L ATTIVITÀ ISTRUTTORIA NEI PROCESSI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO



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AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 1 L ATTIVITÀ ISTRUTTORIA NEI PROCESSI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO Filippo Danovi Professore Ordinario di Diritto processuale civile, Università degli Studi di Milano Bicocca Sommario: 1. Finalità istruttorie e struttura dei giudizi di separazione e divorzio. 2. Segue) In particolare: l istruttoria nella fase presidenziale e i suoi caratteri. 3. Segue) Dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni sul patrimonio: produzioni, ordini e indagini. 4. L audizione del minore e la consulenza tecnica d ufficio avanti al presidente. 5. L attività istruttoria disposta dal collegio in sede di decisione. 6. Peculiarità dell istruttoria in relazione al contenuto dei provvedimenti e delle situazioni sostanziali incise. 7. Esigenze istruttorie e differenziazione delle tecniche di tutela processuali. 8. In particolare, la prova della riconciliazione. 9. Stabilità dei provvedimenti e correlate peculiarità istruttorie. 10. Analisi dei tradizionali mezzi di prova e delle loro modalità di assunzione nella separazione e nel divorzio: la consulenza psicologica. 11. Cenni in relazione a ulteriori mezzi istruttori. 12. Segue) L audizione del minore. 13. Conclusioni. 1. Finalità istruttorie e struttura dei giudizi di separazione e divorzio Nei processi di separazione e divorzio l attività istruttoria presenta una serie di rilevanti peculiarità e una connotazione specifica rispetto al modello ordinario di cognizione. Un indagine sul tema si presta peraltro a differenti impostazioni e piani di lettura, sicché un compiuto inquadramento presuppone a monte una preliminare scelta metodologica, volta a individuare criteri e ambiti di riferimento. Un dato costante è tuttavia rappresentato dall influenza che sul tema della prova indubbiamente operano i profili caratterizzanti dei giudizi in esame, che investono il piano strutturale/ordinamentale, quello finalistico/teleologico e non ultimo anche quello contenutistico, relativo alle situazioni sostanziali oggetto del thema decidendum e incise dai provvedimenti del giudice. Da tutti questi punti di vista i giudizi di separazione e divorzio sono invero connotati da elementi e tratti di marcata specialità: seguono un iter processuale ad essi soltanto proprio, mirano a tutelare beni e valori dotati di particolare valenza e investono dinamiche ed equilibri relazionali e familiari strettamente connessi alla sfera più intima della persona. Vi è dunque in primo luogo la presa d atto, scontata ma innegabile e significativa, dell influenza che anche sul tema della prova opera la suddivisione del processo in fasi distinte, aventi un autonomia funzionale e strutturale ben più marcata di quanto avviene nel processo ordinario di cognizione. In questa prospettiva, la fase centrale per la raccolta del materiale probatorio resta quella istruttoria 1 Testo della relazione tenuta all incontro di studio L attività istruttoria nei processi di separazione e divorzio, organizzato da AIAF Lombardia a Milano il 1 dicembre 2011. 4

FOCUS in senso stretto (l attività di acquisizione e assunzione della prova mantenendo anche in questi casi davanti al giudice istruttore il suo terreno di elezione); del pari, tuttavia, è innegabile che la necessità di un intervento autoritativo anche in limine litis modelli consequenzialmente le esigenze istruttorie sin dalle prime battute del processo. In questo senso, diviene naturale la deduzione e formazione della prova già nella fase iniziale avanti al presidente, poiché il fallimento del tentativo di conciliazione e il dovere di assumere i provvedimenti provvisori e urgenti nell interesse dei coniugi e della prole impongono al presidente di formarsi un primo convincimento circa i fatti di causa e di adottare le misure più opportune per ovviare quanto meno pro tempore alla situazione di crisi della famiglia. La legge, nell art. 155 sexies c.c., conferma per tabulas questa interpretazione, stabilendo che il giudice (genericamente qualificato) «può assumere» (su istanza di parte o d ufficio) mezzi di prova «prima dell emanazione in via provvisoria dei provvedimenti di cui all articolo 155» 2. Ed è forse superfluo ricordare a questo riguardo che laddove le norme processuali qualificano una determinata attività come potere per il giudice, in realtà tendono sempre a configurare in capo a questi un potere/dovere, rientrante tra i generali compiti che istituzionalmente gli appartengono. 2. Segue) In particolare: l istruttoria nella fase presidenziale e i suoi caratteri Poste queste premesse, non vi è peraltro dubbio che diversa è la finalità dell istruttoria che ha luogo avanti al presidente rispetto a quella che si svolge avanti al giudice istruttore. Nel primo caso, l istruttoria deve ritenersi in funzione dell emanazione dei soli provvedimenti presidenziali e se da un lato ha quindi un contenuto più limitato (e circoscritto all ambito delle misure da assumersi in via immediata e urgente), dall altro presenta carattere sommario, in conformità alla cognizione con la quale il presidente è chiamato ad assumere i suoi provvedimenti. Per questi motivi, l istruttoria avanti al presidente non può estendersi ad alcuna indagine inerente domande che possono formare oggetto unicamente della decisione finale. A titolo esemplificativo, vale la pena di ricordare che nessun elemento di prova può essere in questo contesto tenuto in considerazione ai fini di un eventuale successiva pronuncia di addebito e per cercare di escludere ab origine la concessione di un assegno di mantenimento in favore del coniuge più debole. Dal secondo punto di vista, la sommarietà dell indagine alla quale il presidente è chiamato fa sì che la stessa non debba necessariamente svolgersi in modo analitico e capillare, e mantenga margini di officiosità e con essa anche di discrezionalità superiori rispetto a quanto avviene d ordinario (dovendo i provvedimenti provvisori e urgenti fondamentalmente assicurare le esigenze immediate della famiglia in crisi). Per questo motivo è certamente preferibile adottare un criterio restrittivo e negare ingresso nella fase presidenziale a mezzi istruttori superflui e tali da aggravare inutilmente le esigenze di celerità riconnesse a questa specifica fase 3. 3. Segue) Dichiarazioni dei redditi e dichiarazioni sul patrimonio: produzioni, ordini e indagini Poste queste premesse, occorre interrogarsi circa il concreto ambito di funzioni istruttorie tipiche 2 Sull art. 155 sexies c.c. v. ad es. V. CARNEVALE, La fase a cognizione piena, in AA.VV., I processi di separazione e divorzio, II ed., Giappichelli, Torino, 2011, p. 102; L. SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, in C. CONSOLO (a cura di), Il processo civile di riforma in riforma: comunicazione di atti e intimazione ai testimoni, trattazione della causa, procedimenti cautelari possessori, istruzione preventiva, separazione e divorzio, disciplina transitoria, Ipsoa, Milanofiori, Assago, 2006. 3 Cfr. M.A. LUPOI, Aspetti processuali della normativa sull affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, p. 1073; A. FRASSINETTI, sub art. 155 sexies c.c., in AA.VV., Commentario breve al diritto della famiglia, II ed., Cedam, Padova, 2011, p. 487. 5

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 esercitate dal presidente. Il primo e fondamentale compito al riguardo è quello di esaminare la documentazione allegata agli atti introduttivi e in particolare le dichiarazioni dei redditi delle parti. Invero, tra le attività complementari alla redazione degli atti introduttivi, le riforme del 2005 hanno sancito per entrambi i giudizi la produzione in limine litis delle dichiarazioni dei redditi delle parti. La chiusa del nuovo art. 706, 3 comma, c.p.c. e l art. 4, 6 comma, l. divorzio, prevedono espressamente che «al ricorso e alla (prima per l art. 4, 6 comma, l. divorzio) memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi (rispettivamente per l art. 4, 6 comma, l. divorzio) presentate». In termini generali, quel che è più grave è che l espressione generica del testo legislativo non precisa di fatto come debba essere qualificata l attività di produzione dei documenti fiscali, né soprattutto evidenzia le possibili sanzioni per la sua inottemperanza, ciò che renderebbe a prima vista arduo considerare l attività in esame come espressione di un onere in senso stretto in capo alle parti. A questo riguardo, peraltro, ad evitare di considerare la disposizione legislativa sostanzialmente lettera morta, non si può non assegnarle specifica valenza precettiva, riconoscendo all attività in esame carattere obbligatorio e ritenendo quindi che la mancata produzione debba essere tenuta in considerazione dal presidente come comportamento valutabile ai fini dell emanazione dei provvedimenti provvisori e urgenti 4. Tale conclusione merita di essere tenuta ferma anche se le dichiarazioni dei redditi devono essere allegate agli atti introduttivi, mentre in concreto la costituzione formale del convenuto (e, con essa, il deposito della memoria difensiva) potrebbe anche mancare, trattandosi di una facoltà e non di un vero e proprio obbligo in questa fase. Se dunque la non obbligatorietà della sua costituzione parrebbe astrattamente legittimare la posizione del convenuto che voglia rimanere inerte, non si può tuttavia non attribuire al presidente, in funzione delle peculiari esigenze di causa (e della necessità di pronuncia dei provvedimenti provvisori e urgenti), il potere/dovere di sollecitare la produzione della documentazione fiscale anche al coniuge convenuto, o diversamente assumere i necessari provvedimenti anche in sua mancanza. A questo riguardo, tra l altro, ad evitare che l apparente lacuna del dettato normativo consenta di fatto al convenuto di presentarsi in udienza senza avere prodotto la documentazione in esame (così rendendo necessario «un rinvio della pronuncia di quei provvedimenti economici che dovrebbero regolare in tempi celeri la vita familiare» 5 ), si deve ritenere che il giudice possa sempre assegnare un (ottativamente breve) termine al convenuto, riservando i provvedimenti presidenziali all esito di tale produzione. In questo caso, naturalmente, esigenze di simmetria riconnesse al contraddittorio e al principio di parità delle armi tra le parti impongono l assegnazione di un termine se richiesto all attore per il deposito di osservazioni e brevi note. In secondo luogo, e passando a un aspetto più propriamente organizzativo, va evidenziato che il richiamo alle «ultime» dichiarazioni dei redditi viene ormai comunemente interpretato dalla maggior parte dei tribunali come richiamo alle dichiarazioni fiscali relative all ultimo triennio. Purtroppo, peraltro, il valore probatorio delle dichiarazioni dei redditi può essere in alcuni casi relativo e non realmente chiarificatore dell effettiva situazione della parte. Vi sono casi in cui la dichiarazione dei redditi è addirittura preparata ad artem nell anno (o negli anni) anteriori alla separazione, anche mediante l ausilio di professionisti che studiano le misure per far apparire i 4 Così anche M. FINOCCHIARO, DL 35/2005 Il rito civile. Separazione e divorzio, in Guida al diritto Il Sole 24 ore, 11 giugno 2005, p. 95; A. GRAZIOSI, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, p. 1127, per il quale addirittura l importanza che la documentazione in esame può assumere in relazione ai provvedimenti provvisori, non tanto nell ipotesi di produzione, quanto piuttosto, paradossalmente, proprio in quella di mancata e ingiustificata produzione, dovrebbe attribuire al presidente il potere di accogliere tout court le richieste economiche della parte che ha diligentemente prodotto le proprie dichiarazioni, a fronte dell omissione della controparte. 5 Così L. SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, cit. 6

