SENTENZA CASS. CIV. SEZ. III 31 GENNAIO 2012 N. 1362 PRES. PETTI REL. UCCELLA P.M. RUSSO (CONCL.



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SENTENZA CASS. CIV. SEZ. III 31 GENNAIO 2012 N. 1362 PRES. PETTI REL. UCCELLA P.M. RUSSO (CONCL. CONF.) ASSICURAZIONE (CONTRATTO DI) - Assicurazione per conto altrui - Derogabilità rispetto alla disciplina legale di cui all art. 1891 c.c. - Legittimità - Sussistenza - Opponibilità al terzo beneficiario delle clausole limitative ed eccezioni - Sussistenza - Fattispecie. c.c. artt. 1891, 1932 In tema di assicurazioni, qualora il contratto stipulato rientri nello schema normativo di cui all art. 1891 c.c., ben può derogare alla disciplina legale, atteso che l articolo in questione non è compreso tra le disposizioni che l art. 1932 c.c. dichiara espressamente inderogabili. Ne consegue che le eventuali clausole limitative e le eccezioni in esso contenute possono essere opposte al beneficiario in quanto il suo diritto non è svincolato dalle pattuizioni contrattuali. (Fattispecie relativa ad un contratto di assicurazione per furto ed incendio su un dato immobile, qualificato come contratto a favore di terzo, in cui la clausola con cui veniva pattuito che tutte le ragioni nascenti dallo stesso potevano essere azionate solo dai contraenti e non dal terzo, non è, per quanto innanzi detto, vessatoria o nulla). FATTO. Il Tribunale di Gela il 13 settembre 2001 dichiarava il difetto di legittimazione attiva di F.G., nella qualità di fruitore di un contratto di assicurazione contro incendio e furto stipulato dalla RAS e dalla cooperativa COFIAL e relativo ad un immobile di sua proprietà. Su gravame del F. la sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello di Caltanissetta il 31 gennaio 2006, che procedeva alla riforma solo in merito alla compensazione nella misura del 50% delle spese di lite. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il F., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la RAS, ora Allianz s.p.a., che ha depositato memoria. DIRITTO. In via preliminare va rilevato che il ricorso non necessita dei quesiti, essendo la sentenza impugnata anteriore al 2 marzo 2006. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell art. 1891 c.c., 81 c.p.c., art. 1932 c.c., art. 2907 c.c., art. 24 Cost., in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3), in buona sostanza, il ricorrente denuncia la nullità della pattuizione di cui all art. 3.9 delle condizioni di contratto per contrasto a norme imperative e comunque falsa applicazione dell art. 1891 c.c. In punto di fatto, la COFIAL e la RAS stipularono un contratto di assicurazione per furto ed incendio sull immobile di proprietà del F. Sia il giudice di primo grado che quello di appello hanno qualificato il contratto come contratto a favore di terzo, per cui ai sensi dell art. 3.9 del contratto tutte le ragioni nascenti dallo stesso potevano essere azionate solo dai contraenti e non dal terzo. Tenuto conto della formulazione e della redazione del motivo, il Collegio osserva quanto segue. Il contratto stipulato rientra nello schema normativo di cui all art. 1891 c.c. e come tale ben può derogare alla disciplina legale, in quanto l art. 1891 c.c., comma 2, non è compreso tra le disposizioni che l art. 1932, dichiara espressamente inderogabili (Cass. n. 709/1995) con l effetto che le eventuali clausole limitative e le eccezioni in esso contenute ben possono essere opposte al beneficiario in quanto il suo diritto non è svincolato dalle pattuizioni contrattuali (Cass. n. 22809/ 09 e, quindi, la clausola in questione non è affatto vessatoria o nulla ex art. 1469-bis c.c., comma 2). Ciò posto in rilievo risulta irrilevante perché non conferente, il richiamo che fa il ricorrente all art. 81 c.p.c. che attiene alla rappresentanza processuale e all art. 24 Cost. Con il secondo motivo (nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell art. 112 c.p.c., in relazione all art. 360 c.p.c., n. 4; omessa pronuncia; violazione e falsa applicazione dell art. responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.1

1363 c.c., art. 1362 c.c., comma 2, art. 1370 c.c., in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3), il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciarsi su tutte le altre questioni sollevate. Ma, è evidente va detto che una volta esclusa la legittimazione attiva, ogni altro accertamento è da ritenersi ultroneo ed impossibile. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell art. 92 c.p.c. in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3) e che concerne le spese, il ricorrente afferma che il giudice dell appello l abbia condannato ex art. 92 c.p.c. In realtà il giudice a quo, ha riconosciuto nel F. la convinzione della sussistenza del suo diritto ad ottenere il risarcimento e, quindi, ha compensato per la metà le spese di primo grado, riducendole nell ammontare ivi determinato e ha compensato al 50% le spese di secondo grado ponendole per la restante a suo carico perché soccombente (p. 7 sentenza impugnata). Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo. (Omissis). P.2 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

SENTENZA APP.ROMA 10 GENNAIO 2012 PRES.AZARA REL.BATTISTI ASSICURAZIONE (CONTRATTO DI) - Ricomprensione dell evento nel rischio garantito - Natura di fatto costitutivo del diritto dell assicurato alla prestazione assicurativa - Sussistenza - Conseguenze - Onere incombente sull assicurato di provare tale fatto costitutivo - Sussistenza. c.c. artt. 1882, 2697 Il fatto costitutivo del diritto dell assicurato all indennità, nell assicurazione contro i danni, o alla garanzia, nell assicurazione per la responsabilità civile, consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera ed è quindi sul soggetto che invoca la garanzia che incombe l onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso abbia causato il danno di cui si reclama il ristoro o di cui si chiede la copertura ai fini della responsabilità civile. FATTO. Con sentenza n. 762/2005 emessa dal Tribunale di Frosinone in data 2 novembre 2005, veniva: a) dichiarata la nullità della chiamata in causa della Milano Assicurazioni spa per difetto di procura e per l effetto condannato in proprio l avvocato T.M. al pagamento, in favore della compagnia assicuratrice, delle spese di causa liquidate in complessivi Euro 3.100 di cui Euro 1.200 per diritti ed Euro 1.800 per onorari oltre accessori di legge; b) condannato Ma.Lo. al pagamento in favore di Ma.L., della complessiva somma di Euro 33.380,65 oltre interessi nella misura legale maturandi successivamente alla pubblicazione della sentenza; c) condannato Ma.Lo. al pagamento in favore dell attore Ma.L. delle spese di lite e poste definitivamente a carico dello stesso convenuto le spese della espletata consulenza medico-legale. Con richiamo all articolo 331 c.p.p. il Tribunale ha anche disposto la trasmissione di copia degli atti del giudizio e della sentenza alla Procura della Repubblica per quanto di competenza, avendo riscontrato irregolarità nelle attestazione dei depositi degli atti della difesa del convenuto Ma.Lo. Con citazione notificata in data 5 dicembre2005 e in data 7 dicembre 2005, l avvocato T.M. in proprio, con riferimento alla condanna al pagamento delle spese legali emesso direttamente nei suoi confronti, in considerazione della ritenuta carenza di ius postulandi e la parte Ma.Lo., impugnavano la predetta sentenza, chiedendo alla Corte la sua riforma con riferimento alla dichiarata nullità della chiamata in causa della compagnia assicuratrice e della conseguente condanna alle spese disposta nei confronti del difensore in proprio, quindi l accertamento della tempestività e della validità della procura ad litem rilasciata in data 24 marzo 2000 dal Ma.Lo. al proprio difensore, a margine della comparsa di costituzione e, per l effetto, ritenere operante il rapporto di garanzia azionato con la chiamata e condannare la Milano Assicurazioni al pagamento diretto delle somme dovute all attore a titolo risarcitorio e quantificate nella sentenza impugnata, con condanna alle spese del doppio grado di giudizio. Con il primo motivo di reclamo si contestava la violazione e la falsa applicazione degli articoli 82, 83 c.p.c. e l abnormità del primo capo di sentenza (nullità della chiamata e condanna del difensore alla condanna alle spese). Secondo gli appellanti, il giudice di prime cure, con passaggi del tutto illogici oltre che manifestamente in contrasto con i dati processuali aveva ritenuto di dover dichiarare la nullità della chiamata in causa del terzo assicuratore, per difetto di mandato. In particolare il Tribunale, pur essendo pervenuto alla conclusione che il convenuto si sarebbe costituito in data 24 marzo 2000 e quindi nei termini, aveva dichiarato la nullità della chiamata poiché l originale della comparsa di costituzione in atti recava quale data di deposito non quella del 24 marzo 2000 ma la data del 24 maggio 2000, inferendo da ciò che al momento della notifica (11 maggio 2000) della chiamata in causa alla compagnia assicuratrice, il difensore risultava privo di mandato. Sulle irregolarità, effettivamente riscontrabili negli atti sulle diverse date di deposito, l avvoresponsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.3

