FONDAZIONE STUDI CONSULENTI DEL LAVORO I PARERI IN MATERIA TRIBUTARIA PARERE N.24 DEL 24.10.2012 La fatturazione del consulente delle spese di giudizio IL QUESITO Ho assistito un mio cliente in un contenzioso tributario e la Commissione ha condannato la controparte perdente al pagamento delle spese di giudizio, tra cui il mio onorario. Vorrei cortesemente una panoramica per comprendere la corretta procedura che debbo seguire nell emissione della parcella. Premessa Il legislatore, con il D.Lgs. n. 546/1992 *** ha introdotto nel contenzioso tributario, quale logica conseguenza dell assistenza tecnica obbligatoria avanti agli organi di giustizia tributaria, il principio in base al quale gli oneri processuali devono gravare su chi è risultato soccombente in giudizio. In verità tale principio è stato mutuato dall art. 91, comma 1, c.p.c. il quale stabilisce che "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell altra parte e ne liquida l ammontare insieme con gli onorari di difesa ". Ebbene, l art. 15 del citato D.Lgs. n. 546/1992, sostanzialmente allo stesso modo, dispone che "la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese di giudizio che sono liquidate con sentenza. La commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell art. 92, secondo comma, c.p.c.". Le spese del giudizio - nozione Nella nozione di spese di giudizio sono dunque ricompresi: contrassegni bollati, spese per notifica, ecc..; onorari e compensi collegati strettamente all assistenza tecnica in giudizio e alle varie consulenze e/o perizie tecniche che si rivelino necessarie nel corso del procedimento. Il Ministero delle Finanze con la circolare n. 291/E del 18 dicembre 1996 ha chiarito che "la nota spese dovrà essere depositata tenendo presente quanto previsto dall art. 75 delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura civile" il quale stabilisce che "Il difensore al momento del passaggio in decisione della causa deve unire al fascicolo di parte la nota spese, indicando in modo distinto e specifico gli onorari e le spese, con riferimento all articolo della tariffa dal quale si desume ciascuna partita". La nota spese è predisposta su un foglio separato rispetto al ricorso, deve essere depositata in unico esemplare e deve essere portata a conoscenza solo del giudice competente. Al riguardo occorre tuttavia fare presente che, almeno dal punto di vista del processo tributario, l Agenzia delle Entrate con la circolare del 18 dicembre 1996, n. 291 ha fatto presente che la richiesta delle spese verrà formulata dai dipendenti Uffici per iscritto nell'atto di controdeduzioni o nell'atto di appello.. Ai fini del rimborso delle spese del giudizio, da liquidare con sentenza ai sensi dell art. 15 D.Lgs. n. 546/1992, il difensore, al momento del passaggio in decisione dopo la discussione in pubblica udienza, o unitamente all atto processuale depositato, deve unire al fascicolo di parte la nota delle spese, indicando in modo disgiunto e specifico gli onorari e le spese con riferimento all articolo della tariffa dal quale si desume ciascuna partita (Comm. Trib. II grado sez. XX, Roma, 11 febbraio 1997, n. 8). Il giudice, nel decidere sulla liquidazione delle spese processuali sostenute dalla parte vittoriosa, deve dare adeguata motivazione della eventuale eliminazione o riduzione di voci che effettua e deve indicare il sistema di liquidazione adottato (Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza del 03/04/2007, n. 8295; Cassazione civile, sez. I, sentenza