FOCUS loro assistiti più indigenti in vista della separazione. Le tecniche sono purtroppo svariate: dismissioni o revoche da alcune cariche sociali nelle società di famiglia, con conseguente o parallela riduzione degli emolumenti; mancata distribuzione di utili da parte delle dette società; accorgimenti e misure varie per dirigere parte degli emolumenti verso soggetti terzi e società fiduciarie; accordi con istituti bancari, scritture private con i propri familiari (con o addirittura senza data certa) attestanti debiti di varia natura (per pretesi risanamenti di donazioni effettuate anni prima, magari in funzione del matrimonio, che all improvviso vengono qualificate come prestiti) o addirittura retrocessioni di immobili. In queste ipotesi il presidente spesso non detiene in prima battuta gli strumenti idonei per formarsi un quadro completo della realtà effettiva della situazione patrimoniale dei coniugi. Meritevole al riguardo è quindi a mio avviso il rafforzamento della prassi (attualmente adottata soltanto da alcuni tribunali 6 ) di imporre alle parti in limine litis un effettiva disclosure mediante una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà completa su tutti i beni, assets e attività ad esse riconducibili. In effetti, il sistema già contempla una norma (l art. 5, 9 comma, l. divorzio) che impone alle parti di «presentare all udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale» non soltanto «la dichiarazione personale dei redditi» ma «ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune», legittimando altresì, in caso di contestazioni, il ricorso a «indagini sui redditi, sui patrimoni e sull effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria» 7. Questa previsione, che la Suprema Corte ha stabilito debba applicarsi anche al processo di separazione, «stante l identità di ratio riconducibile alla funzione eminentemente assistenziale dell assegno» di mantenimento 8, e che nell opinione di chi scrive ha mantenuto valenza anche dopo la riforma sull affidamento condiviso, si dimostra prima facie ben più ampia delle norme sulla sola produzione delle dichiarazioni dei redditi (contenute nelle riforme del 2005) e merita quindi una più profonda meditazione e soprattutto un utilizzo più saldo in sede giudiziale, anche da parte del presidente. Sulla base di questa, il presidente ben può quindi iniziare a effettuare le opportune verifiche richiedendo alle parti la produzione di una dichiarazione giurata, da sanzionare in caso di omessa o falsa dichiarazione dal punto di vista cognitivo, come comportamento valutabile ai fini della decisione, e fatta salva la possibilità, ricorrendone i presupposti, di più incisive misure dal punto di vista penale o ex art. 709 ter c.p.c. Qualora «le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate 9, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni ogget- 6 Esemplificativamente si citano le esperienze del Tribunale di Roma, Genova e da ultimo Monza. 7 Sul punto è possibile altresì richiamare la disposizione prevista dall art. 37, 3 comma, D.P.R. n. 600/1973 per il quale «in sede di rettifica o di accertamento d ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l effettivo possessore per interposta persona». In essa, il termine possesso ha una valenza differente e decisamente più ampia rispetto all istituto previsto dall art. 1140 c.c., potendosi realizzare tramite la semplice disponibilità del bene (in tal senso, C. DE PASQUALE, La riforma del processo di separazione e divorzio. Tutele sostanziali e processuali, testo della Relazione tenuta a Pisa il 15 settembre 2006, che ho potuto consultare nella versione dattiloscritta grazie alla cortesia dell A). Ancora, si può richiamare l art. 736 bis c.p.c., che, in relazione agli ordini di protezione contro gli abusi familiari consente al giudice di ordinare «ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita, e sul patrimonio personale e comune delle parti». 8 Così Cass., Sez. I, 17 maggio 2005, n. 10344, in Famiglia e diritto, 2006, p. 179, con nota di P. LAI, Polizia tributaria e poteri del giudice della separazione per accertare i redditi dei coniugi; Cass., Sez. I, 7 marzo 2006, n. 4872, ibidem, con nota di A. LIUZZI, Poteri dell autorità giudiziaria e indagini tributarie anche a carico di terzi; Cass., Sez. I, 17 giugno 2009, n. 14081, in Famiglia e diritto, 2010, p. 373, con nota di D. COSTANTINO, Accertamento dei redditi dei coniugi e poteri ufficiosi del giudice della separazione. 9 V. A. GRAZIOSI, Profili processuali della l. n. 54 del 2006 cd. sull affidamento condiviso dei figli, in Dir. famiglia, 2006, p. 1865, secondo cui il presupposto per l applicazione della norma deve essere ricondotto all esistenza di «una significativa discrasia tra le risultanze dei documenti di natura economica prodotti dalle parti e quanto emerge, anche in via indiziaria, da altre acquisizioni processuali circa il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio o, più in generale, la situazione patrimoniale della famiglia». 7

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 to della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi» (così l art. 155, 6 comma, c.c.). Il giudice, ai fini della determinazione del contributo di mantenimento dei figli, può quindi altresì disporre sempre d ufficio un accertamento della polizia tributaria su redditi, beni e altri cespiti patrimoniali riferibili ai genitori, anche se formalmente intestati a soggetti terzi. Per concludere questo profilo, è noto come la funzione rivestita richieda al presidente un particolare equilibrio nell emanazione dei propri provvedimenti. Ciò non toglie che la discrezionalità del presidente non debba sempre essere improntata a (eccessiva) prudenza, bensì calibrata in funzione delle particolari circostanze del caso. E così, nelle ipotesi in cui la situazione tra le parti sia decisamente squilibrata, appare opportuno accordare quanto meno in prima fase una maggiore tutela in favore del coniuge più debole, sia perché l esperienza insegna che in linea di principio e quanto meno a determinati livelli le possibilità del coniuge più forte sono nei fatti sempre superiori a quelle che effettivamente appaiono in giudizio, sia perché diversamente lo stesso considererà vantaggioso il provvedimento ottenuto con il rischio di vedere frustrata la possibilità di condurre i coniugi, nella fase successiva, ad alcun accordo di separazione. 4. L audizione del minore e la consulenza tecnica d ufficio avanti al presidente Il presidente ha poi anche facoltà di sentire il figlio minore. Ai sensi dell art. 155 sexies c.c., anzi, egli parrebbe tenuto a questo incombente. Sulla doverosità o meno dell audizione si avrà modo di ritornare compiutamente in seguito. In ogni caso, per quanto attiene specificamente al contesto dell udienza presidenziale, ritengo fondamentale saper operare un discrimine. Ed invero, qualora i disagi lamentati in capo al minore siano lievi, non riterrei che vi sia spazio per alcun approfondimento, rischiando l eventuale audizione di caricare di ulteriore conflittualità la fase presidenziale e ben potendo ogni necessaria indagine essere differita alla fase istruttoria. Qualora invece la situazione si presenti da subito come particolarmente grave, la sola audizione da parte del presidente potrebbe non rivelarsi sufficiente e pare allora più opportuno procedere immediatamente attraverso una consulenza tecnica, allo scopo di assumere con piena cognizione degli elementi della vicenda, le necessarie determinazioni sulle contrapposte pretese delle parti. Ciò anche allo scopo di evitare una innaturale cristallizzazione di dinamiche familiari patologiche e di scongiurare se possibile il verificarsi di forme di disagio o disturbo quale ad es. la c.d. sindrome di alienazione genitoriale 10. La consulenza può certamente in linea di principio essere disposta avanti al presidente. Contro questa prassi non è certamente ostativo il disposto dell art. 191 c.p.c., laddove letteralmente prevede che la nomina del consulente sia compiuta dal giudice istruttore; in realtà, la norma è stata evidentemente concepita con riferimento al modello del processo ordinario di cognizione (quale risultante nella stesura originaria del codice di rito), in tal modo riferendosi al giudice istruttore quale soggetto investito della direzione del processo sin dal momento iniziale (e pertanto nei giudizi di separazione e divorzio estensibile per analogia al presidente, dal momento che la nomina del giudice istruttore è successiva allo svolgimento della fase presidenziale). Ritengo peraltro che una consulenza in sede presidenziale possa verosimilmente avere luogo 10 Con tale espressione si fa riferimento a quel particolare disturbo che può verificarsi a seguito del perpetuarsi di particolari situazioni di vita e di affidamento (anche in capo a uno dei genitori), ritenendosi che tale situazione, se protratta a lungo e con particolari modalità, si cristallizzi e sclerotizzi, inducendo il minore a una sorta di adattamento inconscio, ed impedendo così di riuscire a diagnosticare con precisione quale sia la soluzione davvero preferibile per il minore (cfr. al riguardo ad es. I. BUZZI, La sindrome di alienazione genitoriale, in V. CIGOLI-G. GULOTTA-G. SANTI (a cura di), Separazione, divorzio e affidamento dei figli, II ed., Giuffrè, Milano, 1997, p. 177). 8

FOCUS soltanto per gli aspetti personali, relativi alle scelte di vita esistenziali da adottare per i minori, sull affidamento, sul collocamento e sulle modalità di visita. Per quanto attiene ai profili patrimoniali, il presidente come detto ha ampi poteri di indagine e ben può ai fini dei provvedimenti di sua competenza emanare provvedimenti sommari, che rendono di fatto inutile il ricorso in questa fase a indagini di tipo peritale. In relazione agli aspetti personali, invece, il problema è quello di capire come evitare che possano ulteriormente procrastinarsi situazioni di profondo disagio. E così, qualora dagli atti delle parti emergano elementi concreti che inducono a ritenere insostenibile il clima familiare, poiché ad esempio uno dei coniugi adotta comportamenti fortemente prevaricatori, o perché sia affetto da gravi patologie o dedito all uso di alcool o sostanze stupefacenti, l intervento giudiziale non può essere differito e si impone un immediata risposta, se necessario anche attraverso un indagine peritale che possa affiancarsi al ruolo del presidente e agevolarlo nel compito di assumere provvedimenti anche rivedibili a breve distanza. 5. L attività istruttoria disposta dal collegio in sede di decisione Per concludere l indagine suddivisa in relazione ai momenti e alle fasi del processo, rimane da considerare il tema della prova disposta dal collegio in sede di decisione. Non è infrequente, infatti, che anche ad esito di una istruttoria accurata, il giudice istruttore riservi al collegio la decisione in merito a ulteriori richieste istruttorie. Tale situazione si verifica in special modo per approfondimenti di particolare complessità, quali possono essere quelli compiuti per il tramite di una consulenza patrimoniale, ovvero di indagini della Guardia di finanza. In linea di principio non sono favorevole a questa linea interpretativa. Al Collegio è bene che la causa sia rimessa nella sua interezza. Talvolta e in casi delicati l esigenza di un ulteriore approfondimento istruttorio può sorgere in un momento successivo e richiedere indagini adeguate, ma anche in questi casi è il giudice istruttore che deve generalmente essere in grado di valutare quanto l esigenza invocata sia reale ed effettiva ai fini di una completa disamina della causa. La rimessione al tribunale non deve invece servire come sorta di protezione da parte dell organo collegiale circa i dubbi dell istruttore. Ciò poiché la rimessione in decisione e la successiva rimessione in istruttoria comportano tempi non indifferenti e un dispendio di attività processuali di fatto inutili, che devono se possibile essere risparmiati. Senza contare, infine, il rischio che il tribunale finisca per accontentarsi delle emergenze istruttorie già acquisite e a trascurare vie di indagine pur sollecitate dalle parti. Per questi motivi, ritengo che detta situazione possa essere legittimata soltanto da quelle esigenze di graduazione di cui pure si è fatto cenno all inizio. In altri termini, unicamente laddove il tribunale rilevi che le risultanze del giudizio su aspetti centrali siano parziali e non perfettamente concludenti (se in altri termini e mutuando una locuzione che normalmente si utilizza in relazione a un istituto particolare, il giuramento è stata raggiunta in giudizio unicamente una semiplena probatio) l ammissione di ulteriori mezzi di prova da parte del Collegio può realmente considerarsi congruente. 6. Peculiarità dell istruttoria in relazione al contenuto dei provvedimenti e delle situazioni sostanziali incise Da altro punto di vista, la disciplina istruttoria della separazione e del divorzio presenta caratteri di specialità anche in relazione alla diversità del contenuto dei provvedimenti da adottare. 9

