Le scuole popolari di italiano per migranti



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Le scuole popolari di italiano per migranti a Roma e nel Lazio Il contributo del volontariato e del privato sociale all integrazione socio-culturale dei migranti Rapporto di Ricerca 3.0 25 Marzo 2009

INDICE 1. INTRODUZIONE... 2 2. ROMA CITTÀ MULTIETNICA E MULTICULTURALE... 5 3. L APPRENDIMENTO DELL ITALIANO, PRIMO PASSO DELL INCLUSIONE... 18 4. L OFFERTA FORMATIVA DI CORSI DI ITALIANO A ROMA... 33 5. LE SCUOLE POPOLARI DI ITALIANO PER MIGRANTI A ROMA... 61 6. MIGRANTI E SCUOLE POPOLARI DI ITALIANO NELLE PROVINCE LAZIALI... 88 6.1. PROVINCIA DI ROMA... 90 6.2. PROVINCIA DI LATINA... 100 6.3. PROVINCIA DI FROSINONE... 124 6.4. PROVINCIA DI VITERBO... 129 6.5. PROVINCIA DI RIETI... 137 7. LAVORO DI RETE E POTENZIAMENTO DELL OFFERTA FORMATIVA... 149 PROTOCOLLO D INTESA PER L ISTITUZIONE DI "SCUOLEMIGRANTI"... 157 TESTIMONI PRIVILEGIATI... 162 1

1. Introduzione Uno dei primi, se non il primo fattore di integrazione è la lingua, è il possedere lo stesso strumento di comunicazione usato nell ambiente nel quale si vive: la conoscenza della lingua della società di accoglienza è una conditio sine qua non per realizzare un percorso di interazione culturale e di integrazione sociale. In altre parole la lingua è una grande barriera all inclusione sociale e culturale dei migranti, e le politiche pubbliche dovrebbero fare dell insegnamento dell italiano come lingua seconda (L2) uno degli interventi prioritari per favorire l accoglienza delle persone immigrate e prevenire l insorgere di possibili manifestazioni di disagio. Purtroppo, l offerta di corsi di italiano gratuiti per stranieri è caratterizzata anche in contesti interessati da un rilevantissimo incremento annuo di immigrati soggiornanti come quello romano e laziale - da una notevole carenza strutturale. Il sistema pubblico di educazione per adulti svolge un lavoro qualitativamente e quantitativamente importante attraverso i Centri Territoriali Permanenti (CTP) disseminati nei vari territori, ma riesce a soddisfare solo una parte minoritaria della domanda di corsi di italiano L2. Numerosi enti di volontariato e del terzo settore romano e laziale si sono organizzati per rispondere alla crescente domanda di corsi di lingua italiana e per integrare l offerta formativa pubblica, mettendo in campo interventi di formazione non formali che si pongono nel solco della tradizione delle Scuole Popolari. Va rilevato che complessivamente questi interventi messi in campo dall associazionismo non rappresentano una offerta di tipo residuale, ma al contrario danno un apporto strutturale e quantitativamente significativo, dato che permettono la presa in carico di un numero di studenti uguale o superiore a quello delle scuole pubbliche. 1 Resta il fatto che CTP e associazionismo insieme coprono solo una parte dell incremento annuo di migranti, e che una porzione consistente della domanda rimane comunque insoddisfatta. Al di là degli aspetti meramente quantitativi, le esperienze realizzate in questi ultimi anni hanno evidenziato come l accessibilità dell offerta formativa sia un elemento decisivo e non scontato, soprattutto quando si rivolge a segmenti socialmente ed economicamente vulnerabili della popolazione immigrata; in altre parole, se non si prevedono adeguate procedure di informazione, accoglienza e orientamento, anche in presenza di una offerta formativa quantitativamente sufficiente si rischia di lasciare fuori una parte consistente della domanda potenziale. Da questo punto di vista, è importante sottolineare come numerose associazioni romane e laziali che realizzano interventi di educazione non formale abbiano impostato le proprie metodologie didattiche e i propri modelli organizzativi proprio sulla base di pratiche in grado di abbassare la soglia di accesso e favorire la 1 Si vedano i paragrafi successivi per una stima quantitativa dell offerta espressa da CTP e Scuole Popolari a Roma. 2

partecipazione ai corsi anche di quegli stranieri che rischiano di rimanere esclusi dai circuiti formali di insegnamento. 2 Caratteristiche di queste scuole popolari per migranti sono: la gratuità dei corsi, la riproduzione a cicli ricorrenti o continuati durante l anno, la finalizzazione all integrazione sociale, all utilizzo dei servizi di base, all esercizio dei diritti fondamentali. Ma altri elementi che ne distinguono l azione sono: la cura nell accoglienza, l approccio olistico ai problemi del singolo, la bassa soglia per consentire l accesso alle persone con particolari carenze di istruzione o deboli e svantaggiate, la predisposizione all indirizzo e accompagnamento verso strutture di sostegno. La bassa soglia di accesso e l attenzione ad aspetti come l accoglienza, la socializzazione, l orientamento e l'accompagnamento ai servizi, non vanno peraltro necessariamente a scapito della qualità della didattica. Pur facendo i conti con una drammatica carenza di mezzi economici e spazi per la formazione, le Scuole Popolari mettono anzi spesso in campo una offerta formativa di ottimo livello in quanto ad organizzazione, rigorosità dei metodi, innovatività dei modelli. Ovviamente, l offerta di educazione non formale delle scuole popolari non deve essere intesa in contrapposizione con quella delle scuole pubbliche. E al contrario necessaria una forte integrazione tra queste risorse. Un efficace coordinamento operativo tra associazioni e agenzie educative pubbliche potrebbe ad esempio favorire il passaggio a percorsi formativi formali di quei soggetti svantaggiati entrati nel circuito formativo grazie ai corsi di bassa soglia o rendere possibile un proficuo scambio di buone prassi. Con il sostegno del CESV, nel corso del 2008 si è sviluppata una rete di Scuole Popolari che realizzano corsi gratuiti di italiano per migranti, composta da Associazione Comboniana Servizio Emigranti, Asinitas Onlus, Caritas Diocesana di Roma, Casa dei Diritti Sociali-FOCUS, Associazione Centro Astalli, Comunità di S. Egidio, Didattica Teatro Cotrad, Di 28 ce n è uno, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Forum delle Comunità Straniere in Italia, INsensINverso, IoNoi, Progetto Mediazione Sociale. La rete è stata formalizzata con un protocollo d intesa (allegato al presente testo) e sta portando avanti un percorso di riflessione e confronto rispetto al tema dell'educazione per gli adulti immigrati, sia al proprio interno (con gruppi di lavoro per temi specifici) che con rappresentanti istituzionali, delle agenzie educative, delle parti sociali. Il convegno del 28 novembre 2008, Integrazione sociale a Roma e scuole di italiano per migranti (Sala Unicef di Roma), ha rappresentato un momento qualificante di questa esperienza di rete, fornendo una prima opportunità per le scuole e gli insegnanti di conoscersi e confrontarsi su metodologie, approcci, 2 L apprendimento formale si realizza nei sistemi dell istruzione e della formazione e porta, di norma, ad una certificazione formale; l apprendimento non formale si realizza in contesti organizzativi al di fuori dei sistemi di istruzione/formazione e normalmente non produce una certificazione; l apprendimento informale si realizza, in genere, non intenzionalmente quando individui acquisiscono conoscenze, abilità o atteggiamenti attraverso l interazione sociale (CE 2001). 3