cato M. faceva presente, in fatto, che al momento della costituzione in giudizio la cancelleria non era riuscita reperire il fascicolo d ufficio e che per tale ragione aveva chiesto l attestazione del depositato sul fascicolo di parte e sulla propria copia della comparsa di costituzione con regolare delega; ogni ulteriore elemento di irregolarità era imputabile ad errori dalla cancelleria e non poteva gravare sul difensore né sulla parte. Si costituiva la Milano spa eccependo la inammissibilità dell appello poiché gli appellanti non avevano riproposto in secondo grado tutte le domande già avanzate nei suoi confronti in primo grado. In via subordinata contestava la fondatezza della domanda di garanzia ribadendo la mancanza, nel caso in esame, di copertura assicurativa poiché la polizza stipulata dal Ma.Lo., fratello del danneggiato, che si era infortunato mentre si trovava sulla giostra denominata disco volante, garantiva il contraente per la responsabilità civile verso terzi, tra i quali non erano tuttavia ricompresi i dipendenti od i collaboratori. Aggiungeva che dagli atti del giudizio poteva agevolmente desumersi che i fratelli Ma. esercitavano insieme da anni l attività di giostrai e non poteva riconoscersi valenza alla confessione dell assicurato, ininfluente rispetto alla posizione dell impresa assicuratrice. Concludeva quindi per il rigetto dell appello come sopra proposto. Si costituiva Ma.L. aderendo all impugnazione proposta in via principale e riportandosi alle argomentazioni già formulate dagli appellanti, evidenziando un proprio interesse ad ottenere il risarcimento del danno direttamente dalla compagnia assicuratrice. Proponeva altresì impugnazione condizionata alla mancata impugnazione da parte della Milano spa del capo di sentenza relativo alla liquidazione del danno, evidenziando l erroneità dei conteggi sia perché operati con la preventiva devalutazione delle tabelle alla data del sinistro sia perché risultavano applicate le tabelle del Tribunale di Roma anziché quelle del Tribunale di Milano sia perché era erronea la liquidazione del danno morale, calcolato in misura pari ad un terzo del danno biologico anziché nella misura di due terzi. Con il terzo motivo di impugnazione si doleva della omessa liquidazione delle spese mediche sostenute e quantificate dal c.t.u. in ragione di Euro 446. Concludeva quindi chiedendo l accoglimento dell appello principale al quale aveva aderito e dell appello incidentale sia autonomo che condizionato, in punto di quantificazione del danno ed in ogni caso l accoglimento dell appello incidentale sulla mancata liquidazione delle spese mediche. Con il favore delle spese del doppio grado di giudizio. All udienza del 4 ottobre 2011 la causa veniva trattenuta in decisione con termini ridotti per il deposito delle note difensive finali. DIRITTO. Giova rammentare in fatto ed al fine di una migliore comprensione della vicenda, che la presente controversia trae le mosse dall azione risarcitoria avanzata da Ma.L., nei confronti del proprio fratello Ma.Lo., in qualità di gestore di un parco giochi installato in Ferentino, località Colle del Pero, in occasione della festa padronale, per le lesioni personali subite a cagione del distacco di un braccio di sostegno di un disco della giostra sulla quale stava effettuando un giro. Il convenuto si costituiva e chiamava in causa la propria compagnia assicuratrice senza contestare la domanda ed assumendo che i fatti narrati in citazione rispondevano al vero. La compagnia formulava eccezioni processuali e di merito ed il Tribunale decideva con la sentenza impugnata, riconoscendo la fondatezza della domanda risarcitoria nei confronti di Ma.Lo. che condannava al risarcimento del danno in favore dell attore, mentre dichiarava la nullità della chiamata in garanzia, per difetto di procura. L appello principale avverso detta sentenza è stato quindi proposto sia da Ma.Lo., sia dal suo difensore, in proprio, per la emessa condanna nei suoi confronti al pagamento delle spese di lite in favore della compagnia chiamata in giudizio. Il giudice di primo grado è pervenuto, con passaggi motivazionali non sempre chiarissimi, alla declaratoria di nullità della chiamata in causa (rectius nullità della costituzione del convenuto per difetto di ius postulandi) rivalutando in sede decisionale l eccezione sollevata dalla Milano spa, e P.4 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

già disattesa in istruttoria, di carenza di mandato difensivo del convenuto perché materialmente non apposto all atto di citazione per chiamata di terzo. Nella motivazione della sentenza impugnata si evidenzia che il convenuto Ma.Lo. si era costituito in data 24 marzo 2000 come era desumibile dal depositato apposto dal cancelliere in calce alla copia uso ufficio della comparsa di costituzione allegata agli atti di causa (recante tuttavia una correzione nel numero del mese, indicato originariamente con il numero 5 e corretto con il numero 3 mediante sovrapposizione di un segno grafico con inchiostro diverso) e soprattutto dal depositato apposto in data 24 marzo 2000 sull indice del fascicolo di parte del convenuto, dal quale risulta il deposito dell originale dell atto di citazione (in realtà si tratta del deposito della comparsa di risposta). Da tale rilevata discrasia nelle date di deposito, il giudice di prime cure trae impulso per riesaminare la vicenda e poiché l originale della comparsa di costituzione del convenuto, con apposta a margine la procura al difensore, reca quale data di deposito non il 24 marzo 2000 ma la data del 24 maggio 2000, ne inferisce che al momento della chiamata in causa, notificata alla Milano S.p.A. in data 11 maggio 2000, il difensore del convenuto era privo di mandato. Le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, così sinteticamente esposte, sono formalistiche e sostanzialmente non condivisibili. Dall esame del fascicolo d ufficio pervenuto dal Tribunale di Frosinone emerge, infatti, che la causa è stata iscritta a ruolo in data 9 novembre 1999 in forza di atto di citazione notificato in data 30 ottobre 1999 per l udienza del 21 gennaio 2000; che in data 10 novembre 1999 il giudice incaricato della trattazione del giudizio ha differito ex art. 168-bis, comma 5, c.p.c., l udienza di prima comparizione alla data del 14 aprile 2000; che in data 11 aprile 2000 il giudice ha emesso altro provvedimento di differimento di udienza, questa volta al 7 giugno 2000, al fine di consentire al convenuto, del quale ha rilevato persino la ritualità della costituzione, di chiamare in giudizio un terzo; che in data 21 aprile 2000 il difensore del convenuto ha formulato istanza per la fissazione di una nuova udienza, rilevando l impossibilità di espletare la chiamata nel rispetto dei termini di legge; che in data 21 aprile 2000 è stata fissata nuova udienza al 14 luglio 2000; che in data 14 luglio 2000 si è costituita la Milano assicurazioni spa formulando l eccezione di carenza di mandato, con riferimento peraltro alla sola circostanza che nell atto di citazione per chiamata in causa del terzo non figurasse apposto il mandato e non anche che il mandato non esistesse agli atti del giudizio. Ed ancora all udienza tenutasi il 14 luglio 2000 la Milano ha ottenuto dal giudice lo slittamento di udienza non essendo stati rispettati e termini a comparire ed alla successiva udienza, quando ormai è da ritenersi che avesse avuto piena contezza degli atti del giudizio, la compagnia si è limitala a richiamare le eccezioni formulate, senza evidenziare alcuna nullità od irregolarità nella costituzione del chiamante. Orbene gli adempimenti svolti per assicurare il contraddittorio rendono, già di per sé, assai inverosimile che agli atti non fosse stata sin dall inizio depositata la comparsa di risposta e la procura, ma anche a prescindere da ciò, le conclusioni cui è giunto il giudice di primo grado non sono condivisibili sul piano formale poiché nella sentenza non si dà in alcun modo conto delle ragioni per le quali si ritiene sostanzialmente veridica solo la data di deposito apposta sulla comparsa di risposta (23 maggio 2000) che lo stesso giudice rileva, con una certa contraddizione, essere stata depositata unitamente al fascicolo, all atto della costituzione in giudizio, pacificamente avvenuta in data 23 marco 2000 anche perché i provvedimenti di slittamento sono tutti successivi al 23 marzo 2000 e antecedenti al 23 maggio 2000. Osserva la Corte che in calce all indice degli atti depositati, stilato sul primo foglio del fascicolo di parte convenuta è stato annotato: depositato 24 marzo 2000 con la sottoscrizione per esteso del cancelliere che ha ricevuto il deposito; nell indice degli atti al n. 1 è indicata proprio la comparsa di costituzione e risposta, sicché la diversa data (24 maggio 2000) apposta dallo stesso cancelliere alla comparsa di risposta, depositata unitamente al fascicolo, sembra essere frutto di un evidente errore. A meno di non pensare che la difesa del convenuto abbia sostituito l atto inizialmente depositato con un altro atto, ma si tratterebbe di ipotesi di fantasia carente di qualunque elemento di responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.5