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 E così, se la formula del già citato art. 155 sexies c.c. appare molto ampia (e per alcuni profili parrebbe autorizzare la spendita di poteri istruttori officiosi come dato generale all interno del giudizio), non vi è dubbio che la portata della norma debba essere circostanziata e che la stessa non abbia ad esempio ad operare per i provvedimenti che riguardano unicamente i coniugi, per i quali un impulso inquisitorio non può apparire in alcun modo giustificato 11. In questo senso, ad esempio, in relazione alla domanda di addebito non può certamente essere disposta l assunzione di alcun provvedimento istruttorio d ufficio; ma analoga soluzione deve valere anche per i provvedimenti relativi al solo coniuge. Diversa è invece la soluzione da adottare per i provvedimenti relativi alla prole, siano essi di natura personale ovvero anche patrimoniale, poiché in questi casi l impulso ex officio è pienamente legittimato dall art. 155 sexies c.c. e trova conforto nell orientamento ormai consolidato della Cassazione 12. Non solo. Per tutto quanto attiene la sfera che riguarda i minori il potere di iniziativa officiosa è in realtà ancor più ampio, potendo derogare anche ai principi della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato 13. Peraltro, occorre tenere presente che in concreto vi sono dati ed elementi probatori che possono interessare una pluralità di soggetti o addirittura la famiglia in generale e così contemporaneamente tanto le parti quanto i figli minori. Ciò accade ad esempio in particolare per i profili economici, i dati reddituali dei coniugi, il loro patrimonio, il tenore di vita goduto dalla famiglia. Ciò significa che ben può accadere che il giudice venga ad assumere anche mezzi istruttori d ufficio per meglio provvedere relativamente alle esigenze dei figli e quindi trovarsi a utilizzare in forza del principio di acquisizione dette risultanze (legittimamente emerse nel corso del procedimento) anche come ulteriore strumento di valutazione per i provvedimenti riguardanti il coniuge. L assunzione di prove ex officio impone due ulteriori precisazioni. In primo luogo, su tutti i mezzi istruttori disposti ex officio il giudice è sempre tenuto a sollecitare il contraddittorio, la cui valenza ha notoriamente carattere trilatero e investe tutti i soggetti del procedimento. In secondo luogo, occorre chiedersi quale sia l ambito temporale entro il quale possano essere esercitati i poteri officiosi. A questo riguardo, secondo una interpretazione strettamente letterale, i nuovi artt. 184, 2 comma e 183, 7 comma, c.p.c. indurrebbero a ritenere che l ammissione ex officio di mezzi di prova debba necessariamente essere ancorata all ordinanza di cui all art. 183, 7 comma, c.p.c., e soltanto in questo frangente temporale, dunque, il giudice potrebbe e- sercitare i relativi poteri 14. A mio avviso, invece, l indice normativo non dovrebbe avere valore cogente, non valendo a collocare invariabilmente le iniziative istruttorie ufficiose nello spatium temporis dedicato all ammissione dei mezzi di prova dedotti dalle parti: il giudice rimane libero di esercitare in qualsiasi momento del processo i propri poteri istruttori, a fronte dei quali la norma garantisce l attua- 11 Per una lettura più permissiva v. peraltro V. CARNEVALE, La fase a cognizione piena, cit., p. 103. 12 Cfr. sul punto Cass., Sez. I, 10 ottobre 2007, n. 21293, «Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, non è configurabile un generale potere-dovere del giudice di disporre d ufficio mezzi istruttori, essendo al giudice consentito di derogare alle regole generali sull onere della prova solo nei casi in cui tale deroga sia giustificata da finalità di ordine pubblicistico, che ricorrono nell ipotesi di provvedimenti relativi all affidamento dei figli ed al contributo al loro mantenimento ai sensi dell art. 155, comma 7, c.c., ma non anche nell ipotesi in cui si intenda dare dimostrazione della esistenza di comportamenti di uno dei coniugi contrari ai doveri derivanti dal matrimonio»; Cass., Sez. I, 3 agosto 2007, n. 17043, secondo la quale: «nei giudizi di separazione e divorzio i provvedimenti relativi al mantenimento dei figli, in quanto volti alla tutela di interessi sì privati, ma rilevanti per l ordine pubblico, è consentito al giudice di merito in deroga ai principi generali non solo acquisire d ufficio le prove ritenute necessarie, ma anche adottare d ufficio i provvedimenti relativi». In senso conforme v. anche Cass., Sez. I, 13 gennaio 2004, n. 270; Cass., Sez. I, 22 giugno 1999, n. 6312. 13 Sul tema sia consentito il richiamo a F. DANOVI, Principio della domanda e ultrapetizione nei giudizi di separazione, in Riv. dir. proc., 1998, p. 729. 14 Così A. GRAZIOSI, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, cit., p. 1139. 10

FOCUS zione del diritto di difesa, e specificamente alla prova, delle parti 15. E tale soluzione si impone a maggior ragione nel processo di separazione e di divorzio, sia per il dovere del giudice di intervenire prontamente a tutela dei figli minori, ogni qual volta se ne ravvisi l opportunità, sia per la particolare modulazione del giudizio, all interno del quale è doveroso tenere in considerazione dell evoluzione della situazione personale e patrimoniale delle parti e di tutte le possibili sopravvenienze in proposito. 7. Esigenze istruttorie e differenziazione delle tecniche di tutela processuali Salve le eccezioni di cui si è appena parlato, il tema della prova è strettamente correlato al tema della domanda e alla struttura dei provvedimenti. Un problema specifico si pone quindi anche per tutte le ulteriori misure che possono essere assunte nei processi di separazione e divorzio e così ad esempio per le misure ex art. 709 ter c.p.c. A questo riguardo, preliminare rispetto al tema dell istruttoria è il problema della forma con la quale devono essere irrogate le misure in esame. Nelle ipotesi in cui le stesse siano accordate una cum il provvedimento definitivo e conclusivo del procedimento, non vi è dubbio che le stesse ne costituiscano capi integranti. La forma rimane pertanto quella legislativamente fissata, id est la sentenza che definisce il giudizio di separazione o divorzio, il decreto camerale che pone fine alla richiesta di modifica o revisione delle condizioni di separazione o divorzio, il decreto del giudice minorile nei procedimenti per l affidamento dei figli naturali (nonché il decreto del giudice tutelare per coloro che ammettono anche tale possibilità). Le misure in esame possono peraltro essere emanate nei processi di separazione o divorzio anche in via endoprocessuale, con ordinanza da parte del giudice istruttore (oltre che con tutte le forme di provvedimenti temporanei previsti per gli ulteriori procedimenti sopra indicati) 16. A favore di tale soluzione milita una serie concorrente di considerazioni. Da un lato, la finalità di assicurare, tramite la misura sanzionatoria, l effettività del provvedimento sull esercizio della potestà o affidamento risulta connaturata all esigenza di un intervento immediato, che sappia intervenire senza dilazione per ovviare ai comportamenti del genitore renitente. Secondariamente, la stessa gradazione che per qualche profilo sussiste tra le misure in esame (quanto meno tra quelle previste al n. 1 e quelle di cui ai successivi n. 2 e 3), fa capire come nella prassi ben potrebbe risultare opportuno dapprima un semplice avvertimento formale (tramite l ammonimento di cui al n. 1), per poi rendersi necessaria, in caso di reiterate violazioni, una misura più radicale. Anche tale eventualità di una emanazione in progress giustifica la concessione delle misure in corso di causa. Ma soprattutto, e da un punto di vista sistematico, non varrebbe obiettare in senso contrario che le misure in esame, nella parte in cui prevedono conseguenze di matrice anche risarcitoria, incidono su diritti. In questi casi, invero, l oggetto del processo è in realtà rappresentato dalla controversia sull affidamento e le misure di cui all art. 709 ter c.p.c. devono quindi sempre rite- 15 È chiaro infatti che la necessità di una ammissione ufficiosa di prove, pure nei limiti sopra segnati, può sorgere, per il giudice i- struttore, in qualunque momento del processo e talora (come per la prova testimoniale di riferimento) soltanto dopo l assunzione delle prove proposte dalle parti. Detta soluzione vale del resto anche in termini generali, in relazione allo stesso e- strinsecarsi del processo di cognizione ordinario (cfr. G. TARZIA, Lineamenti del processo civile di cognizione, Giuffrè, Milano, 2002.). 16 Nello stesso senso F. TOMMASEO, Le nuove norme sull affidamento condiviso. b) profili processuali, in Famiglia e diritto, 2006, p. 388; L. SALVANESCHI, op. cit., p. 372; G. BALENA, in G. BALENA-M. BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Cacucci, Bari, 2006, p. 423; C. CECCHELLA, in C. CECCHELLA-G. VECCHIO, Il nuovo processo di separazione e divorzio, Il Sole 24 ore, Milano 2007, p. 112; S. VERONESI, L intervento del giudice nell esercizio della potestà dei genitori, Giuffrè, Milano, 2008, p. 268. 11

