N 14, 8-21 GIUGNO 2014



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N 14, 8-21 GIUGNO 2014 ISSN: 2284-1024 I www.bloglobal.net

BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) BloGlobal Lo sguardo sul mondo Milano, 22 giugno 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Davide Borsani Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N 14/2014 (8 21 giugno 2014), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net Photo credits: AFP; Anastasia Vlasova; China Files; Il Messaggero; Reuters; Press TV; The Guardian; The News;

FOCUS IRAQ Dal 10 giugno i miliziani legati alla rete di al-qaeda dello Stato Islamico dell Iraq e del Levante (ISIS) hanno lanciato un offensiva militare contro il governo centrale di Baghdad retto dallo sciita Nouri al-maliki. Nelle operazioni partite dall ovest e dal nord, rispettivamente dalle province di al-anbar e di Niniveh, sono cadute in serie Mosul, seconda città più grande del Paese dopo la capitale irachena, Tikrit, Baiji, Jalawla e Sadiyah. Obiettivo degli insorti è arrivare a Baghdad e instaurare un Califfato islamico unificato che si estende dalle coste della Siria sino all Iraq. Mentre continuano i combattimenti nei pressi di Tal-Afar e al-qaim, e mentre ISIS ha annunciato la conquista di quattro nuove città proprio nella provincia di al-anbar (Qaim, Rawah, Anah and Rutba), lungo il confine siriano, l esercito regolare iracheno è riuscito, grazie anche all intervento di milizie curde e sciite, a fermare l avanzata jihadista nel triangolo tra Samarra, Dhuluiya e Taji, cittadine distanti una sessantina di chilometri dalla capitale. In particolare, le milizie Peshmerga del Governo Regionale Curdo sono state le uniche militarmente preparate e in grado di fronteggiare i qaedisti dell ISIS e con le quali si stanno scontrando per il controllo di Kirkuk: città strategica dalla cui messa in sicurezza deriva anche la capacità di controllo dei giacimenti petroliferi di cui l area è ricca, tra gli obiettivi degli insorti per poter finanziare le proprie operazioni. L azione dell ISIS affonda sue radici tra il dicembre del 2012 e gli inizi del 2013 con la conquista di diverse città del nord della Siria. Dopo essersi assicurato un retroterra strategico sicuro da dove poter operare, nel gennaio 2013, in Iraq, i miliziani jihadisti hanno cavalcato le proteste nelle già citate province di al-anbar e Niniveh 1

contro le politiche anti-sunnite dello sciita al-maliki e fomentate dalla decisione del stesso Premier di arrestare l allora Ministro delle Finanze, il sunnita Rafi al-issawi. Sul finire del 2013, a seguito di una nuova ondata di attacchi terroristici, l incedere dell ISIS si è poi spostato dalla periferia irachena verso il centro del Paese e più precisamente nei governatorati di Diyala e di Salaheddin, regioni poco distanti da Baghdad. Da questo momento in poi le offensive dei miliziani qaedisti guidati da Ibrahim Awwad Ibrahim Ali al-badri, meglio conosciuto come Abu Bakr al-baghdadi, si sono fatte sempre più pressanti e difficili da contenere da parte del governo centrale dato anche l importante appoggio fornito dalla gran parte delle tribù sunnite irachene e siriane. Attualmente le battaglie principali tra forze regolari e insorti sono concentrate intorno a Baiji e la sua raffineria, la più importante del Paese. Nel frattempo il grande Ayatollah Alì al-sistani, la più alta autorità sciita dell'iraq, ha chiamato a raccolta tutti i cittadini iracheni indipendentemente dall appartenenza confessionale alla difesa di Baghdad dall invasione dei ribelli sunniti. A dar man forte vi sarebbero anche 5mila volontari, provenienti dal vicino Iran, pronti ad arruolarsi per difendere i luoghi sacri sciiti a Najaf, Karbala e Samarra. Anche il Presidente iraniano Hassan Rouhani e il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah hanno ribadito, con sfumature diverse, che faranno «tutto il necessario» per proteggere il Paese dall invasore sunnita. Oltre a sodali sciiti, il Premier al-maliki ha potuto contare sul sostegno anche di Vladimir Putin che, analogamente alla Siria, si muove in continuità per la protezione dello status quo. L instabilità politica preoccupa anche le principali compagnie petrolifere occidentali che, ad eccezione della nostrana ENI, hanno dato l'ordine di evacuare gran parte del proprio personale in Iraq. Nel frattempo il Primo Ministro al-maliki ha ufficialmente chiesto agli Stati Uniti di effettuare raid aerei contro i jihadisti nel Nord del Paese. Il Presidente Obama e il Segretario di Stato John Kerry, pur dichiarandosi neutrali e non intenzionati ad un nuovo intervento armato, non hanno chiuso all ipotesi di un incursione aerea attraverso droni e all invio di consiglieri militari nel Paese per aiutare l esercito nell approntare la migliore strategia utile al contenimento della minaccia jihadista. Ad ogni modo, come riporta il Wall Street Journal, Obama punterebbe a cercare appoggi politici nella regione e a offrire collaborazione di intelligence all'iraq. Una risposta che rientra all interno di una strategia più complessiva e che vede contemplare anche un possibile coinvolgimento iraniano. Infatti, sempre secondo indiscrezioni di stampa, Washington avrebbe colto l occasione di questo nuovo round di negoziati sul 5+1 per dialogare con Teheran sul ginepraio iracheno. Se un possibile coinvolgimento statunitense ha immediatamente allertato le cellule qaediste dislocate tra Siria, Sinai e Libia, e dichiaratesi tutte disponibili ad atti dimostrativi contro obiettivi occidentali nell area, anche l'arabia Saudita ha messo in guardia dai pericoli derivanti di una guerra civile irachena, la quale potrebbe avere effetti destabilizzanti per l'intera regione. Proprio la monarchia saudita, al pari del 2