materiali didattici, modelli organizzativi e lavoro in rete. Inoltre, con il Convegno, la rete delle scuole popolari ha attirato l attenzione sul problema, ha dato connotati al fenomeno della carenza di offerta formativa, ha sensibilizzato istituzioni, scuole e circuito pubblico. La rete delle scuole popolari è molto interessante perché al suo interno ci sono delle grandi organizzazioni come la Comunità di Sant Egidio e la Casa dei Diritti Sociali Focus che fanno grandi numeri, e anche delle realtà piccole come INsensoINverso, Di 28 ce n è uno, Didattica Teatro Cotrad o Asinitas che fanno numeri più contenuti, ma che sviluppano azioni di sperimentazione didattica anche di frontiera e che quindi realizzano un azione potenzialmente importante dal punto di vista dell innovazione dei metodi e degli approcci di cui tutti i soggetti della rete possono beneficiare per arricchirsi e rinnovarsi nel tempo. Per approfondire ulteriormente la riflessione su questi temi, il CESV ha promosso il presente lavoro. Si tratta di una ricerca sociale che si pone l'obiettivo di indagare sui corsi gratuiti di lingua italiana promossi e gestiti da associazioni di volontariato e da altri enti del terzo settore a Roma e nel Lazio. Particolare attenzione è posta sull'approfondimento delle soluzioni organizzative e delle scelte metodologiche adottate dalle Scuole Popolari per garantire una bassa soglia di accesso ai percorsi formativi. Il nostro obiettivo è di riuscire a valorizzare queste esperienze, conoscerle, farle conoscere, mettendole in rete, in modo che ci sia una condivisione di queste culture e pratiche, con un loro eventuale passaggio da una dimensione di sperimentazione ad una dimensione di applicazione più ampia, anche nel mondo della scuola pubblica. In fondo questa è anche la funzione corretta del volontariato, essere un incubatore di innovazione di interventi rispetto a bisogni sociali via, via emergenti, pungolando e stimolando il servizio pubblico ad aprirsi a nuove frontiere e a nuovi approcci. Il lavoro è stato svolto da Alessandro Scassellati e Massimiliano Trulli attraverso la realizzazione di interviste a testimoni privilegiati (vedi elenco) prevalentemente volontari e operatori dell'associazionismo, ma anche rappresentanti del sistema scolastico pubblico e la partecipazione alle riunioni della rete. 4

2. Roma città multietnica e multiculturale Roma è una grande città a vocazione internazionale, erede della storia romana e cristiana, capitale d Italia e capitale della Santa Sede (e quindi centro mondiale del cattolicesimo), terza città al mondo per numero di organismi internazionali (a cominciare dalla FAO), dotata di un ricchissimo patrimonio di tesori culturali ed artistici che la rendono un grande attrattore per i turisti di tutto il mondo. Anche a Roma, come in tutte le grandi città che esercitano funzioni globali, l immigrazione presenta una grande vivacità per l eterogeneità/molteplicità delle presenze, per le offerte culturali che vengono promosse, per la varietà dei progetti e dei programmi d azione, per le iniziative congiunte di italiani e immigrati, per la complessità delle relazioni che scaturiscono dalla presenza e dall incrocio di tante culture, religioni e tradizioni differenti. La presenza di circa 300 mila immigrati regolarmente soggiornanti a Roma (circa 404 mila nella provincia di Roma e circa 480 mila nella regione Lazio), 3 provenienti da oltre 180 differenti Paesi e con una incidenza sulla popolazione complessiva che supera il 10%, è un fenomeno sociale dinamico ed in espansione ormai da diversi anni (con una crescita media di circa 20 mila unità all anno negli ultimi 10 anni), che evidenzia sia la capacità attrattiva che la città esercita verso i flussi di immigrazione sia la necessità che le istituzioni e la società vi prestino una grande attenzione, promuovendo e sostenendo adeguati programmi e percorsi di integrazione e inclusione sociale. Tante volte noi italiani, specie se viviamo nelle grandi città, ci lamentiamo che ci sono gli immigrati. Invece, loro sono il termometro per misurare se riusciamo ad essere una città del futuro. Roma è una grande città anticipatrice. Una città del futuro cosa è? E una città internazionale e a Roma ci sono più di 180 nazionalità diverse di tutto il mondo. Più internazionale di così!. L Italia è diversa da altri paesi di accoglienza, perchè ha immigrati che vengono da molte più nazioni. Roma è anche una città interculturale. Infine, Roma è una città interreligiosa. Dovremmo essere grati di essere un laboratorio. Possiamo portare Roma ad essere un esempio per il mondo, da cui altri possono imparare (Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/ Migrantes). I migranti presenti a Roma sono lavoratrici e lavoratori adulti, in primo luogo, a cui si aggiungono a ritmo crescente i componenti del nucleo familiare. 4 Il 51,3% è 3 Questi dati si riferiscono a coloro che hanno deciso di stabilire la propria residenza in un Comune della Regione Lazio (conteggiati negli archivi Istat) incrementati della stima del numero di immigrati che, pur autorizzato l soggiorno, non è ancora riuscito ad ottenere l iscrizione anagrafica Cfr. Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quinto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2009; Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2008. XVIII rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2008; Caritas di Roma, Osservatorio romano sulle migrazioni. Quarto rapporto, Edizioni Idos, Roma, 2008. 4 Il 58,2% ha un permesso per motivi di lavoro, il 24,2% per ricongiungimento familiare, il 12,3% per motivi religiosi ed il 3% per motivi di studio. Il valore assoluto degli stranieri iscritti a scuola in provincia di Roma è secondo alla sola provincia di Milano, con 45.684 (due terzi dei quali nella capitale) rispetto a 53.387, con una incidenza percentuale degli studenti stranieri rispetto al totale pari al 7,7%, superiore alla media nazionale (6,4%). 5

originario di paesi europei, il 22,7% del continente asiatico, il 13% dell America e il 12,8% dell Africa. Prevale l area dell Europa centro-orientale (36,7%), seguita dai paesi dell Unione Europea (14,2%) e dall Asia orientale (13,4%). Tra le nazionalità presenti spiccano per numero i rumeni (22,3% del totale), i filippini (9,1%) e i polacchi (6%). Oltre la metà dei residenti stranieri ha meno di 40 anni (56%) e in particolare si registra un 39,6% di residenti tra i 20 e i 39 anni, seguito da un 36,6% tra i 40 e i 64 anni, mentre i minori incidono per il 15,1% e gli ultra 65enni per il 7,3%. L immigrazione straniera a Roma e nel Lazio ha ormai una storia di oltre 25 anni ed è caratterizzata da molti elementi di stabilizzazione (vedi box sulle caratteristiche degli immigrati a Roma): numero rilevante, ritmo d aumento sostenuto, provenienza da una molteplicità di paesi, normalizzazione demografica (equivalenza numerica dei generi, progressivo aumento dei coniugati, elevata incidenza dei minori), persistente fabbisogno di forza lavoro aggiuntiva, crescente tendenza alla stabilità e crescente esigenza di spazi adeguati di partecipazione. L immigrazione, insomma, si intreccia sempre più con lo sviluppo della città di Roma e tende a diventare sempre più una risorsa demografica, sociale, culturale ed economica fondamentale. Alcune caratteristiche della popolazione migrante a Roma I redattori Caritas/Migrantes del Dossier statistico immigrazione 2008 hanno costruito e studiato un campione rappresentativo composto da circa un migliaio di persone (900 persone di 69 nazionalità) che permette di approfondire la fisionomia dell immigrato romano. 5 Da questo studio emerge che gli immigrati romani risultano essere persone istruite, laboriose, sobrie, poco inclini al consumo, non ricche, ma autosufficienti, aperte alla solidarietà, sempre più attaccate all Italia: un immagine lontana dal clichè basato sui toni allarmistici e dell emergenza, un quadro di sofferta e dignitosa normalità. Roma è un approdo attraente: 9 intervistati su 10 ci sono arrivati direttamente, non passando da altre regioni. La metà ha acquisito il permesso di soggiorno solo a seguito di un provvedimento di regolarizzazione (un 25% fino al 1998 e un 25% nel 2002) e un sesto (18%) è alle prese con le pratiche di rilascio o di rinnovo. E elevata la percentuale di coloro che hanno un livello di istruzione superiore (80% del campione è diplomato o laureato), come anche degli occupati (80%), anche se il 15% dei lavoratori dipendenti è occupato in nero. Spesso lavorano presso le famiglie (44%), ma anche in diversi altri settori, dall edilizia al turismo. Le mansioni umili sono più ricorrenti, ma aumentano anche gli inserimenti qualificati, come operai specializzati, impiegati, imprenditori, medici, interpreti. Sei su 10 hanno conosciuto periodi di disoccupazione, anche prolungati. Il lavoro non è stato trovato grazie agli uffici pubblici (solo 1 caso su 70), ma autonomamente o attraverso le reti amicali-parentali, perlopiù interne alla collettività d appartenenza e alle comunità che al suo interno si strutturano (51,3%). Gli intervistati dichiarano un reddito medio mensile di 916. Sei su 10 sono titolari di un conto corrente bancario o postale e inviano, mediamente ogni mese e mezzo, del denaro nel paese d origine (in un anno in media 2.244 testa) per sostenere le persone della famiglia lì rimaste (mediamente 3): 3 su 5 provvedono al sostentamento dei genitori, in un terzo dei casi si deve provvedere ai figli, ai fratelli e le sorelle e più raramente al coniuge o ad altri familiari. 5 Centro Studi e Ricerche IDOS, Le condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nell area romana. Indagine campionaria e approfondimenti tematici, Edizioni IDOS, Roma, 2008. 6

