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Transcript:

S.Th., I a, q. 13, a. 1 Se Dio sia da noi nominabile [Ob. 2] Omne nomen aut dicitur in abstracto, aut in concreto. Sed nomina significantia in concreto, non competunt Deo, cum simplex sit, neque nomina significantia in abstracto, quia non significant aliquid perfectum subsistens. Ergo nullum nomen potest dici de Deo. Praeterea, nomina significant substantiam cum qualitate; verba autem et participia significant cum tempore; pronomina autem cum demonstratione vel relatione. Quorum nihil competit Deo, quia sine qualitate est et sine omni accidente, et sine tempore; et sentiri non potest, ut demonstrari possit; nec relative significari, cum relativa sint aliquorum antedictorum recordativa, vel nominum, vel participiorum, vel pronominum demonstrativorum. Ergo Deus nullo modo potest nominari a nobis. 2. Ogni nome si dice o in astratto o in concreto. Ma i nomi che significano in concreto non competono a Dio, poiché è semplice; e neanche i nomi che significano in astratto, perché non significano un perfetto sussistente. Dunque nessun nome può dirsi di Dio. 3. Inoltre, i nomi significano la sostanza con la qualità; i verbi e i participi significano con il tempo; i pronomi invece con dimostrazione o relazione. Di queste cose, nessuna compete a Dio perché: è senza qualità e senza nessun accidente, anche senza tempo, e non si può sentire, onde poterlo dimostrare, e neppure significare relativamente, poiché i relativi sono ricordativi di cose prima dette, o di nomi, o di participi, o di pronomi dimostrativi. Dunque in nessun modo Dio può essere da noi nominato. Respondeo dicendum quod, secundum Philosophum, voces sunt signa intellectuum, et intellectus sunt rerum similitudines. Et sic patet quod voces referuntur ad res significandas, mediante conceptione intellectus. Secundum igitur quod aliquid a nobis intellectu cognosci potest, sic a nobis potest nominari. Ostensum est autem supra quod Deus in hac vita non potest a nobis videri per suam essentiam; sed cognoscitur a nobis ex creaturis, secundum habitudinem principii, et per modum excellentiae et remotionis. Sic igitur potest nominari a nobis ex creaturis, non tamen ita quod nomen significans ipsum, exprimat divinam essentiam secundum quod est, sicut hoc nomen homo exprimit sua significatione essentiam hominis secundum quod est, significat enim eius definitionem, declarantem eius essentiam; ratio enim quam significat nomen, est definitio. Ad secundum dicendum quod, quia ex creaturis in Dei cognitionem venimus, et ex ipsis eum nominamus, nomina quae Deo attribuimus, hoc modo significant, secundum quod competit creaturis materialibus, quarum cognitio est nobis connaturalis, ut supra dictum est. Et quia in huiusmodi creaturis, ea quae sunt perfecta et subsistentia sunt composita; forma autem in eis non est aliquid completum subsistens, sed magis quo aliquid est, inde est quod omnia nomina a nobis imposita ad significandum aliquid completum subsistens, significant in concretione, prout competit compositis; quae autem imponuntur ad significandas formas simplices, significant aliquid non ut subsistens, sed ut quo aliquid est, sicut albedo significat ut quo aliquid est album. Quia igitur et Deus simplex est, et subsistens est, attribuimus ei et nomina abstracta, ad significandam simplicitatem eius; et nomina concreta, ad significandum subsistentiam et perfectionem ipsius, quamvis utraque nomina deficiant a modo ipsius, sicut intellectus noster non cognoscit eum ut est, secundum hanc vitam. Rispondo dicendo che, secondo il Filosofo, le voci sono segni dei concetti, e i concetti sono somiglianze delle cose. E così si evidenzia che mediante la concezione dell intelletto le voci si riferiscono alle cose da significare. Pertanto a seconda che qualcosa può esserci noto per l intelletto, così può essere da noi nominato. Si è visto sopra che Dio in questa vita non può essere da noi visto per la sua essenza ma è conosciuto da noi a partire dalle creature, secondo il rapporto di principio e per modo di eccellenza e rimozione. Così pertanto può essere da noi nominato a partire dalle creature: non tuttavia in tal maniera che il nome che lo significa esprima la divina essenza com essa è, così come, invece, il termine «uomo» esprime nel suo significato la essenza dell uomo com essa è significa infatti la sua definizione, che dichiara la sua essenza, [e] la ratio che il nome significa è la definizione. Alla seconda, dicendo che siccome arriviamo alla conoscenza di Dio a partire dalle creature, i nomi che gli attribuiamo significano nel modo che compete alle creature materiali, la cui cognizione ci è connaturale, come si è detto. E poiché in questo tipo di creature quelle che sono perfette e sussistenti sono composte e la forma invece in esse non è un qualcosa di completo sussistente, ma piuttosto ciò per cui qualcosa è, per questo è che tutti i nomi da noi imposti per significare qualcosa di completo sussistente significano concretamente, come compete ai composti, e quelli che s impongono per significare le forme semplici significano qualcosa non come sussistente, ma come ciò per cui qualcosa è, come la bianchezza significa ciò per cui qualcosa è bianco. Pertanto, siccome Dio è e semplice e sussistente, per significare la sua semplicità gli attribuiamo dei nomi astratti e, per significare la sua sussistenza e perfezione, nomi concreti, anche se tutti e due i tipi di nomi si mostrino deficienti riguardo al modo suo, come anche il nostro intelletto non lo conosce com Egli è, in questa vita. 1

