IL MIELOMA MULTIPLO Opuscolo informativo Anno 2014
Mieloma Multiplo Epidemiologia, caratteristiche biologiche e sintomi della malattia Il mieloma è un tumore delle plasmacellule. Le plasmacellule sono un particolare tipo di cellule deputato alla produzione di immunoglobuline (anticorpi). Le immunoglobuline sono proteine indispensabili per la difesa contro le infezioni. Epidemiologia del mieloma Il mieloma è una malattia relativamente rara; rappresenta infatti l 1% di tutte le malattie tumorali. L incidenza del mieloma aumenta con l età. La maggior parte delle persone affette da mieloma ha più di 60 anni; solo il 5-10% dei pazienti ha meno di 40 anni. Il mieloma ha un incidenza leggermente più elevata nel sesso maschile. Il rapporto maschi/femmine è 3/2 che significa una maggiore incidenza nei maschi. Negli ultimi anni l incidenza è aumentata, probabilmente in parte per le migliori tecniche diagnostiche ed in parte per l impatto di alcuni fattori ambientali quali l esposizione a sostanze chimiche tossiche. Caratteristiche biologiche Le plasmacellule patologiche si accumulano nel midollo osseo e producono elevate quantità di immunoglobuline tutte dello stesso tipo (componente monoclonale) che si ritrovano nel sangue circolante. La componente monoclonale è facilmente evidenziabile mediante un esame chiamato elettroforesi delle sieroproteine, che valuta la concentrazione delle diverse proteine del sangue. L immunoglobulina monoclonale è composta da due catene pesanti e da due catene leggere. Le catene pesanti che più frequentemente costituiscono la componente monoclonale sono quelle di tipo G o A, mentre vi sono due tipi di catene leggere: kappa (k) e lambda (λ). La tipizzazione della componente monoclonale viene effettuata mediante un esame chiamato immunofissazione. Le catene leggere, date le piccole dimensioni, se presenti in eccesso nel sangue passano il filtro renale e si accumulano nelle urine dando origine alla proteinuria di Bence Jones.
In una piccola percentuale di pazienti con mieloma le plasmacellule producono solo catene leggere, in questo caso il mieloma viene definito micromolecolare. Ancor più raramente (circa 1 2% dei pazienti) le cellule del mieloma producono poche o addirittura nessuna proteina monoclonale, in questo caso si parla di mieloma non secernente. Sintomi di presentazione del mieloma multiplo Il mieloma multiplo può manifestarsi con sintomi eterogenei. In un terzo dei casi il riscontro è occasionale, a seguito di esami di routine che evidenziano all elettroforesi delle sieroproteine una componente monoclonale. Quando il mieloma è sintomatico, nel 50% si presenta con dolori ossei (fratture patologiche, osteolisi), nel 10-20% con un insufficienza renale. Alcuni sintomi dipendono dalle alterazioni che la malattia provoca direttamente nel midollo osseo per sostituzione infiltrazione da parte delle plasmacellule patologiche: l anemia dovuta alla ridotta produzione di globuli rossi, la piastrinopenia causata dalla riduzione del numero delle piastrine e la predisposizione alle infezioni, dovuta alla riduzione dei globuli bianchi (leucopenia), in particolare dei neutrofili (neutropenia), ed alla deficitaria risposta immunitaria contro agenti infettivi. Altri sintomi sono dovuti alle alterazioni che la componente monoclonale determina sulla normale circolazione del sangue (sintomi da iperviscosità). Altri ancora al danno che le plasmacellule producono alle strutture ossee. Frequentemente infatti il mieloma multiplo si presenta con dolori ossei o fratture patologiche. Il danno osseo porta a liberare nel sangue le sostanze minerali in esso contenuto, come il calcio, con conseguente incremento dei valori di tale ione nel sangue (ipercalcemia). Effetti della componente monoclonale sul rene Uno degli organi più comunemente danneggiati dalla presenza della componente monoclonale è il rene, organo deputato alla depurazione del sangue. In presenza di un eccesso di immunoglobuline, le catene leggere che normalmente vengono riassorbite a livello del tubulo renale finiscono per accumularsi e precipitare, creando un danno renale severo tale da determinare una insufficienza renale. Le catene libere in eccesso si accumulano e si ritrovano nelle urine dando origine alla proteinuria di Bence Jones.
