PREMESSE PROPRIETA AFFINI E PROPRIETA METRICHE



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PREMESSE PROPRIETA AFFINI E PROPRIETA METRICHE Si assumano come primitivi i concetti di retta, piano e spazio. Qui si vogliono studiare le proprietà delle figure (insiemi opportuni di punti) sulla retta, oppure nel piano, oppure nello spazio ordinari le quali dipendono solamente - dalle relazioni di appartenenza - dalla relazione di parallelismo - dalla possibilità di confrontare solo segmenti appartenenti a rette parallele o coincidenti. Tali proprietà vengono dette affini; in altri termini non si utilizzerà la possibilità di confrontare o di misurare, rispetto a un unica unità di misura, segmenti con direzioni diverse. Le proprietà che, invece, dipendono anche da questa possibilità prendono il nome di proprietà metriche. Nell ambito affine rientrano: la nozione di punto medio di un segmento; il concetto di parallelogramma; il teorema di Talete

I. GEOMETRIA SULLA RETTA 1. LA RETTA: TEORIA DELLA MISURA Sia r la retta astratta o una qualunque retta del piano o dello spazio e la si riguardi come spazio ambiente della geometria; si noti che su essa l ambito affine e quello metrico coincidono. Su r si fissi un segmento U come unità di misura per i segmenti su r. E noto che a ogni segmento A r, si può associare uno e un sol numero α R + (insieme dei numeri reali positivi) detto misura assoluta di A rispetto a U. Viceversa, fissati un punto A r e β R +, dal postulato di continuità (Dedekind) segue l esistenza di due punti C, C r (simmetrici rispetto ad A) tali che β sia la misura assoluta rispetto ad U del segmento di estremi C ed A, nonché del segmento di estremi C ed A Ogni segmento A di estremi A, B r sarà indicato anche con sgmab (= sgmba). Il sgmab su r individua due segmenti orientati; quello orientato da A verso B verrà denotato con AB. Un postulato di geometria assicura la possibilità di orientare una retta r in due modi, detti l uno l opposto

dell altro. Ora si fissi su r una delle due possibili orientazioni, ottenendo un cosiddetto asse (= retta orientata) Definizione. Dicesi misura con segno o misura algebrica del segmento orientato AB (sull asse r) il numero reale relativo il cui valore assoluto è la misura di A=sgmAB rispetto all unità di misura fissata U e il cui segno è + oppure - secondo che l orientazione di AB sia concorde o discorde con quella fissata su r. La misura con segno del sgmento orientato AB sarà denotata ancora AB (dal contesto sarà chiaro se il simbolo denota un segmento orientato o la sua misura algebrica); d ora in poi si converrà di considerare anche i segmenti degeneri del tipo sgmaa ai quali si attribuisce convenzionalmente misura nulla. Per ogni terna A, B, C di punti sulla retta orientata r, tra le misure algebriche dei segmenti orientati che li hanno per estremi sussistono le identità segmentarie: 1. AB + BA = 0 2. AB + BC + C A = 0 La 1 segue dalla definizione di misura algebrica. Per la 2, assumiamo che A preceda B e B preceda C nell orientamento su r. Allora AC = AB + BC, ma, a causa dell ordine assunto, AC = AB + BC. Il ragionamento è analogo per gli altri ordini in cui si susseguono A, B e C.

2. LA RETTA: SISTEMA DI RIFERIMENTO Definizione. Su una retta r si fissino: un orientazione, un segmento U unità di misura, un punto O. La terna fissata R = {O, verso, U} si dice sistema di riferimento affine (o cartesiano, o di ascisse) su r, di origine O r. Si chiama coordinata ascissa di un punto P r (nel riferimento fissato) la misura con segno x P del segmento orientato OP rispetto a U. Per esprimere che x P è l ascissa di P, si scrive P (x P ). La fondamentale proprietà espressa dalla proposizione che segue non è affatto ovvia in sé, ma dipende da postulati della geometria e dalla non banale teoria della misura; tuttavia, una volta acquisito quanto richiamato di teoria della misura, la proprietà in questione segue subito da tali richiami Proposizione 2.1. La corrispondenza r R che a ogni punto X di r associa la sua coordinata ascissa x (in un riferimento affine fissato) è biunivoca E la biunivocità di tale corrispondenza a consentire la traduzione di alcune proprietà geometriche in relazioni algebriche che le caratterizzano. Ad esempio, se A (x A ), B (x B ), M (x M ), allora dalle identità segmentarie si ha subito che (2.1.1) AB = x B - x A