Ad tertium dicendum quod significare substantiam cum qualitate, est significare suppositum cum natura vel forma determinata in qua subsistit. Unde, sicut de Deo dicuntur aliqua in concretione, ad significandum subsistentiam et perfectionem ipsius, sicut iam dictum est, ita dicuntur de Deo nomina significantia substantiam cum qualitate. Verba vero et participia consignificantia tempus dicuntur de ipso, ex eo quod aeternitas includit omne tempus, sicut enim simplicia subsistentia non possumus apprehendere et significare nisi per modum compositorum, ita simplicem aeternitatem non possumus intelligere vel voce exprimere, nisi per modum temporalium rerum; et hoc propter connaturalitatem intellectus nostri ad res compositas et temporales. Pronomina vero demonstrativa dicuntur de Deo, secundum quod faciunt demonstrationem ad id quod intelligitur, non ad id quod sentitur, secundum enim quod a nobis intelligitur, secundum hoc sub demonstratione cadit. Et sic, secundum illum modum quo nomina et participia et pronomina demonstrativa de Deo dicuntur, secundum hoc et pronominibus relativis significari potest. Alla terza dicendo che significare la sostanza con la qualità è significare il supposito con la natura o forma determinata nella quale sussiste. Per cui, così come di Dio si dicono alcune cose concretamente per significare la sua sussistenza e perfezione, come si è già detto, così si dicono di Dio i nomi che significano la sostanza con la qualità. I verbi invece e i participi, che cosignificano il tempo, si dicono di lui perché l eternità include ogni tempo: così infatti come non possiamo apprendere né significare le cose semplici sussistenti se non al modo dei composti, così anche non possiamo capire né esprimere con la voce la semplice eternità se non al modo delle cose temporali e ciò per la connaturalità del nostro intelletto alle cose composte e temporali. I pronomi dimostrativi invece si dicono di Dio in quanto intendono indicare quello che si pensa e non quello che si sente: infatti, nella misura in cui è da noi capito, possiamo anche indicarlo. E così, secondo il modo in cui i nomi e i participi e i pronomi dimostrativi si dicono di Dio, secondo questo modo anche mediante i pronomi relativi lo si può significare. S.Th., I a, q. 13, a. 2 Se alcuni nomi detti di Dio si dicano di lui sostanzialmente [Ob. 2] Dicit Dionysius, I cap. de Div. Nom., omnem sanctorum theologorum hymnum invenies, ad bonos thearchiae processus, manifestative et laudative Dei nominationes dividentem, et est sensus, quod nomina quae in divinam laudem sancti doctores assumunt, secundum processus ipsius Dei distinguuntur. Sed quod significat processum alicuius rei, nihil significat ad eius essentiam pertinens. Ergo nomina dicta de Deo, non dicuntur de ipso substantialiter. Praeterea, secundum hoc nominatur aliquid a nobis, secundum quod intelligitur. Sed non intelligitur Deus a nobis in hac vita secundum suam substantiam. Ergo nec aliquod nomen impositum a nobis, dicitur de Deo secundum suam substantiam. Respondeo dicendum quod de nominibus quae de Deo dicuntur negative, vel quae relationem ipsius ad creaturam significant, manifestum est quod substantiam eius nullo modo significant; sed remotionem alicuius ab ipso, vel relationem eius ad alium, vel potius alicuius ad ipsum. Sed de nominibus quae absolute et affirmative de Deo dicuntur, sicut bonus, sapiens, et huiusmodi, multipliciter aliqui sunt opinati. a) Quidam enim dixerunt quod haec omnia nomina, licet affirmative de Deo dicantur, tamen magis inventa sunt ad aliquid removendum a Deo, quam ad aliquid ponendum in ipso. Unde dicunt quod, cum dicimus Deum esse viventem, significamus quod Deus non hoc modo est, sicut res inanimatae, et similiter accipiendum est in aliis. Et hoc posuit Rabbi Moyses. b) Alii vero dicunt quod haec nomina imposita sunt ad significandum habitudinem eius ad creata, ut, cum dicimus Deus est bonus, sit sensus, Deus est causa bonitatis in rebus. Et eadem ratio est in aliis. Dice Dionigi: «Troverai che ogni inno dei sacri teologi dedicato alle belle derivazioni della potenza divina, divide le nominazioni di Dio manifestativamente e laudativamente». Il senso è che i nomi che i santi dottori assumono nella lode divina si distinguono secondo la derivazione dello stesso Dio. Ma ciò che significa la derivazione di qualche cosa non significa niente che appartenga alla sua essenza. Dunque, i