Consiglio di Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, sentenza n. 7950



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Consiglio di Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, sentenza n. 7950 Pres. Giovannini Est. De Nictolis Primaria Impresa Zimolo s.r.l. (Avv.ti R. Breveglieri, G.M. Saracco, M. Contaldi) c. Comune di Trieste (Avv.ti M.S. Girali, O. Danese, D. Vicini), A.C.E.GA.S. s.p.a. (Avv. C. Tessarolo) Servizi pubblici - Affidamento servizio pubblico - Affidamento in regime di monopolio Condizioni - Delibera consiliare di affidamento diretto del servizio in regime di privativa - Omessa tempestiva impugnazione della precedente delibera di costituzione della società mista Irrilevanza - Interesse al ricorso Sussiste Operatività ex nunc della delibera di cessazione del regime di privativa. Nell ordinamento costituzionale e comunitario i regimi di monopolio legale sono ammessi in casi tassativi, quando vi sia un fine di utilità generale, e sempre che si tratti di servizi pubblici essenziali, o di imprese relative a fonti di energia, o vi sia un preminente interesse generale o una situazione di monopolio di fatto sul mercato: tali situazioni non ricorrono con riguardo al servizio di trasporto funebre, il quale può essere esercitato in regime di libera concorrenza. Nondimeno, trattandosi di un servizio che presenta i connotati della indispensabilità, attese le gravi conseguenze di carattere igienico sanitario che deriverebbero dal suo mancato esercizio, esso si configura come un servizio pubblico che può essere assunto direttamente dal Comune ed affidato ad una società pubblica, purché vengano rispettate, in sede di affidamento, le regole che escludono il regime di monopolio e che impongono il regime della gara, se la società non è in house. La pubblicazione della delibera comunale di costituzione di una società mista che contempli la facoltà di affidare un pubblico servizio non determina, in capo all impresa esercente tali servizi, la lesione dell interesse allo svolgimento degli stessi in regime di concorrenza, la quale si verifica solo con il concreto affidamento diretto del servizio in regime di privativa. E dunque ammissibile il ricorso tempestivamente promosso avverso la successiva delibera consiliare di affidamento diretto del servizio funebre cimiteriale alla società mista precedentemente costituita. La delibera comunale che dispone il venir meno del regime di monopolio nell esercizio del servizio di trasporto funebre affidato a società mista opera ex nunc e non determina quindi il venir meno dell interesse del ricorrente a veder rimuovere il regime di privativa con effetto da data anteriore, anche ai fini dell eventuale risarcimento del danno.

ha pronunciato la seguente REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) DECISIONE sul ricorso in appello n. 10005/2001 proposto da Primaria Impresa Zimolo s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Rita Breveglieri, Gianni Maria Saracco e Mario Contaldi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest ultimo, in Roma, via Pier Luigi da Palestrina, n. 63; contro Comune di Trieste, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Serena Girali, Oreste Danese, Domenico Vicini, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest ultimo, in Roma, piazza Adriana, n. 15; e nei confronti di A.C.E.GA.S. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall avvocato Costantino Tessarolo ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest ultimo, in Roma, via Cola di Rienzo, n. 271; per la riforma della sentenza del T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, 29 aprile 2001 n. 170, resa tra le parti. Visto il ricorso con i relativi allegati; visto l atto di costituzione in giudizio dell amministrazione appellata e della società controinteressata; viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; visti tutti gli atti della causa; elatore alla pubblica udienza del 7 novembre 2006 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi l'avvocato Gianluca Contaldi su delega dell avv. Mario Contaldi per