Dopo l arrivo in Italia, metà degli intervistati ha avuto bisogno di farsi aiutare economicamente da familiari in Italia o nel paese d origine o da amici italiani o connazionali (ciascuna delle ipotesi copre più di 4 casi su 10). Possiedono quei beni di consumo ormai diventati indispensabili come il cellulare (99%), il televisore (70%) e il computer (40%). L automobile, a portata solo di un terzo del campione, costituisce il secondo bene più desiderato dopo la casa, ambita da metà degli intervistati. Sette su 10 leggono i giornali italiani. * * * Tra gli aspetti più interessanti della presenza degli immigrati richiama sempre maggiore attenzione la loro vocazione imprenditoriale. A Roma ci sono circa 15.500 aziende con titolari immigrati, pari a circa il 10% delle 165 mila esistenti a livello nazionale. Le imprese degli immigrati incidono per il 3,8% sul totale delle aziende operanti in provincia (412 mila), ma ci sono notevoli margini di crescita considerando che tra gli italiani vi è un impresa ogni 9 residenti e tra gli immigrati solo 1 ogni 20. Le collettività con maggior numero di imprenditori sono la Romania (3.249), seguita da Bangladesh (2.204), Cina (1.635) e Marocco (1.441). A superare la quota di 500 imprenditori sono poche altre collettività: Egitto con 890 imprese, Nigeria con 717, Polonia con 556 e Senegal con 533 (l Abania si ferma a 425 imprese). Poche sono le collettività con 200 imprese (Pakistan, Perù, Tunisia) e un po più numerose quelle con 100 (Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Ecuador, India, Iran, Serbia, Macedonia, Moldova, Somalia, Ucraina). I settori prevalenti di intervento sono il commercio (46,4%), le costruzioni (26,7%), i servizi professionali (9,3%), l industria manifatturiera (6,9%)e i trasporti (4,4%). Le varie collettività rivelano spesso tendenze monosettoriali, privilegiando o l edilizia (Romania 78,8%, Polonia 71,6%, Albania 67,8%) o il commercio (Marocco 86,1%, Bangladesh 71,8%, Nigeria 67,8%, Cina e Senegal 62,5%) La presenza di immigrati stranieri nel Lazio e a Roma, oltre che numericamente consistente, appare ormai radicata nelle sue diverse forme sul territorio. E una presenza viva che non vuole essere solo ospite, ma anche parte integrante di una società che cambia e, nelle sue variegate sfumature, deve saper crescere politicamente, economicamente e soprattutto socialmente. Un segnale tendenziale di questo processo, non sempre semplice e spesso irto di ostacoli, pregiudizi e stereotipi, viene in primo luogo proprio dagli immigrati che cercano di organizzarsi, allo scopo di rendersi positivamente visibili, facendo emergere la propria voce, i propri interessi e la propria richiesta di partecipazione. L associazionismo straniero, rappresenta, dunque, nelle sue diverse forme, l emblema di una chiara volontà integrazionista. Attualmente, le organizzazioni di volontariato (OdV) che fanno capo alle diverse comunità immigrate e che sono iscritte al registro regionale sono circa 70 (ma si stima che ve ne siano almeno altre 100 che non sono iscritte), e il loro numero sta crescendo rapidamente, anche grazie all attività di sensibilizzazione e sostegno dei Centri di Servizio del Volontariato. Nel corso del 2008 è nata, con il supporto attivo del Cesv, la rete della Diaspora Africana alla quale aderiscono tutte le associazioni di immigrati provenienti dall Africa e che raccoglie 16 OdV e almeno 36 gruppi informali (una buona parte dei quali in procinto di strutturarsi in OdV). Inoltre, è importante sottolineare che da oltre venti anni a Roma e nel Lazio sono di particolare rilievo, anche qualitativo, le attività di numerose realtà di volontariato sul campo dell intercultura (circa 90 sono quelle iscritte al registro regionale e circa 300 quelle non iscritte). Esse si esprimono nel sostegno alla scolarizzazione dei minori 7

stranieri, nella promozione del diritto alla salute, in interventi di valorizzazione delle culture di origine (realizzati prevalentemente da associazioni di immigrati), nella realizzazione di corsi di lingua italiana. L innovatività strategica dell esperienza si concretizza non solo nella risposta ad una domanda che resterebbe altrimenti inevasa, operando al fine di compensare l insufficienza dell intervento pubblico, ma anche e soprattutto nella produzione di episodi di sincretismo culturale particolarmente significativi. Anche la rete Diritti Umani (promossa e supportata dal Cesv) è stata particolarmente attiva nel corso degli ultimi anni. I lavori di rete, portati avanti dalle 11 OdV che programmano le attività, hanno dato origine a progettualità ed interventi specifici nei campi dell accoglienza, del sostegno e del tutoraggio degli immigrati che arrivano a Roma e nel Lazio, e che hanno visto il coinvolgimento di altre circa 40 organizzazioni, compresi anche soggetti del terzo settore, ecclesiastici e organizzazioni internazionali quali la Caritas, la Comunità di Sant Egidio, il Centro Astalli, l ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). 6 Per molti anni, al problema dell integrazione degli immigrati si è prestata scarsa attenzione (almeno rispetto a quello relativo al contenimento dei nuovi flussi di entrata) in quasi tutti i paesi europei, mentre ora sembra essere diventato un tema politico di alto livello soprattutto nell Europa nord-occidentale. Pertanto, se ne discute di più anche a livello di Unione Europea. A livello dei singoli stati membri, l attenzione maggiore, fino a questo momento, è stata dedicata ai programmi introduttivi di orientamento dei nuovi venuti per collocarli su un percorso di apprendimento della lingua. In generale, la buona conoscenza della lingua del paese ricevente è un fattore influente nei processi di inclusione nella società di accoglienza ed in particolare nel mercato del lavoro, perché consente di occupare posti di lavoro qualificati, al di fuori delle ristrette opportunità dei networks etnici. 7 Alcuni dei programmi di istruzione linguistica introdotti di recente in diversi paesi prevedono lo svolgimento di esami e persino penalizzazioni qualora non siano portati a termine; altri sono di natura volontaria. Un crescente numero di paesi (ad esempio, Austria, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Svezia), per i nuovi immigrati che desiderano ricevere il permesso di residenza hanno previsto, oltre a programmi volti ad agevolare il loro inserimento nel mercato del lavoro, anche programmi di iniziazione alla società di accoglienza obbligatori (comprensivi di corsi di lingua, educazione civica e orientamento culturale). In Italia, come in altri paesi, pertanto servirebbero misure che incoraggino un integrazione positiva come, ad esempio, un piano massiccio di alfabetizzazione in lingua italiana, sul modello delle 150 ore che hanno consentito in passato alle classi popolari italiane di accedere all istruzione di 6 Il lavoro della rete ha portato, ad esempio, alla realizzazione e pubblicazione della ricerca Presenze Trasparenti sulle problematiche giuridiche, amministrative e sociali dei richiedenti asilo, edita in 4.000 mila copie. Il lavoro della rete e la pubblicazione sono stati presentati in un convegno in occasione della giornata ONU del rifugiato il 20 giugno 2008. 7 Non sempre, tuttavia, la socializzazione linguistica e culturale alla società ricevente viene accolta positivamente. Ad esempio, in Italia l immigrazione albanese è forse quella giunta con maggiore livello medio di competenza linguistica, acquisita soprattutto grazie alla ricezione di programmi televisivi italiani. Eppure per anni è stata quella più stigmatizzata e temuta, considerata pericolosa, violenta, incline a sviluppare attività devianti e criminali. 8