nomi detti di Dio non si dicono di lui sostanzialmente. Qualcosa è nominato da noi secondo come viene capito. Ora, in questa vita Dio non è da noi capito secondo la sua sostanza. Pertanto neanche un nome da noi imposto si dice di Dio secondo la sua sostanza. Rispondo dicendo che dei nomi che si dicono di Dio negativamente o che significano una sua relazione alla creatura, è manifesto che in nessun modo significano la sua sostanza, ma solo la remozione di qualcosa da lui o la sua relazione ad altro o meglio di un altro a lui. Ma dei nomi che si dicono di Dio assolutamente e affermativamente, come «buono», «sapiente» e altri del genere, ci sono state diverse opinioni. a) Alcuni dissero che tutti questi nomi, anche se si dicono affermativamente, tuttavia sono stati trovati più per rimuovere qualcosa che non per porre qualcosa in lui. Per cui dicono che, quando diciamo che Dio è vivente, significhiamo che Dio non è al modo delle cose inanimate, e così negli altri casi. Questo lo affermò Maimonide. b) Altri dicono che questi nomi sono imposti per significare il suo rapporto con le cose create, per cui, quando diciamo «Dio è buono» il senso è «Dio è causa della bontà nelle cose». E lo stesso negli altri casi. 2

Sed utrumque istorum videtur esse inconveniens, propter tria. Primo quidem, quia secundum neutram harum positionum posset assignari ratio quare quaedam nomina magis de Deo dicerentur quam alia. Sic enim est causa corporum, sicut est causa bonorum, unde, si nihil aliud significatur, cum dicitur Deus est bonus, nisi Deus est causa bonorum, poterit similiter dici quod Deus est corpus, quia est causa corporum. Item, per hoc quod dicitur quod est corpus, removetur quod non sit ens in potentia tantum, sicut materia prima. Secundo, quia sequeretur quod omnia nomina dicta de Deo, per posterius dicerentur de ipso, sicut sanum per posterius dicitur de medicina, eo quod significat hoc tantum quod sit causa sanitatis in animali, quod per prius dicitur sanum. Tertio, quia hoc est contra intentionem loquentium de Deo. Aliud enim intendunt dicere, cum dicunt Deum viventem, quam quod sit causa vitae nostrae, vel quod differat a corporibus inanimatis. Et ideo aliter dicendum est, quod huiusmodi quidem nomina significant substantiam divinam, et praedicantur de Deo substantialiter, sed deficiunt a repraesentatione ipsius. Quod sic patet. Significant enim sic nomina Deum, secundum quod intellectus noster cognoscit ipsum. Intellectus autem noster, cum cognoscat Deum ex creaturis, sic cognoscit ipsum, secundum quod creaturae ipsum repraesentant. Ostensum est autem supra quod Deus in se praehabet omnes perfectiones creaturarum, quasi simpliciter et universaliter perfectus. Unde quaelibet creatura intantum eum repraesentat, et est ei similis, inquantum perfectionem aliquam habet, non tamen ita quod repraesentet eum sicut aliquid eiusdem speciei vel generis, sed sicut excellens principium, a cuius forma effectus deficiunt, cuius tamen aliqualem similitudinem effectus consequuntur; sicut formae corporum inferiorum repraesentant virtutem solarem. Et hoc supra expositum est, cum de perfectione divina agebatur. Sic igitur praedicta nomina divinam substantiam significant, imperfecte tamen, sicut et creaturae imperfecte eam repraesentant. Cum igitur dicitur Deus est bonus, non est sensus, Deus est causa bonitatis, vel Deus non est malus, sed est sensus, id quod bonitatem dicimus in creaturis, praeexistit in Deo, et hoc quidem secundum modum altiorem. Unde ex hoc non sequitur quod Deo competat esse bonum inquantum causat bonitatem, sed potius e converso, quia est bonus, bonitatem rebus diffundit, secundum illud Augustini, de Doct. Christ., inquantum bonus est, sumus. Ad secundum dicendum quod in significatione nominum, aliud est quandoque a quo imponitur nomen ad significandum, et id ad quod significandum nomen imponitur, sicut hoc nomen lapis imponitur ab eo quod laedit pedem, non tamen imponitur ad hoc significandum quod significet laedens pedem, sed ad significandam quandam speciem corporum; alioquin omne laedens pedem esset lapis. Sic igitur dicendum est quod huiusmodi divina nomina imponuntur quidem a processibus deitatis, sicut enim Ora, ambedue le opinioni non soddisfano, per tre motivi. [1] Primo, perché secondo nessuna di queste posizioni si potrebbe spiegare perché si dicano di Dio più certi nomi che non altri. È tanto causa dei corpi come dei beni, per cui, se quando si dice «Dio è buono» non altro si significa se non che Dio è causa dei beni, si potrebbe ugualmente dire che Dio è corpo, perché è causa dei corpi. Così anche quando si dice che qualcosa è corpo si rimuove che non sia l ente in potenza soltanto, come la materia prima. [2] Secondo, perché conseguirebbe che tutti i nomi detti di Dio si direbbero di lui derivatamente, così come «sano» si dice della medicina derivatamente, per il fatto che significa soltanto che è causa della salute nell animale, il quale si dice primariamente sano. [3] Terzo, perché ciò è