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 nersi accessorie rispetto al provvedimento principale sull affidamento. Così ragionando, vale per entrambi i provvedimenti il principio della possibile anticipazione; principio che in sede di separazione e divorzio trova espressione negli artt. 708 c.p.c. e 4 l. divorzio, per i giudizi di modifica nell art. 710, 3 comma, c.p.c., mentre nei procedimenti per l affidamento dei figli naturali è sancito dall art. 336, 3 comma, c.c. Per quanto concerne l istruttoria, non vi è dubbio che la sua necessità (e la concreta tipologia con la quale la stessa debba essere effettuata) dipende in larga misura dalla tipologia di comportamento denunciato e dalla misura con la quale in concreto il giudice intenda sanzionare il comportamento stesso. Nelle ipotesi di danni meramente materiali, la prova potrà essere il più delle volte anche documentale. Laddove invece sia richiesta l assunzione di una prova orale, la stessa dovrà essere contenuta entro i limiti di stretta indispensabilità, a evitare di esacerbare il contenzioso su aspetti comunque collaterali; ma dovrà essere comunque garantita, nella misura in cui il diritto alla prova rappresenta una componente essenziale del diritto di difesa della parte, e comunque atteso che il provvedimento deve essere concretamente parametrato anche in relazione ai danni effettivamente subiti. Ove invece la relativa istruttoria (che potrebbe profilarsi come necessaria) non possa essere agevolmente compressa entro gli schemi sommari di provvedimenti ordinatori ma richieda a seconda dei casi un adeguato apparato di mezzi di prova, più verosimilmente i provvedimenti in esame dovranno tuttavia essere riservati all esito della finale decisione nel merito. Inoltre, qualora i danni invocati siano di natura più propriamente morale/esistenziale, se da un lato deve sempre ritenersi ammesso un giudizio equitativo del giudice nella loro determinazione, tanto più giustificato in virtù della natura pubblicistica sottesa a tutte le misure in esame, dall altro la delicatezza del provvedimento consiglia di sottoporre la relativa cognizione al giudizio del giudice finale del merito (id est, il collegio). 8. In particolare, la prova della riconciliazione Una particolare eccezione spendibile nei giudizi di divorzio è quella di avvenuta riconciliazione tra i coniugi, la quale come noto se fondata ha l effetto di provocare, ai sensi dell art. 157 c.c., la cessazione degli effetti della separazione 17. Invero, ai sensi della norma appena citata, «i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non e- quivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione». Di conseguenza, si interrompono gli effetti della separazione, e questa «può essere pronunciata 17 Per un analisi più completa sull argomento si vedano, ex plurimis, L. MAIONE, Separazione con addebito e riconciliazione solo "formale", in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 181; G. BONILINI, L assenza di interruzione nella separazione personale tra coniugi quale causa di divorzio, in Fam. pers. succ., 2010, p. 6; R. RUSSO, La coabitazione può essere sufficiente a provare la riconciliazione tra i coniugi, in Famiglia e diritto, 2007, p. 888; A. ARLOTTA, I caratteri della riconciliazione, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 1021; G. VALENTE, Le riconciliazione tra coniugi separati, in Famiglia e diritto, 2007, p. 807; M. FIORINI, Semplificato l onere della prova per chi eccepisce la riconciliazione, in Guida al diritto, 2007, p. 33; E. BELLISARIO, Sulla configurabilità dei comportamenti non equivoci incompatibili con lo stato di separazione: dal tentativo di conciliazione al... tentativo di divorzio, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 1285; C. UNGARI TRANSATTI, Solo il ripristino della vita coniugale "corpore et a- nimo" vale riconciliazione attuata mediante comportamento?, in Riv. notar., 2006, p. 501; V. CARBONE, La convivenza sperimentale di coniugi già separati consensualmente non comporta riconciliazione, in Famiglia e diritto, 2006, p. 23; M. SESTA, Riconciliazione, ripristino automatico della comunione legale e opponibilità a terzi di buna fede, in Famiglia e diritto, 2004, p. 254; L. DE CANDIA, L interruzione della separazione ai fini della pronuncia di divorzio, in Giur. it., 2000, p. 2035; P. IVALDI, Riconciliazione e nuova separazione, in Famiglia e diritto, 2000, p. 364. 12

FOCUS nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione». In proposito, un aspetto senz altro interessante e allo stesso tempo problematico è rappresentato dalla prova della suddetta circostanza, la quale dovrebbe riguardare, in linea di principio, tanto la ricostituzione della comunione materiale e spirituale attraverso comportamenti inequivoci e incompatibili con lo stato di separazione quanto l effettivo ripristino della vita familiare e quindi della convivenza. La giurisprudenza dell ultimo decennio è intervenuta sul tema in molte occasioni, ribadendo in linea generale la necessità che la riconciliazione intesa quale ricostruzione del consorzio familiare, attraverso il complesso dei rapporti familiari e spirituali tra i coniugi che caratterizzano il vincolo familiare venga accertata attraverso «un indagine di fatto, da rimettersi al prudente apprezzamento del giudice di merito» 18. In particolare, la riconciliazione si verificherebbe in presenza di un completo ed effettivo ripristino della convivenza coniugale, che si manifesta attraverso la ripresa del consorzio di vita materiale e spirituale che caratterizza il vincolo matrimoniale. A tal fine, si ritiene che possano rilevare unicamente quelli che la giurisprudenza ha definito «elementi esteriori, oggettivi e diretti in modo non equivoco a dimostrare la seria e comune volontà delle parti di ripristinare la comunione di vita» 19. Pertanto, sarebbero esclusi da ogni considerazione sul punto sia eventuali riserve mentali che, soprattutto, gli stati d animo, i quali trattandosi di interna corporis appartenenti di fatto alla sfera emozionale e soggettiva della persona sarebbero oltre tutto di per se stessi difficilmente accertabili. Al contrario, tra gli elementi esterni e oggettivi che possono essere oggetto di allegazione, prova e successivo accertamento, appare certamente rilevante il ripristino della coabitazione tra i coniugi, il quale, specie se unitamente ad ulteriori elementi e riscontri, è senz altro potenzialmente idoneo a fondare il positivo convincimento del giudice circa l avvenuta conciliazione. Di recente, proprio la Suprema Corte è intervenuta sul tema, riconoscendo che la convivenza rappresenta prova dell avvenuta riconciliazione laddove, oltre a dimostrare una disponibilità alla ricostruzione del matrimonio, si protragga nel tempo 20. In ogni caso, due sarebbero gli effetti derivanti da un siffatto accertamento. In primo luogo, come anche affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l accertamento della ripresa della convivenza sarebbe tale da far presumere la riconciliazione, presunzione ad esempio «non superabile dal fatto che i coniugi, dopo la ripresa della convivenza, abbiano frequentato amici non comuni, o abbiano dormito talora in camere separate, fatti e circostanze, queste, non infrequenti anche quando i coniugi siano legati da indubbia ed intensa affectio» 21. In secondo luogo, e con riferimento alla dimostrazione della circostanza, spetterà al coniuge che ha interesse a negarla (e quindi a ottenere la pronuncia del divorzio) dimostrare che il nuovo assetto posto in essere, per accordi intercorsi tra le parti o per le modalità di svolgimento della vita familiare sotto lo stesso tetto, era tale da non integrare una ripresa della convivenza e quindi da non configurarsi come evento conciliativo. Anche la c.d. convivenza sperimentale è da escludere ai fini della prova dell avvenuta riconciliazione, posto che, come già ricordato, è necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali caratterizzanti la vita coniugale 22. 18 V. Cass., Sez. I, 6 dicembre 2006, n. 26165. 19 Cfr. Cass., Sez. I, 25 maggio 2007, n. 12314. In senso conforme si vedano anche Cass., Sez. I, 15 marzo 2001, n. 3744 e Cass., Sez. I, 28 febbraio 2000, n. 2217. 20 Cfr. Cass., Sez. I, 1 agosto 2008, n. 21001. 21 V. Cass., Sez. I, 25 maggio 2007, n. 12314. 22 Cfr. Cass., Sez. I, 6 ottobre 2005, n. 19497. V. anche Cass., Sez. I, 7 luglio 2004, n. 12427. 13

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 Per concludere, occorre ricordare che per sopperire in parte alle difficoltà di un siffatto accertamento, il D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 sul nuovo ordinamento dello Stato Civile ha previsto all art. 69, lett. f) che negli atti di matrimonio si faccia annotazione anche «delle dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione» 23. Ove ciò avvenga, la relativa prova sarà in giudizio più agevole e quasi in re ipsa, risultando da adeguata certificazione amministrativa, potendosi in tali ipotesi eventualmente opporre unicamente la natura simulata di detta dichiarazione, sia pure con le relative difficoltà di prova e con il dubbio che gli effetti della simulazione potrebbero comunque non essere considerati idonei a inficiare di per sé il valore certificativo di tale annotazione. In ogni caso, dovrebbe essere compito del difensore laddove interpellato sul potenziale effetto della nuova situazione illustrare alla parte anche tale possibilità, anche se non è da escludere che talvolta le situazioni stesse siano dal punto di vista personale così particolari e sovente anche poco nitide da non poter essere identificate in modo tassativo entro categorie precise e inoppugnabili. 9. Stabilità dei provvedimenti e correlate peculiarità istruttorie Ulteriore tema di rilievo che investe la prova nei giudizi di separazione e divorzio è quello che mette in relazione l attività istruttoria con le peculiarità formali e strutturali dei provvedimenti giudiziali. Nell ampio ed eterogeneo ventaglio di provvedimenti che il giudice è chiamato ad assumere vi sono infatti provvedimenti che dal punto di vista sistematico risentono in misura significativa della categoria generale nella quale vengono ad essere inscritti e per i quali pertanto anche la prova assume particolari connotazioni. Così, ad esempio, mentre il capo della sentenza relativo allo status ha natura costitutiva ed è tendenzialmente l unico ad acquisire almeno in linea generale la stabilità propria della cosa giudicata (peraltro con la particolare eccezione sopra indicata della riconciliazione in relazione alla separazione), assai differente è il discorso in relazione ai provvedimenti in ordine al mantenimento. Gli stessi sono infatti condanne in futuro, mirano a soddisfare obbligazioni di durata, e la relativa pronuncia è oltre tutto sempre rebus sic stantibus (e soggetta a potenziale modifica ex art. 710 c.p.c. e art. 9 l. divorzio). In questi casi, non è possibile immaginare di applicare le regole ordinarie sulle preclusioni endoprocessuali e deve quindi ritenersi sempre possibile l allegazione (e la prova) di fatti nuovi, autorizzando così di fatto una dilatazione delle tradizionali scansioni processuali in relazione allo stesso evolversi delle situazioni sostanziali protette, ovvero del substrato fattuale sulla base del quale il giudice è chiamato ad emanare i provvedimenti. Sotto questo profilo, dunque, anche la prova risente del regime di stabilità del provvedimento ed è chiamata ad assicurare una più effettiva rispondenza della situazione di fatto all ambito della valutazione finale da sottoporre al giudice 24. In questo senso deve essere letta ad esempio la prassi consolidata in diversi tribunali di ordinare alle parti, in corso di causa e soprattutto prima della precisazione delle conclusioni, il deposito anche delle ulteriori dichiarazioni dei redditi medio tempore presentate, di eventuali nuovi bilanci societari, della documentazione inerente investimenti mobiliari, la vendita di beni immobili o la dismissione di altri cespiti. Sul fronte delle domande di carattere personale deve invece considerarsi legittima (e opportuna) la produzione, anche successivamente allo spirare dei termini per le memorie istruttorie, di 23 Per un approfondimento sul tema si veda P.E. MERLINO, Separazione personale tra i coniugi, riconciliazione e regime patrimoniale della famiglia: osservazioni in margine al d.p.r. n. 396 del 2000 (nuovo ordinamento dello stato civile), in Giust. civ., 2006, p. 421; R. MONTANO, Annotabilità dell intervenuta riconciliazione dei coniugi sull atto di matrimonio, in Dir. eccl., 2001, p. 65. 24 Sul tema cfr. D. AMADEI, Scansione delle udienze, preclusioni e procedimento di separazione e divorzio, in Giur. it., 2000. 14