(2.1.2) M è punto medio di sgmab x M = (x A +x B )/2 (2.2) Si effettui ora un cambiamento di sistema di riferimento sulla retta e si determini il legame tra le ascisse del medesimo punto nel vecchio e nel nuovo riferimento. Sulla retta r si fissino due sistemi di riferimento R={O, verso, U} e R ={O, verso, U }, Per ogni X in r siano: x=ox e x =O X 1. R e R differiscono solo per le origini O X = O O + OX, posto OO =h, risulta x = x - h 2. R e R differiscono solo per i versi; risulta x = -x 3. R e R differiscono solo per i sgmenti unità di misura. Poiché le origini e i versi dei sistemi di riferimento coincidono, risulta: x = misura algebrica di OX rispetto a U = = (misura algebrica di OX rispetto a U)X(misura algebrica di U rispetto a U ). Denotata con k quest ultima misura, si ha x = k x 4. R e R generali x =ax + b, con a,b in R, a 0. Osservazione 2.3. Si è detto che un postulato di geometria garantisce la possibilità di orientare una retta in due modi, uno l opposto dell altro. Un sistema

di riferimento affine sulla retta subordina in modo naturale un orientazione sulla retta stessa. Due sistemi di riferimento affine R e R sulla retta si dicono equiversi se inducono sulla retta la stessa orientazione. Tale relazione è di equivalenza nell insieme dei possibili sistemi di riferimento affine sulla retta. L insieme dei sistemi di riferimento affine sulla retta è dunque ripartito in due classi di equivalenza disgiunte, ciascuna contenente sistemi di riferimento equiversi. L insieme quoziente è in biiezione con l insieme di due elementi, formato dalle due orientazioni possibili sulla retta; scegliere un orientazione sulla retta equivale a scegliere una delle due classi di equivalenza di sistemi di riferimento equiversi. Sia ora x =ax + b con a 0 l equazione di un cambiamento di sistema di riferimento affine; il nuovo sistema di riferimento induce sulla retta la stessa orientazione o la opposta secondo che sia a>0 o a<0. Pertanto la relazione di equivalenza sopra considerata può essere riformulata nel modo che segue: un sistema di riferimento R su lla retta si dice equiverso a R se l equazione di cambiamento di sistema di riferimento è x =ax + b con a>0 Questa proprietà suggerisce il modo di definire la nozione di sistemi di riferimento equiversi nel piano e nello spazio e, dunque, suggerisce il modo di introdurre anche in tali enti il concetto di orientazione.

3. LA RETTA AFFINE A 1 E LE AFFINITA Su una retta r si fissino un orientazione e un segmento U unità di misura. Se A, B, C sono tre punti a coppie distinti su r si chiama rapporto semplice della terna (in quest ordine) il numero reale (A B C) = AC/BC Se A e C sono distinti, si porrà convenzionalmente (AAC)=1, (ACC)= (simbolo), (ACA)=0. E immediato verificare che (ABC) non dipende né dall orientazione scelta su r, né dal segmento unità di misura fissato; (A B C) è, dunque, la misura del segmento orientato AC rispetto a U =sgmbc su r orientata da B verso C, in altre parole la definizione di rapporto semplice mostra che (3.0.1) (A B C) = ascissa di A in R* ove R* è il sistema di ascisse su r di origine C, unità di misura sgmcb e verso da C a B Fissato un (arbitrario) sistema di ascisse su r, se A (x A ), B (x B ), C (x C ), per la (2.1.1) si ha (3.0.2) (A B C) = (x C x A )/(x C x B ) Esercizio. Dimostrare che, se (ABC)=k, allora (BAC)= 1/k, (ACB)=1-k, (BCA)=(k-1)/k, (CAB)=1/(1-k), (CBA)=k/(k-1)