vicino Qatar, è stato accusato in questi mesi da al-maliki di aver apertamente finanziato gli jihadisti sunniti in Iraq in funzione anti-sciita e anti-iraniana. Al pari della crisi politica, si sta sempre più evidenziando anche una nuova emergenza umanitaria: secondo le Nazioni Unite sono circa 500mila le persone sfollate dalle regioni occidentali dall'inizio dell'anno. Inoltre, un altro mezzo milione di abitanti è fuggito dai recenti combattimenti di Mosul, nel nord, e decine di altre migliaia hanno abbandonato i governatorati di Diyala e di Salaheddin. MAPPA AGGIORNATA AL 15 GIUGNO 2014 BLOGLOBAL-OPI 3

ITALIA Tra il 9 e il 12 giugno il Primo Ministro italiano, Matteo Renzi, ha effettuato un importante missione in Asia, la sua prima fuori dall Europa, per la promozione del sistema Paese. Il suo viaggio è consistito in tre tappe: Vietnam, Cina e Kazakistan. Renzi ha guidato una folta delegazione composta anche da rappresentanti di aziende e da categorie che aderiscono a Confindustria. Ad Hanoi, Renzi è stato il primo Premier italiano a calcare il suolo vietnamita dopo oltre quarant anni, dove, appena atterrato, ha tributato un omaggio al mausoleo dell eroe nazionale, Ho Chi Minh. Lo scopo della visita è stato comunque di natura prettamente commerciale: per rilanciare le relazioni economiche col Vietnam, ha infatti affermato Renzi, «l Italia deve e può fare di più. Oggi in Europa siamo il nono Paese per investimenti in Vietnam e noi per il Vietnam siamo il terzo. Dobbiamo recuperare posizioni e costruire un rapporto strategico». Il Primo Ministro ha così annunciato che entro il 2014 si terrà una commissione economica mista con un piano di lavoro concreto tra i due Paesi, con una particolare attenzione a temi come il turismo, la difesa e la finanza. Il Premier vietnamita, Nguyễn Tấn Dũng, ha quindi definito amichevole l incontro con Renzi, affermando che la visita di quest ultimo segna una nuova fase di sviluppo e cooperazione. Dopo aver visitato alcuni stabilimenti della Piaggio e della Ariston, Renzi è ripartito alla volta di Shangai. Con la Cina, ha dichiarato, «è impensabile» mantenere una relazione commerciale dove l Italia acquista 23 miliardi di prodotti a fronte dei 10 miliardi spesi dai cinesi: «c è qualcosa che non va in queste cifre, dobbiamo esportare di più, dobbiamo anche attirare investimenti esteri, non ci possiamo accontentare». La visita in Cina è stata per Renzi l occasione di sottolineare che in Italia «si è dato alla delocalizzazione un significato solo negativo, così si è scoraggiata l apertura al mondo del 4

Paese. Noi vogliamo creare le condizioni per cambiare e per internazionalizzare le imprese». Recatosi al padiglione italiano dell ultima EXPO, tenutasi proprio in Cina, Renzi ha ricordato che l Italia «deve avere coraggio come Marco Polo o Matteo Ricci». Il Premier ha infine annunciato che l assicurazione pubblica dell Italia per i crediti all estero, la SACE, insieme a Intesa San Paolo garantiranno due miliardi di prestiti alle PMI in Cina, un accordo che prevede un ruolo di sostegno da parte di 14 gruppi bancari cinesi. Allo stesso tempo, per favorire il turismo cinese in Italia, Renzi ha annunciato che saranno portati i tempi per i visti da 48 a 36 ore. Il Presidente cinese, Xi Jinping, e il suo Primo Ministro, Li Keqiang, favorevolmente colpiti da Renzi, hanno confermato che è loro intenzione aiutare l Italia a tornare a crescere continuando, tra l altro, ad acquistare titoli di Stato; hanno anche chiesto, però, che Roma diventi un partner di Pechino nel contesto dell Unione Europea, mediando con Bruxelles affinché questa abbatta alcuni dazi che frenano l export cinese in Europa. Sulla rotta che lo riportava in Italia, Renzi si è fermato ad Astana, capitale del Kazakistan, dove ha incontrato il Presidente Nursultan Nazarbayev. Superato il caso Shalabayeva, il Primo Ministro italiano ha sottolineato la relazione strategica con il Kazakistan (Roma è infatti il secondo Paese UE per relazioni economiche con Astana) e ha sostenuto le attività di ENI, in particolare in relazione al consorzio di Kashagan, l investimento energetico per il momento in fase di stallo del valore di 47 miliardi che ricopre una grande importanza per l Italia e la sua politica energetica. In cambio dello sblocco della situazione, Renzi ha garantito ad Astana di sostenerla nell ottenere un seggio come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell ONU nell immediato futuro. 5