FOCUS documentazione o ulteriori istanze volte a verificare l evoluzione della situazione dei figli minori, ai fini ad esempio di modificare il calendario di frequentazioni disposto in via interinale o nei casi più gravi l adozione di provvedimenti di carattere più incisivo. In tutti questi casi, che ovviamente devono anche in qualche misura contemperare il rispetto del principio di ragionevole durata del processo (per il quale non si può certamente pensare ad un prolungamento sine die del giudizio), da un punto di vista della tecnica processuale l unico profilo da tenere costantemente in considerazione è quello del rispetto del principio del contraddittorio. 10. Analisi dei tradizionali mezzi di prova e delle loro modalità di assunzione nella separazione e nel divorzio: la consulenza psicologica Passando ai tradizionali mezzi istruttori propri della separazione e del divorzio, un primo importante richiamo è alla consulenza tecnica di ordine psicologico. Detto istituto presenta connotati specifici, poiché sua caratteristica è quella di svilupparsi non soltanto nella constatazione di fatti o accadimenti, ma di attitudini ed elementi interni della personalità, al fine di studiare e valutare le dinamiche relazionali tra i diversi soggetti del conflitto familiare. Per lo stesso motivo, la consulenza è chiamata altresì a fornire una chiave di lettura e di interpretazione dei dati acquisiti durante le indagini. In questa prospettiva, dunque, la consulenza psicologica assume pressoché sempre carattere più propriamente deducente (o giudicante), che meramente percipiente 25 : l ausilio richiesto dal giudice al consulente non si limita infatti alla mera acquisizione di dati, ma si esplica in una valutazione professionale e tecnica degli stessi, in funzione di una decisione sulle domande svolte in causa dalle parti, o di quanto comunque costituisce, ex auctoritate, oggetto del giudizio 26. Per altro verso, si assiste all interno del processo civile a una sempre maggiore specificazione e differenziazione delle indagini psicologiche, che possono fondamentalmente ricondursi a consulenze di tipo psichiatrico e consulenze psicologiche in senso stretto, alle quali si aggiunge un ampia gamma di ulteriori esami psicodiagnostici, disposti soltanto di rado autonomamente, mentre più spesso impiegati come ulteriore approfondimento dell indagine psicologica, e al fine di confermare (o anche modulare e temperare) i risultati raggiunti in tale sede. Da questo punto di vista il consulente d ufficio può ampliare l ambito della propria indagine sottoponendo le parti e i figli minori a tests psicodiagnostici, al fine di ottenere una più completa diagnosi delle personalità individuali, ed una più precisa comprensione degli aspetti relazionali intercorrenti tra gli stessi. I tests somministrati si distinguono normalmente in due categorie: tests di livello (id est di intel- 25 Per questa distinzione (al cui proposito già G. CHIOVENDA, Principii di diritto processuale civile, Jovene, Napoli, 1913, p. 837, aveva evidenziato come il consulente allora perito non debba limitarsi a relazionare il giudice sulle constatazioni di fatti compiute, ma debba altresì fornirgli le induzioni che devono trarsi dai fatti esaminati) cfr. M. VELLANI, voce Consulenza tecnica nel diritto processuale civile, in Digesto disc. priv., sez. civ., III, Torino, 1988, p. 526; B. CAVALLONE, Le iniziative probatorie del giudice: limiti e fondamento. Ispezione giudiziale e consulenza tecnica, ora in Il giudice e la prove nel processo civile, Cedam, Padova, 1991, p. 240 (che ricorda in particolare il frequente accostamento, nella dottrina germanica più risalente, del consulente percipiente al testimonio); L. MONTESANO-G. ARIETA, Diritto processuale civile, vol. II, Giappichelli, Torino, 1997, p. 151. Cfr. altresì S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, vol. II, p. 102 (laddove evidenzia la distinzione astratta tra il peritus testis e il peritus arbiter, per quanto rilevando che normalmente nella stessa elencazione e descrizione dei dati oggetto della consulenza si evidenzia il ricorso alle regole di esperienza, e così in definitiva un giudizio del consulente), e L. FRANCHI, Del consulente tecnico, del custode e degli altri ausiliari del giudice, Maggioli Editore, Napoli, p. 686 (che, nel criticare la sostituzione della previgente terminologia di perizia, distingue il consulente che consiglia, da quello che non consiglia, ma constata ). 26 Per la possibile non coincidenza, nei giudizi riguardanti i minori, dell oggetto del giudizio con quanto espressamente richiesto dalle parti, sia consentito il rinvio a F. DANOVI, Principio della domanda e ultrapetizione nei giudizi di separazione, cit. 15

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 ligenza; ad es. il test di Wais) e tests proiettivi (volti cioè ad approfondire la personalità attraverso un esame mirato maggiormente all inconscio; tra questi quelli applicati con maggiore frequenza sono in particolare il test di Rorschach, quello di Sachs, e il T.A.T. (Thematic Appercection Test), nonché per i minori i tests di Blaky, Duss e C.A.T.) 27. Questi esami vengono raramente effettuati dallo stesso consulente, essendo più opportuno il ricorso a un esperto psicodiagnosta 28 ; in quest ipotesi, è comunque necessario che il consulente abbia cura di riportare nella propria relazione finale i tests applicati, e le relative tabelle di elaborazione, nonché di richiamare e valutare le conclusioni formulate dall esperto 29, motivando la propria adesione (o meno) ai risultati raggiunti nell indagine testistica 30. L indagine del consulente psicologo, per quanto non rigidamente preordinata e in linea di principio liberamente organizzabile (sia in quanto espressione di attività di tipo professionale, sia soprattutto a motivo delle infinite variabili delle problematiche sottese a verifiche di questo genere) trova nondimeno una precisa linea direttiva e di orientamento nel quesito sottoposto dal giudice. A questo riguardo, e malgrado la varietà delle espressioni e delle formule impiegate, l elemento pressoché costante nella prassi è costituito dal riferimento, quale obiettivo finale dell indagine, all interesse del minore. Quanto ai modi di esplicazione dell indagine peritale, essi possono considerarsi nel loro complesso orientativamente strutturati sulle informazioni rese dai soggetti dell indagine, attraverso colloqui, audizioni, interviste, ovvero ancora tests attitudinali, di livello e proiettivi. Il colloquio rappresenta senza dubbio il più frequente strumento di indagine al quale si fa ricorso nelle consulenze aventi per oggetto modifiche della capacità di agire, della potestà o dell affidamento dei minori. Esso risulta nel complesso assimilabile al colloquio clinico di indirizzo psicoanalitico, dal quale nelle sue linee di fondo deriva; per determinati profili, tuttavia, e segnatamente con riferimento alla causa originante e allo scopo diretto dell indagine, esso presenta maggiori analogie e affinità con i colloqui di tipo selettivo 31. Come già accennato, infatti, nelle consulenze psicologiche l obiettivo diagnostico dominante si identifica nello studio delle relazioni intercorrenti tra i diversi soggetti del conflitto, così imponendo un analisi non già soltanto molecolarmente diretta, allo studio della personalità del singolo, bensì di tipo sistemico, rivolta al gruppo familiare nel suo complesso. Del resto, un approccio di tipo sistemico viene ormai considerato compatibile anche rispetto agli schemi concettuali psicanalitici, sostituendo all analisi psicodinamica dell individuo lo studio, sempre dinamico, delle interazioni tra i diversi soggetti posti in relazione. Ciò, tuttavia, con alcune innegabili diversità. La perizia psicologica, ad esempio, deve esplicarsi in un ambito temporale limitato e necessariamente ristretto, in considerazione della stessa logica del processo e soprattutto della necessità di intervenire con immediatezza in situazioni di vita alterate nei propri equilibri fisiologici, al fine di evitare che le stesse possano 27 Cfr. E. PROTETTÌ-M.T. PROTETTÌ, La consulenza tecnica nel processo civile, Giuffrè, Milano, 1999. 28 Ciò sia in considerazione del fatto che il consulente psicologico non necessariamente deve avere una formazione professionale tale da consentirgli di effettuare con perizia la somministrazione dei tests, sia per l idea spesso presente dell opportunità che le valutazioni del test siano effettuate da un soggetto estraneo all indagine sulle parti, per evitare che i risultati dei tests stessi possano essere interpretati per avallare necessariamente il convincimento già formatosi nella mente del consulente. 29 V. Cass. 9 gennaio 1973, n. 10, in Foro it., 1973, I, c. 2533 ss. In dottrina cfr. S. COSTA, Manuale di diritto processuale civile, Utet, Torino, 1980, p. 348. 30 V. Cass. 9 aprile 1975, n. 1302. 31 Cfr. al riguardo PROTETTÌ-PROTETTÌ, op. cit., che individuano i diversi profili che lo distinguono dal colloquio psicoanalitico vero e proprio. 16