Definizione. Una retta r munita di un sistema di riferimento R={O, verso, U} (dunque dotata di un sistema di ascisse) si chiama retta affine e si indica con A 1. Poiché sulla retta l ambito affine non si distingue da quello metrico, una retta r munita di un sistema di riferimento R prende anche il nome di retta euclidea e si indica anche con E 1. Definizione. Si chiama affinità di A 1 ogni biiezione α di A 1 in sé che conserva i rapporti semplici di tre punti arbitrari di A 1, dei quali almeno due distinti. Ciò significa che se A, B, C sono tre punti di A 1 (almeno 2 distinti) e se A = α(a), B =α(b), C =α(c) sono i loro rispettivi corrispondenti per tale biiezione α, allora (A B C) = (A B C ). Si denoti con GA(A 1 ) l insieme delle affinità di A 1. Sussistono le proprietà seguenti: 1) se α, β sono affinità, l applicazione composta β α è ancora una biiezione che conserva i rapporti semplici, ossia è ancora un affinità; così la composizione di applicazioni definisce una legge di composizione interna in GA(A 1 ) 2) la è associativa 3) l applicazione identica υ di A 1 in sé è un affinità; dunque la ammette υ come elemento neutro 4) ogni affinità α, in quanto biiezione, ammette

un applicazione inversa α 1, che è subito visto essere un affinità; allora ogni affinità ammette un elemento simmetrico o inverso Tutto ciò si riassume nel Teorema 3.1. (GA(A 1 ), ) è un gruppo (si vedrà non abeliano) Un punto P A 1 si dice unito per un affinità α se α(p)=p Osservazione 3.2. Se un affinità α di A 1 ammette due punti uniti U, V distinti, allora ogni punto di A 1 è unito per la α, ossia α è l applicazione identica di A 1 in sé. Infatti, per ogni punto Q, posto Q = α(q), risulta (QUV) = (Q UV), ma ciò implica Q=Q, ad esempio per la (3.0.1) (oppure per la (3.0.2) e per la Proposizione 2.1 Osservazione 3.3. Siano α e β due affinità di A 1 ; siano P 1 e P 2 due punti distinti di A 1. Se P i = α(p i ) = β(p i ) per i=1,2, allora α=β Infatti i due punti P i (i=1, 2) sono uniti per l affinità β α 1

4. RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE AFFINITA DI A 1 Si consideri la corrispondenza γ: A 1 A 1 che che a ogni punto X (x) associa X (x ) ove (4.0.1) x = ax + b, con a,b in R, a 0. In altri termini si interpretino, nel modo appena detto, come equazioni di una particolare corrispondenza di A 1 in sé relazioni formalmente identiche a quelle che esprimevano il legame delle coordinate di un medesimo punto della retta rispetto a due diversi sistemi di riferimento. Com è subito visto, la condizione a 0 garantisce che γ è una biiezione. Inoltre, considerati due punti distinti X, Y di A 1 e i loro corrispondenti X, Y per la γ, per la (2.1.1) si ha la relazione tra le loro ascisse (4.0.2) X Y = y -x =ay+b ax-b = a(y-x) = a XY Dunque la γ non conserva (in generale) le misure dei segmenti, ma conserva i rapporti tra le misure e, dunque, conserva i rapporti semplici. Pertanto ogni corrispondenza γ rappresentata nel modo detto dalla (4.0.1) è un affinità di A 1 in sé

Osservazione 4.1. Il gruppo (GA(A 1 ), ) non è abeliano; per verificare la non commutatività della, si componga l affinità di equazione x =x +1 con quella di equazione x = -x Proposizione 4.2. Tutte e sole le affinità di A 1 sono rappresentate da un equazione del tipo (4.0.1), con la condizione a 0 Dim. Già si è detto che tali equazioni rappresentano affinità di A 1. Viceversa, sia α un'affinità arbitraria di A 1 ; considerati i punti A (0), B (1), siano A (a), B (b) le loro immagini per la α. Poiché A e B sono distinti, tali risultano A e B e, dunque, a b. Sia γ la corrispondenza di A 1 in sé rappresentata dall equazione, di tipo (4.0.1), x = (b-a)x + a; già sappiamo che γ è un affinità avendosi b-a 0; poiché le due affinità α e γ trasformano entrambe A in A e B in B, per la precedente Osservazione 3.3 esse coincidono, dunque ogni α si rappresenta come in (4.0.1) Proposizione 4.3. Esiste ed è unica l affinità di A 1 che trasforma due punti distinti A, B di A 1 in due punti distinti A, B di A 1, comunque scelti Dim. Sulla retta r sostegno di A 1 si cambi sistema di riferimento scegliendo A come origine, sgmab come segmento unità di misura, orientamento da A verso B.