prova e persino in contrasto con l interesse del legale che, ove avesse voluto regolarizzare la propria costituzione, in ipotesi priva di procura, lo avrebbe verosimilmente fatto prima di provvedere alla notifica dell atto di chiamata al terzo e non in epoca successiva a detta notifica anche per non esporsi al rischio di un controllo degli atti da parte del convenuto ed alle sue censure. Tanto premesso sul contenuto delle attestazioni della cancelleria sugli atti in esame giova ancora rilevare che la comparsa di costituzione in originale (quella sulla quale figura il deposito del maggio 2000) reca a margine la procura rilasciata al difensore e sottoscritta dalla parte ed autenticata con la seguente dicitura: è autentica Frosinone 17 marzo 2000. Poiché nessuno eccepisce la falsità della data dell autentica, peraltro temporalmente coerente con la data del deposito del fascicolo (24 marzo 2000) non si può affermare che il difensore abbia agito in carenza di mandato potendosi, a tutto concedere, ravvisare nelle irregolarità sopradescritte un tardivo deposito della comparsa comunque mai eccepita dalla Milano spa né in primo grado né nel presente gravame. Pertanto va accolto l appello sul punto e revocato il capo di sentenza con il quale è stata dichiarata la nullità della chiamata in causa della compagnia assicuratrice per difetto di mandato e condannato il difensore in proprio al pagamento delle spese di lite in favore del chiamato. Occorre ora esaminare l impugnazione con riferimento al merito della chiamata in garanzia. Preliminarmente si rileva la infondatezza della eccezione di inammissibilità dell appello, sollevata sempre dalla Milano spa, per la mancata riproposizione nell atto d impugnazione di tutte le domande avanzate nei suoi confronti in primo grado. Nelle conclusioni rassegnate in calce all atto di appello vi è, infatti, la esplicita richiesta di accertamento della operatività del rapporto di garanzia azionato con la chiamata e la conseguente condanna della Milano spa al pagamento delle somme liquidate in sentenza direttamente al danneggiato. Nel merito la domanda di garanzia è da ritenersi tuttavia infondata per difetto di prova sulla operatività della invocata copertura assicurativa. Agli atti è stata depositata la polizza (n. ** R.C.T. con decorrenza dal 27 marzo 1996) inerente il rapporto di garanzia dedotto in giudizio. L oggetto del contratto assicurativo va desunto dalla lettura congiunta degli artt. 13 a) e 15 delle condizioni di polizza, in particolare l art. 13 a) prevede, per quanto in questa sede interessa, l obbligo della società assicuratrice di tenere indenne l assicurato di quanto questi si è tenuto a pagare, quale civilmente responsabile sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale interessi e spese) di danni involontariamente cagionati a terzi, per morte, per lesioni personali per danneggiamenti a cose, in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l assicurazione. Secondo l articolo 15 nelle stesse condizioni di polizza non possono essere considerati terzi ai fini del contratto assicurativo R.C.T. il coniuge, i genitori, i figli del assicurato nonché qualsiasi altro parente od affine con lui convivente; le persone che essendo rapporto di dipendenza con l assicurato subiscano il danno in occasione di lavoro di servizio; i subappaltatori dei loro dipendenti nonché tutti coloro che, indipendentemente dalla natura del loro rapporto con l assicurato, subiscano il danno in conseguenza della loro partecipazione manuale alle attività cui si riferisce all assicurazione. La Milano spa, diversamente da quanto affermato dalla difesa del danneggiato, sin dall atto della sua costituzione (vedi memoria depositata il 14 luglio 2000 pag. n. 2 e seguenti) ha eccepito la carenza di copertura assicurativa, deducendo che i fratelli Ma. esercitavano insieme da anni l attività di giostrai e che l infortunato era verosimilmente contitolare dell attività o comunque addetto ai lavori e alla cura della giostra; che infatti era da ritenersi del tutto inverosimile che l infortunato fosse partito da Priverno, dove risiedeva, per andare a Ferentino soltanto per fare un giro sul disco volante della giostra del fratello. Le deposizioni assunte in giudizio sono tutte concordi nel riferire le modalità dell incidente (distacco di un braccio della giostra) ma meno precise nell indicare quali fossero i soggetti titolari dell attività o che comunque, gestivano in quel momento il parco giochi. P.6 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

Nel rapporto della polizia municipale del Comune di Ferentino l agente scelto Z.M., in servizio di viabilità il giorno dell incidente nei pressi del luogo dove era installata la giostra, ha riferito di aver avvertito un clamore di persone, di essersi recato al parco giochi per appurare l accaduto e di essere venuto a sapere, dalle informazioni assunte dagli astanti che si trattava di un dipendente del parco giochi il quale era caduto da una giostra. Certamente si tratta di una dichiarazione alla quale non può riconnettersi sicura efficacia probatoria poiché non vengono indicate le persone che avrebbero riferito la circostanza, ma è lo stesso comportamento dell assicurato che finisce per avvalorare la tesi della Milano spa poiché il Ma.Lo. nella sua costituzione in giudizio si è limitato ad una adesione passiva alla domanda risarcitoria proposta dal fratello senza formulare richieste istruttorie volte a dimostrare la sua qualità di terzo e conseguentemente l operatività della polizza di cui invocava l operatività. La Corte di legittimità ha più volte affermato che il fatto costitutivo del diritto dell assicurato all indennizzo, nell assicurazione contro i danni, o alla garanzia, nell assicurazione per la responsabilità civile, consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera ed è quindi sul soggetto che invoca la garanzia che incombe, ai sensi dell articolo 2697 c.c., l onere di dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso abbia causato il danno di cui si reclama il ristoro o di cui si chiede la copertura ai fini della responsabilità civile (vedi Cass. n. 4426/1997; Cass. n. 22386/2004). Tale onere non è stato assolto dall assicurato. Elementi a sostegno della operatività della garanzia non si rinvengono neppure nelle difese dell infortunato il quale, a sua volta, non ha dichiarato quale sia la sua reale attività lavorativa essendosi limitato a depositare una dichiarazione dei redditi nella quale non risultano redditi da lavoro dipendente, al fine evidente di contrastare l affermazione contenuta nel rapporto della Polizia municipale e cioè che egli fosse un dipendente del parco giochi. A tal fine non è tuttavia sufficiente il deposito di documentazione fiscale, peraltro anche di epoca risalente poiché relativa ai redditi percepiti nel 1992, mentre l incidente è avvenuto il 1º maggio 1997, potendo la collaborazione tra i fratelli avere assunto altre forme giuridiche anche associative, diverse dal rapporto di lavoro dipendente. Tale prova rivestiva particolare rilevanza nel caso in esame atteso lo stretto rapporto di consanguineità tra assicurato e danneggiato e la circostanza che l art. 15 delle condizioni di polizza considera terzo anche la persona che soltanto partecipi manualmente alle attività assicurate. In assenza quindi di prova che consente di escludere che il danneggiato fosse presente sul posto per partecipare od anche solo per aiutare manualmente il fratello nella gestione degli impianti, va rigettata la domanda di garanzia. L appello incidentale condizionato proposto da Ma.L. è da rigettare poiché è stato avanzato in modo, appunto, condizionato alla proposizione dell appello sulla quantificazione del danno da parte della Milano spa; in assenza di qualunque impugnazione da parte della compagnia assicuratrice che si è costituita in giudizio chiedendo soltanto il rigetto dell appello principale non si è verificata la condizione per rendere effettiva l impugnazione. Quanto infine all appello incidentale non condizionato, formulato sulla immotivata omessa liquidazione delle spese mediche quantificate dal c.t.u. per Euro 446,00 lo stesso merita accoglimento in difetto di qualunque contestazione da parte dell appellante Ma.Lo.. Si ritiene sussistano ragioni di equità per compensare le spese di lite tra i fratelli Ma. e tra l avv. M. in proprio e la Milano Ass.ni spa mentre le spese relative alla domanda di garanzia sono a carico del chiamante soccombente e si liquidano come in dispositivo. (Omissis). responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.7