FOCUS rimanere sfornite da una precisa regolamentazione giuridica 32. Anche per questo motivo, nelle perizie psicologiche aventi per oggetto l affidamento, il collocamento o le modalità di visita dei minori, che hanno funzione valutativa piuttosto che terapeutica, può risultare vantaggioso l utilizzo di metodologie proprie della terapia della famiglia a indirizzo sistemico 33. In tal modo, potranno essere più agevolmente compresi eventuali disagi, anche di grave entità, frequenti tra i componenti del nucleo familiare in crisi, in una visuale di superamento del punto di vista classico che al contrario approfondirebbe il disturbo mentale in sé, indipendentemente dalla condizione ambientale circostante. Così operando, va precisato che eventuali sintomatologie psichiatriche presenti nei membri della famiglia talvolta altro non rappresentino che una forma di adattamento logico a un sistema relazionale deviante e illogico, e di conseguenza possano essere comprese e accettate, nella presumibile convinzione che, ponendo fine al disequilibrio proprio del contesto generale, le stesse vengano stemperate e il soggetto riesca a ritrovare il proprio naturale equilibrio. Per converso, nei casi in cui il consulente avverta l esigenza di un vero e proprio intervento programmatico, necessario allo scopo di fornire un sostegno ai membri della famiglia e ristabilizzarne l equilibrio, risulta fondamentale il consiglio (rectius l indicazione), di sottoporre i minori (nonché eventualmente i genitori) ad un sostegno terapeutico, per supportare in modo programmatico nel tempo le carenze della capacità educativa riscontrate: tale parere, per quanto in sé non vincolante, esplica comunque efficacia all interno del processo, sia pure in via indiretta e riflessa 34. Sempre dal punto di vista della funzione, ma sotto altro profilo, è dato constatare come l effetto della consulenza tecnica in materia psicologica possa in concreto esorbitare dai limiti tradizionali e risultare più estesa di quanto sarebbe suo compito istituzionale. Al riguardo, infatti, pur dovendo essere ribadita, anche per quanto attiene alla consulenza psicologica, la caratteristica generale della consulenza tecnica di rappresentare un mezzo inammissibile ove richiesto meramente ad explorandum, in quanto inidoneo (a dispetto del suo carattere anche officioso) ad esonerare la parte dall onere della prova 35, è dato riscontrare come nella fattispecie in esame detto principio subisca un naturale temperamento. Invero, nella materia delle indagini psicologiche, il compendio degli elementi che il consulente acquisisce ed elabora risulta non soltanto già dal punto di vista oggettivo estremamente diversificato ed insuscettibile di una rigorosa classificazione e catalogazione (tale da imporne la preliminare allegazione agli atti di parte), ma soprattutto, laddove preordinato a risolvere questioni inerenti all affidamento dei figli minori, ricollegato a quella parte dell oggetto del giudizio svincolata dal principio della domanda, e conseguentemente anche dal principio dispositivo in senso stretto, in tal modo finendo con il fornire al processo dati da utilizzare in funzione della decisione anche se in ipotesi non supportati a latere da alcuna risultanza istruttoria, o in ipotesi neppure da allegazioni agli atti di causa. 32 E ciò anche dal momento che rappresenta interesse primario del minore, il reperimento di una relazione affettiva equilibrante e continua, non può vivere per troppo tempo in situazioni di incertezza conteso da genitori che, inevitabilmente, lo coinvolgono nei propri drammi. 33 Cfr. sul punto P. WATZLAWICK, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1978; G. BEAVIN, Verso un ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1976; M. SELVINI PALAZZOLI, Paradosso e controparadosso, Milano 1975. 34 La mancata presa in considerazione delle prescrizioni impartite dal consulente può infatti essere considerata dal giudice quale elemento idoneo a modificare ad esempio la situazione di affidamento del minore in precedenza disposta. 35 E conseguentemente l impossibilità in capo alla parte di utilizzare la consulenza come mezzo esclusivo per assolvere l onere della prova sulla stessa incombente, in difetto del ricorso ad ulteriori mezzi istruttori che ne giustifichino il ricorso (sul punto cfr. ad es. S. SATTA, op. cit., p. 100; C.M. BARONE, voce Consulente tecnico, in Enc. giur. Treccani, p. 5; VELLANI, voce Consulenza tecnica, cit., p. 526. In giurisprudenza si vedano, ad es., Cass., Sez. I, 14 febbraio 1980, n. 1058; Cass., Sez. III, 13 dicembre 1979, n. 6513; Cass., Sez. III, 10 novembre 1979, n. 5806; Cass., Sez. III, 13 novembre 1978, n. 5192; Cass., Sez. III, 3 maggio 1978, n. 2055; Cass., Sez. III, 23 marzo 1978, n. 1411; Cass., Sez. III, 26 luglio 1977, n. 3340). 17

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 Per altro verso, poi, nonostante la consulenza di regola persegua unicamente il fine di accertare le relazioni tra i soggetti del conflitto familiare e suggerire proposte per i nuovi assetti di equilibrio emozionale e relazionale che la separazione e il divorzio devono istituire, può talvolta accadere che tramite la consulenza emergano risultanze in astratto ausiliarie e di supporto nei confronti di ulteriori istanze avanzate in causa dalle parti. Si pensi, ad esempio, alla diagnosi della personalità di uno dei coniugi, e in specie all individuazione della vessatorietà e della prevaricazione proprie del suo comportamento, che talvolta possono risultare dalla consulenza; in questi casi, le risultanze dell indagine espletata assumono indiretto rilievo anche per comprovare e suffragare la domanda di imputazione della responsabilità della separazione formulata in causa da una delle parti attraverso la richiesta di addebito, beninteso a condizione che esse non risultino isolate, ma costituiscano conferma di quanto autonomamente provato con i mezzi istruttori ordinari 36. Nei giudizi di separazione e divorzio la figura del consulente tecnico d ufficio ha col tempo acquisito un ruolo di sempre maggiore rilevanza. La legge prevede che il consulente abbia facoltà di assistere il giudice nel compimento dei singoli atti istruttori e nell intero svolgimento del processo, compiere indagini, fornire chiarimenti e riferire al giudice in camera di consiglio. Il consulente viene considerato quale ausiliare del giudice, non solo nel rispondere al quesito tecnico-scientifico formulatogli, ma nell assistere e nel collaborare allo svolgimento della fase istruttoria. Al riguardo, se da un lato raramente il consulente fa uso di tali facoltà, limitandosi a svolgere il suo operato al di fuori delle aule giudiziarie 37, si verifica comunque una sempre maggiore integrazione e commistione tra l ausilio che lo stesso deve fornire al processo e quello che egli trae dal processo 38 ; da un lato accanto al tradizionale compito del consulente di aiutare l organo decidente a formare il proprio convincimento si assiste anche a una funzione orientatrice dello stesso svolgimento dell attività istruttoria da parte del giudice 39 ; dall altro il consulente assiste alla formazione del convincimento giudiziale tramite la lettura degli atti e l eventuale raccolta di ulteriore materiale probatorio, in tal modo procurandosi anche ulteriori elementi di indagine e di verifica, anche ai fini del compito affidatogli. Non è un caso, del resto, che con sempre maggiore frequenza si assista a consulenze nelle quali, più che una semplice raccolta di dati e ad una fotografia della situazione in un determinato contesto storico, viene richiesto altresì un monitoraggio delle dinamiche familiari in periodi di tempo ripetuti e più o meno lunghi, in questo modo consentendo di esprimere con maggiore precisione quella percezione della realtà che costituisce lo scopo dell indagine peritale 40. 36 Ciò che può avvenire, in altri termini, unicamente in quanto la relazione peritale offra elementi aggiuntivi ulteriori per la valutazione delle risultanze di determinate prove. 37 Cfr. ad es. S. SATTA, op. cit., p. 109. 38 Cfr. F. CARNELUTTI, Diritto e processo, in Trattato del processo civile (diretto da Carnelutti), Napoli, 1958, p. 81, laddove ricorda che il consulente deve in linea di principio operare non indipendentemente dal giudice, ma attraverso di lui. Con riferimento alle consulenze di tipo psicologico, l opportunità di rendere quanto più possibile intensa la collaborazione tra giudice e consulente è stata sottolineata ad es. da A. DELL ANTONIO, La consulenza tecnica d ufficio su quesiti psicologici concernenti i minori nelle procedure civili ed il ruolo dello psicologo, in P. DUSI, Le procedure giudiziarie civili a tutela dell interesse del minore, Giuffrè, Milano 1990, p. 196; A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, Zanichelli, Bologna, 1996, p. 340. 39 In termini generali, cfr. C. MANDRIOLI, Corso di diritto processuale civile, vol. II, Giappichelli, Torino, 2011, p. 167. Nell ambito del diritto di famiglia, in particolare, le risultanze della consulenza tecnica (normalmente disposta prima del compimento di ulteriori attività istruttoria) possono contribuire ad orientare il giudice istruttore nel giudizio di ammissibilità e rilevanza delle deduzioni istruttorie formulate dalle parti, inducendolo a ritenere irrilevanti, o comunque superati, e- ventuali capitoli di prova formulati dalle parti a sostegno di domande in ordine alle quali sia intervenuta la consulenza. Sotto altro profilo, come rileva A. DELL ANTONIO, Spazi e ruoli dello psicologo nelle procedure civili, in A. MESTITZ (a cura di), La tutela del minore tra norme, psicologia ed etica, Giuffrè, Milano, 1997, p. 272, il consulente ha facoltà di sollecitare l intervento di ulteriori organi (quali ad esempio i servizi sociali) per aiutare a ristabilire dinamiche familiari maggiormente consone all interesse del minore e favorevoli al suo sviluppo psicologico. 40 Cfr. al riguardo le osservazioni di M. CARPIGNANO, Osservazioni sulle consulenze tecniche, d ufficio e di parte, relative a separazioni ed affidamento dei figli, in Dir. famiglia, 1997, p. 1571 che pur manifestando dubbi di principio sull opportunità di attribui- 18

FOCUS In questo contesto deve essere esaminata l attività di lettura e di esame degli atti di causa da parte del consulente. Questa attività, che talvolta i consulenti trascurano, o quanto meno pospongono all audizione delle parti e dei minori (ritenendo maggiormente corretto un approccio alla materia viva oggetto della consulenza scevro da preconcetti e da rappresentazioni esterne), assume al contrario una importanza rilevante. Se infatti è vero che l attività del consulente, e i risultati della sua indagine, non sempre sono necessariamente vincolati alle concrete domande proposte dalle parti (poiché, come detto, l affidamento dei figli e le ulteriori questioni agli stessi relative prescindono dal principio della domanda, è irrilevante sotto questo profilo che il consulente debba necessariamente conformarsi a domande in concreto spese nel processo, potendo e dovendo lo stesso comunque agire secondo quanto ritenuto opportuno nel superiore interesse del minore), è tuttavia altresì innegabile che il consulente d ufficio agisce all interno del processo, e deve pertanto per quanto possibile rispettare la logica di questo rispondendo conformemente ad essa 41. Il consulente è infatti legato ad un preciso mandato ricevuto dal giudice mediante la formulazione del quesito, ed in questa prospettiva la lettura di tutto il materiale scritto di causa può comunque agevolare la formulazione di conclusioni maggiormente coerenti, e conseguentemente anche sottoponibili con minore facilità a contestazioni o censure 42. Per altro verso, occorre ricordare altresì che una lettura attenta degli atti può agevolare il consulente a ricollegare determinate risposte rese dalle parti al contesto generale del conflitto in essere, nonché permettergli di reperire dati e indicazioni utili, quali ad esempio il riferimento ad eventuali terzi, presenti nella vita del nucleo familiare ormai disgregato ed in particolare in quella dei figli minori della coppia, il cui esame potrebbe rivelarsi fondamentale per meglio comprendere la situazione in atto e formulare le opinioni richieste 43. In altri casi, poi, può ancora accadere che agli atti di causa sia allegata anche documentazione proveniente da servizi sociali o altri organi imparziali che abbiano in passato preso parte alla vita della famiglia o dei minori, formulando giudizi, consigli, opinioni. L attività di questi organi, se ovviamente non può ritenersi sostitutiva della perizia, può certamente offrire a questa ulteriori elementi di spunto, permettendo quanto meno di dilatare lo spettro temporale di indagine attraverso la raccolta di dati pregressi. In definitiva, pertanto, appare fortemente raccomandabile che il consulente esamini attentamente gli atti di causa, eventualmente anche successivamente ai primi colloqui con i soggetti periziandi, ma sempre prima della stesura definitiva dell elaborato peritale. Sotto il profilo dell esame dei soggetti, la questione maggiormente dibattuta consiste nel verificare se l audizione dei minori possa essere svolta dal consulente d ufficio singolarmente, escludendo dal colloquio anche i consulenti di parte; nonché nello stabilire se e come possa altrimenti essere salvaguardato il rispetto dei principi di difesa e del contraddittorio 44. re alle consulenze psicologiche anche il compito di incidere direttamente, cioè nel corso stesso della loro esecuzione, sulle persone e sulle dinamiche relazionali che si stanno osservando, riconosce tuttavia il valore psicoterapeutico indiretto che la consulenza psicologica finisce quasi sempre con l esplicare, anche se non diretta di proposito a tal fine. 41 Cfr. G. SERGIO, Bambini contesi e processo civile: il contributo della psicologia per la tutela dei minori, in A. MESTITZ (a cura di), La tutela del minore tra norme, psicologia ed etica, cit., che qualifica l attività del consulente psicologo come giudizializzata, ritenendo che essa risponda più ai principi del processo che a quelli della scienza e della professione dello psicologo. 42 Conforme M. CARPIGNANO, op. cit., p. 1570. 43 È evidente, peraltro, che se il consulente può disporre del potere di richiedere informazioni e chiarimenti a terzi coinvolti nella vicenda familiare, lo stesso non dispone ovviamente di poteri coercitivi di sorta al riguardo. Per altro verso, poi, anche le eventuali informazioni assunte non possono essere considerate nell ambito del processo come dotate della valenza propria delle prove testimoniali, né essere in tal senso utilizzate ai fini della decisione (in termini generali cfr. al riguardo S. SATTA, op. cit., p. 112; C.M. BARONE, voce Consulente tecnico, cit., p. 6; in giur. v. Cass., Sez. III, 8 maggio 1979, n. 2615). 44 In linea generale, per il necessario rispetto di tali principi anche nell ambito della consulenza tecnica v. E.T. LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile. Principi, V ed., Giuffrè, Milano, 1992, p. 351; M. VELLANI, voce Consulenza tecnica, cit., p. 532. 19