PAKISTAN Il 15 giugno il governo di Islamabad ha dato vita ad una straordinaria campagna militare in Nord Waziristan contro i talebani e gli altri gruppi terroristici che hanno eletto quest area del Pakistan nord-occidentale a loro base strategica. L Operazione Zarb-e-Azb, chiamata così in riferimento ad una delle sette spade del profeta Maometto, è stata annunciata con enfasi dal portavoce dell esercito secondo il quale questa offensiva rappresenta «un operazione su larga scala contro tutti i terrorismi, senza alcuna distinzione, che negli ultimi anni hanno condizionato, in negativo, la vita del Paese». All inizio l operazione militare si è configurata principalmente come un offensiva aerea: gli F-16 pakistani hanno bombardato le montagne del Nord-Waziristan; successivamente l attacco aereo è stato affiancato dallo schieramento di truppe di terra, circa 2300 soldati che sono andati ad incrementare il numero dei militari già schierati nell area. Dall'avvio dell'offensiva terra-aria nel Nord Waziristan contro le postazioni e i covi dei militanti pakistani e stranieri, secondo un bilancio non ufficiale, i sospetti miliziani uccisi sono stati più di 250, mentre sarebbero otto i soldati morti. La maggior parte dei combattenti uccisi nell' Operazione Zarb-e-Azb, ha specificato il governo Islamabad, erano principalmente di nazionalità uzbeka che avevano cercato rifugio nella zona dopo la caduta del regime talebano in Afghanistan oltre dieci anni fa. Tra le vittime ci sarebbe Abdul Rehman al-maani, uno dei leader dell IMU, l Islamic Movement of Uzbekistan, ritenuto tra i responsabili dell attacco all aeroporto internazionale Jinnah di Karachi, avvenuto lo scorso 8 giugno, che ha provocato 28 morti e 10 feriti. 6

Proprio l ennesimo sanguinoso attacco ai danni della popolazione civile, compiuto da gruppi terroristi, ha spinto Islamabad all azione, dato che dall inizio dell anno il governo ha cercato di dialogare con i talebani e i gruppi affiliati senza ottenere risultati tangibili. Finora le forze armate di Islamabad avevano evitato massicce campagne contro i leader tribali del Nord Waziristan, ritenuti vicini al sistema di sicurezza pakistano, e si erano concentrati principalmente sugli attacchi contro le forze straniere e afghane oltre confine: i comandanti talebani locali, in particolare la rete Haqqani, erano definiti "talebani buoni" dalle forze conservative vicine alle autorità. Finora, il rifiuto delle autorità pakistane di condurre un operazione di repulisti nelle regioni nord-occidentali, fortemente caldeggiata dagli USA, aveva portato ad una escalation degli attacchi con droni condotti dalla CIA, che dal 2008 avrebbe ucciso più di 2800 persone. Ma l offensiva pakistana, più che una risposta alle richieste del governo americano, che non dimentica il fatto che il rifugio di Osama bin Laden fosse situato proprio in queste aree, sembra rappresentare la presa di coscienza sull importanza di rafforzare i controlli sulle FATA (Federally Administered Tribal Area). La paura principale di Islamabad risiede inoltre anche nella possibilità, non troppo remota, che il governo statunitense possa abbandonare al suo destino il vicino Afghanistan, stanco di sovvenzionare i 250 mila componenti dell Afghan National Army, e permettere che avvenga una riproposizione di quanto sta accadendo in Iraq, con le milizie islamiche che riguadagnano terreno minacciando la capitale Baghdad. Un eventuale fallimento statale dell Afghanistan si ripercuoterebbe inevitabilmente sul già delicato equilibrio interno del Pakistan. Al momento, a causa dell offensiva militare pakistana, si è verificato la situazione inversa, con circa duemila persone che si sono rifugiate nella provincia afghana di Khost, ma in futuro si potrebbe verificare un flusso inverso, di dimensioni molto maggiori. Durante i giorni dell offensiva il Primo Ministro Nawaz Sharif ha chiamato il Presidente uscente dell'afghanistan, Hamid Karzai, per discutere della cooperazione nella guerra al terrorismo e di come il successo dell'offensiva pakistana dipenderà anche dall'impegno delle autorità afghane nel sigillare il poroso confine tra i due Paesi. Il timore del governo pakistano è che ogni tentativo di prendere il controllo dell area, se non portato a compimento, potrebbe risolversi in un'ondata di violenze ritorsive da parte dei talebani pakistani nelle città del Paese, mettendo a dura prova le capacità di difesa delle deboli forze di sicurezza pakistane. 7

UCRAINA A seguito di due telefonate intercorse con il Presidente russo Vladimir Putin, con il quale aveva convenuto ad una rapida soluzione della crisi e ad una de-escalation degli scontri e delle violenze, il 20 giugno il neo-capo di Stato ucraino Petro Poroshenko ha lanciato un piano di pace, annunciando dal quartier generale dell operazione anti-terrorismo vicino a Sloviansk un cessate il fuoco unilaterale da parte delle Forze Armate, della Guardia Nazionale, dei reparti dipendenti dal Ministero degli Interni e delle guardie di frontiera. Tale cessate il fuoco durerà fino al 27 giugno, quando anche i separatisti dovranno deporre le armi: una scadenza che a molti tra i gruppi in lotta con il governo centrale e tra gli uomini vicini a Putin è suonato come un ultimatum. L articolato programma di Poroshenko, fondato essenzialmente sulla garanzia dell integrità territoriale ucraina, si articola in 14 punti e prevede: 1. adozione da parte della Verkhovna Rada di una legge sull amnistia per i membri di formazioni armate illegali che non si siano comunque macchiati di omicidi nei confronti di civili e soldati ucraini; 2. deposizione della armi da parte di tutte le formazioni armate; 3. rilascio di tutti gli ostaggi; 4. apertura di un corridoio per l allontanamento dei mercenari russi verso il loro Paese, a patto che essi lascino in Ucraina tutte le armi e tutti i veicoli militari di cui sono attualmente in possesso; 5. definizione di una buffer-zone di 10 Km lungo il confine russo-ucraino che dovrà fungere come protezione supplementare da un ulteriore ingresso di mercenari e armi in Ucraina; 8