Esami da effettuare alla diagnosi ed in corso di terapia Test Mieloaspirato Emocromo Esami ematochimici Elettroforesi sieroproteine Immunofissazione siero Dosaggio catene leggere libere sieriche Elettroforesi Proteine urinarie Immunofissazione urine Radiografia completo dello Scopo E il principale esame per definire la percentuale di cellule del mieloma presenti nel midollo osseo. Questa procedura permette anche di effettuare indagini citogenetiche e molecolari È un esame invasivo che prevede un anestesia locale a livello della spina iliaca posteriore (parte posteriore alta del bacino). Di solito ben tollerata; in genere l unico inconveniente per il paziente è se questi è allergico all anestetico locale. Può dare raramente una anestesia transitoria dell arto inferiore omolaterale (cioè dalla stessa parte dove è stato effettuato il prelievo) valutare la presenza e la severità dell anemia valutare il numero di globuli bianchi valutare il numero di piastrine valutare la funzionalità renale (azotemia, creatinina, beta2microglobulina) valutare le presenza di ipercalcemia dosare le immunoglobuline normali valutare l entità della componente monoclonale identificare il tipo di CM (IgG, IgA, K o Lambda) valutare la quantità di catene leggere kappa e lambda libere nel siero valutare presenza ed entità della componente monoclonale nelie urine identificare la tipologia della componente monoclonale urinaria (Proteinuria di Bence-Jones, kappa o lambda) valutare la presenza di danno osseo/lesioni litiche approfondire la valutazione di lesioni ossee già
scheletro Risonanza magnetica evidenziate alla Rx scheletrica oppure evidenziare localizzazioni di malattia a partenza dall osso ma estese anche ai tessuti circostanti (localizzazioni extramidollari) TC La terapia del Mieloma Multiplo Il mieloma multiplo è una malattia non guaribile ma con la quale è possibile convivere. La finalità delle cure è ottenere e mantenere nel tempo il miglior controllo della malattia, con la migliore qualità di vita possibile. Il percorso terapeutico non è uguale per tutti ma deve essere definito tenendo conto delle caratteristiche del paziente, della presentazione della malattia ed anche delle problematiche logistiche. La prima domanda da porsi è quando iniziare il trattamento. E ormai consolidato che la scelta di iniziare una terapia dipende essenzialmente dalla fase di malattia (mieloma sintomatico vs sintomatico). I pazienti con mieloma asintomatico cioè senza CRAB = ipercalcemia, insufficienza renale, anemia, lesioni osteolitiche) non richiedono alcuna terapia. Questo atteggiamento, chiamato con termine inglese "watch and wait" (osservare e aspettare), deriva dall evidenza che non vi è un reale vantaggio ad iniziare un trattamento precocemente. La terapia va riservata ai pazienti con mieloma sintomatico (cioè con CRAB). La terapia di supporto La radioterapia viene utilizzata soltanto per il controllo del dolore associato alle localizzazioni ossee, o nel caso sia presente una localizzazione extramidollare, cioè in una sede diversa dal midollo osseo dove le plasmacellule risiedono fisiologicamente. Un ruolo importante ha anche la terapia di supporto che affianca la chemioterapia ed include l uso del eritropoietina per la correzione dell anemia, dei fattori di crescita per aumentare i globuli bianchi e per mobilizzare le cellule staminali, e dei bifosfonati per il trattamento della malattia ossea.