Nel nuovo riferimento A (0), B (1), A (a), B (b). Nel nuovo riferimento l equazione y =(b-a)y + a rappresenta un affinità di A 1 che muta A, B in A, B. Per l Osservazione 3.3 essa è unica. Definizione. Un affinità di A 1 in sé che conserva le misure assolute dei segmenti si dice congruenza o isometria Una congruenza si dice diretta o traslazione se, oltre alle assolute, conserva le misure algebriche; altrimenti si dice congruenza inversa o simmetria Per l affinità di equazione x = ax + b con a 0 sappiamo dalla (4.0.2) che è X Y = a X Y. Pertanto una congruenza ha equazione x = x + b (congruenza diretta o traslazione), oppure x = -x +b (congruenza inversa o simmetria) L insieme C delle congruenze di A 1 in sé è un sottogruppo non abeliano del gruppo delle affinità GA(A 1 ) (ancora, per mostrarne la non abelianità, si componga la congruenza x =x+1 con la congruenza x = -x) L insieme delle traslazioni è sottogruppo abeliano sia di C che di GA(A 1 ) L insieme delle simmetrie NON costituisce gruppo rispetto a (non esiste elemento neutro rispetto a in tale insieme)

Osservazione (4.4). Se r ed r sono due rette distinte nel piano o nello spazio, le si strutturino come rette affini fissando su ciascuna un sistema di riferimento cartesiano. Si chiama affinità di r in r ogni biiezione α: r r che conserva i rapporti semplici, ossia per ogni terna A, B, C di punti di r (almeno 2 distinti), detti A, B, C sono i loro rispettivi corrispondenti su r per tale biiezione α, allora (A B C) = (A B C ). Ora se r r, non ha più senso comporre due affinità di r in r. Tuttavia, come in precedenza, può essere definita una corrispondenza β: r r associando a X r di ascissa x nel sistema di riferimento di r, il punto X r di ascissa x = ax+b con a, b R, a 0, nel sistema di riferimento di r. Si vede subito che β è una corrispondenza biunivoca tra r ed r, che conserva i rapporti semplici, il rapporto tra le misure algebriche di 2 segmenti di r e il rapporto delle misure algebriche dei loro corrispondenti su r, ma, in generale, non conserva le misure dei segmenti. Dunque β è un affinità tra r ed r. Adattando i ragionamenti della precedente Proposizione 4.2 si ha che tutte e sole le affinità α: r r sono rappresentate da un equazione del tipo x = ax+b con a, b R, a 0. Inoltre esiste ed è unica l affinità α: r r che

trasforma due punti distinti A, B di r in due punti distinti A, B di r, comunque scelti. Per l esistenza si ragioni in modo simile a quanto fatto relativamente alla Proposizione 4.3. Per l unicità, sia β una affinità r r che, come a, trasforma A, B in A, B, Allora β -1 α è un affinità di r in sé avente A e B (distinti) come punti uniti, dunque è l identità in r. 5. LA RETTA PROIETTIVA P 1 In X = R 2 \ (0, 0) si introduca la seguente relazione ~: (x 0, x 1 ) ~ (y 0, y 1 ) per (x 0, x 1 ), (y 0, y 1 ) X se esiste λ R*= R\(0) t.c. x 0 = λy 0, x 1 =λy 1 Si verifica che ~ è una relazione di equivalenza Def. L insieme quoziente P 1 = X/~ prende il nome di retta proiettiva (reale) Un punto di P 1 è una classe di equivalenza rappresentata con [(x 0, x 1 )] oppure con (x 0 : x 1 ); si dice che (x 0, x 1 ) sono coordinate proiettive omogenee del punto (x 0 : x 1 ): esse non sono mai entrambe nulle e sono definite a meno di un fattore di proporzionalità non nullo λ R*.