l appellante, l avv. Vicini per il Comune appellato, l avv. Tessarolo per la società controinteressata; ritenuto e considerato quanto segue. FATTO E DIRITTO 1. Con il ricorso di primo grado, proposto nell anno 2000, la società odierna appellante ha impugnato: - la delibera del consiglio comunale di Trieste 8 maggio 2000 n. 30, avente per oggetto l affidamento diretto alla società AC.E.GA.S. s.p.a., società mista partecipata dal Comune, dei servizi funerari per la durata di trenta anni, in regime di privativa; - la delibera del consiglio comunale di Trieste 23 dicembre 1996 n. 110 con cui è stato revocato l affidamento dei servizi pubblici locali all azienda municipalizzata ACEGA, ed è stata costituita la società A.C.E.GA.S. s.p.a., cui affidare i servizi di acquedotto, elettricità e gas, nonché gli altri servizi rientranti nell oggetto sociale (tra cui i servizi pubblici cimiteriali); - l art. 3 dello Statuto della società A.C.E.GA.S. s.p.a., ove è prevista la gestione dei servizi funebri e cimiteriali. Ha lamentato la violazione dell art. 22, l. n. 142/1990, la violazione dell art. 41 Cost. e dell art. 90 del Trattato CEE, la violazione dell art. 8, l. n. 287/1990. 1.1. Il T.a.r. adito, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di interesse. Argomenta il T.a.r. che quanto ai servizi cimiteriali (cioè le attività inerenti il seppellimento della salma e la cremazione), la società ricorrente non svolge tali attività per cui non ha interesse a duolersi. Quanto al trasporto e alle onoranze funebri, prima della costituzione della società il Comune gestiva tale servizio in economia in regime di monopolio. Pertanto, l annullamento degli atti impugnati comporterebbe il ripristino del precedente regime di privativa, senza nessun vantaggio per il ricorrente. 2. Parte appellante non contesta la sentenza nella parte in cui viene affermato il difetto di interesse in relazione ai servizi cimiteriali. Contesta invece la declaratoria di difetto di interesse in relazione al servizio di trasporto funebre e di onoranze funebri, deducendo che: - in precedenza, ha più volte esercitato il servizio di trasporto funebre per conto del Comune di Trieste;

- l annullamento degli atti impugnati non comporterebbe il ripristino di un regime di privativa, dovendosi ritenere che il regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre è venuto meno, in quanto in contrasto con il principio di libera concorrenza di derivazione comunitaria e costituzionale; - l esercizio del servizio da parte di una società a partecipazione pubblica, al di fuori delle regole di mercato, crea un ingiustificato vantaggio concorrenziale. Nel merito, ripropone le censure di cui al ricorso di primo grado, e in particolare: - il regime di privativa comunale per i trasporti funebri, previsto dall art. 1, n. 8, r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578, sarebbe venuto meno per incompatibilità con la l. n. 142/1990 (artt. 22 e 64), con la Costituzione (artt. 41 e 43), con il diritto comunitario; - tanto si evincerebbe anche dal d.m. 28 maggio 1993, nonché dal parere dell AGCM 14 luglio 1998 n. 23629; - illegittima sarebbe pertanto l attribuzione in via esclusiva ad una società comunale di un servizio che va invece gestito in regime di libera concorrenza; - le onoranze funebri e il trasporto funebre non integrano un servizio pubblico, per cui illegittima sarebbe la sua attribuzione ad una società pubblica. 3. La società controinteressata, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito la irricevibilità del ricorso di primo grado. Il Comune di Trieste, a sua volta, ha eccepito l improcedibilità dell appello. 3.1. Quanto alla prima eccezione, si assume che la delibera 30/2000 con cui sono stati affidati i servizi funebri e cimiteriali alla A.C.E.GA.S., sarebbe meramente attuativa della delibera n. 110/1996, con cui tale società è stata costituita, prevedendo in relazione al suo oggetto sociale anche lo svolgimento di servizi funebri e cimiteriali. La delibera n. 110/1996, regolarmente pubblicata, non è stata impugnata nel termine di sessanta giorni decorrente dalla scadenza del termine di pubblicazione. Inammissibile sarebbe pertanto la impugnazione di tale delibera, nonché di quella del 2000, meramente attuativa. 3.2. L eccezione di irricevibilità è infondata. La delibera n. 110/1996 costituisce la società A.C.E.GA.S., e prevede che ad essa potranno essere affidati i servizi indicati nell ambito del suo oggetto sociale dal relativo statuto.