6. liberazione di tutti i locali amministrativi delle regioni di Donetsk e Lugansk; smobilitazione di tutti i blocchi stradali, delle barricate e dei sit-in; ristabilimento dell ordine in tutte le città ucraine, non solo di quelle del Donbas; 7. rilancio del sistema di sicurezza sociale; riattivazione delle forniture elettriche e di acqua danneggiate dai disordini separatisti; ripristino delle tesorerie per il pagamento degli stipendi, delle pensioni e di tutte le prestazioni sociali; 8. avvio di un dialogo politico con i rappresentanti legittimamente eletti degli enti locali e delle organizzazioni civiche riconosciute; 9. dialogo con i rappresentanti dei gruppi separatisti, eccetto con coloro che siano stati coinvolti negli atti di terrorismo, omicidio o tortura; 10. introduzione di alcuni emendamenti costituzionali, da approvarsi già entro settembre, che prevedono l affidamento di maggiori poteri alle autorità locali; 11. introduzione di Consigli locali: tali Consigli formeranno dei Comitati esecutivi che auto-nomineranno i propri vertici, i quali eserciteranno poteri diretti, tra cui anche la gestione del bilancio locale; 12. riconoscimento della lingua russa insieme con la lingua di Stato e garanzia del rispetto dei diritti, delle tradizioni e della cultura delle minoranze; 13. elaborazione di un nuovo piano di creazione di posti di lavoro grazie al sostegno dell Unione Europea; 14. il programma di assistenza dell UE con il quale Kiev firmerà il prossimo 27 giugno anche la parte economica dell Accordo di Associazione e Stabilizzazione, insieme con Georgia e Moldavia assicurerà dai rischi politici degli investitori esteri nella regione del Donbas. Poroshenko ha infine dichiarato che la situazione nelle aree orientali del Paese non si trasformerà in una nuova Transnistria, dove il conflitto è sostanzialmente congelato dal 1992 e relativamente al quale sono ancora in corso i negoziati 5+2 sotto la guida OCSE (il prossimo round è fissato per il 17-18 luglio). Il piano di pace è sostenuto da tutta la comunità internazionale, in particolare dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dal Presidente della Francia François Hollande, dal Cancelliere tedesco Angela Merkel, dal Premier britannico David Cameron, dal Segretario Generale dell'onu Ban Ki-moon, dal Presidente della Confederazione svizzera e Presidente in carica dell OCSE Didier Burkhalter (con cui tra l altro si è discusso circa una missione di monitoraggio della stessa organizzazione nel controllo sul regime di cessate il fuoco), dal Segretario Generale del Consiglio d'europa Thorbjørn Jagland. Nonostante ciò, gli scontri non si fermano: i separatisti avrebbero attaccato gli edifici di Izvarino e di Uspenka, mentre a Sloviansk l esercito ucraino sarebbe tornato a sparare dopo l agguato ad un posto di blocco. Ancora tra il 19 e il 20 giugno nel villaggio di Yampil 7 soldati sono morti e 30 sono rimasti feriti, mentre nei giorni 9

precedenti combattimenti nella zone di confine di Snizhne, Stepanivkov e Dobropolie avrebbero provocato un altra decina di vittime. L ONU stima che dallo scoppio della crisi e dall inizio della guerriglia siamo almeno 375 i morti, per lo più civili. L episodio più sanguinoso della prima metà di giugno (14 giugno) riguarda l abbattimento di un aereo militare ucraino un Il-76 che trasportava persone, armi e viveri nella zona di Lugansk: le vittime sono state almeno 49. Il giorno prima il governo di Kiev aveva annunciato la riconquista della città portuale di Mariupol, dove peraltro sbarcano carichi di ferro, carbone e altri materiali. Continua inoltre la polemica da ambo le parti circa presunti sconfinamenti nelle aree di confine: mentre Mosca accusa Kiev di aver oltrepassato senza autorizzazione il confine nella regione di Rostov, sul Don, con due blindati, lo stesso Ministro della Difesa ucraino Mikhailo Koval ha dichiarato che le forze ucraine hanno abbattuto due blindati, due carri armati e due camion Kamaz russi entrati in territorio ucraino. Nell ambito dell implementazione del piano di pace, il 20 giugno il Presidente del Parlamento Oleksandr Turchynov ha pertanto annunciato la chiusura della frontiera con la Russia. Sul piano economico, dopo quella del 2006 e del 2009, l altra guerra riguarda il gas per il ripianamento del debito ucraino, salito a 4,458 miliardi di dollari (1,451 miliardi per le forniture di novembre e dicembre 2013 e 3,007 miliardi di dollari per quelle di aprile e maggio del 2014). L incontro del 15 giugno a Kiev tra i rappresentanti di Gazprom, le autorità ucraine e i mediatori della Commissione europea circa un intesa sul pagamento di 1,95 miliardi di dollari come parte del debito accumulato si è risolto con un sostanziale nulla di fatto: dopo aver versato una prima tranche di 786 milioni di dollari alla fine di maggio, l Ucraina continua ad insistere su una riduzione sostanziale del prezzo imposto a partire dal 1 aprile quando erano scadute le revisioni agli accordi di fornitura energetica stipulati in dicembre e la tariffa era tornata a salire a 485 dollari per mille mc, la più alta d'europa. Rifiutando una proposta di Mosca di ridurre la tariffa di 100 dollari portandola a 385 dollari per mille mc, il governo di Arseniy Yatseniuk ha deciso di ricorrere all'arbitrato della Corte di Stoccolma contro Gazprom affinché sia stabilito un prezzo equo per le forniture di gas. Il 16 giugno Mosca ha dunque interrotto le forniture di oro blu all Ucraina, mentre il Ministro dell'energia di Kiev, Iuri Prodan, ha assicurato che i flussi diretti verso l Europa non sono a repentaglio. Il Commissario UE per l Energia, Gunther Oettinger ha comunque dichiarato che, benché i Paesi europei siano oggi meno esposti ad una nuova crisi del gas proveniente dall Ucraina grazie all implementazione delle altre pipelines Nord Stream su tutte il prossimo inverno l Europa potrebbe tornare a fare i conti con la carenza di gas e Gazprom ha avvertito su nuove possibili interruzioni delle forniture. 10

