LA PRIMAVERA DEL NON PROFIT Riforma del terzo settore. 1. Lineamenti della Riforma del Terzo Settore

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S.A.F. SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE LUIGI MARTINO LA PRIMAVERA DEL NON PROFIT Riforma del terzo settore 1. Lineamenti della Riforma del Terzo Settore 2. Un caso: la compatibilità dell ente ecclesiastico Don Lorenzo Simonelli Avvocato Generale della Curia di Milano 31 marzo 2015 Centro San Fedele Milano

S.A.F. SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE LUIGI MARTINO Il Disegno di legge delega Disegno di legge C. 2617 adottato come testo base risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione XII della Camera

La finalità della Riforma (art. 1) «Al fine - di sostenere la libera iniziativa dei cittadini che si associano per perseguire il bene comune, - di elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale favorendo la partecipazione, l inclusione e il pieno sviluppo della persona, - di valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decreti legislativi in materi di disciplina del Terzo settore» 3

Definizione di Terzo Settore (art. 1) «Per Terzo settore si intende - il complesso degli enti privati - costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, - senza scopo di lucro, - promuovono e realizzano attività d interesse generale, - anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi» 4

Quali obiettivi? 1. Il Terzo settore vorrebbe essere un sistema normativo PROMOZIONALE per - una reale affermazione del bene comune frutto non dell azione individuale ma collettiva, - un reale intraprendenza della persona mossa non da finalità egoistiche, - una crescita del sistema paese, in primis quella occupazionale. 5

Cosa si intende per Terzo Settore? 2. Dalle «finalità» ai «soggetti» enti privati che hanno scopo solidaristico (finalità civiche) che non hanno scopo di lucro NO enti pubblici NO «egoistico»; le società a determinate condizioni NO «scopo di lucro»; le società a determinate condizioni 6

Cosa si intende per Terzo Settore? 3. dalle «finalità» alle «attività» attività di interesse generali SIEG secondo la Commissione Europea (2012/C8/02): - l'affidamento di una specifica missione di servizio pubblico implica la prestazione di servizi che un impresa, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non si assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura o alle stesse condizioni, - servizi qualificati come servizi di interesse economico generale debbano essere destinati ai cittadini o essere nell'interesse dell'intera società. L'ordinamento italiano usa ma non conosce tale definizione. Sarà il legislatore delegato a dover dare la definizione! anche mediante la produzione/scambio di beni e servizi di «utilità sociale» Il significato è ambiguo. L azione ad extra di un soggetto giuridico si realizza producendo e scambiando beni e servizi: probabilmente l inciso intende indicare la «modalità d impresa» con cui si realizza l attività dell ente. Duplica il concetto di «attività di interesse generali»? 7

Cosa si intende per Terzo Settore? 3. dalle «finalità» alle «attività» conseguite anche attraverso forme di mutualità (sussidiarietà) Lo scopo mutualistico, come si legge in proposito nella relazione del Guardasigilli n. 1026 al codice civile, consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato. 8

Oggetto dei decreti legislativi (art. 1, co. 2) a) «revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute»; b) «riordino e revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all articolo 20, commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni»; c) «alla revisione della disciplina in materia di impresa sociale»; d) «alla revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale». 9

Tempi e modi dei decreti legislativi (art. 1, co. 5-6) Competenze: a) I D.Lgs. relativi alle lettera a), b), c) sono adottati su proposta del Ministero del Lavoro, b) Il D.Lgs. Relativo alla lettera d) è adottato su proposta del Presidente del Consiglio. Tempi: a) Entro 12 mesi dall entrata in vigore della Legge Delega, b) Entro ulteriori 12 mesi il Governo potrà apportare integrazioni e correzioni ai D.Lgs. 10

Cf Legge Delega sull Impresa Sociale (art. 1, L. 118/2005) «Il Governo è delegato ad adottare [ ] uno o più decreti legislativi recanti una disciplina organica, [ ] relativa alle imprese sociali, intendendosi come imprese sociali: - le organizzazioni private, - senza scopo di lucro, - che esercitano in via stabile e principale un'attività economica, - di produzione o di scambio di beni o di servizi di utilità sociale, - diretta a realizzare finalità di interesse generale». 11

Ipotesi del Sistema Terzo Settore Soggetti Finalità Attività Enti Privati - Libro I (associazioni e fondazioni) - Libro V (alcune Società) - Enti Ecclesiastici NO - Società prive di determinate caratteristiche - Enti Pubblici + - Civiche - Solidaristiche - Senza scopo di lucro «soggettivo» - Anche con lucro oggettivo (non è escluso) NO - Lucro «soggettivo» - Finalità egoistiche (anche ad intra - da approfondire) + - Attività di «Interesse Generale» - in forma d impresa o in forma non d impresa - Beni e servizi di «utilità sociale» NO - Attività non di «Interesse Generale» - Beni e servizi non di «utilità sociale» 12

Questioni «fondamentali» non del tutto chiarite dalla «Delega» Unicità del Terzo Settore? Attività del Terzo Settore E le tipologie «speciali»? Quando un soggetto ha le condizioni previste dal legislatore, appartiene al Terzo Settore a tutto tondo, oppure può essere necessario che abbia anche altri requisiti per godere di determinate agevolazioni? Che rilevanza può avere la modalità con cui è svolta l attività di «Interesse Generale» o «di Utilità Sociale»? Come si verifica il legame «ontologico» che deve sussistere tra l attività svolta e il fine del soggetto? Soprattutto in itinere. Che effetti può avere l esercizio della attività nella modalità di «impresa»? Cosa può/deve restare delle normative speciali che hanno creato le OdV, gli APS, le ONG, le Cooperative Sociali, le ONLUS, le INLUS? Qualora si intendesse mantenere le normative speciali, che senso avrebbe un Codice del Terzo Settore? Quando si applicherebbe? Come si comporrebbe la disciplina comune del Libro I e quella dei soggetti speciali (OdV, APS, ONG, Cooperative sociali, ONLUS, INLUS) 13