A sua volta l art. 3 dello Statuto societario prevede che la società potrà assumere i servizi che il Comune le vorrà demandare, tra cui, a titolo esemplificativo, la gestione dei servizi funebri cimiteriali. Pertanto, la delibera 110/1996 prevede una mera facoltà di affidamento di tali servizi alla A.C.E.GA.S., e non già un vincolo attuale ad affidare tali servizi alla società. Ne deriva che la lesione dell interesse della ricorrente è sorta solo quando con delibera del 2000 (a ben quattro anni di distanza dalla costituzione della società), il Comune ha in concreto affidato alla A.C.E.GA.S. il servizio di trasporto funebre in regime di privativa. Consequenziale è la tempestività del ricorso di primo grado. 3.3. Quanto alla seconda eccezione, il Comune di Trieste all udienza del 7 novembre 2006 ha depositato una delibera del consiglio comunale, assunta in data 6 novembre 2006, con cui si stabilisce che dalla data di esecutività della delibera, nel Comune di Trieste viene meno il regime di monopolio comunale quanto al servizio di trasporto funebre. Ad avviso del Comune, la cessazione del regime di privativa determinerebbe il venir meno dell interesse all appello. L eccezione è infondata. A prescindere dal rilievo che la delibera comunale non è ancora esecutiva alla data del passaggio della causa in decisione, deve in ogni caso osservarsi che la delibera opera ex nunc, e dunque non fa venir meno l interesse dell appellante a veder rimuovere il regime di monopolio con effetto da data anteriore, anche ai fini dell eventuale risarcimento del danno. 4. Passando all esame dell appello, va circoscritta la materia del contendere. Come già osservato, parte appellante non contesta la declaratoria di difetto di interesse in relazione ai servizi cimiteriali. Su tale punto pertanto la sentenza è passata in giudicato. 5. E fondato il primo motivo di appello, con cui si afferma l erroneità del capo di sentenza che dichiara inammissibile per difetto di interesse il ricorso, quanto al servizio di trasporto funebre e alle onoranze funebri. 5.1. Invero, in punto di fatto la società ricorrente prima della costituzione della società A.C.E.GA.S. gestiva per conto del comune il servizio di trasporto funebre, donde la aspettativa a essere contemplata in caso di ulteriori affidamenti, e a non vedere affidato il servizio in via esclusiva ad un altro soggetto, in regime di monopolio.

5.2. In secondo luogo, secondo quanto affermano le parti, A.C.E.GA.S. sarebbe una società a partecipazione mista, di capitale pubblico e privato. Sotto questo profilo, si profila l indubbio interesse di una società privata a non subire una indebita concorrenza da parte di una società che non è in house, ma che opera sul mercato in concorrenza con le società private per taluni servizi (le onoranze funebri) avvalendosi del beneficio del capitale pubblico e dell esclusiva per altri servizi (quelli di trasporto funebre e quelli cimiteriali). Gli effetti distorsivi sul mercato di siffatte situazioni sono stati da tempo evidenziati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. 5.3. In terzo luogo, come correttamente osservato da parte appellante, l annullamento dell affidamento ad A.C.E.GA.S. in regime di monopolio non comporta il ripristino della situazione anteriore, che era di privativa. Invero, oggetto di contestazione è proprio la perdurante legittimità del regime di monopolio del servizio di trasporto funebre. 5.4. Infine, quanto alle onoranze funebri, posto che dalla documentazione in atti si evince che non vi è mai stato un regime di monopolio (da uno studio demandato all Università Bocconi di Milano si desume che il Comune opera in concorrenza con due operatori privati), evidente è l interesse della società appellante a non vedere esercitato tale servizio, in regime di concorrenza, da una società pubblica che si avvantaggia di capitale pubblico e dei guadagni derivanti dall esercizio di altro servizio in regime di monopolio. 6. Passando all esame del merito, il ricorso è fondato e va accolto nei limiti dell interesse del ricorrente e dei motivi da questo articolati in prime cure, nei sensi che si vanno ad esporre Vanno esaminati distintamente due ordini di censure. Da un lato il ricorrente sostiene che le onoranze funebri non sono un servizio pubblico e pertanto non possono essere affidate ad una società pubblica. Dall altro lato il ricorrente contesta l affidamento del servizio di trasporto funebre alla società A.C.E.GA.S. in regime di monopolio. 7. Il primo ordine di censure è fondato. Le onoranze funebri hanno un carattere spiccatamente commerciale, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato. Al limite, le onoranze funebri potrebbero essere ascritte ai servizi pubblici di rilevanza economica. Per questi, l affidamento deve avvenire sul mercato, secondo i principi costituzionali e comunitari, di cui costituisce ora codificazione l art. 113, t.u. n. 267/2000: e dunque o l affidamento avviene a società in house, o a privati scelti con gara, o a società miste il cui socio privato sia scelto con gara. Tali regole, per la loro portata di principi desumibili dalla giurisprudenza