BREVI AFGHANISTAN, 14 GIUGNO Si è tenuto il 14 giugno il ballottaggio per la nomina a Presidente dell Afghanistan tra l ex Ministro delle Finanze, Ashraf Ghani Ahmadzai, che al primo turno aveva ottenuto il 31% delle preferenze, e l ex Ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah, forte del 45% del consenso dell elettorato. I talebani non sono rimasti a guardare, rivendicando oltre novecento attentati in tutto il Paese. Versione differente quella del Ministro dell Interno, Mohammad Ayoub Salangi, che ha parlato di centocinquanta attentati con oltre cento vittime tra soldati, civili e insorti. Più attendibili le stime che parlano di oltre duecento morti. Nonostante gli attentati, l affluenza alle urne si è attestata quasi al 60%, con oltre sette milioni di afghani che hanno votato: una cifra superiore a quella del primo turno. I risultati sono attesi per inizio luglio, con l insediamento ufficiale che non avverrà prima dell ultima settima dello stesso mese. Lo spoglio, però, ha già visto le prime polemiche sulla validità del voto. Il 19 giugno Abdullah Abdullah ha convocato una conferenza stampa per annunciare che non intende riconoscere come legittimo il lavoro portato avanti dalla commissione elettorale nazionale con la motivazione che questa avrebbe favorito Ghani. Abdullah non ha lesinato critiche nemmeno nei confronti del Presidente uscente, Hamid Karzai, che «non si è dimostrato neutrale. Ha lavorato per favorire Ghani. Il voto, insomma, nella sua versione caratterizzato da diffusi brogli, sarebbe stato una truffa su scala industriale». Ghani, dal canto suo, ha respinto le accuse di Abdullah proprio nel momento in cui i primi exit pool lo hanno dato effettivamente in vantaggio sull avversario. ARGENTINA, 16 GIUGNO La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto il ricorso dell Argentina per la dilazione dei crediti degli hedge fund NMH-Elliott e Aurelius (fondi di investimento privati, più comunemente noti come fondi speculativi), confermando la sentenza del tribunale di distrettuale di New York del novembre 2012 che ha imposto al governo di Cristina Kirchner di rimborsare senza sconti i creditori statunitensi. L'Argentina in totale deve a questi fondi oltre 1,3 miliardi di dollari e se non verserà la cifra pattuita come da sentenza entro il 30 giugno prossimo il Paese è nuovamente a rischio default finanziario dopo quello del 2001. Un verdetto a dir poco sorprendente se comparato con l accordo raggiunto solo poche settimane prima (29 maggio) tra Buenos Aires e il Club di Parigi un gruppo informale di organizzazioni finanziarie dei 11

19 Paesi più ricchi del mondo per l estinzione del debito argentino pari a 9,7 miliardi di dollari entro i prossimi 5 anni. L'accordo tra Buenos Aires e il Club di Parigi prevede l erogazione di una prima tranche da 1,15 miliardi di dollari entro maggio 2015, mentre le successive dal 2016. Infatti, le difficoltà economiche del governo argentino avevano imposto alla Presidente Kirchner di annunciare il 27 agosto 2013 l apertura di un terzo piano di ristrutturazione del debito che prevedeva lo swap (cambio) dei titoli per i creditori dei Tango Bond che non hanno aderito alle precedenti ristrutturazioni del 2005 e del 2010 lanciate dopo il default del 2001. Proprio i fondi USA non hanno accettato la proposta argentina chiedendo il pieno e immediato pagamento dei loro crediti. La decisione dell Alta Corte statunitense rappresenta un duro colpo alla credibilità del sempre più traballante Esecutivo Kirchner che ha immediatamente accusato gli Stati Uniti di essere responsabili «delle nuove catastrofi economiche che colpiranno milioni di ordinari cittadini argentini». Il Ministro delle Finanze Axel Kicillof ha annunciato che Buenos Aires pagherà il proprio debito solo «alle condizioni previste dai precedenti accordi e secondo le disposizioni della legge argentina». Come ha continuato a spiegare Kicillof, la possibilità di pagare l intera rata esporrebbe il Paese a nuovo crack finanziario. A pesare sulle condizioni economiche del Paese latino-americano, pesano l isolamento politico-istituzionale nei confronti del Fondo Monetario Internazionale, con il quale è in corso una controversia sul dato ufficiale dell inflazione per l istituto di Washington è intorno al 25% mentre per Buenos Aires è al 12%, la fuga di capitali esteri e il conseguente restringimento delle riserve internazionali di valuta estera, nonché le misure impopolari di politica monetaria. Intanto anche le agenzie di rating hanno abbassato nuovamente le previsioni di crescita del Paese. Standard & Poor s ha tagliato il rating di Buenos Aires da CCC+ a CCC-, ritenendo i titoli di Stato argentini più che junk (spazzatura). A seguito di ciò e della decisione del governo di non inviare una delegazione a Washington per negoziare con i creditori statunitensi, la borsa argentina ha chiuso in due giorni perdendo quasi il 15%. COLOMBIA, 15 GIUGNO Con il 50,9% dei voti, Juan Manuel Santos ha sconfitto al secondo turno l esponente del Centro Democrático Oscar Ivan Zuluaga (attestatosi al 45%), confermandosi alla guida del Paese sudamericano. Con meno di un milione di voti di scarto (7.790.434 preferenze contro 6.890.911), e in calo rispetto alle elezioni presidenziali del 2010 quando battè Antanas Mockus ottenendo il 69,13% dei consensi, il leader del Partido de la U (Partito Social de Unidad Nacional) ha ottenuto il suo secondo mandato grazie agli eccellenti risultati ottenuti nei dipartimenti di Atlántico, Bogotá, Valle e Cauca [nell immagine laterale le zone in arancio]. Nonostante una maggiore partecipazione elettorale rispetto alla consultazione del 2010 (passata dal 44% al 47,89%), si è 12