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 In generale, infatti, il consulente d ufficio ha facoltà di compiere le indagini anche da sé solo, ma in tal caso «le parti possono intervenire alle operazioni in persona o a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e i- stanze» 45. Di regola, qualora le parti abbiano ritenuto di avvalersi della facoltà loro concessa dalla legge, la presenza dei consulenti di parte alle operazioni viene ritenuta indispensabile per assicurare il rispetto del contraddittorio, e, con esso, la regolarità della consulenza. Per quanto riguarda le indagini psicologiche su minori, pur non essendovi alcuna disposizione che espressamente deroghi la regola generale, si ritiene generalmente necessario agire con estrema sensibilità e prudenza, dovendo l audizione del minore attuarsi mediante strumenti e metodologie a- deguate a preservarne il diritto all integrità psicologica, ad evitare che dalla consulenza possano essere riportate conseguenze negative sull equilibrio psicoevolutivo interno del periziando 46. Per questo motivo, nonostante parte della dottrina consideri de iure condito insopprimibile facoltà per i consulenti di parte presenziare alle operazioni peritali 47, alcuni consulenti d ufficio preferiscono sentire i minori personalmente, anche senza l intervento dei consulenti di parte. La legittimità di una simile prassi, motivata da ragioni di opportunità, pare concretamente sostenibile sul piano del diritto positivo, non tanto svalutando il ruolo dell audizione del minore, considerandola sede ove non si realizzerebbe direttamente il convincimento giudiziale, e ritenendo allo scopo sufficiente (in mancanza di strumenti alternativi 48 ) la salvaguardia del contraddittorio (id est il confronto con i consulenti di parte) all atto della discussione degli elaborati peritali contenenti i risultati delle indagini 49, quanto piuttosto ove si rifletta sul particolare status della persona sottoposta ad esame. Invero, avendo l audizione per oggetto un minore, le regole applicabili risentono ovviamente della disciplina generale relativa alla figura del minore nel processo. In questa prospettiva, non si può non ricordare come ogni decisione riguardante i minori prescinda dalla domanda 45 Tanto dispone l art. 194 c.p.c.; e ciò viene altresì ripreso dall art. 201 c.p.c., nella determinazione delle facoltà concesse ai consulenti di parte. 46 In questa prospettiva, l audizione del minore viene usualmente qualificata in termini di problema, rappresentando una situazione per lo stesso potenzialmente foriera di elementi ansiogeni e di ulteriori tensioni; sotto questo profilo, in particolare, non bisogna dimenticare che la consulenza psicologica tende spesso ad indagare (nel minore ma così anche nelle persone adulte) aspetti della personalità che non sempre il soggetto scientemente riconosce, o meglio ancora accetta, e pertanto il rischio latente rimane sempre quello che dall esame emerga una componente di aggressività e reattività negativamente direzionata (cfr. ad es. A. DELL ANTONIO, La consulenza tecnica d ufficio su quesiti psicologici concernenti i minori, cit., p. 191; ID., Consulenza tecnica e ascolto del minore nelle procedure della separazione giudiziale, in C. SARACENO-M. PRADI (a cura di), I figli contesi. L affidamento dei minori nella procedura di separazione, Unicopli, Milano, 1991, p. 107; M. CARPI- GNANO, op. cit., p. 1568). Tali problemi sono del resto accentuati dalla considerazione che purtroppo, anche a motivo dell alto grado di soggettività proprio delle interpretazioni dei dati acquisiti nel corso dell indagine, i consulenti di parte sovente non assumono un atteggiamento imparziale e volto a tutelare esclusivamente l interesse del minore, bensì si palesano portatori degli interessi del proprio assistito, in tal modo perdendo la funzione anche moderatrice che, a motivo della specifica professionalità che rivestono, dovrebbero perseguire (A. DELL ANTONIO, La consulenza tecnica d ufficio su quesiti psicologici concernenti i minori, cit., p. 191). 47 E. PROTETTÌ-M.T. PROTETTÌ, op. cit., p. 135. 48 Si pensi ad esempio ai vetri unidirezionali, da alcuni consulenti utilizzati per contemperare le esigenze del minore con quelle delle parti di poter assistere al colloquio per mezzo dei propri consulenti. Sotto altro profilo nelle fattispecie in esame si potrebbe ricorrere alla registrazione e alla trascrizione del colloquio, mettendo a disposizione dei consulenti di parte tali riproduzioni meccaniche dell audizione del minore. 49 G. CHIOVENDA, op. cit., p. 838, aveva sottolineato (sia pure al diverso fine di ammettere la delega del perito a terzi per il compimento di singole operazioni) la precisa distinzione intercorrente tra la perizia vera e propria, intesa come giudizio tecnico pronunziato sui dati raccolti, e le operazioni peritali preparatorie, consistenti in quella ampia gamma di operazioni di raccolta di elementi e dati da utilizzare per esprimere il giudizio tecnico richiesto. In questa prospettiva, tuttavia, sarebbe comunque arduo configurare l audizione diretta come mera operazione preparatoria, in quanto lo svolgimento del colloquio, e attraverso questo la raccolta diretta dei dati (pur presentando un connotato segnatamente materiale ) influisce in maniera evidente sul giudizio tecnico finale del consulente stesso. 20

FOCUS espressa di una parte 50, e come il giudice stesso possa procedere all audizione del minore separatamente. Per tale motivo, non vi è ragione per negare il conferimento di tale potere in via analogica anche al consulente d ufficio, che del giudice rappresenta in definitiva la longa manus sotto il profilo tecnico-scientifico 51. In virtù dell art. 194 c.p.c., la giurisprudenza ritiene inoltre che il consulente d ufficio possa rivolgersi (sia pure con limitazioni, non essendo ovviamente dato delegare integralmente l incarico ricevuto dal giudice), anche d ufficio, per ricerche o indagini di particolare complessità o delicatezza, a esperti o istituti specializzati, operanti anche in assenza dei consulenti di parte, a condizione unicamente che i risultati cui detti terzi pervengano possano essere oggetto di controllo da parte di questi ultimi 52 ; dal che si desume, a maggior ragione, che, ove lo ritenga necessario, egli ben possa svolgere le operazioni (almeno in parte) senza la presenza dei consulenti di parte. Così ragionando, le facoltà dei consulenti di parte assumono il connotato di onere piuttosto che diritto vero e proprio 53, e deve pertanto ritenersi che, ove il consulente d ufficio richieda ai consulenti di parte di astenersi dall essere presenti ai colloqui con il minore, esponendo i motivi che lo hanno indotto al convincimento dell opportunità di una tale scelta, i consulenti di parte siano vincolati all opinione manifestata dal consulente d ufficio. Ove ciò si verifichi, il rispetto del diritto di difesa potrà comunque essere salvaguardato relazionando puntualmente i consulenti di parte degli esiti dell audizione, e consegnando loro qualsiasi prova (ad es. tests o altro) eseguita sul minore, affinché gli stessi possano svolgere le loro osservazioni, e sia consentita, anche prima della stesura della relazione peritale, la discussione sui risultati dell audizione. L esigenza di approfondimento che attraverso la consulenza psicologica si intende soddisfare non esaurisce il bisogno, avvertito nei processi aventi ad oggetto lo stato delle persone e i rapporti di famiglia, di una specializzazione ad ampio raggio, che coinvolga tutti i soggetti chiamati a partecipare al conflitto giudiziario. Anche il ruolo del giudice è profondamente mutato in questo campo, naturale riflesso di quella autonomia strutturale propria della materia in esame, che consente sotto diversi profili di superare schemi e principi fondamentali del processo di cognizione 54. Se tali prerogative non incidono sulle regole generali dell ammissione della consulenza tecnica (per sua natura sempre comunque esperibile anche d ufficio) le stesse assumono tuttavia un preciso significato in ordine ad ulteriori profili, e segnatamente all idoneità della consulenza tecnica a fornire elementi di valutazione svincolati dal contesto probatorio quale risultante dalle iniziative istruttorie delle parti. 50 Si vedano in dottrina C.M. BIANCA, Commentario al diritto italiano della famiglia (diretto da G. CIAN-G. OPPO-A. TRABUC- CHI), tomo VI, I, Cedam, Padova 1993, p. 373; M. DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi, Utet, Torino, 1995, p. 58; M. MANTOVANI, La separazione personale dei coniugi (artt. 150-158 c.c.), Cedam, Padova, 1983, p. 240; E. GRASSO, La pronuncia d ufficio. I. La pronuncia di merito, Giuffrè, Milano, 1967, pp. 176-177; C. MANDRIOLI, Separazione per ordinanza presidenziale?, in Riv. dir. proc., 1972, p. 204.; A. PROTO PISANI, Dell esercizio dell azione, in E. ALLORIO (diretto da), Commentario del codice di procedura civile, vol. I, 2, Utet, Torino 1973, p. 1053; F. TOMMASEO, sub art. 4 l. 898/1970, in Commentario al diritto italiano della famiglia, Cedam, Padova, p. 284. In giurisprudenza si vedano, tra le altre, Corte cost. 14 luglio 1986, n. 185,; Cass., Sez. I, 23 agosto 1990, n. 8582; Cass., Sez. I, 27 febbraio 1990, n. 1506, Cass., Sez. I, 15 febbraio 1985, n. 65; Cass., Sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5267; Cass., Sez. I, 25 febbraio 1983, n. 693. 51 Cfr. al riguardo le riflessioni di V. DENTI, Perizie, nullità processuali e contraddittorio, in Riv. dir. proc., 1967, p. 405; ID., Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. dir. proc., 1972, p. 427, laddove rileva (sia pure annotando tale fenomeno in termini negativi) come l inquadramento sistematico della consulenza in un contesto differenziato rispetto a quello dei mezzi di prova veri e propri, e la sua rappresentazione come mero strumento di supporto del giudice, producano altresì la naturale e indiretta conseguenza di indurre a svalutarne il carattere contraddittorio, rendendola «strumento per la integrazione delle conoscenze del giudice al di fuori della sua sede naturale, che è lo svolgimento dialettico dell istruttoria». 52 V. Cass., Sez. lav., 8 luglio 1983, n. 4628; Cass., Sez. III, 5 dicembre 1985, n. 6099. 53 V. Cass., Sez. I, 12 luglio 1979, n. 4020. 54 Si pensi in particolare alla più volte ricordata facoltà di emanare, anche d ufficio, ogni provvedimento ritenuto opportuno nell esclusivo interesse del minore, in tal modo derogando non solamente al principio della domanda, ma altresì al principio dispositivo in senso stretto. 21