comunitaria, dovevano ritenersi applicabili anche prima della loro formale codificazione, e dunque anche all epoca di adozione della delibera comunale n. 30/2000 (la nota sentenza Teckal della Corte di giustizia CE, che ha stabilito i confini delle società in house, è anteriore al 2000: Corte giust. CE, 18 novembre 1999 n. 107/98). Nel caso specifico, invece, le onoranze funebri sono state assunte dal Comune come un servizio di propria competenza, e sono state affidate in via diretta, senza gara, ad una società mista. Ne consegue l illegittimità della delibera del 2000 in parte qua. 8. Il secondo ordine di censure è parzialmente fondato, laddove contesta il regime di monopolio, mentre è infondato laddove si assume che il servizio di trasporto funebre non sarebbe un servizio pubblico. Ritiene il Collegio che il regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre non è più vigente, a far data dall entrata in vigore della l. n. 142/1990, secondo quanto già affermato da copiosa giurisprudenza. Invero, la possibilità del regime di monopolio per il servizio di trasporto funebre era previsto dal r.d. 15 ottobre 1025 n. 2578, il cui art. 1, n. 8, consentiva ai Comuni sia di assumere tale servizio, sia di optare per il regime di privativa. Ma l art. 22, co. 2, l. n. 142/1990, dispone che i servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge. Occorre pertanto una norma primaria espressa, a giustificare un regime di monopolio pubblico nell esercizio di un servizio pubblico locale. L art. 64, l. n. 142/1990 ha abrogato tutte le disposizioni anteriori, incompatibili con la l. n. 142 medesima. E non può nutrirsi alcun dubbio circa l insanabile contrasto che, già nel 1990, impediva di conciliare il portato precettivo dell art. 1, r.d. n. 2578/1925 con quello innovativamente recato dall art. 22 l. n. 142/1990. A tal proposito è dirimente la considerazione che il primo articolo rimetteva ad un atto amministrativo comunale la scelta dell assunzione dell impianto e dell esercizio dei trasporti funebri con diritto di privativa: detto altrimenti, l art. 1 del citato r.d. riservava alla discrezionalità dell ente civico l opzione sull istituzione, o meno, di un monopolio, di carattere giuridico, sul servizio in questione. Il dismorfismo esistente tra la disposizione appena considerata e l art. 22 l. n. 142/1990 non potrebbe essere più evidente, giacché il secondo comma di quest ultima previsione assegnava soltanto alla fonte legislativa il potere di attribuire in via esclusiva a comuni e province taluni servizi pubblici, cancellando

del tutto la possibilità di un ascrizione della privativa mediante una mera delibera di assunzione. Né la perdurante vigenza in parte qua dell art. 1, r.d. n. 2578/1925 potrebbe desumersi dal sopravvenuto art. 274 d.lgs. n. 267/2000, nel quale sono citate espressamente le norme abrogate dal vigente testo unico, tra cui non vi è menzione della citata disposizione. Invero, da un lato, la circostanza non appare univocamente interpretabile, giacché essa potrebbe piuttosto assumere il significato di una conferma legislativa, seppure implicita, dell intervenuta abrogazione della norma del 1925 fin dall entrata in vigore della l. n. 142/1990. E, dall altro lato, il successivo art. 275, t.u.e.l. del 2000, analogamente al ridetto art. 64, l. n. 142/1990, reca una clausola di abrogazione per incompatibilità. Né argomenti in contrario possono trarsi dall art. 7, t.u.e.l. che assegna alla potestà regolamentare dei comuni l organizzazione ed il funzionamento degli organi e degli uffici. Invero l art. 7 è previsione che postula, e non fonda, l esistenza di una valida attribuzione al comune - in forza di una fonte di rango pari o superiore della competenza sulle materie da regolamentare. Neppure si può argomentare dall abrogazione del comma 2 dell art. 112, t.u. n. 267/2000, che, analogamente all art. 22, co. 2, l. n. 142/1990, stabiliva la necessità di una legge per l assunzione di servizi locali in regime di privativa da parte degli enti locali. Il senso di siffatta abrogazione deve coerentemente ricercarsi alla luce della ratio complessiva del testo normativo che l ha disposta. Orbene, non v è dubbio alcuno che l'art. 35, co. 12, lett. c), l. 28 dicembre 2001, n. 448, al quale risale l effetto abrogativo in questione, lungi dall essere una norma ispirata da un ideologia di matrice dirigistica, abbia piuttosto contribuito ad abbattere in gran parte (e, come noto, nemmeno completamente) i residui profili anticoncorrenziali che tuttora allignano nella disciplina dei servizi pubblici locali. Non può quindi rinvenirsi nella previsione l ancora di salvezza di una non più esistente privativa comunale sui servizi di trasporto funebre, poiché l eliminazione dal mondo giuridico del secondo comma dell art. 112 t.u.e.l. non ha comportato la reviviscenza di antichi privilegi monopolistici, quanto, esattamente all inverso, l evento ha segnato la definitiva cessazione, almeno in linea generale, di ogni privativa sui servizi pubblici di cui risultino titolari gli enti locali (e non soltanto i Comuni e le Province; tanto si desume dal coordinamento con il primo comma dell art. 112 t.u.e.l.) fatte salva l eventuale esistenza di contrarie previsioni legislative rispettose dell art. 43 Cost. (si pensi, a titolo di esempio, all art. 21, d.lgs. n. 22/1997 sulla gestione dei rifiuti urbani e di quelli assimilati). Insomma l art. 35, l. n. 448/2001 è una norma di ampia liberalizzazione del settore e, dunque, si mostra frutto di un evidente travisamento ermeneutico