SENTENZA CASS. CIV. SEZ. LAV. 23 FEBBRAIO 2012 N. 2709 PRES. NAPOLETANO REL. BALESTRIERI P.M. FRESA (CONF. DIFF.) ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI - Coassicurazione - Clausola di delega con attribuzione, ad uno dei coassicuratori, della rappresentanza degli altri in ordine a «tutte le comunicazioni contrattuali» - Idoneità della clausola ad attribuire al titolare della delega anche la rappresentanza processuale - Sussistenza. c.c. art. 1911 Il contratto di coassicurazione genera separati rapporti assicurativi, in virtù dei quali ciascun assicuratore risulta titolare delle sole posizioni soggettive sostanziali e processuali relative al proprio rapporto con l assicurato. Ne consegue che, laddove nel contratto sia inserita la c.d. clausola di delega o di guida, l assicuratore delegato può essere convenuto in giudizio anche per il pagamento delle quote di indennità di pertinenza ai deleganti. In tale veste, altresì, è legittimato a resistere alla pretesa in rappresentanza di questi ultimi, ma solo a condizione che la domanda nei suoi confronti sia proposta espressamente, richiamando la sua qualità di delegato, sì da risultare chiaramente che per la parte eccedente la quota di rischio a suo carico l indennizzo gli è stato richiesto nella qualità di rappresentante degli altri coassicuratori e che in tale qualità deve essere pronunciata, quindi, la sua eventuale condanna per la predetta parte. FATTO. La Corte d Appello di Roma con la sentenza n. 7446/2007, depositata il 13 febbraio 2009, in riforma dell impugnata sentenza n. 8023/2005 emessa dal Tribunale di Roma, accoglieva l appello principale proposto da AS Roma spa nei confronti di M.L. e rigettava la domanda inizialmente proposta da quest ultimo. Assorbito l appello incidentale. Il M. aveva chiesto la condanna della suddetta AS al pagamento della somma di Euro 34086,15 a seguito dell infortunio occorsogli il **. Il Tribunale aveva ritenuto inadempiente la AS in quanto avrebbe dovuto comunque sollecitare il calciatore al rilascio di opportuno mandato per citare in giudizio le suddette compagnie di assicurazione e comunque evitare che il diritto all indennizzo venisse meno, interrompendo la prescrizione nei confronti di tutti. Diversamente, la Corte d Appello riteneva, premesso in fatto che il M. poneva a fondamento della propria richiesta risarcitoria l inerzia della AS Roma nel denunciare il sinistro alle altre compagnie coassicuratrici ulteriori rispetto alla Danubio Assicurazioni, che era stata condannata con sentenza passata in giudicato al pagamento degli indennizzi previsti in polizza a suo favore e della AS Roma: che l art. 20 dell accordo collettivo giocatori professionisti prevedeva l onere di denuncia, ma nessun inadempimento poteva riferirsi alla AS che provvedeva alla denuncia dell infortunio tempestivamente, atteso che il M. comunque si attivava e che la Danubio era delegataria delle altre compagnie per cui ogni comunicazione (nella specie regolarmente inviata dalla AS Roma) si intendeva fatta e ricevuta da essa a nome di tutte le coassicurate. Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre il M. prospettando 3 motivi di ricorso. Resiste con controricorso la AS Roma. Entrambe le parti hanno depositato memoria. DIRITTO. Nell esame dei motivi, è preliminare la trattazione del terzo, in quanto lo stesso ha priorità logica rispetto agli altri. Con il medesimo è dedotta violazione di legge per omissione del giudicato esterno di cui alla sentenza n. 34649/2000 del Tribunale di Roma (in fascicolo di primo grado, doc. n. 18) intervenuta tra le stesse parti e avente identità di petitum e causa petendi con la sentenza impugnata in questa sede. Violazione dell art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3. P.8 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

Deduce il ricorrente che il suddetto giudicato era stato eccepito nell atto di costituzione in appello. Il quesito di diritto ha il seguente tenore: se, premesso che tra le stesse parti era intervenuta una controversia avente identità di petitum e causa petendi, decisa dal Tribunale di Roma con sentenza passata in giudicato, con la quale veniva affermata la responsabilità della AS Roma in ordine alla mancata denuncia dell infortunio occorso al M. durante la partita di serie A del **, ed alle conseguenze di tali omissioni, la sentenza impugnata violi il giudicato, laddove afferma che nella specie nessun addebito può muoversi alla AS Roma. Occorre premettere che l omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell art. 112 c.p.c. (Cass., n. 11844/2006). Va, tuttavia, altresì, considerato che questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 13916/2006), ha affermato che nel giudizio di cassazione, l esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell eliminazione dell incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Tanto premesso, ritiene il Collegio di passare all esame del merito del suddetto terzo motivo e che lo stesso non è fondato e deve essere rigettato. Occorre precisare che ai sensi della l. n. 91/1981, art. 8, comma 1, applicabile ratione temporis, le società sportive devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti, in relazione all età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle federazioni sportive nazionali, d intesa con i rappresentanti delle categorie interessate. L oggetto del giudizio su cui è intervenuta la sentenza resa dal Tribunale di Roma in grado di appello, vertente tra il M. e la A.S. Roma ha sempre ad oggetto l infortunio verificatosi in data **, ma riguarda il contratto di assicurazione di base, intercorso con la società SPORTASS, mentre l odierno giudizio riguarda il distinto contratto di assicurazione, con massimali integrativi rispetto all assicurazione base, stipulato con la Danubio Assicurazioni e ripartita in coassicurazione con altre otto compagnie (lo stesso ricorrente, a pag. 2 del ricorso, espone che quella con la Danubio assicurazioni è una seconda polizza, integrativa, distinta dalla polizza SPORTASS). Pertanto, non incorre nel vizio prospettato la sentenza della Corte d Appello nel non dare rilievo alla suddetta sentenza, poiché la stessa non è rilevante, dal momento che come si è detto, nel presente giudizio si controverte del distinto rapporto assicurativo con la Danubio assicurazioni. Vanno, quindi, esaminati gli ulteriori motivi di ricorso. Con il primo, è dedotta violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di obbligazioni di risultato e di interpretazione dell art. 5 del Regolamento della Lega Nazionale dei Professionisti e dell art. 20 dell Accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive. Violazione degli artt. 1362 e 1173 c.c. in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3. responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.9

Ad avviso del ricorrente l espressione far conseguire contenuta nel citato art. 20, implicherebbe un obbligazione di risultato e non di mezzi come, invece, ritenuto dalla Corte d Appello nel non ritenere sussistente alcuna responsabilità della AS. Sarebbero violate, dunque, le regole dell interpretazione ex art. 1362 c.c. Il quesito di diritto ha il seguente tenore: se, considerata la portata dell art. 5 del regolamento della Lega nazionale dei professionisti e dell art. 20 dell Accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive, viola gli arrt. 1362 e 1176 c.c., la sentenza di merito impugnata che ha esonerato da ogni responsabilità il contraente (AS Roma) che non aveva diligentemente né reiterato l interruzione della prescrizione, né agito in giudizio nei confronti dei coassicuratori per far conseguire al calciatore la prestazione indennitaria prevista dalle norme contrattuali. Con il secondo motivo di ricorso, è dedotta insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio. È ravvisata la contraddittorietà della motivazione nell aver individuato l esatto adempimento degli obblighi di polizza nella tempestiva denuncia dell infortunio, ma nel non aver ritenuto la AS responsabile per non avere posto in essere ogni adempimento successivo, consistente nell attivarsi giudizialmente e, comunque, nell adempiere l obbligo di interrompere la prescrizione. Anche l affermazione circa l essersi attivato del M., sarebbe insufficiente, in quanto poiché lo stesso non poteva non costituirsi in giudizio, la condotta processuale del medesimo non può eliminare la responsabilità della AS. Insufficiente sarebbe altresì il rilievo attribuito all essere la Danubio delegataria delle altre compagnie di assicurazione e comunque al non avere la stessa la rappresentanza processuale. Il fatto controverso è specificato nel contenuto complessivo degli obblighi a carico della AS Roma che costituivano l obbligazione di risultato diretta a far conseguire al M. l indennizzo, onde appare insufficiente la motivazione in merito all esonero di responsabilità dall AS Roma derivante dall attività processuale de M. e dal fatto che la Danubio era delegataria delle altre compagnie. I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente, in ragione della loro connessione; entrambi, sotto profili diversi, attengono all interpretazione di un atto negoziale devoluta all apprezzamento dei giudice di merito. Gli stessi sono inammissibili. È principio ripetutamele affermato da questa Corte (Cass., n. 4851 del 2009) che, l interpretazione di un atto negoziale (anche di natura collettiva) è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, di cui agli artt. 1362 c.c. ss., o di motivazione inadeguata, ovverosia non idonea a consentire la ricostruzione dell iter logico seguito per giungere alla decisione, cosicché, onde far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d interpretazione, mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati e dei principi in essi contenuti, ma occorre, altresì, precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l ulteriore conseguenza dell inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa. Nella specie, la Corte d Appello ha riportato il contenuto del citato art. 20 dell Accordo collettivo tra calciatori professionisti e società sportive (che nella prospettazione dell odierno ricorrente, in ragione della ritenuta obbligazione di risultato, contiene un quid pluris rispetto all obbligo di denuncia di cui all invocato art. 5 del regolamento della Lega nazionale dei professionisti), circa l onere della denuncia e di ogni successivo adempimento previsto dalla polizza e/o dalla legge per far conseguire al calciatore e ai suoi aventi diritto gli indennizzi spettanti in ragione della assicurazione integrativa. Il giudice di appello ha, quindi, ritenuto che la AS Roma avesse provveduto tempestivamente alla denuncia dell infortunio alla Danubio e, poiché questa era delegataria delle altre compagnie, la denuncia si doveva intendere ricevuta dalla stessa anche per queste ultime, oltre al fatto che il M. aveva provveduto personalmente ad attivarsi nel giudizio intentato dalla Danubio. P.10 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