del 07/10/2009, n. 21371). Come predisporre la fattura L articolo 93 c.p.c. prevede che Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.. In ragione di tale (duplice) possibilità, le Circolari n. 1/50550 del 15 dicembre 1973 e n. 203 del 6 dicembre 1994 e, hanno disciplinato le due diverse ipotesi: la sentenza non ha disposto la distrazione : il compenso del consulente deve essere pagato dal cliente vittorioso (e non dalla parte soccombente), salvo il diritto da parte del cliente medesimo di ottenerne il rimborso da parte del soccombente (cd. principio della soccombenza ); il cliente vittorioso, all atto del pagamento deve sempre operare la ritenuta d acconto nei confronti del consulente del lavoro, proprio difensore;
la sentenza ha disposto la distrazione : il compenso del consulente di parte vittoriosa deve essere pagato direttamente dal soccombente, il quale deve operare la ritenuta d acconto (salvo che il soccombente sia un privato non sostituto d imposta). Per effetto della pronuncia di accoglimento dell'istanza di distrazione, il consulente diviene, dunque, creditore diretto della controparte soccombente. Il suo diritto di credito è autonomo rispetto a quello preesistente nei confronti del proprio cliente, al quale si aggiunge. La pronuncia del giudice costituisce titolo esecutivo. Occorre sottolineare che in entrambi i casi, il consulente deve emettere la parcella solo al proprio cliente. E infatti, il soccombente che pure ha effettuato il pagamento, non può mai pretendere l'emissione della relativa fattura nei propri confronti. In senso univoco avvocatura dello Stato, con parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992, Ministero delle finanze nota n. 8/1619 dell'8 novembre 1991, e successiva Circolare n. 203 del 1994. La gestione della ritenuta d acconto La ritenuta deve sempre essere effettuata dal soggetto che salda la parcella del consulente ancorchè la fattura debba sempre essere intestata al cliente del consulente. In tal senso la Circolare n. 1 del 15 dicembre 1973, parte 8 laddove è chiarito che L'obbligo di effettuare la ritenuta sussiste, in relazione ai procedimenti giudiziari, per i compensi pagati dalla parte soccombente (se rientrante nella categoria dei soggetti indicati nell'art. 23 del D.P.R. n. 600) al legale della controparte vincitrice. In tal senso anche la nota Ministero finanze n. 8/1619 dell'8 novembre 1991 la quale ha avuto modo di precisare che l'art. 25 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in ossequio alla direttiva di estensione del sistema della ritenuta alla fonte, sancita dalla relativa legge delega, ha inteso ampliare l'area di applicazione della ritenuta stessa fino a comprendervi anche le remunerazioni di compensi per prestazioni professionali rese, al di fuori del sinallagma commissione-prestazione, a favore di un committente non esecutore del pagamento. Conclusioni pienamente condivise dall'avvocatura Generale dello Stato con il parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992 e confermate, peraltro, anche nella successiva Circolare n. 203 del 1994 in base alle quali è sostituto d'imposta chiunque (salvo privati cittadini non sostituti d imposta) corrisponda compensi per prestazioni professionali, anche se queste ultime sono state rese nell'interesse di terzi e anche se l'adempimento del pagamento è disposto in modo coattivo in base a sentenza di condanna. A conferma di quanto sopra anche la sentenza della Corte di Cassazione n. 3843 del 1 aprile 1995.