l idea che proprio essa tuttora contribuisca a giustificare la permanenza in vita della privativa oggetto del contendere. 8.1. In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza di questo Consesso (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2004 n. 7899). Nello stesso senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, che del pari ha ritenuto l art. 1, n. 8, r.d. n. 2578/1925 in contrasto con l art. 22, l. n. 142/1990, atteso che quest ultimo consente regimi di monopolio pubblico in relazione ai servizi locali solo sulla base di una espressa previsione di legge, laddove in base alla normativa del 1925 la creazione di un monopolio legale dipendeva da una scelta di natura amministrativa (Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2005 n. 11726). La Corte suprema ha aggiunto che per il servizio di trasporto funebre - attualmente classificabile tra i servizi di rilevanza economica, ai sensi dell art. 113, d.lgs. n. 267/200, e quindi ricadente in un ambito contrassegnato dalla più ampia libertà di concorrenza non è configurabile una reviviscenza della originaria situazione di monopolio a seguito della emanazione del d.p.r. 10 settembre 1990, n. 285, recante il regolamento di polizia mortuaria, approvato in esecuzione dell art. 358 t.u.l.s. (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), atteso che tale regolamento disciplina i profili sanitari del servizio, ma non detta alcun intervento restrittivo della libertà di concorrenza nel settore (enunciando il principio di cui in massima, la corte di cassazione ha confermato la sentenza di merito, la quale - previa disapplicazione del regolamento del comune di Bari sull esercizio in economia del servizio dei trasporti funebri - aveva annullato l ordinanzaingiunzione adottata per l avvenuta violazione del predetto regolamento in ragione del compimento di un trasporto di salme senza l autorizzazione dell ente locale, rilasciata in deroga al suo diritto di privativa). 8.2. Ulteriore argomento a sostegno della tesi si trae dal d.m. 28 maggio 1993, che, nell individuare i servizi locali indispensabili dei comuni, province e comunità montane, ai fini della non assoggettabilità ad esecuzione forzata, vi include i <> ma non anche quelli di trasporto funebre. 8.3. Si deve in conclusione osservare che nel mutato quadro costituzionale e comunitario, i regimi di monopolio legale sono ammessi in casi tassativi, quando vi sia un fine di utilità generale, e sempre che si tratti di servizi pubblici essenziali, o di imprese relative a fonti di energia, o vi sia un preminente interesse generale, o una situazione di monopolio di fatto sul mercato (art. 43 Cost.). 8.4. Tali situazioni non ricorrono con riguardo al servizio di trasporto funebre, che può essere esercitato, e di fatto viene esercitato in molti Comuni, in regime di libera concorrenza. Il Comune può, pertanto, senz altro svolgere il trasporto funebre in regime di concorrenza.