contro l intenzione di coloro che parlano su Dio. Infatti, quando dicono che Dio è vivente, intendono dire un altra cosa che l essere causa della nostra vita o distinguersi dai corpi inanimati. E perciò bisogna dire altrimenti, che questi nomi significano la sostanza divina, e si predicano di Dio sostanzialmente, ma sono difettosi nel modo di rappresentarlo. Ciò che si evidenzia così. I nomi significano Dio secondo il modo in cui il nostro intelletto lo conosce. Ora, conoscendo Dio a partire dalle creature, il nostro intelletto lo conosce nella misura in cui le creature lo rappresentano. Si è mostrato sopra però che Dio precontiene in sé tutte le perfezioni delle creature, essendo assolutamente e universalmente perfetto. Perciò qualsiasi creatura in tanto lo rappresenta e gli è simile, in quanto ha una certa perfezione: non però che lo rappresenti come qualcosa della stessa specie o genere, ma come un principio eccellente nei confronti della cui forma gli effetti sono inferiori ma ottenendo tuttavia una certa somiglianza, come le forme dei corpi inferiori rappresentano la virtù del sole questo è stato esposto sopra, quando si è parlato della perfezione divina. Così, pertanto, i nomi sopraddetti significano la sostanza divina, tuttavia imperfettamente, come anche le creature imperfettamente la rappresentano. Pertanto, quando si dice «Dio è buono», il senso non è «Dio è causa della bontà» o «Dio non è cattivo», ma il senso è «quello che chiamiamo bontà nelle creature, preesiste in Dio, e in un modo ancora più alto». Perciò da questo non segue che a Dio competa di essere buono in quanto causa la bontà, ma piuttosto al rovescio, perché è buono diffonde la sua bontà nelle cose, secondo quello di Agostino: «in quanto è buono, noi siamo. Alla seconda dicendo che nella significazione dei nomi talvolta un conto è quello a partire da cui s impone un nome per significare qualcosa, e [un altro conto] quello per significare il quale un nome è imposto. Così, il nome «pietra» s impone a partire da ciò che lesiona il piede, ma non s impone per significare ciò che lesiona il piede, bensì per significare una certa specie di corpi: altrimenti tutto ciò che lesiona un piede sarebbe una pietra. Così pertanto bisogna dire che questi nomi divini 3

secundum diversos processus perfectionum, creaturae Deum repraesentant, licet imperfecte; ita intellectus noster, secundum unumquemque processum, Deum cognoscit et nominat. Sed tamen haec nomina non imponit ad significandum ipsos processus, ut, cum dicitur Deus est vivens, sit sensus, ab eo procedit vita, sed ad significandum ipsum rerum principium, prout in eo praeexistit vita, licet eminentiori modo quam intelligatur vel significetur. Ad tertium dicendum quod essentiam Dei in hac vita cognoscere non possumus secundum quod in se est, sed cognoscimus eam secundum quod repraesentatur in perfectionibus creaturarum. Et sic nomina a nobis imposita eam significant. s impongono a partire dalle derivazioni della divinità: infatti, così come, anche se imperfettamente, le creature rappresentano Dio secondo le diverse derivazioni delle perfezioni, così il nostro intelletto lo conosce e lo nomina secondo entrambe le derivazioni. Questi nomi però non vengono imposti per significare le derivazioni stesse, come se quando si dice «Dio è vivente» il senso fosse «quello da cui deriva la vita», ma per significare il principio stesso delle cose in quanto in esso preesiste la vita, anche se in un modo più eminente che non quello che s intenda o si esprima. Alla terza dicendo che in questa vita non possiamo conoscere l essenza di Dio com è in se stessa, ma la conosciamo nella misura in cui è rappresentata nelle perfezioni delle creature: e così i nomi da noi imposti la significano. S.Th., I a, q. 13, a. 3 Se alcuni nomi si dicano di Dio propriamente o tutti siano metaforici Ad tertium sic proceditur. Videtur quod nullum nomen dicatur de Deo proprie. Omnia enim nomina quae de Deo dicimus, sunt a creaturis accepta, ut dictum est. Sed nomina creaturarum metaphorice dicuntur de Deo, sicut cum dicitur Deus est lapis, vel leo, vel aliquid huiusmodi. Ergo omnia nomina dicta de Deo, dicuntur metaphorice. [Ob. 3] Praeterea, nomina corporum non dicuntur de Deo nisi metaphorice, cum sit incorporeus. Sed omnia huiusmodi nomina implicant quasdam corporales conditiones, significant enim cum tempore, et cum compositione, et cum aliis huiusmodi, quae sunt conditiones corporum. Ergo omnia huiusmodi nomina dicuntur de Deo metaphorice. Riguardo al terzo si procede così. Sembra che nessun nome si dica di Dio propriamente. Infatti tutti i nomi che diciamo di Dio sono presi dalle creature, come si è detto. Ora, i nomi delle creature si dicono di Dio metaforicamente, come quando si dice che Dio è una roccia, o un leone o cose del genere. Dunque, tutti i nomi detti di Dio si dicono metaforicamente. Inoltre, poiché è incorporeo, i nomi dei corpi non si dicono di Dio se non metaforicamente. Ora tutti questi nomi comportano certe condizioni corporali: infatti, significano temporalmente, e con composizione e altre cose del genere, che sono condizioni dei corpi. Dunque tutti i nomi di questo tipo si dicono di Dio metaforicamente. Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, Deum cognoscimus ex perfectionibus procedentibus in creaturas ab ipso; quae quidem perfectiones in Deo sunt secundum eminentiorem modum quam in creaturis. Intellectus autem noster eo modo apprehendit eas, secundum quod sunt in creaturis, et secundum quod apprehendit, ita significat per nomina. In nominibus igitur quae Deo attribuimus, est duo considerare, scilicet, perfectiones ipsas significatas, ut bonitatem, vitam, et huiusmodi; et modum significandi. Quantum igitur ad id quod significant huiusmodi nomina, proprie competunt Deo, et magis proprie quam ipsis creaturis, et per prius dicuntur de eo. Quantum vero ad modum significandi, non proprie dicuntur de Deo, habent enim modum significandi qui creaturis competit. Ad primum ergo dicendum quod quaedam nomina significant huiusmodi perfectiones a Deo procedentes in res creatas, hoc modo quod ipse modus imperfectus quo a creatura participatur divina perfectio, in ipso nominis Rispondo dicendo che, come si è detto, conosciamo Dio a partire dalle perfezioni che da lui derivano alle creature, perfezioni che in Dio si trovano in un modo più eminente che non nelle creature. Ora, il nostro intelletto le apprende in quel modo secondo cui si trovano nelle creature, e così come le apprende, così le significa per i nomi. Pertanto, nei nomi che attribuiamo a Dio ci sono due aspetti da considerare, cioè, le perfezioni stesse significate, come la bontà, la vita, e via dicendo, e il modo di significare. Pertanto, riguardo a quello che significano questi nomi, essi competono a Dio propriamente, e più propriamente che non alle stesse creature, e si dicono primariamente di lui. Invece, riguardo al modo di significare, non si dicono propriamente di Dio: infatti, hanno il modo di significare che compete alle creature. Alla prima dunque dicendo che certi nomi significano queste perfezioni che derivano da Dio alle cose create, in maniera tale che il modo stesso imperfetto in cui una divina perfezione è partecipata dalla creatura è 4

significato includitur, sicut lapis significat aliquid materialiter ens, et huiusmodi nomina non possunt attribui Deo nisi metaphorice. Quaedam vero nomina significant ipsas perfectiones absolute, absque hoc quod aliquis modus participandi claudatur in eorum significatione, ut ens, bonum vivens, et huiusmodi, et talia proprie dicuntur de Deo. Ad tertium dicendum quod ista nomina quae proprie dicuntur de Deo important conditiones corporales, non in ipso significato nominis, sed quantum ad modum significandi. Ea vero quae metaphorice de Deo dicuntur, important conditionem corporalem in ipso suo significato. incluso nel significato stesso del nome, come la pietra significa un ente materiale, e questi nomi non si possono attribuire a Dio se non metaforicamente. Certi nomi però significano le perfezione stesse in assoluto, senza che qualche modo di partecipare si racchiuda nella loro significazione, come ente, buono, vivente, e via dicendo: e tali [nomi] si dicono di Dio propriamente. Alla terza dicendo che questi nomi che si dicono propriamente di Dio comportano le condizioni corporali non nel significato stesso del nome, bensì in quanto al modo di significare. Invece, quelle cose che si dicono metaforicamente di Dio comportano la condizione corporale nel loro significato stesso. S.Th., I a, q. 13, a. 4 Se i molteplici nomi detti di Dio siano sinonimi Ad quartum sic proceditur. Videtur quod ista nomina dicta de Deo, sint nomina synonyma. Synonyma enim nomina dicuntur, quae omnino idem significant. Sed ista nomina dicta de Deo, omnino idem significant in Deo, quia bonitas Dei est eius essentia, et similiter sapientia. Ergo ista nomina sunt omnino synonyma. Si dicatur quod ista nomina significant idem secundum rem, sed secundum rationes diversas, contra, ratio cui non respondet aliquid in re, est vana; si ergo istae rationes sunt multae, et res est una, videtur quod rationes istae sint vanae. Praeterea, magis est unum quod est unum re et ratione, quam quod est unum re et multiplex ratione. Sed Deus est maxime unus. Ergo videtur quod non sit unus re et multiplex ratione. Et sic nomina dicta de Deo non significant rationes diversas, et ita sunt synonyma. Riguardo al quarto si procede così. Sembra che questi nomi detti di Dio siano nomi sinonimi. Infatti, si dicono sinonimi i nomi che significano totalmente lo stesso. Ma questi nomi detti di Dio significano in Dio totalmente lo stesso, perché la bontà di Dio è la sua essenza, e similmente la sapienza. Dunque, questi nomi sono totalmente sinonimi. Se si dice poi che questi nomi significano realmente lo stesso ma secondo diverse rationes, si ribatte che la ratio alla quale non risponde qualcosa nella realtà è vana; se, dunque, queste rationes sono molte