base. 8 L accertamento della conoscenza dell italiano dovrebbe produrre qualche beneficio, come un accorciamento dei tempi per l accesso alla carta di soggiorno e alla cittadinanza. Così si istituirebbe un incentivo a impegnarsi su questo aspetto saliente dell acculturazione nel nuovo contesto di vita. Sarebbe auspicabile un impegno finanziario o comunque programmatico, da parte delle istituzioni, perché l Italia brilla per il fatto che è uno dei pochi paesi in Europa che non prevede in automatico un corso di lingua seconda, ma lo lascia un po alla libera iniziativa sia del singolo migrante sia del territorio che lo offre. E tutto un po sfilacciato, per cui ci sono sia delle sovrapposizioni che dei buchi immensi (Chiara Peri, Associazione di Volontariato Centro Astalli per l Assistenza agli Immigrati). In Italia quando arrivano degli stranieri restano un pò abbandonati a se stessi, è come se non li vedesse nessuno. So che in molti paesi europei c'è invece una grossa attenzione ai percorsi di apprendimento della lingua e della cultura del luogo. Qui invece succede che ci siano stranieri che vivono nel paese da 4 o 5 anni e non parlano per niente la lingua, nè sanno molto della cultura del paese che li accoglie. Invece sarebbe importante sapere subito diritti e doveri che si hanno in un paese, essere incanalati verso l'integrazione. E' una cosa sbagliata che questo non accada, ma anche molto pericolosa. Se si perpetuano questi meccanismi di esclusione delle persone straniere, qualcuno di loro di certo prenderà una strada sbagliata. In altri paesi già vige la regola che ora vogliono introdurre in Italia secondo cui per avere la cittadinanza bisogna dimostrare di conoscere la lingua. In quei paesi c'è però una maggiore possibilità di imparare la lingua, tempi più veloci per prendere la cittadinanza e regole certe. Io, ad esempio, sono in Italia da 35 anni eppure la cittadinanza non la ho ancora presa. Conoscendo la situazione degli eritrei in tutta Europa devo dire che ci troviamo meglio in altri paesi (Johannes Waldu, Comunità Eritrea Roma). L integrazione dei migranti nella società è da sempre l opzione enunciata nel dibattito pubblico in Italia ed è variamente associata alle opportunità di una società multiculturale e in crescita socio-economica o ai pericoli di un allentamento dei legami sociali e delle coordinate della sicurezza. L integrazione è una sfida difficile e complessa ed essa non è solo riconducibile alle condizioni materiali di vita, pur molto importanti, ma esige anche confronto e dialogo tra culture diverse, in un complesso di negoziazione, adattamento e conflitto, tendendo ad un progressivo e reciproco arricchimento e aprendo così la prospettiva di una società nuova, basata sui comuni principi di convivenza e coesione, la cui costruzione è già iniziata, 9 ma richiede di essere adeguatamente gestita. Ciò dovrebbe prefigurare un sistema di misure, di interventi e di normative conseguenti ad una strategia di integrazione rispetto ad una immigrazione strutturale per motivi economici, demografici, 8 Nel 1973 il movimento sindacale italiano ha conquistato l istituto delle 150 ore che, nel giro di 20 anni, hanno portato alla licenza elementare e media quasi un milione di persone. 9 Le acquisizioni di cittadinanza rappresentano un indicatore chiave per l integrazione socio-culturale dei diversi gruppi immigrati. Si consideri che nel Lazio 1.807 persone hanno acquisito la cittadinanza per matrimonio e mentre solo 501 per residenza continuativa da 10 anni nel nostro paese (dati 2006). Anche se dal quadro regionale emerge un valore considerevole di acquisizioni per matrimonio, in provincia di Roma il dato del 24,6% di acquisizioni per residenza rende merito al percorso integrativo di 422 stranieri. Si tratta, tuttavia, di numeri molto ridotti, specie se rapportati alla popolazione straniera residente. 9

geopolitici, 10 e caratterizzata da una forte stabilizzazione, mentre l attuale legge nazionale sull immigrazione (legge "Bossi-Fini" n 189/2002) è imperniata sulla permanenza momentanea e legata al lavoro e, quindi, nega sostanzialmente i percorsi di integrazione socio-lavorativa. Questa concezione di una immigrazione corta, "a termine" o "stagionale" è in pieno contrasto con la realtà degli orientamenti soggettivi di alcuni milioni di stranieri a sviluppare in Italia i propri progetti migratori in una prospettiva di lunga durata, con la conseguenza di provocare una condizione diffusa di precarietà e spesso di irregolarità. 11 D altra parte, troppo spesso l ottica con cui anche le amministrazioni locali vedono il fenomeno è quella della sola emergenza, per cui si continua a considerare gli immigrati come una popolazione che principalmente ha bisogno di un pasto caldo, di vestiti, di un rifugio notturno e questo non aiuta a fare passi avanti sostanziali sul terreno dell integrazione. In futuro, converrebbe evitare di continuare a considerare gli immigrati esclusivamente come oggetto di politiche di mera assistenza o di semplice controllo (superando al contempo ostacoli procedurali e pregiudizi squisitamente culturali), riconoscendoli al contrario come soggetti sociali attivi. Nel nostro paese, il discorso pubblico spesso è ancora sospeso tra il rilievo dell invisibilità sociale degli immigrati il cui contraltare discorsivo è l immagine di un flusso inarrestabile e socialmente insopportabile e il timore circa le componenti devianti dell immigrazione (gli immigrati considerati come un problema legato alla sicurezza, all ordine pubblico e alla convivenza civile). Fino ad oggi, il processo di integrazione è stato ad un tempo vischioso e invisibile, e le frizioni si sono concentrate ai margini (del mercato del lavoro, delle città, degli spazi pubblici e politici), alimentando disagio e diffidenza, fino a fenomeni di aperta xenofobia e razzismo. Vischioso, in quanto lasciato principalmente alle forze del mercato, a politiche locali disomogenee e all iniziativa della società civile e delle comunità straniere. Invisibile, perché nonostante la recente forte accelerazione degli ingressi la struttura del mercato del lavoro italiano tende a confinare il lavoro degli stranieri nei comparti e nelle posizioni a bassa qualificazione, sia dei servizi sia dell industria 10 Oggi, secondo il Dossier Statistico Caritas/Migrantes, gli immigrati regolari in Italia sono 3,9 milioni (un quarto dei quali rumeni). Se nel 2008 in Italia è stata superata la soglia dei 60 milioni di residenti questo è stato possibile proprio grazie all arrivo degli immigrati. Oltre due milioni i lavorano in Italia. Le imprese costituite da stranieri sono 165 mila e il gettito fiscale assicurato allo Stato dagli immigrati nel 2007 è stimato i 3,74 miliardi di euro. In Italia, come nella maggior parte dei paesi sviluppati, il fenomeno migratorio può essere considerato ormai come un dato strutturale, intimamente connesso con la crescente integrazione ed interdipendenza dei mercati globali nonché con altri macro-aspetti squisitamente politici, sociali e culturali. Le aree industriali (o "post-industriali", secondo la vulgata corrente) appaiono infatti connotate da alcuni specifici trend: cresce progressivamente il segmento della popolazione anziana; si assiste ad un lento, ma costante, declino demografico; decresce il numero di giovani autoctoni; i sistemi produttivi si configurano sempre più come "assetti di piccolemedie imprese" che fondano il loro vantaggio competitivo sulla flessibilizzazione spinta del fattore lavoro, la compressione dei costi, l'esternalizzazione delle attività a minor valore aggiunto; i mestieri maggiormente ripetitivi e a basso contenuto professionale (che a dispetto delle previsioni formulate da diversi studiosi alla fine degli anni Ottanta non sono affatto scomparsi) vengono spesso rifiutati dalla popolazione autoctona, maggiormente acculturata, professionalizzata e, quindi, esigente. Le tendenze appena descritte, difficilmente confutabili, conducono ad una rilevante conseguenza "sociale": nell'immediato futuro le nazioni industrializzate (Italia compresa) si presenteranno sempre più come paesi multietnici. 11 Secondo l ultima relazione diffusa dal Ministero dell Interno l estate scorsa, gli stranieri irregolari che vivono in Italia sono oltre 650.000. 10