Nel piano si fissi un sistema di riferimento cartesiano ortogonale di origine O. Si ricordi la rappresentazione analitica di una retta del piano euclideo, passante per l origine delle coordinate: y=mx oppure x=0, ossia ax+by=0 con (a, b) (0, 0). Biiezione tra il fascio di rette per l origine e P 1. Il fascio di rette per l origine è in biiezione con l insieme le classi delle coppie ordinate (a, b) (0, 0), considerate equivalenti (identificate) se proporzionali. Dunque il fascio di rette per l origine è in biiezione con P 1. Biiezione alternativa. Se a una retta s del fascio di sostegno O oltre ad O, appartiene il punto di coordinate (a 0, a 1 ), su essa stanno tutti e soli quelli di coordinate (λa 0, λa 1 ), λ R*. Tali coordinate sono tutti e soli i rappresentanti del punto (a 0 : a 1 ) di P 1. La corrispondenza che a una retta s per O associa il punto (a 0 : a 1 ) di P 1 è subito visto essere biunivoca. Dunque P 1 è in biiezione con un fascio di rette nel piano per un punto O. Si consideri nel piano del fascio una retta r non passante per il sostegno O: si scelga x=1. Se la retta s del fascio ha di equazione ax+by=0 e contiene il punto del piano di coordinate (a 0, a 1 ) (0, 0), risulta aa 0 + ba 1 =0. Se, inoltre, s è diversa dall asse delle y (b 0 e a 0 0), essa taglia la r in uno e un solo punto (1, a 1 /a 0 ). Risulta così definita una corrispondenza biunivoca

Fascio di rette per O \ (asse y) retta s retta di eq. ax+by=0 punto (1, a 1 /a 0 ) P 1 \ {(0 : 1)} A 1 (a 0 : a 1 ) a 1 /a 0 Il numero a 1 /a 0 si dice coordinata non omogenea o coordinata affine del punto (a 0 : a 1 ) che ha coord. omogenne (a 0, a 1 ), allorché a 0 0 Per quanto riguarda l asse y, ossia il punto (0 :1) di P 1, si noti che se a 0 tende a 0, allora il rapporto a 1 /a 0 tende all infinito. Allora la corrispondenza biunivoca precedente può essere estesa alla corrispondenza biunivoca P 1 A 1 { } a 1 /a 0 se a 0 0 (a 0 : a 1 ) se a 0 =0 Dunque l insieme dei punti di P 1 è in biiezione con l insieme delle rette del piano per un punto; è anche in biiezione con i punti dell insieme A 1 { }; è anche in biiezione con l insieme dei punti di una circonferenza nel piano, (proiettare stereograficamente i punti della circonf. da un suo punto N su una retta t del piano identificata ad A 1 e completare la corrisp. associando al punto P della circonferenza se PN è parallela a t)

6. PROIETTIVITA OD OMOGRAFIE DI P 1 Definizione. Dati 4 punti A, B, C, D P 1, a due a due distinti, se A, B, C, D A 1 (si dirà che sono punti al finito) si dice birapporto di A, B, C, D (in quest ordine) il numero (ABCD) = (ABC) AC/BC = (ABD) AD/BD Se a, b, c, d sono le coordinate affini dei 4 punti e (a 0, a 1 ), ecc. le coordinate omogenee, si ha (6.0.1) (ABCD) = (c-a)(d-b) ; (d-a)(c-b) (c 1 a 0 -a 1 c 0 )(d 1 b 0 -b 1 d 0 ) (6.0.2) (ABCD) = ; (d 1 a 0 -a 1 d 0 )(c 1 b 0 -b 1 c 0 ) quest ultima permette di estendere la definizione di birapporto a tutti punti di P 1

Definizione. Si chiama proiettività od omografia di P 1 ogni biiezione α di P 1 in sé che conserva i birapporti di quattro punti dei quali almeno due distinti. Ciò significa che, fissati arbitrariamente quattro punti A, B, C, D (dei quali almeno 2 distinti) di P 1, se A = α(a), B =α(b), C =α(c), D =α(d) sono i rispettivi corrispondenti per tale biiezione α, allora risulta (A B C D) = (A B C D ). Sia ora µ una proiettività che lascia unito il punto improprio. Allora µ conserva i birapporti di 4 punti, dei quali i primi 3 siano arbitrari e l ultimo sia il punto improprio: tali birapporti sono i rapporti semplici dei primi tre punti. La µ è dunque un affinità. Viceversa ogni affinità di A 1 si estende facilmente a una proiettività di P 1 : già conserva i birapporti di 4 punti al finito poiché conserva i rapporti semplici; basta mandare il punto improprio in sé. In altre parole, tenendo presente l identificazione di P 1 con A 1 { }, un affinita α di A 1 in sé di equazione x =α(x) = ax + b (a, b R, a 0) può essere estesa a una biiezione di P 1 in sé α : P 1 = A 1 { } P 1 = A 1 { } col porre α ( )= e α (x)=x = α(x) per (x) A 1