La scelta del programma di cura Il tipo di trattamento viene stabilito principalmente sulla base delle caratteristiche del paziente. Avremo infatti un gruppo di pazienti che per età e assenza di patologie associate importanti sarà candidato alla terapia ad alte dosi con trapianto autologo ed un gruppo nel quale, al contrario, un approccio terapeutico aggressivo sarebbe svantaggioso. Nella terapia del mieloma dobbiamo distinguere la terapia iniziale detta di prima linea e la terapia del paziente in ricaduta, cioè quando la malattia si ripresenta. I farmaci utilizzati sono uguali nei due gruppi ma cambiano gli schemi di combinazione e i dosaggi. Talidomide La talidomide è entrata nell uso clinico negli anni 60 come farmaco contro il vomito e l insonnia ed è stata successivamente ritirata dal commercio perché determinava gravi malformazioni (focomelia) sui feti di donne che la avevano assunta in gravidanza. Circa 10 anni fa un gruppo americano ha dimostrato la sua efficacia nel mieloma, soprattutto in associazione al cortisone. Attualmente la talidomide viene utilizzata in associazione con il melfalan ed il prednisone (MPT) come terapia di prima linea o in combinazione al desametasone (Tal-Dex) nei pazienti in ricaduta. Bortezomib Il Bortezomib (Velcade ) è un farmaco molto attivo nei pazienti con mieloma multiplo. E stato usato nell ambito di protocolli sperimentali in varie fasi della malattia (terapia di prima linea o in ricaduta). Molti studi hanno dimostrato una netta superiorità del bortezomib in associazione al desametasone ad alte dosi o ad altri farmaci (talidomide, adriamicina, ciclofosfamide), rispetto alla terapia convenzionale. Recentemente il bortezomib (Velcade) in associazione al Melfalan ed il Prednisone (VMP) è stato approvato come valida alternativa allo schema precedentemente citato MPT nei pazienti non candidati al trapianto autologo. Dal momento che non viene eliminato per via renale rappresenta il farmaco di prima scelta nei pazienti con insufficienza renale. I principali effetti collaterali della terapia con Bortezomib sono la neuropatia periferica che determina l insorgenza di disturbi della sensibilità e a volte dolore soprattutto agli arti inferiori. Tale complicanza, se si riduce la dose o si
sospende il farmaco, è quasi sempre reversibile. La terapia con Bortezomib può determinare anche piastrinopenia e disturbi intestinali (stitichezza o diarrea) sempre reversibili dopo la sospensione del farmaco. Lenalidomide La lenalidomide (Revlimid ) è entrata in commercio 4 anni fa dimostrando rispetto al suo predecessore talidomide di agire meglio e più rapidamente. Ha inoltre dimostrato una buona efficacia anche in pazienti pluritrattati e, seppur in misura minore, anche in quelli non responsivi o in progressione durante terapia con talidomide. La terapia del paziente giovane Chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali La superiorità della terapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali periferiche è stata dimostrata ampiamente nei confronti della terapia convenzionale nei pazienti con età inferiore a 65 anni. Il principio della terapia ad alte dosi, o terapia sovramassimale, è quello di utilizzare, come terapia di preparazione al trapianto, i chemioterapici a dosaggi così alti che se non venisse adoperato un supporto con cellule staminali autologhe si darebbe al paziente una tossicità inaccettabile. I programmi di solito includono una fase di induzione, una fase di mobilizzazione delle cellule staminali e la fase dell autotrapianto con reinfusione delle cellule staminali raccolte. La fase di induzione ha il ruolo di ridurre il più possibile la malattia al fine di ottenere una buona risposta (completa o quasi completa). Infatti, la qualità della risposta rappresenta uno dei fattori prognostici più importanti per garantire un lungo periodo libero dalla malattia. Altro aspetto importante è che tanto migliore è lo stato della malattia al momento della terapia ad alte dosi con trapianto di cellule staminali tanto maggiore è la sua efficacia. La terapia di mobilizzazione ha la funzione di stimolare le cellule staminali a circolare nel sangue periferico in elevate quantità. La terapia di mobilizzazione di solito prevede l associazione di una chemioterapia, con un fattore di crescita granulocitario, cioè un farmaco che stimola la produzione di cellule staminali midollari ed il loro rilascio nel sangue periferico. Il numero di cellule staminali nel sangue periferico viene poi monitorato quotidianamente e non appena raggiunge il valore ritenuto idoneo, le cellule staminali vengono raccolte attraverso una procedura detta aferesi: il paziente viene collegato per via venosa ad un apparecchio detto separatore cellulare e le cellule staminali vengono selezionate e raccolte in sacche. Le sacche