(generalmente, agli immigrati si riservano le attività lavorative delle 3D: dirty, dangerous, demanding, che gli italiani non vogliono più). Tuttavia, anche fattori istituzionali e di politica sociale che storicamente segnano il welfare italiano, contribuiscono ad organizzare l immigrazione in Italia, andando ad incidere sulla quantità e qualità dell immigrazione straniera, nonché sulle opportunità di integrazione. Anzitutto, l invecchiamento della popolazione italiana, unito ai caratteri di un welfare state costruito intorno alla figura del lavoratore fordista, ha attratto il lavoro degli stranieri nel campo dei servizi alla persona, sviluppando un vasto submercato del lavoro, che potrebbe a sua volta subire radicali cambiamenti nella prospettiva di una trasformazione inclusiva e diversificata del welfare. D altra parte, il dualismo del mercato del lavoro italiano, con la presenza di un economia sommersa senza pari nell Unione Europea, è un fattore determinante di distorsione dell insediamento straniero sul territorio, del suo radicamento nella società locale e della stessa distribuzione di opportunità di integrazione tra le varie componenti di genere, nazionali, generazionali dell immigrazione in Italia. A tutto questo, va sommato l effetto istituzionale indotto dalle ambivalenze delle leggi italiane sul particolare punto del soggiorno degli stranieri, specie per gli aspetti legati alle modalità legali di ingresso, al rinnovo dei permessi di soggiorno e quindi alle garanzie di lunga permanenza sul territorio italiano. Il nostro è un sistema che da 23 anni costringe gli immigrati ad arrivare per vie irregolari, per via della pretesa che il datore di lavoro assuma il lavoratore prima del suo ingresso legale. I dati dicono con chiarezza che circa i due terzi degli stranieri oggi residenti legalmente in Italia sono entrati nel paese irregolarmente (o quantomeno con un permesso provvisorio non rinnovato alla scadenza: i cosiddetti overstayers); e la tendenza non sembra poter essere smentita per il presente, se si osserva che l entità di domande presentate per il decreto flussi del 2007 è giunta ad oltre 650.000. Questi dati permettono di accostarci, in controluce, alle distorsioni alle quali una popolazione migrante irregolare è costretta a sottoporsi, in termini di squilibrio di età, di genere, di possibilità di ricostituire in tempi brevi un nucleo familiare, avviare o integrare un percorso formativo, inserirsi con pieni diritti nel mercato del lavoro regolare e soprattutto avere chance diversificate e non predeterminate per il proprio progetto migratorio. In questa prospettiva, e cioè sottolineando il nesso tra una efficace stabilizzazione della popolazione e il successo dell integrazione con indubbi vantaggi anche per la società di accoglienza è possibile leggere diversamente le tendenze agli insuccessi dell insediamento straniero, o anche le marginali quote di criminalità associate spesso all entità e alla qualità stessa dei flussi di immigrazione. Questi effetti, difatti, potrebbero essere letti come il risultato di una mancata tempestiva ricostituzione degli elementi di base della vita sociale e della residenza di una popolazione migrante. In quanto polo di maggiore aggregazione di popolazione straniera, Roma vive le tante contraddizioni che caratterizzano la regolazione del fenomeno migratorio in Italia. Secondo il Cnel, nel punteggio complessivo dell indice finale, che sintetizza 21 indicatori statistici di base dell integrazione, il Lazio si trova al tredicesimo posto in termini di offerta assoluta e ultimo in termini comparativi, ovvero rispetto alle condizioni dei cittadini italiani nello stesso territorio. Risultati poco lusinghieri anche per la provincia di Roma, 73 in termini assoluti (su 103 province) e ultima in 11

termini comparativi. 12 Questo vuol dire che a Roma e nel Lazio, mentre è in corso una complessiva stabilizzazione delle popolazioni straniere, i percorsi e le opportunità di integrazione di queste stesse popolazioni rimangono ancora molto incerti. D altra parte, i processi di stabilizzazione e quelli di integrazione non sono sovrapponibili; sebbene stabilizzazione ed integrazione siano legate, l una non implica necessariamente l altra. La prima mostra una forte dipendenza dalle politiche di soggiorno, in senso stretto, che consentono o meno un rapido ed equilibrato insediamento delle popolazioni straniere e, quindi, la ricostituzione dei loro caratteri socio-demografici fondamentali. La seconda, invece, è determinata dalle più ampie politiche sociali rivolte al governo dei processi di immigrazione e dall azione della società civile. La stabilizzazione, ovvero il processo di articolazione di alcune variabili socio-demografiche di base in relazione alle dinamiche della società ospitante (equivalenza numerica dei generi, progressivo aumento dei coniugati, elevata incidenza dei minori, stabilità dei nuclei abitativi, presenza di nuclei familiari complessi, etc.) è favorita fondamentalmente dall emersione delle popolazioni migranti irregolari, come dimostra il forte disequilibrio socio-demografico dei gruppi di nuova immigrazione e forte componente di presenza non regolare, il cui mutamento qualitativo è spesso immediato al momento della regolarizzazione. Di conseguenza, sul processo di stabilizzazione è forte l incidenza dei provvedimenti di sanatoria della posizione di soggiorno dei migranti, come è stato nel 1996-1997 per i cittadini albanesi e nordafricani, e dopo il 2002-2003 per i cittadini rumeni. Negli ambiti dell abitazione, del lavoro, della salute, dell istruzione e della partecipazione alla vita pubblica, gli immigrati incontrano molte barriere innalzate dalla legge, dalle procedure amministrative o semplicemente da ostacoli di natura pratica ed economica (vedi il box relativo alle criticità relative all inserimento). Quella del migrante è una situazione che già di per sé risulta svantaggiosa e che viene poi ad essere aggravata ulteriormente da diffusi atteggiamenti discriminatori che possono costringere i migranti all emarginazione sociale o addirittura a cadere vittima di sfruttamento. Le difficoltà legate alla casa, al lavoro, alla salute e ai 12 Esplodendo i dati, si rileva che sebbene il Lazio sia la settima regione italiana in termini di attrattività per i flussi migratori, in realtà le condizioni che offre agli immigrati sono tra le più penalizzanti sia a livello sociale che occupazionale. L indice di inserimento sociale, ad esempio, rivela che il Lazio è al penultimo posto della graduatoria sia in termini assoluti che comparativi. Tra gli indicatori di maggiore incidenza vi sono i costi dell affitto ed una bassa naturalizzazione degli immigrati, ovvero coloro che hanno acquisito la cittadinanza a seguito di un periodo di residenza continuativa superiore ai 10 anni. Poco incoraggiante anche il dato sulla dispersione scolastica (calcolato in base al numero di alunni ammessi all esame di terza media) che vede il Lazio 15 in termini assoluti e 12 in termini comparativi. Tremendamente attuale ed interessante, invece, è il dato relativo al tasso di devianza, calcolato in base alle denunce penali a carico di immigrati regolari. La provincia di Roma, con un 4,7%, è poco al di sopra della media nazionale (4,3%). Spalmando il dato a livello nazionale, si apprende che gli immigrati delinquono il 3,4% in più rispetto alla media complessiva. Sia a livello locale che nazionale, però, si tratta di un dato gonfiato poiché include le denunce a carico degli irregolari (i due terzi dei denunciati), ma non li conteggia nel calcolo statistico visto che non se ne conosce il numero. Il tasso di devianza reale, dunque, risulta essere sensibilmente inferiore. Riguardo gli indicatori di natura occupazionale, il dato che spicca con maggiore stridore è quello relativo alle differenze salariali tra lavoratori immigrati e italiani. Un immigrato regolare nel Lazio guadagna circa 10.700 euro all anno (poco al di sotto della media nazionale), ma confrontando il dato con i rispettivi stipendi dei lavoratori italiani si scopre che a Roma gli stranieri guadagnano 11.000 euro annui in meno, ovvero più del 100% delle entrate annue totali. Cfr. Cnel, Indici di integrazione degli immigrati in Italia. VI Rapporto, Roma, 2009. 12