registrata inoltre una crescita del voto en blanco, salito di un punto percentuale rispetto al 2010 (dal 3% al 4%), spia di un generalizzato malcontento popolare già evidenziatosi in occasione delle manifestazioni dei lavoratori del settore agricolo nel corso dell estate 2013. Tra i punti in agenda del Presidente vi è la conclusione dei negoziati di pace con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), lanciati dallo stesso Santos nell ottobre del 2012 per porre fine ad un conflitto armato che dura dagli anni Sessanta ma osteggiati dalle opposizioni. Dal 23 di giugno ripartiranno le trattative riguardanti il riconoscimento e la riparazione delle vittime, le modalità operative della smobilitazione della guerriglia e l implementazione degli accordi sottoscritti nel mese di maggio a Cuba circa il contrasto al traffico di droga nel Paese. IRAN, 19 GIUGNO È terminato venerdì 19 giugno l ennesimo round dei negoziati a Vienna tra Iran e il gruppo 5+1, composto da cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania. La deadline per il raggiungimento di un accordo definitivo era stata fissata nel novembre scorso per il prossimo 20 luglio. Ad ora, i negoziati non hanno portato ad alcun risultato che faccia pensare che la firma sia imminente. Il problema di natura politica è che Teheran non intende rinunciare al nucleare civile e, per far ciò, richiede alle Sei Potenze di accettare che centinaia di migliaia di centrifughe restino operative, com ha spiegato il Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. Al contrario, la controparte richiede che gli Iraniani riducano sensibilmente le quasi ventimila centrifughe, che costituiscono la maggior preoccupazione in presenza della possibilità che l Iran si doti dell arma nucleare. I delegati iraniani a Vienna hanno dunque parlato di richieste eccessive da parte del 5+1. Wendy Sherman, il sottosegretario del Dipartimento di Stato USA, ha dovuto quindi constatare che «ciò che ancora non è chiaro è se l Iran sia davvero pronto e disposto ad adottare tutte le misure necessarie per rassicurare il mondo che il suo programma nucleare è e sarà esclusivamente pacifico». Le Sei Potenze quindi si aspettano maggiore flessibilità da parte di Teheran in occasione della ripresa dei colloqui, fissata per il 2 luglio. Per il momento, il Ministro degli Esteri dell Iran, Mohammad Javad Zarif, pare aver abbandonato il consueto ottimismo per assumere una posizione più scettica sulla possibilità di raggiungere un accordo onnicomprensivo entro il termine indicato. Un estensione della deadline pare d altronde irrealistica, in particolare per gli Stati Uniti e per il loro Presidente in vista delle elezioni di mid term che si terranno in novembre. 13