vengono quindi congelate e conservate in azoto liquido fino a quando verranno restituite al paziente come supporto autologo dopo la chemioterapia ad alte dosi (autotrapianto di cellule staminali emopoietiche). La terapia del paziente non candidato al trapianto autologo I pazienti con età superiore a 65 anni di solito non sono candidati ad una terapia ad alte dosi con trapianto autologo. Possono esservi pazienti con età superiore a 65 anni ma in ottime condizioni fisiche che possono affrontare un trapianto autologo, come allo stesso modo pazienti più giovani possono presentare delle patologie associate che precludano la fattibilità del trapianto. Malgrado questi limiti, convenzionalmente, per i pazienti con età 65 anni la procedura trapiantologia è considerata lo standard; per quelli con una età fra 65 e 70 anni può essere presa in considerazione; sopra i 70 anni è sconsigliata in quanto i rischi legati alla procedura superano i possibili benefici. Per parecchi anni la terapia standard del paziente non candidato al trapianto è stata la combinazione melphalan e prednisone. Il melphalan (Alkeran ) è un chemioterapico molto efficace nel mieloma (viene utilizzato infatti come terapia ad alte dosi nel trapianto autologo). Viene somministrato per via orale in associazione al prednisone (Deltacortene ), un cortisonico anch esso utilizzato per via orale. L approccio al trattamento di questi pazienti è cambiato in modo radicale da quando si sono resi disponibili i nuovi farmaci (velcade, talidomide, lenalidomide). Malgrado la base della terapia rimanga la stessa, melphalan e prednisone, a questi sono stati associati i nuovi farmaci producendo risultati nettamente migliori sia in termini di risposta alla terapia che di durata della stessa e quindi del controllo della malattia. Prevenzione e gestione degli effetti collaterali La disponibilità di farmaci di nuova generazione, che spesso vengono combinati con la chemioterapia tradizionale, ha modificato la tipologia delle tossicità che si possono osservare in corso di terapia. Ricordiamo brevemente quali sono i principali sintomi da intolleranza alla chemioterapia tradizionale; interessano soprattutto i tessuti costituiti da cellule che si riproducono rapidamente (mucosa della cavità orale e del tratto
gastrointestinale, annessi cutanei). Tutti questi effetti collaterali sono ben controllabili e gradualmente reversibili, in tempi più o meno lunghi. Nausea e vomito: sono facilmente controllabili dalla assunzione di farmaci detti antiemetici. Alopecia Diarrea/Stipsi Infiammazione del cavo orale (stomatite): è causa di dolore durante la masticazione e la deglutizione degli alimenti sia solidi che liquidi. Infine, tutti i chemioterapici hanno un effetto tossico sul midollo osseo, determinando la comparsa di tossicità ematologica che si esprime con: Riduzione del conteggio dei globuli bianchi (leucopenia) e dei neutrofili (neutropenia): è responsabile dell aumentato rischio di sviluppare infezioni, anche severe. Qualora la leucopenia fosse particolarmente profonda, il medico potrà iniziare una profilassi antibiotica e stimolare il ripristino del normale conteggio leucocitario utilizzando fattori di crescita granulocitari (G- CSF) Riduzione del conteggio piastrinico (piastrinopenia): è responsabile dell aumentato rischio di emorragia. L entità del rischio è proporzionale al numero di piastrine. In caso di conteggi particolarmente bassi, per prevenire il rischio di sanguinamento il medico potrà consigliare il paziente di sottoporsi al supporto trasfusionale con concentrati piastrinici. Riduzione del conteggio dei globuli rossi e del valore di emoglobina (anemia). Per prevenire l aggravarsi dei sintomi è possibile ricorrere al supporto trasfusionale con globuli rossi concentrati o utilizzare fattori di crescita emopoietici (eritropoietina, o EPO). Effetti collaterali dei nuovi farmaci Effetti collaterali condivisi con i chemioterapici: Quasi tutti i nuovi farmaci condividono alcuni dei sintomi da intolleranza alla chemioterapia. In particolare la tossicità grastro-intestinale è molto comune in corso di Bortezomib. L astenia è uno degli effetti collaterali più