ricongiungimenti familiari non si presentano solo in una iniziale fase di insediamento, subito dopo l arrivo, ma possono proseguire anche per molti anni e la realtà dimostra che si tratta di problematiche strettamente interconnesse tra loro e che si alimentano a vicenda dando vita ad un pericoloso circolo vizioso. I migranti spesso si rivolgono al mercato informale per trovare un lavoro o una casa. In questo modo cresce l economia sommersa, aumentando il rischio di trascinare nell emarginazione coloro che vi rimangono invischiati. Lo stress accumulato da molti migranti, specialmente se combinato con altri fattori di rischio quali l aver subito in passato eventi traumatici, può condizionare fortemente la loro salute fisica e mentale. Da questo punto di vista, i rifugiati e i richiedenti asilo risultano soggetti particolarmente vulnerabili. I gruppi più a rischio di povertà e di disagio psico-fisico sono i migranti irregolari e i richiedenti asilo, nei confronti dei quali si adottano politiche finalizzate a scoraggiare la loro permanenza sul territorio, frapponendo diversi ostacoli lungo il faticoso percorso verso l inserimento. L integrazione non è solo maggiore o minore capacità di adattamento reciproco. Essa dipende anche dalle risorse che sono in campo per facilitare tale adattamento e per far superare così il peso delle diversità in nome di qualcosa che si ha in comune. Lo stiamo offrendo noi un futuro comune agli immigrati, quando addirittura stiamo qui a centellinare la loro assistenza sanitaria, la scuola, il diritto ad avere qui le loro famiglie, il diritto a diventare cittadini quando il tempo è più che maturo? E alla fin fine, lo stiamo offrendo un futuro a noi stessi, in modo da trovarci anche con altri a perseguirlo? (Giuliano Amato). 13 Per integrare i nuovi cittadini ci vogliono dei mezzi e, qui, siamo al disastro. Il fondo nazionale per le politiche sociali l hanno portato da 100 a 5 milioni, mentre i fondi per i Centri di Identificazione e Accoglienza (ex CPT) sono saliti a 178 milioni l'anno. In questi Centri ci potranno andare al massimo 10.000 persone. Per ogni migrante che entra in questi Centri si spendono circa 20 mila euro, mentre per un immigrato normale i quasi 4 milioni - si spende 1,25 euro. Voi capite che non è che si possa andare avanti così ancora per molto (Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes ). Le criticità di inserimento socio-economico della popolazione migrante a Roma Roma, se per un verso si propone come un importante polo di riferimento per la popolazione migrante che arriva in Italia (sia per la centralità che essa possiede come capitale d Italia e centro mondiale del cattolicesimo, sia per la ricchezza di iniziative e opportunità proprie di una metropoli), per altro verso presenta, per i migranti che intendano fermarvisi stabilmente a vivere, difficoltà piuttosto significative, soprattutto sotto il profilo dell inserimento socioabitativo e occupazionale. La questione della casa è senza dubbio uno dei grandi problemi per i migranti. La sottovalutazione di questo problema, ha consentito il proliferare di forme di sfruttamento, esclusione e segregazione. In assenza di politiche pubbliche relative all emergenza abitazione (che comunque nell area metropolitana romana ormai coinvolge l insieme della popolazione), i migranti hanno risposto come hanno potuto: 13 Amato G., Quando al Quirinale avremo un nero, non come ospite, Il Sole 24 Ore, 16 novembre, 2008, pp. 1, 6. 13

sovraffollamento delle abitazioni (la soluzione più facile in caso di comunità con prevalenza di genere), con alcuni migranti che hanno a disposizione un letto solo per alcune ore, costretti ad alternarsi con altri; progressivo spostamento in periferia, soprattutto nel quadrante est, ed insediamento con contratti di affitto significativamente superiori agli autoctoni nelle seconde case di romani sul litorale sud e sul versante nord fino a Civitavecchia, ma in generale tutti i paesi della provincia di Roma (1 e 2 fascia) sono fortemente interessati dal fenomeno e la presenza in comunità piccole, come quelle dei quartieri periferici e dei paesi, di forti concentrazioni di immigrati tende a creare tensioni e incomprensioni sociali e culturali; occupazione di abitazioni e insediamento in stabili e ricoveri fatiscenti che diventano la base per la creazione di vere baraccopoli e bidonville spesso del tutto prive dei servizi più elementari (a cominciare da quelli igienici). In certi casi il disagio abitativo diventa estremo e si trasforma in barbonismo. I migranti incontrano forti elementi di criticità anche per quanto riguarda il loro inserimento nel mercato del lavoro. Il primo riguarda la dimensione del lavoro nero ed irregolare, che spesso prende nuove forme come nel caso delle lavoratrici domestiche dove spesso sono gli stessi lavoratori a pagarsi i contributi. La presenza degli immigrati è notevole soprattutto in alcuni particolari settori come il turismo, i pubblici servizi, l edilizia e i servizi alla famiglia o alla persona, dove la polverizzazione e la stagionalità dei posti di lavoro pone problemi di forte precarietà occupazionale e di lavoro nero, alimentando così un economia parallela che sfugge alle rilevazioni ufficiali e ne falsa in qualche modo la portata. Un secondo elemento riguarda la sostanziale impossibilità della progressione in ambito lavorativo. Nonostante la preparazione professionale e le capacità acquisite, i lavoratori immigrati stentano ad essere assunti per lavori qualificati ed ancora di più hanno difficoltà ad avere una carriera professionale. Si registra una forte difficoltà ad accedere a percorsi di formazione professionale continua. Nel complesso, molti immigrati che vivono a Roma, anche se occupati, spesso percepiscono salari insufficienti per aiutare le loro famiglie di origine. Coloro che lavorano nel mercato del lavoro informale hanno un potere contrattuale pressoché nullo nei confronti del datore di lavoro e si trovano di frequente a lavorare un numero di ore superiore al lecito, per guadagni scarsi e senza poter godere delle tutele e dei benefici previsti, quali la malattia e le ferie. I migranti altamente qualificati devono affrontare l ulteriore problema del riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nel paese di origine, incontrando di conseguenza molte difficoltà a trovare un lavoro adeguato alle loro competenze. Altro problema è senza dubbio il permesso di soggiorno. Le procedure sono complesse e macchinose, i ritardi dei rinnovi inaccettabili (500 mila domande giacciono da mesi al Viminale), mettendo in evidenza l inadeguatezza, il sottodimensionamento e l impreparazione culturale del sistema burocratico-amministrativo nella gestione/regolazione del fenomeno migratorio. In generale, il sistema di welfare non si è adattato alla presenza degli immigrati, anche se questa fa emergere nuovi bisogni e la necessità di una ottica diversa di erogazione dei servizi esistenti. Si registrano situazioni caratterizzate da una carenza di informazioni sulle normative e sulle disposizioni che in parte sono la causa di irrigidimenti degli operatori (troppo spesso poco formati, specializzati e motivati) nei confronti dei migranti che richiedono i servizi. Vi è in sostanza la sensazione dell affermarsi di una cultura respingente che tende ad applicare le norme, spesso già discriminanti, in modo restrittivo, anche se non mancano buone pratiche realizzate utilizzando il sostegno della mediazione linguisticoculturale. In particolare, per quanto riguarda l accesso al servizio sanitario, la situazione per i migranti, pur essendo in teoria uguale agli italiani, presenta alcune particolarità dovute alle differenze culturali. Senza entrare nel merito, si segnalano problematiche reali dovute al ricorso ai consultori da parte delle donne immigrate. L educazione alla prevenzione delle nascite, unitamente alla divulgazione di una informazione corretta sulle malattie a trasmissione 14