ISRAELE-PALESTINA, 12 GIUGNO Tre ragazzi israeliani tra i 16 e i 19 anni, seminaristi di una scuola rabbinica, sono scomparsi in Cisgiordania nei dintorni di Hebron, alimentando immediate tensioni tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese (ANP). In un comunicato ufficiale, il Premier Benjamin Netanyahu ha «dato ordine di fare ricorso a tutti i mezzi a nostra disposizione per rintracciare i rapiti» e ha accusato Hamas del sequestro politico e l ANP di complicità morale. Poche ore dopo il rapimento, il governo ha lanciato l'operazione Brother's Keeper nell ambito della quale è stato dispiegato l esercito; sono stati richiamati, inoltre, centinaia di riservisti e si è provveduto ad isolare totalmente l area cittadina e quella immediatamente limitrofa di Hebron. Le forze di sicurezza israeliane hanno controllato i villaggi di Tufah, Bnei Naim, Yata, Halhul, Beit Ayoun e Doura. In otto giorni di ricerche gli uomini dell IDF hanno ispezionato 1.100 abitazioni e hanno arrestato 330 palestinesi, tra cui molti militanti di Hamas e almeno una cinquantina dei detenuti scambiati nel 2011 per la liberazione Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito in Libano nel 2006 durante l operazione militare Summer Rains. Nelle ultime ispezioni sono morte anche due giovani palestinesi in circostanze non ancora del tutto chiarite. L episodio ha creato molto scalpore soprattutto nei media israeliani e ha provocato le prime spaccature anche nel fronte palestinese. Nel timore di una reazione militare israeliana, alcuni funzionari palestinesi hanno fatto sapere alla stampa che l ANP sta collaborando alle ricerche e il Presidente palestinese Abu Mazen è tornato a chiedere la liberazione dei tre ragazzi rapiti definendo la cooperazione con Israele una scelta di «interesse nazionale [ ] volta ad evitare una nuova intifada». Sempre Abu Mazen aveva infine criticato gli autori dell atto definendone l azione come una mossa volta a distruggere l unità nazionale appena ritrovata. Parallelamente alle azioni in Cisgiordania, il 15 giugno l aviazione israeliana ha lanciato quattro raid contro obiettivi di Hamas a Gaza City e nella Striscia, ferendo tre persone, in risposta al lancio di due razzi Qassam verso il territorio meridionale israeliano. Proprio per prevenire nuovi lanci di razzi verso l entroterra israeliano, l'esercito ha deciso di schierare, oltre a quello già dispiegato nella zona tra Ashqelon e Ashdod, un'altra batteria dell Iron Dome a Rehovot, nel centro del Paese a pochi chilometri da Tel Aviv. Intanto in Israele il 10 giugno la Knesset ha eletto il decimo Presidente della Repubblica: Reuven Rivlin, uomo vicino ai coloni israeliani e alla destra del Likud, il partito di maggioranza relativa, ha vinto il ballottaggio contro Meir Shitrit di HaTnuah, il partito di Tzipi Livni. 14

SUD SUDAN, 10 GIUGNO Un nuovo accordo di cessate il fuoco è stato raggiunto ad Addis Abeba tra i due leader sud sudanesi, il Presidente in carica Salva Kiir, e il suo oppositore Riek Machar, ex-vice Presidente: i due leader si sono impegnati a completare il dialogo per la formazione di un governo transitorio e di unità nazionale entro 60 giorni, oltre a fornire sostegno umanitario alla popolazione colpita dai combattimenti. Anche questa volta l'accordo è stato raggiunto sotto l egida dell'igad, l'autorità intergovernativa per lo sviluppo, e dei rappresentanti delle Nazioni Unite, dell'unione europea e dell'unione Africana. Il Primo Ministro etiope, Hailemariam Desalegn, ha sottolineato che se ci dovessero essere nuove violazioni del cessate il fuoco, ci saranno sanzioni e "misure punitive" per i responsabili. Secondo gli analisti, sia Kiir, che Machar, non sono pronti a portare avanti una pace negoziata, ma anzi, sperano ancora di ottenere vittorie militari decisive che possano far pendere il piatto della bilancia a loro favore. Nel corso del conflitto, scoppiato lo scorso dicembre, gli accordi di pace sono stati infranti più e più volte, sia dalle forze governative che dai ribelli e il rischio che anche questo accordo diventi carta straccia è molto alto. Le fazioni in gioco danno poca importanza agli avvertimenti, ai trattati e anche alla stessa minaccia di sanzioni. Inoltre, resta difficile comprendere come attuare un cessate il fuoco. Il 16 giugno sarebbe dovuto tenersi un secondo round di negoziati, successivamente annullato a causa delle improvvide dichiarazioni del Segretario esecutivo dell IGAD, Mahboub Malim: durante un confronto con la delegazione di Salva Kiir questi ha definito stupidi i due leader se pensano di risolvere militarmente la controversia, scatenando le proteste generali sud sudanesi e l annullamento delle trattative in corso. A questo si aggiunge il dibattito sull eventuale adozione di uno statuto federale per il Sud Sudan che trova l approvazione delle regioni che sostengono Riek Machar e l opposizione dei sostenitori di Kiir. TANZANIA, 13 GIUGNO Una bomba è esplosa a Zanzibar, l isola della Tanzania con uno status di semi autonomia, causando la morte di una persona e il ferimento di altre sette. La bomba è scoppiata a Stone Town, la città vecchia inserita dall UNESCO nella lista dei siti patrimonio dell umanità, situata nel quartiere commerciale Daranjani. Uno dei capi della polizia, Mkdam Khamis, ha spiegato che sono in corso le indagini per individuare il tipo di esplosivo utilizzato e risalire così agli autori. La bomba è esplosa nelle vicinanze di una moschea; tra i feriti ci sono i fedeli che avevano appena termi- 15

nato la preghiera del venerdì sera. Proprio in questi giorni si stava svolgendo a Zanzibar un raduno di musulmani provenienti dall Africa occidentale. L arcipelago dell Oceano Indiano, famoso per il suo mare e le spiagge, è stato colpito da diversi attacchi simili in passato: l unica differenza è che in precedenza le vittime designate non erano musulmani, bensì cristiani e turisti occidentali. In febbraio era stata fatta esplodere una bomba vicino alla cattedrale anglicana, un altra, quasi contemporaneamente, a pochi passi da un ristorante, frequentato da turisti. L attacco, che non è stato rivendicato, potrebbe avere come scopo quello di fomentare le differenze religiose: sulle coste della Tanzania vivono molti musulmani che si sentono emarginati dal governo del Presidente Jakaya Kikwete. Le indagini della polizia si stanno concentrando sull unica persona deceduta, Muhammed Abdallah Mkumbalagula, che era recentemente giunto sull isola e che aveva forti legami con Sheikh Mohamed Idris, un influente musulmano di Mombasa, in Kenya, che si era opposto fortemente alla minaccia islamica rappresentata da al-shabab e che per questo era stato ucciso all inizio dell anno. Altre piste condurrebbero invece agli Uamsho, un gruppo che sta acquistando grande influenza tra i giovani e i senza lavoro. 16