e la cosa è una, sembra che queste rationes siano vane. Inoltre, più uno è ciò che è uno realmente e nella ratio che ciò che è uno realmente e molteplice nella ratio. Ma Dio è massimamente uno. Dunque sembra che non sia uno realmente e molteplice nella ratio. Siccome i nomi detti di Dio non significano rationes diverse, sono sinonimi. Respondeo dicendum quod huiusmodi nomina dicta de Deo, non sunt synonyma. Quod quidem facile esset videre, si diceremus quod huiusmodi nomina sunt inducta ad removendum, vel ad designandum habitudinem causae respectu creaturarum, sic enim essent diversae rationes horum nominum secundum diversa negata, vel secundum diversos effectus connotatos. Sed secundum quod dictum est huiusmodi nomina substantiam divinam significare, licet imperfecte, etiam plane apparet, secundum praemissa, quod habent rationes diversas. Ratio enim quam significat nomen, est conceptio intellectus de re significata per nomen. Intellectus autem noster, cum cognoscat Deum ex creaturis, format ad intelligendum Deum conceptiones proportionatas perfectionibus procedentibus a Deo in creaturas. Quae quidem perfectiones in Deo praeexistunt unite et simpliciter, in creaturis vero recipiuntur divise et multipliciter. Sicut igitur diversis perfectionibus creaturarum respondet unum simplex principium, repraesentatum per diversas perfectiones creaturarum varie et multipliciter; ita variis et multiplicibus Rispondo dicendo che questi nomi detti di Dio non sono sinonimi. Ciò è facile da vedere se dicessimo che questi nomi sono orientati a rimuovere o a designare il rapporto di causa riguardo alle creature: così infatti ci sarebbero diverse rationes di questi nomi a seconda delle diverse negazioni o secondo i diversi effetti connotati. Ma anche appare apertamente che hanno rationes diversas, secondo le premesse, in quanto si è detto che questi nomi significano la sostanza divina anche se imperfettamente. Infatti, la ratio significata dal nome è la concezione dell intelletto della cosa significata dal nome. Ora, siccome il nostro intelletto conosce Dio a partire dalle creature, per pensare Dio forma delle concezioni proporzionata alle perfezioni derivanti da Dio nelle creature. Perfezioni che in Dio preesistono unitamente e assolutamente, mentre nelle creature sono ricevute divisamente e molteplicemente. Pertanto, così come alle diverse perfezioni delle creature risponde un unico semplice principio, rappresentato tramite le diverse perfezioni delle 5

conceptibus intellectus nostri respondet unum omnino simplex, secundum huiusmodi conceptiones imperfecte intellectum. Et ideo nomina Deo attributa, licet significent unam rem, tamen, quia significant eam sub rationibus multis et diversis, non sunt synonyma. Et sic patet solutio ad primum, quia nomina synonyma dicuntur, quae significant unum secundum unam rationem. Quae enim significant rationes diversas unius rei, non primo et per se unum significant, quia nomen non significat rem, nisi mediante conceptione intellectus, ut dictum est. Ad secundum dicendum quod rationes plures horum nominum non sunt cassae et vanae, quia omnibus eis respondet unum quid simplex, per omnia huiusmodi multipliciter et imperfecte repraesentatum. Ad tertium dicendum quod hoc ipsum ad perfectam Dei unitatem pertinet, quod ea quae sunt multipliciter et divisim in aliis, in ipso sunt simpliciter et unite. Et ex hoc contingit quod est unus re et plures secundum rationem, quia intellectus noster ita multipliciter apprehendit eum, sicut res multipliciter ipsum repraesentant. creature in maniera varia e molteplice, così alle varie e molteplici concezioni del nostro intelletto risponde una realtà totalmente semplice, pensata imperfettamente tramite queste concezioni. E perciò i nomi attribuiti a Dio, anche se significano un unica cosa, tuttavia poiché la significano sotto rationes molteplici e diverse, non sono sinonimi. E così si evidenzia la soluzione della prima obiezione, perché si dicono sinonimi i nomi che significano una cosa secondo la medesima ratio. Infatti, i nomi che significano le diverse rationes di una cosa, non significano innanzitutto e di per sé una cosa unica, perché il nome non significa la cosa se non mediante la concezione dell intelletto, come si è detto. Alla seconda, dicendo che le molteplici rationes di questi nomi non sono vane e superflue, perché a tutte quelle risponde un qualcosa di uno e semplice, rappresentato da tutte queste cose molteplicemente e imperfettamente. Alla terza, dicendo che alla perfetta unità di Dio appartiene che, quelle cose che in altri sono molteplicemente e divisamente, in lui siano assolutamente e unitamente. E da ciò avviene che sia uno realmente e molteplice secondo le rationes, perché il nostro intelletto lo apprende sì molteplicemente come le cose molteplicemente lo rappresentano. S.Th., I a, q. 13, a. 5 Se alcuni nomi si dicano di Dio e delle creature univocamente o equivocamente Ad quintum sic proceditur. Videtur quod ea quae dicuntur de