S.A.F. SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE LUIGI MARTINO Il Caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico con il Sistema del Terzo Settore

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 1) l EECR è un soggetto bi/trifronte, quasi un soggetto in tre soggetti Attività di Religione o di Culto (art. 16, L. 222/85) Esercizio del culto e cura delle anime, formazione del clero e dei religiosi, scopi missionari, catechesi, educazione cristiana. L Ordinamento statale non ha alcuna competenza in questi ambiti. Non hanno alcuna rilevanza tributaria. Attività «diverse» in forma «non commerciale» Carità/beneficienza, housing sociale, attività gratuite (ancorché organizzate), finanziate dall ente pubblico e decommercializzate, beni culturali. Sono soggette alla normativa statale in relazione alle condizioni/modalità di esercizio. Hanno rilevanza tributaria. Non rilevano in merito al tema «aiuti di Stato». Attività «diverse» in forma «commerciale» Scuola, sanità, assistenza sociale, Sala della Comunità, attività di somministrazione Sono soggette alla normativa statale in relazione alle condizioni/modalità di esercizio. Hanno rilevanza tributaria. Hanno rilevanza in ordine al tema «aiuti di Stato». 15

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 2) Trasparenza ed informazione dei bilanci e degli atti fondamentali Attività di Religione o di Culto (art. 16, L. 222/85) Esercizio del culto e cura delle anime, formazione del clero e dei religiosi, scopi missionari, catechesi, educazione cristiana. È tenuto alla sola normativa relativa al divieto di pagamento in contanti per somme superiori ad euro 1000. Per molte di queste attività è difficile organizzare/imporre un sistema di ricevute. Attività «diverse» in forma «non commerciale» Carità/beneficienza, housing sociale, attività gratuite (ancorché organizzate), finanziate dall ente pubblico e decommercializzate, beni culturali. Ad oggi non è richiesta alcun adempimento fiscale in quanto soggetto attivo. È invece tenuto alla normativa relativa al divieto di pagamento in contanti superiori ad euro 1.000. Non vi è un obbligo generalizzato di contabilità. Attività «diverse» in forma «commerciale» Scuola, sanità, assistenza sociale, Sala della Comunità, attività di somministrazione Già oggi è imposta la contabilità fiscale separata. Non vi è, però, alcun obbligo di certificazione dei bilanci. Non vi è alcun obbligo di vigilanza di un organo simile al Revisore contabile/legale. 16

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 3) Un unico bilancio o più rendiconti per le diverse attività? Un unico bilancio a beneficio dei terzi evidenzia la necessità di riflettere attentamente su alcuni profili: a) Lo stato patrimoniale; come valutare i cespiti a destinazione pastorale? b) Lo stato patrimoniale; quale garanzia è assicurata ai soggetti che finanziano l ente? c) Lo stato patrimoniale; è possibile il trasferimento di risorse da un ambito all altro? d) Il conto economico; come rappresentare le attività di religione o culto? come distinguerle da quelle «diverse» e da quelle «commerciali»? e) Quale affidabilità può avere per i terzi un attività che per lo più non genera ricavi (do ut des) ma solo proventi (offerte o contributi non legati a quanto investito per la produzione di servizi)? f) Di quale «parte» di bilancio sarà necessario dare pubblicità? 17

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 4) I soggetti amministrati da una sola persona fisica: è compatibile con un sistema che ha il dogma della «trasparenza»? La maggior parte degli enti ecclesiastici ha come amministratore e legale rappresentante una persona fisica (diocesi, parrocchia, cappellania, in parte gli istituti di vita consacrata): - manca un collegio titolare della funzione amministrativa, - non è previsto un collegio di revisione (legale o contabile), - è «assai complesso» attribuire la fase di progettazione, di realizzazione e di controllo a soggetti diversi. - come garantire un ruolo nell amministrazione ai partecipanti ed ai lavoratori (manca un sistema di organi e di competenze)? 18

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 4) La non lucratività dell ente ecclesiastico Qualora il requisito della «non lucratività soggettiva» si declinasse nel «divieto statutario di distribuire utili e avanzi di gestione», accompagnato «dall obbligo di devolvere il patrimonio ad altri enti non lucrativi in caso di estinzione dell ente (o di perdita della qualifica di ente non lucrativo)», l ente ecclesiastico potrà essere considerato «non lucrativo» in riferimento alla disciplina del Terzo Settore? Si consideri, infatti: 1) Certamente scopo dell ente ecclesiastico non è arricchire i suoi amministratori o i suoi partecipanti, dato che è lo stesso Codice di diritto canonico che condiziona il diritto dei soggetti canonici di possedere ed amministrare beni solo in vista di tre finalità precise - «ordinare il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento del clero e degli altri ministri, esercitare opere di apostolato sacro e di carità» (can. 1254, 2) e si è dotato di un sistema di vigilanza canonica affidata all Ordinario di luogo. 19

Il caso della compatibilità dell Ente Ecclesiastico 4) La non lucratività dell ente ecclesiastico 1) D altra parte, l ente ecclesiastico non potrebbe realizzare appieno la propria missione (riconosciuta dal Concordato e protetta dalla Costituzione) qualora dovesse assumere radicalmente la definizione di non lucratività sopra descritta. 2) «Radicalmente» vuol dire «in riferimento alla sua unica soggettività». 3) Quali spazi per le attività «strumentali» gestite al solo fine di reperire fondi destinati alle attività istituzionale? 20