Nella suddetta motivazione della Corte d Appello si rinvengono i principi più volte enunciati da questa Corte di seguito riportati. In ipotesi di coassicurazione, l espressa attribuzione ad uno dei coassicuratori, in aggiunta ai compiti di gestione della polizza conferiti con clausola di delega, anche della rappresentanza dell altro coassicuratore in ordine a tutte le comunicazioni contrattuali, è idonea a comprendere, in assenza di deroghe o limitazioni, l abilitazione alla ricezione del suddetto atto, con la conseguenza che l atto medesimo interrompe la prescrizione pure con riferimento alla quota dell indennizzo a carico di quell altro coassicuratore (Cass., n. 9469 del 2004). Il contratto di coassicurazione genera separati rapporti assicurativi, in virtù dei quali ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive sostanziali e processuali relative al proprio rapporto con l assicurato. Qualora, pertanto, sia inserita nel contratto la c.d. clausola di delega o di guida, l assicuratore delegato può essere convenuto in giudizio anche per il pagamento delle quote di indennità di pertinenza dei deleganti, ed in tale veste è legittimato a resistere alla pretesa in rappresentanza di questi ultimi, ma solo a condizione che la domanda nei suoi confronti sia proposta espressamente, o comunque inequivocamente, richiamando la sua qualità di delegato, in modo che risulti chiaramente che per la parte eccedente la quota di rischio a suo carico l indennizzo gli è stato richiesto nella qualità di rappresentante degli altri coassicuratori, e che in tale qualità deve essere pronunciata, quindi, la sua eventuale condanna per la predetta parte (Cass. n. 14590/2005). Il potere rappresentativo processuale, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere conferito soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto decotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di poteri siffatti si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processus del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto e con possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere rappresentativo (Sez. Un. n. 24179/2009). La censura del ricorrente, nel prospettare la sussistenza di un obbligazione di risultato, non coglie la ratio decidendi e contrappone una propria lettura a quella offerta dalla Corte d Appello che con motivazione congrua ha ricondotta la vicenda agli istituti giuridici di cui ai principi di diritto sopra richiamati. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. (Omissis). responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.11

SENTENZA TRIB.MILANO 22 FEBBRAIO 2012 G.U.MADDALONI ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI - Funzione dell obbligo di pagamento dell indennità in capo all assicuratore - Reintegrazione della perdita patrimoniale dell assicurato - Conseguenze - Debito di valore dell assicuratore - Conseguenze - Automatica rivalutazione monetaria della obbligazione - Sussistenza. c.c. artt. 1882, 1224 1. In merito all assicurazione contro i danni, l obbligo incombente sull assicuratore di pagare l indennità, assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita dal patrimonio dell assicurato, ha natura di debito di valore, di talché esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la sua liquidazione. FATTO E DIRITTO. La BM. ha convenuto in giudizio la As.It.Da. S.p.A. per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Euro 30.000,00 quale indennizzo per il furto della autovettura BM. serie ** Touring tg. ** della quale era proprietaria e concessa in locazione finanziaria alla I.Ru. s.r.l., assicurata con la detta compagnia di assicurazioni. L attrice ha dedotto che il giorno 13 luglio 2009 veniva denunciato il furto della predetta vettura, e che, conseguentemente si era risolto il contratto di leasing, e lamenta come, nonostante la immediata denuncia alla compagnia di assicurazioni e l inoltro di tutti i documenti richiesti, nessun indennizzo era stato corrisposto. Si è costituita la convenuta, contestando il fondamento della domanda, deducendo in particolare come, in seguito ad indagini compiute, aveva appurato che nessuna delle due chiavi appartenenti alla vettura risultavano utilizzate in data 13 luglio 2009, il che metteva in dubbio la veridicità del contenuto della denuncia di furto, presentata ai carabinieri della Stazione di Casagiove da tale sig. Gi.Ca., dipendente della I.Ru. s.r.l., che aveva dichiarato di avere parcheggiato, alle ore 11.00 del detto giorno, il veicolo in Casagiove, viale (...), per recarsi a fare compere, e di non averlo ritrovato al ritorno. La As.It. fa inoltre rilevare come in data pressoché coeva al furto, la s.r.l. I.Ru. s.r.l. aveva ottenuto in leasing un altra vettura BM., il che confermava la scarsa veridicità dei fatti allegati dall attrice, facendo rilevare come la denuncia di furto non costituisse prova sufficiente della verificazione del sinistro, e contesta anche nel quantum la domanda attorea, eccependo l esistenza di uno scoperto di polizza, e dovendosi comunque scorporare dalla somma richiesta l importo dell IVA. Così riassunte le difese delle parti, e ricordato come non siano state ammesse istanze istruttorie dell attrice, ritiene il tribunale come la domanda da quest ultima proposta risulti fondata e debba conseguentemente essere accolta. Come è noto, l art. 115 c.p.c. pone a carico della parte costituita in giudizio un onere di contestazione specifica dei fatti allegati dalla controparte. Nel caso di specie, va osservato come la convenuta non abbia negato in modo specifico l accadimento del furto dell autoveicolo, limitandosi a mettere in dubbio la veridicità della denuncia presentata ai carabinieri della Stazione di Casagiove (doc. 4 attrice) ed a osservare come l onere probatorio del fatto ricadesse su parte attrice, senza tuttavia contestare, con la propria comparsa di risposta, in modo chiaro ed inequivoco che il sinistro si sia verificato, e abbia inoltre riconosciuto l esistenza ed efficacia della polizza assicurativa invocata dalla BM.Fi. (prodotta da entrambe le parti, doc. 3 attrice, doc. 1 convenuta). In ogni caso, l elemento indiziario rappresentato dalla denuncia penale di furto, è sufficiente a dimostrare il sinistro, non risultando contraddetto efficacemente da elementi di segno contrario, per quanto di seguito verrà osservato. L As.It. fonda la richiesta di rigetto della domanda attorea assumendo l esistenza di una colpa grave o di un dolo da parte dell assicurato, o meglio da parte dell utilizzatore del mezzo concesso in leasing. La colpa grave dell assicurato o del beneficiario che a norma dell art. 1900 c.c. esclude la garanzia assicurativa si configura, come è noto, come un fatto impeditivo, che impedisce al fatto P.12 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