comunemente riscontrati durante l assunzione dei farmaci immunomodulatori (Talidomide e Lenalidomide). Altri effetti collaterali comuni anche alla chemioterapia (tossicità ematologica ed infezioni) assumono caratteristiche peculiari, in particolar modo la tossicità ematologica e le infezioni. Tossicità ematologica: Alcuni dei nuovi farmaci, in particolare la talidomide, non sono gravati se non raramente da tossicità ematologica e pertanto possono essere facilmente utilizzati anche in pazienti che presentino bassi valori di globuli bianchi e piastrine o siano particolarmente anemici. Altri farmaci biologici, ad esempio la lenalidomide, condividono con la chemioterapia la capacità di indurre una tossicità ematologica che si esprime a carico di tutte e tre le serie emopoietiche (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). La terapia di supporto da utilizzare é analoga a quella che abbiamo ricordato per la chemioterapia. Il bortezomib, viceversa, presenta una tossicità ematologica selettiva in quanto riduce quasi unicamente ed in modo transitorio il conteggio piastrinico (piastrinopenia). Infezioni: La terapia con lenalidomide che condivide con la chemioterapia la capacità di indurre neutropenie, può essere gravata dalla comparsa da episodi di infezione, anche severa. Nei pazienti in terapia con Bortezomib, pur non registrandosi se non raramente neutropenie severe, è possibile che si verifichino, anche con conteggi leucocitari normali, riattivazioni di infezioni virali da Herpes Zoster. Altri effetti collaterali tipicamente associati alla chemioterapia non si riscontrano quasi mai utilizzando farmaci di seconda generazione. Ad esempio, l alopecia e la stomatite si riscontrano raramente. Effetti collaterali peculiari dei nuovi farmaci: Neuropatia: l introduzione dei nuovi farmaci ed in particolar modo della talidomide prima, e successivamente del bortezomib è responsabile del notevole incremento della tossicità neurologica, che viceversa rappresentava un effetto collaterale piuttosto raro in corso di chemioterapia Per prevenire la comparsa di episodi di grave neuropatia, il paziente in trattamento con talidomide o con bortezomib, deve riferire prontamente al medico la presenza di disturbi neurologici in modo da ridurre la dose o sospendere la terapia in corso, a seconda dell entità stessa dei sintomi. Per quanto riguarda la terapia della neuropatia, i farmaci di maggiore efficacia appartengono alla classe farmacologica degli antiepilettici (gabapentin e
pregabalin). A questi può in caso di necessità essere affiancata una terapia antidolorifica con FANS (antinfiammatori non steroidei, es ketorolac) o oppiodi (es tramadolo, fentanyl, buprenorfina). Trombosi venosa profonda: tutti i pazienti affetti da neoplasia sono a maggior rischio di eventi trombotici lungo la storia di malattia. Vi sono poi pazienti che, al rischio legato alla patologia di base, aggiungono la familiarità per questo tipo di problematiche. Alcuni dei nuovi farmaci utilizzati per la terapia del mieloma, in particolare quelli appartenenti alla classe farmacologica degli immunomodulatori (cioè Talidomide e il suo analogo Lenalidomide) incrementano il rischio di sviluppare trombosi venosa profonda. Reazioni cutanee: Sono particolarmente comuni in corso di terapia con immunomodulatori (talidomide e lenalidomide). I sintomi sono analoghi a quelli che solitamente compaiono in corso di allergia a farmaci (rossore e prurito diffusi soprattutto alla cute del tronco ed al volto), reazioni più gravi, raramente riscontrate, si accompagnano alla comparsa di sintomi simili alle ustioni (vescicole alla cute e alle mucose tendenti a confluire, causando aree di disepitelizzazione e rischio di sovrainfezione). L assunzione di terapia steroidea a basso dosaggio e di anti-istaminici è nella maggior parte dei casi sufficiente a risolvere la complicanza ed a prevenire la comparsa di reazioni di maggiore gravità. In caso di comparsa di reazioni cutanee è possibile proseguire la terapia utilizzando dosaggi ridotti di farmaco. Teratogenicità: la talidomide è nota per causare gravi malformazioni fetali, ed è stata inizialmente ritirata dal commercio a seguito della segnalazione di tale tossicità (quando il farmaco veniva utilizzato non per il suo potanziale antineoplastico ma per il suo effetto antiemetico nelle donne gravide). Effetti teratogeni dell analogo della thalidomide, la lenalidomide, sono stati segnalati su modelli animali. L effetto teratogeno è supposto essere possibile anche durante l utilizzo del bortezomib, così come di tutti i chemioterapici.