La α* sarà ancora chiamata affinità; per affinità di P 1 si intenderà un affinità di A 1 estesa nel modo detto. Con tale convenzione, tutte e sole le affinità di P 1 sono le proiettività che hanno il punto unito. Si può anche esprimere α in coordinate omogenee; posto x=x 1 /x 0 e x = x 1 /x 0 si ha x 1 /x 0 = (a x 1 + b x 0 )/x 0 da cui (x 0 : x 1 ) = (x 0 : a x 1 + b x 0 ) con (a, b R, a 0), ossia ρx 0 = x 0 (6.0.3) ρx 1 = a x 1 + b x 0 e ciò vale per i punti di A 1, ma anche per ossia (0 : 1) Esempi di proiettività che non siano affinità (estese) sono dati dalle cosiddette inversioni; una speciale inversione è la trasf. rappresentata dalle equazioni ρx 0 = x 1 (6.0.4) ρx 1 = x 0 o x =1/x in coordinate non omogenee. Infatti si verifica facilmente subito che essa è biunivoca e conserva i birapporti.

Teorema 6.1. Si denoti con GP(P 1 ) l insieme delle proiettività di P 1. Allora (GP(P 1 ), ) è un gruppo (non abeliano) in cui l elem. neutro è la trasf. identica e l inverso di una proiettività è la trasformazione inversa La non abelianità segue dal fatto che tra le proiettività ci sono le affinità estese a P 1. Un punto P P 1 si dice unito per una proiettività α se α(p)=p Osservazione 6.2. Se una proiettività α di A 1 ammette tre punti uniti U, V, W a coppie distinti, allora ogni punto di P 1 è unito per la α, ossia α è l applicazione identica di A 1 in sé. Infatti, per ogni punto Q, posto Q = α(q), risulta (UVQW) = (UVQ W). Se i punti implicati sono al finito, ciò comporta (UVQ)=(UVQ ) e, dunque, Q=Q ad esempio per la (3.0.1) e per la Proposizione 2.1. Ragionamenti ad hoc tengono conto dei casi in cui uno dei punti implicati è all infinito. Osservazione 6.3. Siano α e β due proiettività di P 1 ; siano P 1, P 2 e P 3 tre punti distinti di P 1. Se α(p i ) = β(p i ) per i=1,2,3, allora α=β Infatti i due punti suddetti sono uniti per la proiettività β α 1

7. RAPPRESENTAZIONE ANALITICA DELLE PROIETTIVITA Si consideri la corrispondenza ω: R 2 \ (0, 0) R 2 \ (0, 0) (x 0, x 1 ) (a 00 x 0 + a 01 x 1, a 10 x 0 + a 11 x 1 ) con a ik R e a 00 a 11 a 10 a 01 0. Quest ultima condizione garantisce che ω è una biiezione. Infatti tale condizione analitica equivale al fatto che il sistema di due equazioni lineari α = a 00 x 0 + a 01 x 1 β = a 10 x 0 + a 11 x 1 ammetta sempre una e una sola soluzione, quali che siano α, β in R Pertanto ω è un applicazione, ossia è ovunque definita non potendo mai essere ω(x 0, x 1 )=(0, 0); inoltre è una biiezione. E immediato verificare che ω passa al quoziente per la ~, ossia se ω(x 0, x 1 )=(α, β) allora ω(λx 0, λx 1 )= (λα, λβ); dunque ω induce un applicazione, che ancora risulta una biezione ω : P 1 = R 2 \ {(0, 0)} P 1 = P 1 = R 2 \ {(0, 0)} (x 0 : x 1 ) (a 00 x 0 + a 01 x 1 : a 10 x 0 + a 11 x 1 )

Con ovvio significato dei simboli tale corrispondenza può essere rappresentata analiticamente con le equazioni che legano le coordinate omogenee dei punti di P 1 a quelle dei loro corrispondenti λx 0 = a 00 x 0 + a 01 x 1 (7.0.1) λ R* λx 1 = a 10 x 0 + a 11 x 1 (7.0.2) con a ik R e a 00 a 11 a 10 a 01 0. Osservazione 7.1. Ogni biiezione ω* di P 1 rappresentata da un equazione del tipo (7.0.1) con la condizione di biunivocità (7.0.2) λx 0 = a x 0 + b x 1 ad-bc 0, λ R* λx 1 = C x 0 + D x 1 può essere ottenuta componendo affinità e inversioni. Allo scopo si tengano presenti le (6.0.3) e (6.0.4). Basta analizzare il caso b 0, altrimenti si ha già un affinità. Poiché b 0 e ad-bc 0 si vede facilmentele che seguenti trasformazioni soddisfano la condizione di biunivocità e sono sono tutte affinità o inversioni ρx 0 = x 0 λx 0 = x 1 (= a x 0 + b x 1 ) ρx 1 = a x 0 + b x 1 λx 1 = x 0 (= x 0 )

