento verso un paradigma tecnologico fondato sulle ICT. L'economia informazionale incorpora conoscenze e informazioni in tutti i processi di produzione, gestione e distribuzione, creando la possibilità per le imprese di attuare forme di internazionalizzazione e outsourcing che svelano al capitalismo precedente nuovi campi di conquista, nuove risorse sfruttabili e nuove strade percorribili 14. Le ICT hanno fornito l'infrastruttura sulla quale l'espansionismo capitalista ha poggiato le basi per trasformarsi da mondiale a globale. Tuttavia gran parte della produzione e delle imprese rimane locale e regionale, per questo possiamo dire che la logica dell'informazionalismo non contrasta con quella dell'imprenditorialismo tradizionalmente inteso, ma ne potrebbe essere la conseguente evoluzione. 14 Rullani E., Il valore della conoscenza, in Economia e politica industriale, n.82, 1994 18

Le ICT si attestano attorno al vecchio modello non modificandolo, ma aprendone la strada verso una nuova evoluzione. Il passaggio da industrialismo a informazionalismo, comunque, non è stato e non è così automatico per tutti. L'arrivo della nuova economia ha fatto selezione tra imprese, settori zone e paesi. Chi non si è adattato al nuovo sistema ha subito un crollo decisivo: un esempio calzante può essere quello dell'unione Sovietica che, a causa della rigidità del suo sistema industriale, non si è inserita nel paradigma informazionale e non ha saputo mantenere un valore produttivo ed economico sufficiente continuando nella sua politica individuale 15. Il fenomeno del passaggio da industrialismo a informazionalismo non è paragonabile a nessun'altro evento del passato dell'umanità, neanche al passaggio dall'economia agricola all'economia industriale o alla nascita del settore dei servizi. L'avvento dell'informazionalismo è un evento che pervade tutti i campi dell'agire umano, è qualcosa che interagisce anche con il più piccolo momento della vita quotidiana di ognuno di noi, diffondendosi non solo nel mondo dell'economia, ma nelle vite stesse dei cittadini del villaggio globale. Esistono oggi infatti un'agricoltura informazionale, un'industria informazionale e un terziario informazionale che producono e distribuiscono sulla base di informazioni e conoscenze incorporate nelle varie attività grazie alle ICT 16. Da Max Weber 17 apprendiamo che il capitalismo è l'effetto causato da un fondamento etico che risiede nell'uomo e che produce l'iniziativa imprenditoriale. Esisteva ed ancora esiste uno spirito del capitalismo che ha dato vita all'imprenditorialismo espansionista, un sentimento umano che non poteva essere soppresso. Il capitalismo ha trovato terreno fertile prima in alcuni singoli individui e poi, attraverso un processo selettivo, ha finito per contagiare interi gruppi sociali, fino a diventare la concezione fondamentale del sistema economico mondiale: sorge quindi spontaneo chiedersi se esista uno spirito 15 Balestri A., Devolution, regioni e distretti, www.clubdeidistretti.it. 2001 16 Castells M., Galassia Internet, Milano, Feltrinelli, pp. 101-105 2002 17 Weber M., Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus, 1945, traduzione Burresi P., L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, pp. 145-155, 1970 19

dell'informazionalismo 18 che ha dato la spinta iniziale verso la costruzione delle reti tra imprese. Secondo Castells il fondamento socio-economico non è una nuova cultura o un nuovo sistema di valori, in quanto la diversificazione culturale dei soggetti, facenti parte della rete, e la molteplicità insita nella ragnatela vanno contro un'idea di cultura collettiva unificante. Non si tratta nemmeno di un insieme di istituzioni, in quanto l'impresa rete si snoda in diversi sistemi istituzionali e si plasma nelle più svariate forme organizzative. Ma in effetti esiste un codice culturale comune ai diversi aspetti dell'impresa rete. Tale codice è costituito dalle molte culture, dai molti valori, dalle istituzioni, dalle tradizioni e dalle idee che inducono i partecipanti a muoversi all'interno della rete ed ad adattarsi e trasformarsi al ritmo dell'avvicendarsi dei nuovi attori e delle nuove strutture nell'unità rete. È una cultura, ma una cultura mista, un mosaico di esperienze ed interessi che si intrecciano tra di loro, si scontrano e collaborano, e sono in continua evoluzione. Una realtà sfaccettata, anche virtuale. L'impresa impara a vivere all'interno di questa cultura ed ogni tentativo di stabilizzare la posizione all'interno della rete porta ad una obsolescenza strutturale che è troppo rigida rispetto al sistema variabile dell'informazionalismo. Lo spirito dell'informazionalismo è quindi una forza distruttrice creatrice 19, in cui la complessità è predominante ed irregolare, e si velocizza sempre di più grazie all'incremento della potenza dei calcolatori, che elaborano ed inviano i segnali e al continuo sviluppo di nuovi applicativi software e hardware. Il risultato pratico è una internazionalizzazione della produzione strutturata su reti di imprese che si reggono su alleanze strategiche e che perseguono scopi comuni, prediligendo lo scambio informativo e la cooperazione al posto dell'individualismo economico tipico dell'impresa fordista. La forma che il nuovo sistema economico assume è quella di una ragnatela che cambia costantemente forma sia nel complesso sia a livello di singolo nodo, in quanto ogni nuova impresa o società che si inserisce va ad occupare un posto nel territorio mondiale in base a caratteristiche di vantaggio 18 Castells M., L'età dell'informazione - La nascita delle società in rete, Milano, Università Bocconi editore, volume I, traduzioni Egea pp.30-31, 2001 19 Castells, op.cit, p 35 20