ALTRE DAL MONDO CINA, 21 GIUGNO 13 attivisti uiguri sono stati uccisi dalla polizia cinese dopo un assalto contro un edificio delle forze di sicurezza a Kargilik, nella prefettura di Kasghar, nello Xinjiang, provincia musulmana nel nord est della Cina. Secondo quanto riferito dalle autorità locali, il gruppo aveva lanciato una vettura contro la struttura innescando un esplosione. Nelle operazioni di arresto sarebbero rimasti feriti anche tre poliziotti cinesi. EGITTO, 21 GIUGNO La Corte d'assise di Minya, nell'egitto centrale e teatro nel 2013 dell assalto al commissariato per cui erano state accusate quasi 700 persone, ha confermato la condanna a morte per istigazione alla violenza nei confronti della Guida suprema dei Fratelli musulmani, Mohamed Badei, e di altri 182 militanti esponenti dello stesso movimento messo al bando nel settembre 2013. LIBIA, 17 GIUGNO Il Pentagono ha annunciato di aver arrestato con la collaborazione delle forze di sicurezza libiche Ahmed Abu Khatallah: leader del ramo locale di Ansar al-sharia, Khatallah è ritenuto la figura chiave nell'attentato contro il consolato USA a Bengasi l'11 settembre del 2012 nel corso del quale morirono l Ambasciatore Christopher Stevens e altri 3 americani. Khatallah sarebbe ora detenuto su una nave americana e trasferito nelle prossime settimane negli Stati Uniti. MALI, 11 GIUGNO I dirigenti del Movimento nazionale di liberazione dell Azawad (Mnla), dell Alto consiglio per l unità dell Azawad (Hcua) e del Movimento arabo dell Azawad (Maa) hanno sottoscritto ad Algeri una Dichiarazione per il rilancio dei negoziati di pace con Bamako a seguito della ripresa degli scontri tra ribelli e governo nella regione di Kidal. Il documento riconosce l importanza dell unità nazionale e ribadisce la necessità di rispettare le aspirazioni delle comunità locali. Il 12 giugno un esplosione di un autobomba contro l ingresso di una base militare delle Nazioni Unite ad Adjelhoc, a 430 Km a nord di Gao, nel nord-est del Paese, ha provocato la morte di 4 soldati ciadiani.. 17

SPECIALE BRASILE I MILLE VOLTI DEL BRASILE ALLA VIGILIA DEI MONDIALI DI CALCIO FRANCESCO TRUPIA All interno del Programma della Crescita (PAC), varato dal governo di Dilma Rousseff, l incombente evento dei Mondiali di calcio ha assunto fin da subito un ruolo centrale e di snodo per i settori dell economia nazionale, dei diritti e delle questioni sociali. Come mai prima d ora il Brasile conferma di realizzare attraverso il futebol, fenomeno storicamente endogeno della sua società, il segno più distintivo capace di consacrare il poliedrico gigante economico e politico nella comunità internazionale. L entusiasmo per l avvicinamento dell evento è stato smorzato però dalla rabbia dei movimenti di protesta che nelle più importanti piazze del Paese hanno costituito una galassia del No pronta a manifestare il proprio dissenso contro le politiche della Rousseff e della Fifa. L inizio delle proteste popolari avvenne la scorsa estate durante la Confederation Cup, quando il governo aumentò ( ) SEGUE >>> IL BRASILE ALLO SPECCHIO: INTERVISTA A LUCIA CAPUZZI GIUSEPPE DENTICE E FRANCESCO TRUPIA Ha preso il via in Brasile la ventesima edizione dei campionati del mondo di calcio FIFA. Un evento importante e preparatorio all altro (e forse più rilevante) appuntamento internazionale, ossia le Olimpiadi 2016 che si svolgeranno a Rio de Janeiro. Nonostante l importanza mediatica, e in parte politica, dell evento data anche la prossimità delle elezioni presidenziali di ottobre sono in tanti ormai in Brasile a percepire il campionato del mondo come un successo soltanto parziale. A giustificare tale atteggiamento è il mix di preoccupazione e di rabbia sociale per gli alti costi, i ritardi infrastrutturali e un immagine in parte distorta diffusa dai media nazionali e internazionali che continuano a provocare un ondata di proteste per le strade e le piazze delle città brasiliane. Di questo e di altri temi l Osservatorio di Politica Internazionale di BloGlobal ha discusso con Lucia Capuzzi, giornalista della redazione Esteri di Avvenire, esperta di narcotraffico e America Latina e autrice di numerosi libri ( ) SEGUE >>> BRASILE E SICUREZZA INFORMATICA: IL MARCO CIVIL DA INTERNET ORA È LEGGE ELISABETTA STOMEO Prima ancora del fischio d inizio dei mondiali di calcio, il Brasile aveva già segnato un gol, l ennesimo gol, che gli permette di continuare a scalare la vetta dell olimpo delle potenze mondiali. Settima economia mondiale con un tasso di disoccupazione che nel 2013 è sceso al 5,4% (raggiungendo il più basso livello mai registrato), il Brasile ha fatto nuovamente centro il 23 aprile scorso, portandosi alla ribalta mondiale come 18