νx 0 = x 0 (= a x 0 + b x 1 ) τx 1 = Db -1 x 0 + (C-Db -1 a) x 1 ( = Db -1 (a x 0 + b x 1 ) + (C-Db -1 a) x 0 = C x 0 + D x 1 ) Poiché le inversioni conservano i birapporti e lo stesso vale per le affinità, visto che conservano i rapporti semplici, ogni trasf. ω* di equazioni (7.0.1) è una proiettività di P 1. Ma ciò può essere anche invertito: Proposizione 7.2. Tutte e sole le proiettività di P 1 sono rappresentate da equazioni del tipo (7.0.1), con la condizione (7.0.2) Dim. Già si è detto che tali equazioni rappresentano proiettività di P 1. Viceversa, sia α una proiettività arbitraria di P 1 ; considerati i punti A (0 : 1), B (1 : 0), C (1 : 1), X (x 0 : x 1 ), siano A, B, C, X (x 0 : x 1 ) le loro immagini inverse per la α. Risulta (A B C X) = (A B C X ). Esplicitando i calcoli mediante la (6.0.2) si ha (A B C X ) = x 1 /x 0 e (A B C X) si vede subito essere un rapporto del tipo a 00 x 0 + a 01 x 1. a 10 x 0 + a 11 x 1 Da ciò la tesi, notando che la biunivocità di comporta che sia verificata la relativa condizione analitica.

Per l Osservazione 7.1 la proposizione precedente comporta il Corollario. Ogni proiettività di P 1 è prodotto di un numero finito di affinità e inversioni. Proposizione 7.3. Esiste ed è unica la proiettività di P 1 che trasforma tre punti non allineati A, B, C di P 1 in tre punti non allineati A, B, C di P 1, comunque scelti Osservazione 7.4. Il punto (0 : 1) ha per corrispondente (a 01 : a 11 ) ( (0 0)). Il punto (a 01 : -a 00 ) ha per corrispondente (0 : 1). Poiché una biiezione precedentemente stabilita consente di identificare P 1 con A 1 { }, tutti gli altri possono essere rappresentati in coordinate affini x= x 1 /x 0 e x = x 1 /x 0, col che anche la ω* si esprime in coordinate affini con l equazione a 10 + a 11 x (7.4.1) x = con a 00 a 11 a 10 a 01 0 a 00 + a 01 x Mediante un passaggio al limite, l eq. precedente può pensarsi riferita a tutti i pti di P 1, incluso (0 :1) identificato a, e incluso (a 01 : -a 00 ) Osservazione 7.5. Se r ed r sono due rette distinte

nel piano o nello spazio, le si strutturino come rette affini fissando su ciascuna un sistema di riferimento cartesiano. Le si completino entrambe con l aggiunta di, così ottenendo due modelli r* e r * di P 1. E possibile estendere al caso di una retta arbitraria dello spazio o del piano, strutturata come retta affine ampliata, la teoria del birapporto di quattro punti. Si chiama proiettività di r in r (ampliate) ogni biiezione α: r r che conserva i birapporti di ogni quaterna A, B, C, D di punti su r (almeno 3 distinti). Adattando i ragionamenti precedenti si ha che tutte e sole le proiettività α: r r sono rappresentate da equazioni del tipo (7.0.1) con la condizione (7.0.2), ossia, con ovvio significato dei simboli, ogni proiettività ω: r* r * associa a X r* di coordinate omogenee (x 0, x 1 ) il punto X r * di coordinate omogenee (x 0, x 1 ) del tipo λx 0 = a 00 x 0 + a 01 x 1 λ R* a ik R λx 1 = a 10 x 0 + a 11 x 1 a 00 a 11 a 10 a 01 0. Inoltre esiste ed è unica la proiettività α: r r che trasforma tre punti distinti di r in tre punti distinti di r, comunque scelti. In generale, una proiettività fra rette non conserva i rapporti tra le misure di 2 segmenti di r e quelle dei loro corrisp. su r Un esempio di proiettività siffatta è la proiezione dei

punti di r* su quelli di r * da un punto P fuori di esse (prospettività). Cosa accade dei punti non al finito? Si potrebbe provare che ogni proiettività fra rette è il prodotto di un numero finito di prospettività. II. GEOMETRIA NEL PIANO E NELLO SPAZIO AFFINI 1. VETTORI E TRASLAZIONI