Può, inoltre, anzi, deve, regolamentare il servizio di trasporto funebre esercito dai privati, al pari di quanto accade per qualsivoglia servizio pubblico gestito in regime di concorrenza, al fine di assicurare che il servizio sia in ogni caso garantito, anche ai non abbienti e quotidianamente, senza subire paralisi che non sono compatibili con la tipologia del servizio medesimo, in relazione ad esigenze di igiene e sanità pubblica. In tale prospettiva, il Comune può anche riservare a sé lo svolgimento del servizio in via residuale, per situazioni di emergenza in cui non intervengono i privati, o per i soggetti non abbienti, in alternativa alla possibilità di imporre ai privati un servizio di turnazione per tali situazioni. 9. Tutto ciò osservato, il Collegio osserva che va dichiarata illegittima, e annullata, la delibera n. 30/2000, nella parte in cui prevede il regime di monopolio per l affidamento del servizio di trasporto funebre ad A.C.E.GA.S.. 9.1. La delibera non può essere invece annullata anche quanto all affidamento del servizio ad A.C.E.GA.S., che può essere mantenuto depurato dalla clausola di privativa. Invero, nel ricorso di primo grado si contesta anche l affidamento in sé ad una società pubblica di un servizio di carattere imprenditoriale. Tuttavia, mentre le onoranze funebri possono essere considerate un servizio imprenditoriale, il trasporto funebre ha i connotati di un servizio pubblico, ancorché possa avere rilevanza economica (in tal senso Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2005 n. 11726). Invero, si tratta di un servizio che ha i connotati della indispensabilità, attese le gravi conseguenze di carattere igienico sanitario che si avrebbero in caso di mancato esercizio, e che pertanto soddisfa un bisogno insopprimibile della collettività. Pertanto, non può in radice negarsi la possibilità di assunzione da parte del Comune e di conseguente affidamento ad una società pubblica. Sotto tale profilo è infondata la censura di parte appellante, che contesta in radice la possibilità di affidamento del servizio in questione ad una società pubblica, sull erroneo presupposto del carattere imprenditoriale e privato del servizio in esame. 9.2. Altra questione è quella della legittimità o meno dell avvenuto affidamento senza gara del servizio de quo alla società A.C.E.GA.S. (che, si assume, è una società mista e non una società a totale capitale pubblico, in house). Ma tale punto non può essere esaminato di ufficio dal Collegio, in difetto di motivo di censura nel ricorso di primo grado, ed essendo inammissibili le censure sul punto sollevate solo con memoria in appello.

Fermo restando che dalla presente decisione deriva la possibilità per la società ricorrente di svolgere il servizio di trasporto funebre, che non è più oggetto di monopolio di A.C.E.GA.S., e che permane la possibilità di svolgimento di detto servizio da parte di A.C.E.GA.S. in regime di concorrenza, il Comune potrà autonomamente valutare se intervenire in via di autotutela in ordine all affidamento diretto senza gara del servizio alla società mista e in ordine alla rimodulazione del servizio, per gli aspetti di essenzialità che esso presenta in determinate situazioni, secondo quanto osservato dalla presente decisione. 9.3. Non può invece essere annullata la delibera n. 110/1996, perché non è in sé illegittimo costituire una società mista e prevedere la possibilità di affidarle il servizio di trasporto funebre, purché vengano rispettate, in sede di affidamento, le regole che escludono il regime di monopolio e che impongono il regime della gara se la società non è in house. 9.4. Il Collegio difetta inoltre di giurisdizione ad annullare lo statuto della società A.C.E.GA.S.. 10. In conclusione, l appello va accolto in parte, nei sensi di cui in motivazione, e, per l effetto va annullata la delibera del Comune di Trieste n. 30/2000, nella parte in cui prevede l affidamento diretto ad A.C.E.GA.S. del servizio di onoranze funebri, e nella parte in cui prevede il regime di monopolio quanto al servizio di trasporto funebre affidato ad A.C.E.GA.S.; resta ferma detta delibera nella parte in cui affida i servizi cimiteriali, e nella parte in cui affida ad A.C.E.GA.S. il servizio di trasporto funebre, depurato dalla clausola di privativa. 11. La complessità delle questioni giustifica l integrale compensazione delle spese di lite in relazione ad entrambi i gradi di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione. Spese del doppio grado compensate. Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 novembre 2006 con la partecipazione di: Giorgio Giovannini - Presidente Sabino Luce - Consigliere Carmine Volpe - Consigliere Giuseppe Romeo - Consigliere Rosanna De Nictolis - Cons. Rel. ed est.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il...27/12/2006... (Art. 55, L.27/4/1982, n.186) *****