L età arcaica. Cultura Archeologia. Scheda LE POPOLAZIONI DI STIRPE APULA. Gli abitati indigeni del Materano tra le valli del Basento e del Bradano

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Transcript:

di Alfonsina Russo L età arcaica LE POPOLAZIONI DI STIRPE APULA Gli abitati indigeni del Materano tra le valli del Basento e del Bradano I centri antichi ubicati sulle alture che dominano le vallate dei fiumi Bradano e Basento devono la continuità di vita e la ricchezza alla posizione strategica lungo le vie di comunicazione costituite dagli assi fluviali che permettono il collegamento tra la costa ionica e le aree interne della Basilicata. In particolare, i centri lungo il Basento, quali Pisticci, Ferrandina e Garaguso, mettono in evidenza i precoci rapporti di scambio e di contatto culturale con i centri greci della costa, attraverso la presenza di oggetti di prestigio importati dall ambito greco. Il Bradano permette una facile comunicazione con la valle dell Ofanto e il Melfese. I materiali rinvenuti negli abitati di Difesa S.Biagio, Montescaglioso, Timmari, Monte Irsi, Irsina, documentano l intensità degli scambi a partire dall età del Bronzo finale e soprattutto in epoca successiva alla fondazione di colonie greche sulla costa Cartina della Basilicata con i principali siti di età arcaica ionica (VII secolo a.c.). L insediamento di Pisticci, posto a controllo della bassa valle del Basento, evidenzia un precoce processo di strutturazione sociale con l avvio di produzioni ceramiche, come dimostra il rinvenimento di una fornace di ceramica indigena risalente al VII secolo a.c. (contrada Cammarelle). 1

2 Pisticci, tomba 1, Anfora a figure nere con Hermes e Dioniso. Inizi del V secolo a.c. di confine presso la colonia achea di Metaponto. Nel corso del VI secolo la documentazione proveniente dalla necropoli testimonia la formazione di un élite che imita modelli di comportamento di tipo greco. L abitato di Ferrandina sorge sotto l attuale centro e si sviluppa sulla collinetta denominata Croce del Calvario, dove è stata Gli scavi sistematici hanno permesso di ricostruire l organizzazione dell abitato con le relative necropoli. In particolare, è stata individuata una capanna, databile tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo a.c., e un pozzo, riempito in un periodo immediatamente successivo alla metà del VII secolo a.c. Il rinvenimento di un graffito in lettere greche e alfabeto acheo documenta il precoce avvio di relazioni culturali tra la comunità indigena di Pisticci e i coloni di Metaponto: è documentata la presenza di efebi armati in una realtà Pisticci, tomba 4. Cratere a figure rosse con corteggio dionisiaco. Seconda metà del V secolo a.c. individuata una necropoli che copre un arco di tempo dall VIII a tutto il VII a.c.; i corredi funerari hanno restituito vasi prodotti localmente che evidenziano una precocità nel recepire modelli decorativi dalla coeva ceramica coloniale. Un accenno di articolazione all interno della comunità è data dal rinvenimento di un elmo corinzio che allude al costituirsi, nel corso del VI secolo a.c., di una élite guerriera. L emergere del sacro in ambito indigeno: Garaguso e Timmari Il centro antico di Garaguso (in provincia di Matera) è ubicato su un altura, a 500 m. ca. sul livello del mare, che funge da spartiacque tra la valle del Basento e quella del Cavone-Salandrella. Dalla seconda metà del IX - inizi dell VIII sec. a.c. si sviluppa l insediamento antico con le relative necropoli che hanno restituito numerosa ceramica subgeometrica di produzione locale. La posizione strategica del centro, al confine tra diverse aree culturali e a ridosso del territorio della colonia greca di Metaponto, costituisce il presupposto per l avvio di un precoce processo di strutturazione delle compagini indigene, anche in stretto rapporto con la realtà ellenica. Non è un caso che in questo centro si sviluppa la più antica area sacra indigena, la cui