costitutivo (evento o sinistro) di operare secondo le previsioni della fattispecie legale e quindi deve essere dimostrata dall assicuratore. In linea di fatto, la convenuta allega a sostegno della propria istanza di rigetto della domanda attorea, la circostanza che, da una richiesta formulata alla BM.Mi. s.r.l, era emerso che l ultimo utilizzo delle chiavi in dotazione al mezzo rubato, restituite alla compagnia, risaliva al 9 marzo 2009, e quindi a quattro giorni prima del furto, e che la società I.Ru. aveva, in data 9 marzo 2009, ottenuto in leasing un altra vettura BM. La valenza probatoria di quest ultima circostanza, secondo il tribunale, è certamente trascurabile, e del resto la stessa convenuta attribuisce alla stessa il significato di una singolare coincidenza, concetto che non evoca alcun mezzo di prova, neppure per presunzioni. Per ciò che attiene ai risultati della indagine chiesta alla filiale di Milano della Casa Costruttrice, non vi è alcun elemento che permetta di assegnare a. questi un valore probatorio assoluto. L esattezza delle osservazioni di carattere tecnico mosse dall attrice secondo cui la data e l ora memorizzati dalla chiave sono gli stessi visualizzati dall orologio di bordo, impostabili e modificabili a piacimento dall utente, mentre non tutti i movimenti della vettura sono soggetti a registrazione (essendo esclusi i tragitti brevi e quelli a bassa velocità) ricavati da una CTU espletata in altro giudizio che seppure non può avere in questo, ovviamente, la stessa efficacia probatoria, mantiene tuttavia un valore indiziario, non sono neppure negate dalla convenuta. I dati in questione non sono pertanto attendibili in modo ragionevolmente certo, e quindi non possono essere utilizzati né per sminuire l efficacia probatoria della denuncia presentata ai Carabinieri, né sono utili per dimostrare quella colpa grave o dolo dell assicurato che ai sensi dell art. 1900 c.c., liberano l assicuratore dall obbligo di pagamento dell indennizzo. La domanda di pagamento attorea va, per le ragioni che precedono, accolta. Il valore del mezzo rubato, desumibile dalla pubblicazione Eu.Gi., secondo le condizioni di polizza, è pari ad Euro 30.000,00 (doc. 11 attrice). Della esistenza di uno scoperto di polizza, eccepito dalla convenuta, non è stata fornita alcuna prova. La clausola n. 5 delle condizioni di assicurazione (citato doc. 1 convenuta), prevede che in caso di sinistro la Società corrisponde l indennizzo deducendo dal danno indennizzabile l eventuale scoperto indicato nel certificato comprovante la copertura assicurativa, che resta a carico dell assicurato. L unico certificato prodotto in causa è quello allegato dall attrice (doc. 3 citato), che non reca alcuna indicazione di scoperti di polizza. Quanto alla debenza dell IVA, la clausola n. 4 delle dette condizioni di polizza, stabilisce che l indennizzo liquidabile si determinerà al netto dell iva, dovendosi aggiungere a tale importo la parte di IVA già corrisposta dal locatario al locatore sino al momento del sinistro. Secondo il prospetto prodotto dall attrice, non contestato dalla convenuta, l IVA già versata dall utilizzatore al momento del furto ammontava ad Euro 4.867,00. Scorporando dall importo di Euro 30.000,00 quello relativo all IVA, pari ad Euro 5.000,00 ed aggiungendo la predetta somma di Euro 4.867,00 si ottiene l ammontare di Euro 29.867,00 pari all indennizzo dovuto dalla convenuta. Pertanto, per le ragioni che precedono, la As.It.Da. S.p.A. deve essere condannata al pagamento in favore dell attrice, della somma di Euro 29.867,00 oltre rivalutazione monetaria dal 13 luglio 2009 (data del furto) ed oltre interessi legali dal 25 agosto 2009, data della costituzione in mora inviata alla compagnia di assicurazioni (doc. 6 attrice), calcolati non sulla somma rivalutata ma su quella che anno per anno, progressivamente si incrementa secondo la variazione degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Secondo infatti la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di assicurazione conto i danni, l obbligo dell assicuratore di pagare l indennizzo, assolvendo una funzione reintegratoria della perdita subita del patrimonio dell assicurato, ha natura di debito di valore, con la conseguenza che esso deve essere necessariamente rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione (Cass. n. 10488/ 2009). Dalla data della richiesta stragiudiziale, rimasta inevasa, ad oggi spettano anche gli interessi di mora, come sopra determinati. Dalla pronuncia al saldo gli interessi vanno calcolati sulla somma capitale comprensiva di rivalutazione. Tenuto conto dell esito del giudizio, le spese proresponsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.13

cessuali sostenute dall attrice, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della convenuta. (Omissis). P.14 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

SENTENZA TRIB.TRENTO 10 FEBBRAIO 2012 G.U.GIULIANI ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI - Surroga - Ex art. 1916 c.c. dell assicuratore nei diritti dell assicurato verso il responsabile - Natura - Conseguenze - Trasformazione della obbligazione del terzo responsabile in debito di valuta per effetto del pagamento dell indennità all assicurato - Non sussiste. c.c. artt. 1882, 1916, 1224 2. Il credito dell assicuratore che agisce in surroga ex art. 1916 c.c. contro il responsabile del danno possiede la stessa natura di quello già spettante al danneggiato. Ne consegue che esso non si trasforma da debito di valore in debito di valuta per effetto del pagamento dell indennità, che riguarda esclusivamente il rapporto tra assicurato ed assicuratore. FATTO E DIRITTO. AC. (di seguito: Ac.), agendo ex art. 1916 c.c., fa valere i diritti dell assicurata Ce. S.p.A. nei confronti di In. S.p.A. (di seguito: In.), per non avere questa adempiuto l obbligo di custodia di due semirimorchi carichi di rotoli di rame che, giunti il 4 febbraio 2005 nel terminal ferroviario di Trento, dove venivano scaricati da In. e quivi parcheggiati in attesa del loro ritiro da parte di Sa. S.p.A. (committente di Ce., incaricata di curare la parte di trasporto su ferrovia, e subvettore di No., vettore principale per conto del mittente No.), in data compresa tra il 5 ed il 6 febbraio 2005 erano stati rubati da ignoti insieme al carico, che non veniva più recuperato, mentre i due semirimorchi vuoti erano ritrovati rispettivamente il 12 marzo 2005 presso Lecco e il 10 maggio 2005 presso Monza. In. contesta la propria responsabilità negando di aver assunto l obbligo di custodire i beni, poiché il contratto concluso con Ce. aveva ad esclusivo oggetto il servizio di c.d. gruaggio, che non comprendeva la custodia, in relazione alla quale non era stato pattuito alcun compenso. La domanda è fondata. Il servizio di gruaggio, cui si era obbligata In., consisteva nelle seguenti prestazioni: controllo visivo esterno delle unità di carico in imbarco emissione della documentazione ferroviaria al seguito della unità di carico da imbarcarsi svolgimento delle operazioni di gruaggio necessarie carico/scarico delle unità di carico in arrivo/partenza da ns/terminal controllo visivo esterno delle unità di carico presso ns/terminal giunte a mezzo ferrovia (vedi lettera 31 marzo 2004 doc. 1/attrice). Considerata la qualità imprenditoriale di In. e la sua veste di società per azioni, il contratto va qualificato come appalto di servizi. L esecuzione del servizio implicava necessariamente la presa in consegna dei semirimorchi nel terminal ferroviario e la loro riconsegna a Ce. (ovvero al subvettore Sa., secondo la prospettazione di Ac.), dopo il controllo e lo scarico dei mezzi. Secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, l art. 1780 c.c. trova integrale applicazione anche quando l obbligazione della custodia e della riconsegna sia necessariamente compresa nel contenuto del contratto diverso dal deposito (nella specie, il contratto d opera) o formi parte di un contratto misto nel quale confluiscano le cause del deposito e di altro contratto (Cass., 19 luglio 2004, n. 133359). Tale principio trova applicazione anche nel caso di appalto (cfr. Cass. 30 settembre 2009, n. 20995) e configura la custodia come l oggetto di un obbligo accessorio ex art. 1177 c.c., funzionale all adempimento dell obbligazione principale (cfr. Cass., 18 settembre 2008, n. 23845; Cass., 12 aprile 2006, n. 8629). La natura accessoria e strumentale dell obbligo di custodia fino alla riconsegna toglie rilievo alla mancanza di un apposito corrispettivo per tale servizio ed alla mancanza di un immediato ritiro dei beni da parte della committente dopo lo scarico, non facendo ciò venir meno la detenzione in capo all appaltatrice (la quale provvide infatti a parcheggiare i mezzi all interno del terminal da essa gestito), cui si correlava l obbligo di custodia e l assunzione della sua piena responsabilità per la perdita della cosa (che opera anche in caso di deposito a titolo gratuito o di cortesia: cfr. la cit. Cass., 18 settembre 2008, n. 23845), salva la prova liberatoria ex art. 1780 c.c. responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.15