sessuale, diventano attività prioritarie, unitamente al rispetto delle diverse culture di provenienza che può essere assicurata solo con una adeguata presenza di mediazione culturale. La stessa mediazione culturale diventa indispensabile per la compilazione di una corretta anamnesi dei pazienti. La modalità di rilascio della tessera di iscrizione al SSN con validità contestuale alla durata del permesso di soggiorno e l impossibilità di usufruire del SSN in mancanza del permesso crea situazioni di difficoltà che in alcuni casi assumono anche carattere di gravità. Il rischio di cadere vittima di infortuni sul lavoro è molto elevato, anche perché ai migranti vengono riservati i lavori più faticosi, pericolosi e meno ambiti dalla maggioranza della popolazione. A causa delle loro difficili condizioni di vita i migranti presentano una maggiore vulnerabilità e predisposizione a contrarre malattie come la tubercolosi e l HIV. Opportunità lavorative migliori e più regolari, la predisposizione di un adeguato set di servizi territoriali da parte delle organizzazioni con competenze in materia di politiche attive del lavoro (consulenza, formazione professionale di base e continua, accompagnamento al primo lavoro, intermediazione culturale, accesso al credito e così via), la messa in opera di efficaci politiche sociali a livello locale e la loro reale accessibilità da parte dei cittadini immigrati, possono essere importanti pre-requisiti (nonché azioni concrete) finalizzati a ridurre significativamente i rischi e le probabilità di inserimento degli immigrati in percorsi di esclusione e di devianza sociale. E auspicabile che nel prossimo futuro Roma, tenendo fede al suo ruolo di importante polo di attrazione, migliori i meccanismi strutturali di inserimento dei migranti nel proprio tessuto socio-economico e culturale, rendendo la sua storica vocazione al cosmopolitismo e le sua tradizionale ospitalità qualcosa di più estesamente tangibile ed effettivo nella realtà quotidiana. E fondamentale che le istituzioni e la società romana prendano coscienza del fatto che l immigrazione rappresenta una risorsa e che, per poter sfruttare le sue potenzialità, è necessario un maggior coordinamento tra le varie istituzioni, associazioni e agenzie sociali coinvolte nella sua gestione. Ad esempio, occorre fare sì che le tante esperienze positive esistenti portate avanti dal privato sociale non restino circoscritte nelle singole realtà e che attraverso la loro valorizzazione, compartecipazione e messa in rete si incrementino le possibilità di incidere nella vita sociale. A tale fine, si rende necessario che le associazioni di volontariato, a cominciare dalle scuole popolari di italiano, siano riconosciute come interlocutori validi, rafforzate e tenute maggiormente in considerazione perché possano avere una proiezione nel futuro e contribuire in modo più efficace alla risoluzione delle diverse problematiche che i migranti si trovano a fronteggiare. La composizione multiculturale della popolazione di Roma e la varietà di provenienza dei suoi componenti devono spingere a superare l idea che esistano una cultura e una identità con cui identificare la città. Oggi, infatti, l identità di Roma è quella di una città interculturale, composita e in continua trasformazione. Ogni persona si compone di varie e variabili appartenenze, alcune ereditate, altre scelte: identità sociale, identità economica, identità legata alla nazionalità, identità politica, identità religiosa, identità di genere, persino identità sportiva. Roma si presenta come un crocevia di appartenenze, lingue, tradizioni, religioni, sub-culture e generazioni non risolvibile in una sintesi onnicomprensiva, piuttosto nell idea e nella pratica di un metissage in cui, tanto i cittadini che i nuovi venuti, sono 15

necessariamente coinvolti. La dimensione globale, di cui Roma è portatrice, non sembra tuttavia interiorizzata dalle strutture e dalla popolazione tanto da farne l anima della città e ciò rischia di pregiudicare le possibilità di uno sviluppo armonioso (IDOS, 2008:20-21). Questo richiede l implementazione di una strategia di convivenza basata sull allargamento del concetto di cittadinanza (ad esempio, attraverso il riconoscimento del diritto di voto amministrativo), sulle politiche di coesione sociale ed inclusione interculturale, sulla responsabilità individuale e collettiva e sul rispetto dei diritti umani e civili. Occorre passare a politiche organiche che includano i problemi dei nuovi cittadini immigrati nelle politiche generali, senza escludere ovviamente la pur necessaria messa in campo di politiche mirate (ad esempio, per quanto riguarda l apprendimento della lingua italiana, nonché tutte le esigenze che chiamano in causa un ruolo forte della mediazione culturale per migliorare l accesso alla pubblica amministrazione e ai servizi, per esercitare i diritti riconosciuti). Serve una visione del futuro, un progetto di integrazione sorretto da un adeguato impegno delle istituzioni e dal supporto di azioni interculturali in grado di coinvolgere tutte le componenti della società. 14 I romani si devono convincere che non solo sarebbe ingiusto, ma anche impossibile, che un immigrato lavori nelle loro case, nei ristoranti, negli ospedali, nelle aziende o nei campi e poi, finito l orario di lavoro, scompaia. Gli immigrati di Roma non sono e non devono essere 300.000 fantasmi, bensì compagni di strada nella costruzione della città reale. Il passaggio a politiche organiche è facilitato quando vi è un forte coinvolgimento di tutti i cittadini, perché in esso si compiono le scelte concrete e impegnative dei processi d integrazione, e cresce la consapevolezza che le pratiche di integrazione non sono solo il modo giusto di misurarsi con l immigrazione che risponde ad una necessità economica del nostro Paese ed evoca per la grande maggioranza anche valori di civiltà e solidarietà, ma sono una opportunità, un cambiamento buono per tutti, pur tra tante difficoltà e contraddizioni. Lo sono quando le politiche per l integrazione diventano una esperienza della politica nel territorio come progettualità e partecipazione. lo è, con riferimento alle politiche di accesso dei cittadini immigrati, l impegno per una riorganizzazione, in termini di efficienza, di efficacia, di umanizzazione, dei servizi amministrativi e sociali, pubblici e privati, la cui autoreferenzialità burocratica è una piaga per tutti. Per non parlare della urgenza di affrontare la questione abitativa (soprattutto disponibilità di alloggi ad affitti calmierati), che è emergenza sociale per ampie fasce di famiglie italiane e ancora più di quelle immigrate. Anche altre criticità delle politiche di integrazione, come l inserimento scolastico e quello lavorativo, vanno affrontate con interventi sui nostri assetti sociali, che interessano tutti e che chiamano in causa anche responsabilità delle politiche nazionali. La scuola deve aprirsi ad una educazione interculturale che riguardi ed integri la formazione di tutti gli allievi, nuovi cittadini della globalizzazione, oltre che ovviamente risolvere le esigenze specifiche, linguistiche e di mediazione culturale soprattutto con la famiglia, per un proficuo inserimento dei giovani 14 E alla Regione e agli Enti Locali che spetta un ruolo decisivo per l attuazione delle politiche di integrazione, attraverso decisioni mirate che riguardano un ampio ventaglio di obiettivi: la promozione dei sistemi di osservazione territoriale; la programmazione e la progettazione delle politiche locali; la collaborazione interistituzionale; la concertazione e la sussidiarietà sociale; la partecipazione democratica dei cittadini immigrati (dai forum, alle consulte, all inserimento come consiglieri aggiunti e, in prospettiva, al voto amministrativo). 16

immigrati. I servizi per l impiego devono finalmente essere in grado di liberare i lavoratori italiani e immigrati dai processi informali dell inserimento lavorativo, che soprattutto per questi ultimi, particolarmente per le donne, comportano gravi rischi di lavoro irregolare, di sfruttamento al limite della schiavitù, di caduta nella clandestinità, della gabbia della stratificazione etnica del lavoro e della impossibilità di qualsiasi mobilità professionale, con gravi conseguenze anche sulle seconde generazioni e sull irrigidimento del mercato del lavoro nella valutazione degli stessi lavoratori italiani. L integrazione è una sfida difficile e complessa, è importante riconoscerla come una opportunità oggettivamente positiva per tutti. Essa non è solo riconducibile alle condizioni materiali di vita, pur molto importanti e prioritarie; essa esige anche confronto e dialogo tra culture diverse, tende ad un progressivo e reciproco arricchimento, nel rispetto, ovviamente, dell ordinamento costituzionale e delle leggi di una società nuova che sta già costruendo condizioni nuove di convivenza e coesione (Giorgio Alessandrini, presidente vicario ONC-CNEL). 15 15 Cnel, Indici di integrazione degli immigrati in Italia. V Rapporto, Roma, 2008, pp. 4-5. 17