frequentazione si data dalla prima metà del VI sec. a.c. alla metà del V sec. a.c.. In contrada Fontanelle sono stati individuati due depositi votivi, posti ad una distanza di circa 50 metri l uno dall altro e in prossimità di una sorgente. Il primo, denominato Altieri (dal nome del proprietario del terreno), contiene terrecotte figurate, che si riferiscono soprattutto a personaggi femminili: protomi, statuette di dee in piedi o sedute in trono, figure di Demetra con porcellino, kourotrophoi (nutrici), portatrici di cofanetti, di fiori o di frutta, oltre ad alcuni personaggi maschili e ad una focaccia miniaturistica su un minuscolo vassoio. Sono deposti anche ceramiche di produzione greca, coppe ioniche B2, vasi di produzione locale e oggetti in metallo, come borchie ed anelli di bronzo, fibule, armi e attrezzi miniaturistici in ferro. Il secondo deposito, noto come Autera, sembra riferirsi ad una frequentazione maschile del santuario, per la presenza di un gran numero di armi e strumenti di ferro (giavellotti, lance, stiletti, coltelli, morsi di cavallo) e di bronzo (patera ombelicata, anelli dei tipi più vari). Non sono inoltre attestate molte terrecotte, ma numerosa ceramica di produzione o d imitazione greca, come vasi a figure nere, vasi a vernice nera di produzione attica o che imitano la ceramica attica, alcuni vasi attici a figure rosse, ceramiche a fasce, coppe ioniche B2, nonchè ceramiche miniaturistiche, come crateri, hydriai, skyphoi, patere ombelicate. Garaguso, santuario. Tempietto e statuetta di divinità in marmo. 470 a.c. Da segnalare, sempre in bronzo, una lamina lunga e stretta decorata a sbalzo (probabilmente una impugnatura di scudo) e una minuscola Sirena anch essa lavorata a sbalzo. Una seconda area sacra è stata individuata nel 1922 in località Filera, anch essa in prossimità di una sorgente, e conteneva due oggetti eccezionali, strettamente collegati tra loro, esposti da allora nel Museo di Potenza. Si tratta di un modellino di tempio e di una statuetta di dea seduta, ambedue in marmo, databili alla prima metà del V sec. a.c., di probabile produzione metapontina. Costituiscono un offerta votiva della colonia achea alle divinità del santuario indigeno, nell ambito dei fecondi rapporti di interscambio culturale instauratisi tra Greci e indigeni. Con questi due oggetti eccezionali si rinvennero anche statuette e protomi di terracotta. Queste aree sacre ripropongono elementi comuni a tanti altri depositi votivi dell Italia meridionale e centro-meridionale coevi. E probabile Garaguso, santuario. Testa femminile con polos. Seconda metà del VI secolo a.c. Garaguso, santuario. Figura femminile panneggiata. Seconda metà del VI secolo a.c. che la divinità venerata sia da identificare con una dea protettrice delle messi e dei raccolti, ma anche propiziatrice di fecondità e di maternità. 3

4 L insediamento di Timmari Timmari, santuario. Scavi Ridola. L importante abitato antico di Timmari è ubicato, in posizione dominante, su una collina lungo il corso del fiume Bradano. La località risulta frequentata sin dal Neolitico, ma con l età del ferro l occupazione umana diventa intensa e diffusa sia sui terrazzi collinari che sulle pendici. Le ricerche condotte dal Ridola e gli scavi sistematici, avviati fin dal 1969 dalla Soprintendenza Archeologica hanno permesso di individuare le ricche necropoli, databili in un arco di tempo piuttosto esteso, fra il VII e il IV sec. a.c., con corredi che hanno restituito ceramiche geometriche indigene e vasi di importazione greca o di produzione coloniale, a conferma dell esistenza di molteplici rapporti esistenti tra le popolazioni indigene e le città greche della costa ionica. Di particolare rilievo sono i corredi delle sette tombe rinvenute fra il 1982 e il 1986 e afferenti ad un gruppo familiare aristocratico. Fra tutte, si segnala la tomba n. 33, riservata ad un giovane guerriero di elevatissimo rango, contenente numerosi e preziosi vasi monumentali a figure rosse, alcuni dei quali attribuiti ad officine ceramografiche apule e, in particolare, al Pittore di Dario. Una vasta area sacra è stata portata alla luce dagli scavi di Domenico Ridola, condotti nei primi decenni de 1900 in contrada Lamia di S. Francesco ; in particolare si sono individuati due luoghi distinti (zone A e B) di culto, in cui si sviluppavano edifici sacri, costituiti da sacelli, portici delimitati da un muro di temenos. La presenza, inoltre, di condotte per l acqua in terracotta sembrerebbe confermare l uso dell acqua durante le varie fasi del culto, connesso ad una sorgente e attestato dal ri- Timmari, santuario. Figura femminile stante con offerta. Metà del V secolo a.c.

trovamento di numerosi vasetti miniaturistici, come in molti altri santuari analoghi della costa ionica e delle aree interne della regione (Herakleia, Rossano di Vaglio, San Chirico Nuovo, Chiaromonte, Ruoti). L ingente materiale votivo deposto nella zona A e rappresentato da statuette di offerenti, protomi e busti fittili, thymiateria, vasi rituali recanti dipinta la fiaccola a croce, nonchè un piatto a vernice nera con l invocazione alla figlia di Demetra, ha posto in evidenza il culto prestato alle divinità eleusinie, con predominanza di Kore-Persephone, nel loro aspetto peculiare di protettrici della natura feconda e della salute. Altri precisi riscontri di una frequenza del santuario, in riferimento alla celebrazione del culto ctonio a Timmari nel pieno VI sec. a.c., provengono dal ritrovamento nella stipe votiva di vasi subgeometrici di produzione indigena tipici del Materano, accanto a coppe ioniche (forma B2) di produzione coloniale. Il santuario fungeva dunque da luogo d incontro e di scambio tra due realtà culturali, quella indigena e quella greca. PER SAPERNE DI PIÙ: AA.VV., Popoli Anellenici in Basilicata, (catalogo mostra), Napoli 1971. AA.VV., Il sacro e l acqua. Culti indigeni in Basilicata, (catalogo mostra), Roma 1998. FONTI ICONOGRAFICHE: AA.VV., Il sacro e l acqua. Culti indigeni in Basilicata, (catalogo mostra), Roma 1998. AA.VV., Il vino di Dioniso. Dei e uomini a banchetto in Basilicata (catalogo mostra), Roma 1999. 5