Poiché non è stata dimostrata la non imputabilità della perdita (che In., per vero, non ha nemmeno dedotto, essendosi limitata a contestare, sul punto, la sussistenza dell obbligo di custodia a suo carico: vedi la comparsa di risposta depositata il 4 marzo 2008), essa va condannata a risarcire il danno causato alla committente, nel cui credito è succeduta Ac., per effetto del pagamento dell indennità assicurativa, e nei limiti di questa. Il danno è pari al prezzo della merce perduta, che Ce. ha dovuto risarcire a SA., la quale aveva a sua volta risarcito al vettore No. quanto da esso pagato ad Al., assicuratore del mittente e surrogatosi nei diritti di questo (doc. 17/attrice). Nella comparsa di risposta In. deduce la mancanza della prova della titolarità della merce e dei danni subiti. Entrambe le difese sono infondate: quanto alla prima, il soggetto attivo dell obbligazione sostitutiva avente ad oggetto l equivalente pecuniario della cosa depositata, che grava sul depositario in caso di perdita a lui imputabile, non è il proprietario della cosa, bensì il depositante (nella specie Ce. e, in surroga della medesima, Ac.), non potendo il depositario esigere la prova della proprietà della cosa depositata (art. 1777 c.c.; cfr. Cass., 12 marzo 2010, n. 6048); quanto alla seconda, non vi sono ragioni per ritenere incongruo il prezzo pattuito per la vendita della merce trasportata, pari ad Euro 143.588,29 (docc. 2 e 21a/attrice), specie in assenza di qualsiasi elemento contrario addotto dalla convenuta. Ac., dopo la rinuncia alla domanda originaria di Zu. S.A. Rappresentanza Generale per l Italia (di seguito: Zu.), ha ridotto il petitum ad Euro 101.384,74, pari alla quota di coassicurazione corrispondente al 70% del complessivo importo di Euro 144.835,34, pagato all assicurata Ce. al netto della franchigia contrattuale, importo che comprendeva anche il danno subito dai semirimorchi. Poiché il petitum è comunque inferiore all equivalente pecuniario delle cose perdute (che costituisce in parte qua il limite della surroga ex art. 1916 c.c., sino alla concorrenza dell ammontare dell indennità corrisposta), esso va interamente riconosciuto, a prescindere dalla prova del danno ai semirimorchi. Il credito dell assicuratore che agisce in surroga ex art. 1916 c.c. contro il responsabile del danno ha la stessa natura di quello già spettante al danneggiato, non trasformandosi il debito di valore in debito di valuta per effetto del pagamento dell indennizzo, che inerisce esclusivamente al rapporto tra assicurato ed assicuratore (cfr. ex pluribus Cass., 23 dicembre 1994, n. 11112): sulla predetta somma spetta dunque la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dal 6 febbraio 2005 (dì dell evento) alla data della presente sentenza, oltre agli interessi legali sulla somma di Euro 101.384,74 via via rivalutata annualmente secondo i medesimi indici, con stessa decorrenza e scadenza, ed agli ulteriori interessi legali sull intera somma così determinata, dalla data della presente sentenza sino al saldo (trasformandosi il debito di valore in debito di valuta con la liquidazione giudiziale). Venendo all esame della domanda con cui In. ha chiesto di essere tenuta indenne da Zu. di quanto fosse condannata a pagare all attrice, si osserva preliminarmente che, contrariamente a quanto eccepito da Zu., l atto di citazione per chiamata in causa non è nullo per mancata indicazione dell oggetto della domanda, dei fatti e degli elementi sui quali essa si fonda e delle ragioni per cui la chiamante avrebbe ritenuto operante la polizza assicurativa (vedi comparsa di risposta di Zu., pagg. 7-8): invero, l oggetto della domanda è chiaramente formulato laddove Intervennero ha avanzato l inequivoca pretesa di essere manlevata da qualsiasi pregiudizio dovesse ad essa derivare da una sentenza favorevole all attrice; la causa petendi è altrettanto chiaramente enunciata laddove viene dedotto, quale fatto costitutivo della domanda, il contratto di assicurazione contro la responsabilità civile di cui alla polizza n. (...); infine, l indicazione delle ragioni giustificative dell operatività della polizza non è un elemento richiesto a pena di nullità della citazione dall art. 163, n. 4, c.p.c. (richiamato dal successivo art. 164, comma 4), essendo sufficiente, nella specie, ( allegazione del titolo contrattuale. Ciò posto, si osserva altresì che sia nella comparsa di risposta sia nella citazione di chiamata in causa In. ha allegato a fondamento della domanda esclusivamente - ed inequivocabilmente - l assicurazione della responsabilità civile n. (...), espressamente individuata nella narrativa degli atti e nelle conclusioni, della quale la parte ha sin dall origine offerto in comunicazione la prova documentale, P.16 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

mediante il deposito della polizza sub doc. 4. Solo nella prima memoria di trattazione ex art. 183, comma 6, c.p.c., depositata il 17 ottobre 2008, In., senza alcuna ulteriore specificazione, si è limitata ad indicare, nelle conclusioni subordinate di merito, anche la polizza n. (...) a sostegno della domanda di manleva. Come ha chiarito Zu. nella sua prima memoria di trattazione, depositata il 10.10.2008, tale seconda polizza, denominata Ri., configura in parte qua un assicurazione contro i danni da furto di cose anche appartenenti a terzi. Circa la polizza (...), l art. 4, punto II), lett. a), delle Norme che regolano l assicurazione della responsabilità civile, esclude espressamente dalla copertura assicurativa i danni da furto (doc. 4/In., pag. 10), sicché è fondata la tesi di Zu. (che, costituendo una difesa attinente all esistenza di fatti costitutivi della domanda, non era soggetta ad alcuna preclusione processuale) sulla non operatività della garanzia: sotto questo aspetto, la domanda di manleva è dunque infondata nel merito. Circa la polizza (...), è altrettanto fondata la difesa (anch essa relativa a questione rilevabile d ufficio, sicché non è prospettabile al riguardo alcuna decadenza) che invoca la preclusione processuale derivante dal divieto di mutamento della causa petendi: è invero evidente che, trattandosi di azione eterodeterminata, l allegazione di un contratto diverso, per rischio assicurato, da quello dedotto in giudizio negli atti introduttivi (comparsa di risposta di Intervennero e successiva citazione di chiamata in causa) pone un nuovo tema d indagine e costituisce immutazione della domanda, che non può essere avanzata per la prima volta nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., destinata esclusivamente alla emendatio libelli. Né è condivisibile la tesi della convenuta secondo cui non vi sarebbe preclusione perché la chiamata avrebbe a sua volta già ampliato il thema decidendum con lo svolgere, nella comparsa di risposta, eccezioni chiaramente riferibili alla polizza in esame: questa tesi, oltre a confermare per implicito che la diversa polizza non era stata originariamente dedotta a fondamento della domanda di manleva, non considera che l estensione ad un nuovo tema d indagine non può derivare, a parte rei, se non dalla proposizione di una domanda riconvenzionale o di un eccezione in senso stretto, che non sono individuabili nelle attività assertive della chiamata. Sotto questo secondo aspetto, la domanda di manleva è dunque inammissibile, con assorbimento di ogni altra questione. Le spese di giudizio di Ac. e di Zu., liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno di conseguenza poste a carico di In., anche considerando che essa ha rifiutato vantaggiose proposte conciliative (vedi verbale d udienza del 7 novembre 2010). (Omissis). responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.17