AIAF RIVISTA 2012/1 gennaio-aprile 2012 In ogni caso, deve essere tenuto fermo che il compito del consulente non deve sconfinare nella valutazione giuridica del materiale di causa, prerogativa esclusiva dell organo giudicante; il parere del consulente non può mai vincolare il giudice, che è soltanto tenuto a dare adeguata motivazione della propria decisione, e quindi anche, eventualmente, del suo dissenso su quanto espresso dal perito. A questo proposito, e al fine di evitare che la decisione del magistrato possa essere facilmente esposta a censure in sede di gravame, si rivela opportuna, se non indispensabile, non solamente una specializzazione delle competenze, tramite l istituzione (così come avviene in alcuni tribunali) di sezioni appositamente preordinate al contenzioso familiare 55, ma altresì lo studio della psicologia giuridica da parte degli organi giudiziari a quello preposti 56. Sotto altro profilo, anche l interpretazione del ruolo del difensore nei giudizi coinvolgenti minori, ancora strettamente collegata alla visione tradizionale dell avvocato come portatore unicamente delle istanze del proprio assistito, dovrebbe essere in qualche modo temperata, in armonia con l esigenza di tutelare l interesse dei minori 57. Un siffatto temperamento presupporrebbe per altro non solamente una specializzazione in questo settore del diritto 58, ma altresì una particolare sensibilità, nonché un approfondimento dello studio di scienze non propriamente giuridiche quanto piuttosto sociali, che abbiano come scopo quello di far comprendere alla parte assistita tutti gli interessi in gioco, al fine di valutare i propri diritti in una prospettiva non già unidirezionale, bensì inserita nel generale contesto familiare, ed interagente con i diritti altrui. Da questo tipo di approccio deriva come prima e più ovvia conseguenza che l avvocato che o- pera nell ambito del diritto di famiglia sia legato ancor più strettamente all osservanza dei principi deontologici, sia nella conduzione della propria difesa (e in particolare nella stesura degli atti), che nei rapporti con i colleghi e con i consulenti 59. 55 O quanto meno, nei casi in cui per ragioni oggettive (dimensioni ridotte del tribunale o altro) ciò non possa avvenire, una scelta dei giudici, predeterminati a svolgere tali funzioni (come ad esempio non è infrequente, in alcuni tribunali minori, la consuetudine di far trattare le cause di diritto di famiglia dal presidente del tribunale, anche dopo la fase presidenziale, in funzione di presidente istruttore). Ha da ultimo rilevato al riguardo G. SERGIO, Consulenze, relazioni tecniche, apporti dei componenti provati in tema di affidamento e di adozione dei minori, in Dir. famiglia, 1999, p. 358, come l interesse del minore, oggetto della consulenza e più in generale del giudizio di merito nel suo complesso, rappresenti fenomeno da valutarsi non esclusivamente da un punto di vista psicologico, bensì anche etico-sociale, culturale e ambientale, essendo la realtà della famiglia costituzionalmente disciplinata in un contesto così inquadrato. Ne consegue la pericolosità della formulazione di quesiti giudiziari generici, che deleghino la soluzione del problema interamente al consulente, residuando sempre, a fianco alla valutazione psicologica, una serie di aspetti di merito di competenza del giudice, per i quali si rende pertanto in concreto necessaria una particolare sensibilità ed esperienza. 56 Conformi L. GRASSO, op. cit.; A. DELL ANTONIO, La consulenza tecnica d ufficio su quesiti psicologici concernenti i minori, cit., p. 197; ID., L opinione del minore nei procedimenti giudiziari, in Studi in onore di Rescigno, Milano, 1998, vol. V, p. 882. A questo proposito può ricordarsi come in alcuni casi l esigenza di mantenere il necessario grado di approfondimento tecnico-scientifico in sede decisoria sia avvertita dal legislatore attraverso il ricorso ad un particolare strumento: l integrazione dell organo giudicante mediante l inserimento di esperti, scelti in relazione alla particolare natura della controversia (V. DENTI, Scientificità della prova, cit., p. 423). È quanto ad esempio accade nei giudizi avanti al Tribunale per i minorenni, nel quale il Collegio giudicante è composto, in aggiunta ai magistrati ordinari, di due membri laici, un uomo e una donna, qualificati come esperti e scelti fra soggetti benemeriti dell assistenza sociale, cultori di biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedagogia e psicologia (artt. 2, R.d.l. n. 1404/1934 e 50 ord. giud.). 57 Concorde A. DELL ANTONIO, La consulenza tecnica d ufficio su quesiti psicologici concernenti i minori nelle procedure civili ed il ruolo dello psicologo, cit., p. 194. 58 Cfr. al riguardo ad es. le diverse relazioni presentate al primo Congresso dell Associazione italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori tenutosi a Roma, e pubblicate in Famiglia e diritto, 1995, pp. 79 e 178, sotto il comune titolo L avvocato nelle procedure di tutela della famiglia. 59 Non vi è infatti purtroppo nessuna regola, ad eccezione del divieto di espressioni sconvenienti ed offensive di cui all art. 89 c.p.c., che sanzioni l utilizzo di affermazioni screditanti ed offensive negli atti di causa; anche tale norma, per altro, ha trovato nella prassi scarsa applicazione, dal momento che alla richiesta della parte di cancellazione delle espressioni ritenute sconvenienti ed offensive, e di una condanna per il danno subìto, è estremamente raro che faccia seguito una pronuncia affermativa da parte del giudice. Questa situazione è del resto originata anche dalla considerazione che il giudice, pur essendo incaricato 22

FOCUS In tale prospettiva, tra difensore e consulente tecnico dovrebbe in particolare intercorrere una stretta collaborazione, esplicantesi in un rapporto di totale lealtà, volto a non nascondere alcunché, e ad individuare congiuntamente le soluzioni più armoniche ed equilibrate nei confronti di tutti i componenti della famiglia. Così ragionando, e se pure in linea di principio i legali dovrebbero poter intervenire allo svolgimento delle operazioni peritali (ad eccezione di quei casi in cui, come detto, il consulente d ufficio intenda compiere l audizione dei soggetti specie minori da solo), occorre tener presente che nell esame dei minori la presenza di ulteriori soggetti (per di più se astrattamente motivati ad ottenere dal minore un determinato comportamento o determinate risposte) costituisce una notevole fonte di disagio per il minore stesso; mentre nell esame delle parti, la presenza del legale acuisce naturalmente la tensione e la conflittualità, essendo naturale che la parte identifichi nel legale avversario l estrinsecazione processuale delle rivendicazioni del coniuge. Per questi motivi, anche qualora la presenza del legale alle operazioni peritali sia ammessa, costituisce precisa regola deontologica preavvertire sia il consulente che la controparte della propria intenzione di presenziare alle operazioni peritali, così da provocare un contraddittorio anticipato sulla questione, ed evitare situazioni di giustificato imbarazzo da parte del consulente che si trovi costretto a procedere in presenza unicamente di un difensore. 11. Cenni in relazione a ulteriori mezzi istruttori Una disamina dell istruttoria nella separazione e nel divorzio rende opportune alcune specificazioni anche in relazione a ulteriori mezzi di prova. Così ad esempio, in relazione alla prova statisticamente più utilizzata, id est la testimonianza, il particolare thema decidendum (e correlato thema probandum) proprio dei giudizi in esame sollecita alcune particolari riflessioni. E così ad esempio, la necessità di provare comportamenti che talvolta non hanno una indiscutibile e tassativa qualificazione ma assumono una valenza diversa a seconda delle relazioni e degli stati d animo, porta sovente i difensori a tentare di rappresentare capitoli di prova intrinsecamente valutativi. A questo riguardo, è invece opportuno all atto della deduzione cercare di relazionare con precisione la prova ai fatti che si ritengano utili ai fini della decisione; sarà poi compito degli atti difensivi finali quello di far emergere, dalla conferma resa in sede di deposizione testimoniale, la valenza dei singoli fatti ai fini delle richieste avanzate in causa. A volte i giudici della famiglia tendono a stigmatizzare, siccome sintomatica di una inutile conflittualità, l indicazione di un numero elevato di capitoli di prova; a questo proposito è tuttavia innegabile che alcune domande presuppongono l esame di una pluralità di comportamenti o elementi di riscontro non preventivamente limitabili. Si pensi a questo riguardo non soltanto alla domanda di addebito (che postula una indagine che oltre tutto risente anche in modo significativo del personale sentire del magistrato), ma altresì alle domande di carattere economico, le quali richiedono una articolata indagine anche sul tenore di vita pregresso della famiglia. Ed è parimenti vero che dati come quello appena considerato possono emergere con maggiore nitore quanto più numerose sono le circostanze dimostrate. Sarebbe estremamente utile, poi, un intervento particolarmente rigoroso da parte del giudice della direzione del processo, troppo spesso e per motivi facilmente comprensibili, da un lato non è in grado di evitare le a- sprezze anche verbali e i comportamenti a volte pesantemente ingiuriosi che vengono assunti davanti a lui, dall altro e di fondo non ritiene comunque utile sanzionarli nella sentenza, ad evitare l ulteriore inasprirsi dei comportamenti tra le parti. 23