Sia S la retta, o il piano, o lo spazio ordinario. Def. Si chiama vettore di S applicato in un suo punto A ogni segmento orientato (eventualmente degenere) AB di S. Sviluppiamo la teoria in ambito affine. Sulla retta ha senso affermare che due vettori applicati hanno la stessa direzione, lo stesso verso e ugual lunghezza. Nel piano o nello spazio sussiste, nel caso affine, la restrizione di confrontare segmenti solo se appartenenti alla stessa retta o a rette parallele. Malgrado la restrizione, ha significato dire che due vettori applicati non degeneri AB, CD appartenenti a rette diverse sono i lati opposti di un parallelogramma di cui AC e BD sono gli altri lati. In questo caso diremo che i due vettori applicati hanno la stessa direzione, lo stesso verso e ugual lunghezza, e, dunque tale locuzione ha ora senso sulla retta, nel piano, nello spazio, anche in ambito affine Def. Si chiama traslazione di S ogni biiezione τ di S tale che per ogni coppia di punti A, B S (distinti) i vettori applicati AB e t(a)t(b) abbiano stessa direzione, verso e lunghezza. Nel caso in cui S sia la retta si ritrova la definizione di traslazione già data.

Oss. Se τ e σ sono due traslazioni, allora l applicazione composta τ σ è una traslazione. Infatti è una biiezione. Nel caso della retta è ovvio, altrimenti si osservi che, se ABA B e A B A B sono parallelogrammi, tale risulta ABA B. Prop. (1.1) L insieme τ(s) delle traslazioni della retta (o del piano o dello spazio) è un gruppo rispetto alla composizione di biiezioni, l unità è la mappa identica di S, l inversa di una traslazione è l applicazione inversa. Def. Due vettori applicati di AB e CD di S si dicono equipollenti se sono entrambi degeneri oppure se esiste una traslazione τ tale che τ(a)=c, τ(b)=d. Si scriverà AB CD. Per la prop. (1.1) l identità di S, l inversa di una traslazione e la composta di due sono tutte traslazioni; ciò composta che la relazione di equipollenza sia una relazione di equivalenza. Sia Vect(S) = {vettori applicati di S} / equipollenza l insieme quoziente. Ogni elemento di Vect(S) è una classe v= {AB} di vettori applicati costituita da un vettore applicato e da tutti quelli a lui equipollenti. Ogni classe v viene detta vettore. Il concetto astratto di vettore formalizza l esigenza della fisica di identificare vettori (applicati) allorché

hanno stessi direzione, verso, lunghezza. Il vettore v= {AB} verrà anche denotato con B-A. La classe d equivalenza dei vettori degeneri viene detta vettore zero 0 o vettore nullo. Si fissino un punto O di S e un vettore applicato AB; allora v= {AB} ammette un unico rappresentanta OB applicato in O. Nel caso della retta è ovvio, altrimenti esiste un unico punto B tale che OB BA (nell ordine) sia un parallelogramma (eventualmente degenere, coi vertici in quell ordine). Si dice che due vettori u e v sono paralleli se, fissato comunque un punto O di S, i loro rappresentanti applicati in O appartengono alla stessa retta (l accadere di ciò è indipendente dalla scelta di O e sulla retta due vettori sono sempre paralleli). Nello spazio si dice che tre vettori hanno la stessa giacitura se i loro rappresentati applicati in un punto O arbitrario sono complanari. Dati u, v Vect(S), associamo alla coppia ordinata (u, v) un terzo vettore w, somma dei due vettori (nel seguito si suppone che S sia il piano o lo spazio potendosi estendere le considerazioni al caso della retta; si supporrà che u, v non siano paralleli; analoghi risultati si ottengono se u, v sono paralleli). Si fissi un punto O di S. Siano OA ed OB i rappresentanti di u e v applicati in O. Sia C il quarto