SENTENZA TRIB.PIACENZA 14 FEBBRAIO 2012 G.U.MORLINI ASSICURAZIONE DELLA R.C. - Clausola che prevede la copertura del rischio di danni conseguenti a «fatti accidentali» - Interpretazione - Identificazione di «fatto accidentale» con quella di «fatto colposo» - Sussistenza. c.c. art. 1917 La clausola assicurativa che limita la copertura a «fatti accidentali», non può riferirsi al caso fortuito od alla forza maggiore, situazioni che di per sé escludono la responsabilità dell assicurato e quindi l interesse a stipulare l assicurazione, ma si riferisce piuttosto ai fatti colposi, così contrapposti ai fatti dolosi per i quali non può invece operare la garanzia assicurativa. FATTO. Nella presente controversia, gli attori domandano il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti nella loro proprietà, a seguito di infiltrazioni derivanti da lavori eseguiti nell immobile confinante, ed evocano in causa la proprietaria di tale immobile (Carla Maria C.), il progettista e direttore dei lavori (Massimo P.), gli appaltatori (Immobiliare R. e R. Giuseppe). Costituendosi in giudizio, R. nega di avere mai eseguito detti lavori. Resiste pure P., sul presupposto dell assenza di una propria responsabilità. Anche Immobiliare R. ritiene di non avere cagionato alcun danno a parte attrice, ma comunque chiede ed ottiene la chiamata in garanzia della propria assicurazione, per essere manlevata in denegata ipotesi di condanna. Similmente, la C. nega la sussistenza di danni riconducibili ai lavori da lei commissionati; e comunque, espone che di tali eventuali danni debbano essere chiamati a rispondere appaltatore e direttori dei lavori. Infine, anche Milano Assicurazioni ritiene la domanda infondata, e comunque inoperativa la garanzia assicurativa. La causa è istruita con una CTU affidata all ing. B. DIRITTO. La controversia può essere decisa sulla base della CTU, svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, che ha adeguatamente replicato ai rilievi delle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato. Ha infatti spiegato il perito che i danni dedotti da parte attrice sono parzialmente esistenti, che essi sono certamente riconducibili all errata esecuzione dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell appartamento confinante, che per l eliminazione di tali danni è necessaria la somma di E 7.000 oltre IVA (cfr. pag. 12 perizia e pag. 6 integrazione di perizia). Di tali danni deve però rispondere verso il terzo il solo appaltatore. Infatti, di regola la responsabilità nei confronti dei terzi per danni loro arrecati nell esecuzione del contratto di appalto, è unicamente responsabilità dell appaltatore, in ragione dell autonomia della quale egli gode nell esecuzione dell opera. Le uniche due eccezioni, che vedono rispondere nei conforti del terzo il committente per violazione del principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c., si hanno infatti quando il committente si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti, tali da ridurre l appaltatore al rango di nudus minister; ovvero quando risultino presenti gli estremi della culpa in eligendo, il che si verifica se il compimento dell opera o del servizio siano stati affidati ad un impresa appaltatrice manifestamente ed assolutamente priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto (cfr. Cass. n. 25173/2007, Cass. n. 15782/2006, Cass. n. 13131/ 2006, Cass. n. 9065/2006, Cass. n. 4361/2005, Cass. n. 2278/2005, Cass. n. 15408/2004, Cass. n. 11478/2004, Cass. n. 7499/2004, Cass. n. 7273/2003, Cass. n. 8686/2000, Cass. n. 2745/1999, Cass. n. 10652/1997, Cass. n. 4697/1984, Cass. n. 4050/1984). P.18 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore

Nel caso di specie, peraltro, parte attrice non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, la sussistenza di una delle due condizioni sopra indicate, id est l ingerenza del committente nell esecuzione dei lavori o la scelta di un appaltatore manifestamente inadeguato. Discende allora che solo Immobiliare R. s.r.l. deve essere condannata a pagare agli attori, in solido tra loro, E 7.000, oltre IVA ed oltre interessi moratori al tasso legale dal 5 luglio 2010, data della CTU che ha calcolato il danno all attualità, al saldo. In ragione di quanto sopra, la domanda va invece rigettata nei confronti del committente C. e del direttore dei lavori P. Così come richiesto da entrambe le parti (cfr. memoria attorea 5 maggio 2006 e verbale 5 giugno 2007), va invece statuita la cessazione della materia del contendere tra l attore ed il convenuto R., effettivamente estraneo all esecuzione dei lavori di causa. Va invece accolta la domanda di manleva dell Immobiliare R. verso Milano Assicurazioni, essendo infondata la tesi della difesa della terza chiamata, secondo la quale la copertura assicurativa, in quanto relativa a fatti accidentali, escluderebbe l operatività della polizza per fatti colposamente posti in essere dall assicurato, così come avvenuto nel caso che qui occupa. In realtà, secondo la pacifica e mai contrastata giurisprudenza, la copertura assicurativa per fatti accidentali non può riferirsi al caso fortuito od alla forza maggiore, situazioni che escludono radicitus la responsabilità dell assicurato e quindi l interesse a stipulare un assicurazione, ma si riferisce proprio ai fatti colposi, così contrapposti ai fatti dolosi per i quali non può operare invece la manleva (in questo senso, Cass. n. 5273/2008, Cass. n. 752/2000, Cass. n. 4118/1995, Cass. n. 2863/1990, Cass. n. 6265/1980). Discende che la Milano Assicurazioni deve essere condannata a rifondere a Immobiliare R. tutto quanto pagato a S. Gabriele e St., in dipendenza della presente sentenza, per somma capitale, rivalutazione, interessi, spese di lite e di CTU. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, così come previsto dall art. 91 c.p.c., nei vari rapporti processuali. Pertanto, Immobiliare R. deve essere condannata a rifondere le spese degli attori, in solido tra loro; gli attori vanno invece condannati a rifondere le spese sia di P., sia della C.; la terza chiamata va condannata a rifondere le spese dell assicurata Immobiliare R.; mentre vanno compensate le spese tra attori e R.. Infine, le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con i separati decreti di cui a dispositivo, vanno poste a carico di Milano Assicurazioni, parte definitivamente soccombente. (Omissis). responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore P.19

ORDINANZA CORTE COST.28 MARZO 2012 N.73 PRES.QUARANTA REL.MORELLI ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA R.C. AUTO - Azione giudiziale - Nei confronti dell impresa designata alla gestione dei sinistri in carico al Fondo di garanzia per le vittime della strada - Condizione di proponibilità - Comunicazione della richiesta risarcitoria cumulativamente all impresa designata e alla Consap anziché disgiuntamente all una o all altra - Asserito contrasto con le direttive della legge delega che prescrivono di agevolare la tutela per il danneggiato - Asserita compressione del diritto di difesa - Insussistenza - Manifesta infondatezza della questione cost. art. 24 cod. ass. art. 287 Deve essere dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell art. 287, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), per l insussistenza della prospettata lesione degli evocati parametri. Infatti, nel quadro di un complessivo «riassetto della materia», il legislatore ha inteso rafforzare la tutela del danneggiato anche attraverso la promozione di condizioni per una maggiore effettività e un miglioramento delle prestazioni assicurative assolutamente coerente, nonché espressiva comunque di scelte che rientrano nella fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (legge delega e decreto legislativo). FATTO. Ritenuto che in un giudizio civile risarcitorio, su azione diretta del terzo trasportato, ai sensi dell art. 141 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) di seguito anche c.d.a., proposta ex articolo 283, lettera d), in relazione all articolo 122, comma 3, stesso codice nei confronti dell impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada - l adito Tribunale ordinario di Macerata - Sezione distaccata di Civitanova Marche, al fine del decidere sull eccezione della convenuta, di improponibilità della domanda per mancato invio della richiesta risarcitoria anche alla CONSAP, come ora richiesto dal successivo articolo 287, comma 1, del medesimo decreto n. 209/2005, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 76, 77 e 24 della Costituzione, onde ha sollevato, con ordinanza dell 8 marzo 2011, questione di legittimità costituzionale del predetto art. 287; che la norma denunciata dispone, con riguardo alle ipotesi di cui al precedente art. 283 (nelle quali i danni da sinistro stradale debbano essere, come nella specie, risarciti dal Fondo di garanzia per le vittime della strada), che la richiesta risarcitoria del danneggiato, dalla quale decorre il termine dilatorio, di sessanta giorni per l esperibilità dell azione giudiziaria, debba essere ora comunicata, con lettera raccomandata, all impresa designata ed alla CONSAP - Fondo di garanzia per le vittime della strada, cumulativamente cioè ad entrambe, e non più, disgiuntamente, all una o all altra, come previsto dal previgente art. 22, in relazione all art. 19, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti); che, ad avviso del rimettente, la nuova norma espressa nel censurato art. 287 cod. ass. violerebbe, appunto, gli artt. 76 e 77 Cost., ponendosi in contrasto con le direttive della delega di cui all art. 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001), in quanto, invece di agevolare, come ivi prescritto, la tutela per il danneggiato, contraente debole, avrebbe aggravato la sua posizione, con l imposizione di un onere ulteriore, incidente negativamente sul suo diritto di difesa; che tale aggravamento, secondo il rimettente, determinerebbe anche un vulnus all art. 24 Cost.; P.20 responsabilità civile e previdenza n. 3 2012 addenda online Giuffrè Editore