3. L apprendimento dell italiano, primo passo dell inclusione I migranti sono portatori di culture e costumi differenti ed in genere sono in possesso di percorsi scolastici (anche di livello elevato) nei paesi di origine, ma nella maggioranza dei casi arrivano nel nostro paese senza conoscenze della lingua italiana e della costruzione del linguaggio in italiano. Pertanto, l apprendimento della lingua italiana come seconda lingua, per i migranti, è il primo essenziale elemento di inclusione. Intervenire sui processi comunicativi e, quindi, sul linguaggio e sui linguaggi, è parte ineliminabile del processo di democratizzazione di una società, poiché favorisce la sua capacità di integrare in maniera armoniosa le diversità, volgendole ad arricchimento e non a detrimento della convivenza civile. La conoscenza della lingua italiana è indispensabile come fattore di interazione tra le culture e di integrazione sociale. Fare scuola, insegnare la lingua, favorire la comunicazione, significa contrastare l esclusione sociale, fornire gli strumenti dell interazione, mentre la deprivazione linguistica è uno dei primi indicatori di povertà che si manifesta in una realtà di emarginazione. Si potrebbe dire, senza timore di esagerare, che il bisogno di comunicare e di essere compresi sia da equiparare ai bisogni primari della vita umana, come quello di nutrirsi, di coprirsi, di dormire. Una civiltà che si consideri tale e che sia quindi in grado di assicurare a tutti i suoi componenti la soddisfazione dei bisogni primari, non può trascurare l aspetto della comunicazione e dovrà quindi preoccuparsi di permettere a tutti il raggiungimento di un soddisfacente livello di adeguatezza nella competenza linguistica. Inoltre, bisogna considerare che avere una lingua comune favorisce una cultura della convivenza, rappresenta una risposta per uscire dall idea dell immigrazione come un emergenza, favorendo l integrazione, la solidarietà, nel rispetto delle differenti tradizioni culturali e religiose (Rete romana delle scuole popolari di italiano, Relazione Introduttiva, Convegno del 28/11/2008). L esperienza migratoria degli ultimi tre decenni ci consente di cogliere situazioni diverse di avvicinamento e di appropriazione dell italiano da parte degli immigrati. Ci sono modi differenti di appropriarsi di una lingua. Per molti immigrati, la fase iniziale di arrivo (e per alcuni anche in seguito) è spesso caratterizzata dall afasia, dall impossibilità di capire e farsi capire, dall incapacità di attribuire senso a parole e discorsi. Il periodo di silenzio può durare un tempo più o meno lungo, ma evolve in genere verso una fase successiva, quella in cui l italiano diventa la lingua/strumento funzionale al lavoro, alla burocrazia, alla sopravvivenza. Per alcuni, tuttavia, quando la migrazione rappresenta un trauma e una separazione dolorosa, l afasia può protrarsi ed essere strettamente legata al rifiuto di dare senso e rilevanza al qui e ora, al presente e allo spazio in cui si vive. Ma, nella maggior parte dei casi, dalla fase di silenzio si passa alla fase dell italiano usato per esprimere bisogni, richieste, comprendere ordini e indicazioni, gestire la vita quotidiana nella sua essenzialità. Per molti altri ancora, l italiano diventa con il tempo lingua di adozione, veicolo attraverso il quale esprimere, oltre a fatti ed eventi, anche emozioni, pensieri, attese, punti di vista. Lingua nella quale trasportare, attraverso un denso lavorio di transfert e di riflessione metalinguistica, immagini, metafore ed espressioni della propria lingua madre. 18

Utilizziamo la metafora della casa per rappresentare il nuovo codice (la lingua costituisce per ciascun parlante sempre la propria dimora) e osserviamo fra i migranti passaggi e modi differenti di approssimazione a esso. Il nuovo spazio linguistico è un architettura, una casa che non si finisce di costruire e che può prendere le forme del castello, della capanna, della reggia lo della tenda del nomate (Celli, 2006). C è dunque chi usa l italiano come una tenda e un rifugio da montare e ripiegare in fretta, utile solo a garantire un riparo essenziale; chi ne fa una capanna meno precaria, ma pur sempre spoglia e disadorna; chi invece ne fa la propria abitazione stabile, più confortevole e arredata ; e c è, infine, chi riesce a fare della nuova lingua un castello e una reggia. Questi ultimi si sono avvicinati così tanto all idioma della terra ospite da potersene poi allontanare per scrivere e per narrare attraverso di esso, erigendo con suoni e parole della seconda lingua una costruzione inedita e singolare. Essi sono dunque entrati a far parte della comunità linguistica di adozione, arricchendola. Imparare un lingua in situazione migratoria significa infatti molto di più e di diverso rispetto al saper parlare e usare correttamente alcune regole della sintassi: significa imparare ad abitarla, entrare a far parte di un gruppo linguistico (Graziella Favaro). 16 Sono un testimone della lingua italiana che ho imparato nel 1995 alla scuola della Casa dei Diritti Sociali. La mia prima insegnante era Paola, una toscana, e quindi ho imparato l italiano vero, la lingua di Dante. Sono diventato cittadino italiano da 3 mesi e per 13 anni sono stato cittadino della lingua italiana. Avevo capito sin dall'inizio l'importanza di impararlo per avere uno strumento potentissimo di sopravvivenza. Ho investito sulla lingua italiana, mentre altri amici immigrati hanno investito, ad esempio, nel commercio. In questo periodo di cittadinanza linguistica ho avuto la possibilità di fare valere i miei diritti, perché avevo capito la grande fragilità di essere emigrato in un paese come l Italia. Ecco perché dico ai miei amici immigrati: imparate l italiano perché è il vostro primo alleato, insieme alle associazioni di volontariato. L investimento linguistico è stato per me quello giusto. Sono passato da una prima fase, in cui l italiano era per me uno strumento funzionale per farmi valere, ad un altro livello, quello della scrittura. Ho scritto un romanzo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio - che ha avuto un discreto successo. Sono stato da poco in Canada a rappresentare l'italia come unico scrittore italiano. Il mio lavoro letterario non entra nella lingua italiana vergine, ma con un bagaglio linguistico. Alla fine il mio lavoro consiste nell arabizzare l italiano e nell italianizzare l arabo. Per questo romanzo scritto originariamente in arabo nel 2003 e poi riscritto in italiano, sono stato ad Algeri due settimane fa, perchè ho vinto il più grande premio letterario algerino. Il romanzo ha fatto il giro del mondo per 5 anni, è stato tradotto in inglese e in francese, e poi è arrivato in Algeria di nuovo tradotto in arabo. Alla premiazione ho detto che sono uno scrittore arabo italofono. Il mio caso non è unico. Ci sono tanti amici emigrati che scrivono in italiano e ciascuno porta un contributo a questa letteratura, non solo sul piano dello sguardo, perché racconta la società in un modo nuovo. Io arabizzo l italiano, altri scrittori ad esempio albanizzano l italiano (Amara Lakhous, scrittore Roma). L apprendimento della lingua italiana è una delle principali difficoltà, sia per i migranti appena arrivati sia per quelli che risiedono nel nostro paese da più anni. Questi ultimi, molte volte, non hanno tempo da investire per imparare bene la lingua e rimangono con un livello di italiano basico (la cosiddetta interlingua di 16 Favaro G., Amo in una lingua che non imparai da mia madre, Animazione Sociale, n. 228, (12) 2008, pp. 75-76. 19