Deo et creaturis, univoce de ipsis dicantur. Omne enim aequivocum reducitur ad univocum, sicut multa ad unum. Nam si hoc nomen canis aequivoce dicitur de latrabili et marino, oportet quod de aliquibus univoce dicatur, scilicet de omnibus latrabilibus, aliter enim esset procedere in infinitum. Inveniuntur autem quaedam agentia univoca, quae conveniunt cum suis effectibus in nomine et definitione, ut homo generat hominem; quaedam vero agentia aequivoca, sicut sol causat calidum, cum tamen ipse non sit calidus nisi aequivoce. Videtur igitur quod primum agens, ad quod omnia agentia reducuntur, sit agens univocum. Et ita, quae de Deo et creaturis dicuntur, univoce praedicantur. Respondeo dicendum quod impossibile est aliquid praedicari de Deo et creaturis univoce. Quia omnis effectus non adaequans virtutem causae agentis, recipit similitudinem agentis non secundum eandem rationem, sed deficienter, ita ut quod divisim et multipliciter est in effectibus, in causa est simpliciter et eodem modo; sicut sol secundum unam virtutem, multiformes et varias formas in istis inferioribus producit. Eodem modo, ut supra dictum est, omnes rerum perfectiones, quae sunt in rebus creatis divisim et multipliciter, in Deo praeexistunt unite. Riguardo al quinto si procede così. Sembra che le cose che si dicono di Dio e delle creature, si dicano di loro univocamente. Infatti, ogni equivoco si riduce ad un univoco, come i molti all uno. Poiché, se il nome di «cane» si dice equivocamente dell animale che abbaia e dell animale marino, bisogna pure che di alcuni animali sia detto in senso univoco, cioè di tutti i latranti, altrimenti bisognerebbe procedere all'infinito. Ora, ci sono certi agenti univoci, che convengono con i loro effetti nel nome e nella definizione, come l uomo genere l uomo; ci sono invece certi agenti equivoci, come il sole causa il caldo, non essendo esso stesso caldo se non in senso equivoco. Sembra dunque che il primo agente, al quale tutti gli agenti si riducono, sia un agente univoco. E così, le cose che si dicono di Dio e delle creature, si predicano univocamente. Rispondo dicendo che è impossibili predicare qualcosa di Dio e delle creature univocamente. Perché ogni effetto che non si adegua alla virtualità della causa agente riceve una somiglianza dell agente non secondo la stessa ratio ma deficientemente, in tal maniera che ciò che c è molteplicemente e divisamente negli effetti, nella causa si trova in modo assoluto e uniforme: come il sole, secondo la sua unica virtù produce molteplici e variate forme negli enti inferiori. Allo stesso modo, come sopra si è detto, le perfezioni di tutte le cose, che nelle cose create si trovano 6

Sic igitur, cum aliquod nomen ad perfectionem pertinens de creatura dicitur, significat illam perfectionem ut distinctam secundum rationem definitionis ab aliis, puta cum hoc nomen sapiens de homine dicitur, significamus aliquam perfectionem distinctam ab essentia hominis, et a potentia et ab esse ipsius, et ab omnibus huiusmodi. Sed cum hoc nomen de Deo dicimus, non intendimus significare aliquid distinctum ab essentia vel potentia vel esse ipsius. Et sic, cum hoc nomen sapiens de homine dicitur, quodammodo circumscribit et comprehendit rem significatam, non autem cum dicitur de Deo, sed relinquit rem significatam ut incomprehensam, et excedentem nominis significationem. Unde patet quod non secundum eandem rationem hoc nomen sapiens de Deo et de homine dicitur. Et eadem ratio est de aliis. Unde nullum nomen univoce de Deo et creaturis praedicatur. Sed nec etiam pure aequivoce, ut aliqui dixerunt. Quia secundum hoc, ex creaturis nihil posset cognosci de Deo, nec demonstrari; sed semper incideret fallacia aequivocationis. Et hoc est tam contra philosophos, qui multa demonstrative de Deo probant, quam etiam contra apostolum dicentem, Rom. I, invisibilia Dei per ea quae facta sunt, intellecta, conspiciuntur. Dicendum est igitur quod huiusmodi nomina dicuntur de Deo et creaturis secundum analogiam, idest proportionem. Quod quidem dupliciter contingit in nominibus, vel quia multa habent proportionem ad unum, sicut sanum dicitur de medicina et urina, inquantum utrumque habet ordinem et proportionem ad sanitatem animalis, cuius hoc quidem signum est, illud vero causa; vel ex eo quod unum habet proportionem ad alterum, sicut sanum dicitur de medicina et animali, inquantum medicina est causa sanitatis quae est in animali. Et hoc modo aliqua dicuntur de Deo et creaturis analogice, et non aequivoce pure, neque univoce. Non enim possumus nominare Deum nisi ex creaturis, ut supra dictum est. Et sic, quidquid dicitur de Deo et creaturis, dicitur secundum quod est aliquis ordo creaturae ad Deum, ut ad principium et causam, in qua praeexistunt excellenter omnes rerum perfectiones. Et iste modus communitatis medius est inter puram aequivocationem et simplicem univocationem. Neque enim in his quae analogice dicuntur, est una ratio, sicut est in univocis; nec totaliter diversa, sicut in aequivocis; sed