Successivamente l Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 91 del 24 luglio 1998 ha ulteriormente confermato che il soggetto soccombente in un giudizio, condannato al pagamento degli oneri e delle spese a favore del difensore della controparte vittoriosa, assume, nell'assolvimento di tale obbligazione, lo status di sostituto di imposta, ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 e, dunque, deve effettuare e versare la RA, salvo che si tratti di persona fisica non imprenditore e non professionista. Sin qui la questione è pacifica, tuttavia nella pratica avviene spesso che all atto del deposito della sentenza da parte del giudice, la parte vittoriosa ha già, in tutto o in parte, saldato le competenze addebitate con fattura dal proprio consulente nel corso del giudizio. In questo caso il consulente non dovrebbe chiedere al giudice la distrazione posto che ha già ricevuto ad opera del proprio cliente il pagamento delle competenze. Ne consegue che parte soccombente non deve, nel rimborsare a parte vittoriosa l importo, operare alcuna ritenuta. L art. 92 del c.p.c. è inequivocabile quando stabilisce che Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte ; dello stesso tenore l art. 15 del D.Lgs. n. 546/1992 che regola la stessa materia nel giudizio tributario, prevede al 1 comma "la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese di giudizio. La parola rimborso evoca la circostanza che l onere sia stato già sostenuto dal soggetto con cui si è instaurato il rapporto di committenza (difensore-cliente), e dunque la parte committente a suo tempo ha già operato e versato la ritenuta d acconto del proprio consulente. Diverso, ovviamente, è il caso in cui sia stata la distrazione a favore del consulente. La gestione dell IVA in fattura IL ministero delle finanze, con la circolare n. 203 del 6 dicembre 1994, ha fornito chiarimenti circa l'iva concernente le spese di giudizio a favore del legale distrattario della controparte vittoriosa. Occorre distinguere tra: il cliente del consulente è un soggetto che non detrae l iva (privato, ente non commerciale, etc.) il cliente del consulente è un soggetto che detrae l iva; Nel primo caso il soggetto soccombente in un giudizio, condannato al pagamento degli oneri e delle spese a favore del difensore della controparte, è tenuto anche al pagamento dell'iva indicata in fattura. Dunque, il consulente distrattario dovrà emettere fattura con addebito anche dell'iva solo nei confronti del proprio cliente, posto che l'obbligo del pagamento delle spese a carico della
parte soccombente trova titolo esclusivamente nella statuizione di condanna contenuta nella sentenza, anche se nella sentenza il giudice non dovesse fare riferimento all IVA. Nella fattura emessa nei confronti del proprio cliente il consulente deve evidenziare che il pagamento avviene (sia per ciò che riguarda l'onorario sia per ciò che concerne l IVA) con danaro fornito dal soccombente. Nel secondo caso, Ossia nell ipotesi in cui il soggetto vincitore è un soggetto IVA e la vertenza riguarda l'esercizio della propria attività di impresa, arte o professione che da quindi titolo di recuperare l Iva della quale subisce la rivalsa in sede di esercizio del diritto di detrazione di cui all'articolo 19 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, il consulente distrattario può richiedere al soccombente solo l'importo relativo al suo onorario e alle spese processuali, e non anche quello relativo all'iva che vi afferisce, essendo questo ultimo dovuto per rivalsa del proprio cliente. Dunque, l IVA dovrà essere saldata al consulente dal cliente. L'orientamento ora citato è stato pienamente condiviso dall'avvocatura Generale dello Stato con il parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992 che richiama al riguardo anche la Sentenza della Cassazione SS.UU. del 12 giugno 1982, n. 3544. Normativa di riferimento D.Lgs. n. 546/1992, art. 15 C.p. c., art. 91, comma 1, e art. 93 D.P.R. n. 600/73, art. 23 e art. 25 D.P.R. 26.10.1972, n. 633, art. 19 Prassi di riferimento Ministero delle Finanze, circolare n. 291/E del 18 dicembre 1996 Ministero delle Finanze, circolare n. 1/50550 del 15 dicembre 1973 Ministero delle Finanze, circolare n. 203 del 6 dicembre 1994 Avvocatura dello Stato, parere n. 4332/92 del 5 ottobre 1992 Ministero delle finanze nota n. 8/1619 dell'8 novembre 1991 Ministero delle Finanze, circolare n. 1 del 15 dicembre 1973, parte 8 Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 91 del 24 luglio 1998
Giurisprudenza di riferimento Comm. Trib. II grado sez. XX, Roma, 11 febbraio 1997, n. 8 Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza del 03/04/2007, n. 8295 Cassazione civile, sez. I, sentenza del 07/10/2009, n. 21371 Corte di Cassazione n. 3843 del 1 aprile 1995 Sentenza della Cassazione SS.UU. del 12 giugno 1982, n. 3544 Fondazione Studi Il coordinamento scientifico