nomen quod sic multipliciter dicitur, significat diversas proportiones ad aliquid unum; sicut sanum, de urina dictum, significat signum sanitatis animalis, de medicina vero dictum, significat causam eiusdem sanitatis. molteplicemente e divisamente, in Dio preesistono unitamente. Così pertanto, quando si dice della creatura qualche nome che appartiene a una perfezione, esso significa quella perfezione come distinta da altre, secondo la ratio della definizione, come p. es. quando dell uomo si dice «sapiente», significhiamo qualche perfezione distinta dall essenza dell uomo, dalla potenza e dall essere del medesimo, e via dicendo. Quando però diciamo questo nome di Dio, non intendiamo significare qualcosa di distinto dalla sua essenza o potenza o essere. E così, quando il nome «sapiente» si dice dell uomo, in un certo modo circoscrive e abbraccia la cosa significata: non però quando si dice di Dio, ma lascia la cosa significata come inabbracciata ed eccedente la significazione del nome. Perciò si evidenzia che il nome «sapiente» non si dice di Dio e dell uomo secondo la stessa ratio. E lo stesso accade con gli altri nomi. Perciò nessun nome si predica di Dio e delle creature univocamente. Neanche in modo puramente equivoco però, come invece alcuni dissero. Perché, secondo questo, a partire dalle creature non si potrebbe conoscere niente di Dio, né dimostrare, ma sempre si cadrebbe nella fallacia di equivocazione. E questo è sia contro i filosofi, che provano di Dio molte cose dimostrativamente, come anche contro l Apostolo che dice «... le cose invisibili di Dio si contemplano tramite la considerazione delle cose che sono state fatte» (Rom 1,20). Pertanto bisogna dire che questi nomi si dicono di Dio e delle creature secondo analogia, vale a dire proporzione. Ciò che nei nomi accade in due maniere: sia perché molti si riferiscono a uno, come «sano» si dice della medicina e dell urina, inquanto tutti e due hanno ordine e proporzione alla salute dell animale, della quale una è segno e l altra, causa; sia perché uno ha proporzione ad un altro, come «sano» si dice e della medicina e dell animale in quanto la medicina è causa della salute che è nell animale. E in questo modo alcune cose si dicono di Dio e delle creature analogicamente, e non in maniera puramente equivoca, neanche univoca. Infatti, non possiamo nominare Dio se non a partire dalle creature, come sopra si è detto. E così, tutto ciò che si dice di Dio e delle creature, si dice secondo che c è qualche ordine della creatura a Dio come al principio e causa, in cui preesistono eccellentemente tutte le perfezioni delle cose. E questo modo di comunanza è intermedio fra la pura equivocazione e la semplice univocazione. Infatti, nelle cose che si dicono analogamente non c è né un unica ratio, come accade invece negli univoci, e neanche totalmente diversa, come negli equivoci, ma il nome che si dice così molteplicemente significa diverse proporzioni a qualcosa d unico: come «sano», detto dell urina, significa un segno della salute dell animale, mentre detto della medicina significa la causa della medesima salute. 7

Ad primum ergo dicendum quod, licet in praedicationibus oporteat aequivoca ad univoca reduci, tamen in actionibus agens non univocum ex necessitate praecedit agens univocum. Agens enim non univocum est causa universalis totius speciei, ut sol est causa generationis omnium hominum. Agens vero univocum non est causa agens universalis totius speciei (alioquin esset causa sui ipsius, cum sub specie contineatur), sed est causa particularis respectu huius individui, quod in participatione speciei constituit. Causa igitur universalis totius speciei non est agens univocum. Causa autem universalis est prior particulari. Hoc autem agens universale, licet non sit univocum, non tamen est omnino aequivocum, quia sic non faceret sibi simile; sed potest dici agens analogicum, sicut in praedicationibus omnia univoca reducuntur ad unum primum, non univocum, sed analogicum, quod est ens. Alla prima dunque dicendo che, anche se nelle predicazioni bisogna ridurre gli equivoci agli univoci, tuttavia nelle azioni l agente non univoco precede necessariamente l agente univoco. Infatti, l agente non univoco è causa universale di tutta la specie, come il sole è causa della generazione di tutti gli uomini. Invece l agente univoco non è causa agente universale di tutta la specie (altrimenti sarebbe causa di se stesso, dal momento che è contenuto nella specie), ma è causa particolare riguardo a questo individuo, al quale rende partecipi della specie. Pertanto la causa universale di tutta la specie non è un agente univoco. Ora, la causa universale è anteriore a quella particolare. Ma questo agente universale, anche se non è univoco, non è tuttavia totalmente equivoco, perché altrimenti non potrebbe fare qualcosa di simile a sé; ma può dirsi agente analogico, così come nelle predicazioni tutti gli univoci si riducono ad un primo non univoco ma analogo, che è l ente. 8