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TRIBUNALE CIVILE DI NAPOLI SEZ. V^/bis - G.E. DOTT. udienza 26/1/2011 NOTE A VERBALE per il dott.. CONTRO L AZIENDA SANITARIA LOCALE Napoli 1 Centro, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore. FATTO E DIRITTO L istante, titolare di farmacia, ha effettuato pignoramento presso terzi in danno della debitrice Asl per forniture effettuate in favore del servizio sanitario nazionale. Sennonché nelle more del pignoramento è intervenuto il D.L. n. 78 del 31/5/2010 art. 11, 2 comma, convertito in L. n. 122/2010 che ha stabilito il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle Asl appartenenti a regioni sottoposte a piani di rientro, fino al 31/12/2010. Successivamente, poi, è intervenuta la Legge finanziaria per l anno 2011 (L. 13/12/2010 n. 220) che all art. 1, comma 51, nel richiamare la disposizione del DL 78/2010 ha prorogato il divieto di cui sopra fino al 31/12/2011, prevedendo altresì che I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di cui al presente comma alle aziende sanitarie locali ed ospedaliere delle regioni medesime, effettuati prima della data di entrata in vigore del DL 31/5/2010 n. 78, 1

convertito con modificazioni dalla L. 30/7/2010 n. 122, non producono effetti dalla suddetta data fino al termine del 31/12/2011 e non vincolano gli enti del SSN ed i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità istituzionali dei predetti enti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo. Sta di fatto che la proroga del divieto di cui sopra, con l aggiunta dello svincolo delle somme pignorate che costituisce caducazione degli effetti dell azione esecutiva, è senz altro inapplicabile poiché si pone in aperto contrasto con le norme di diritto comunitario. Pertanto, richiede la disapplicazione dell art. 1 comma 51, della Legge Finanziaria per l anno 2011 per i seguenti MOTIVI: 1) DELLA DISAPPLICAZIONE DELL ART. 1 COMMA 51 DELLA LEGGE 13/12/2010 n. 220 (cosiddetta legge di stabilità) PER CONTRASTO CON GLI ARTT. 16 e 47 DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL UNIONE EUROPEA O CARTA DI NIZZA E CON L ART. 106 DEL TRATTATO DI LISBONA. a) L art. 6, 1 paragrafo del Trattato di Lisbona prevede espressamente che L Unione riconosce i diritti, le libertà ed i principi sanciti nella Carta dei Diritti fondamentali dell Unione Europea del 7/12/2000 (Carta di Nizza), adottata il 12/12/2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Da tale formulazione si evince che la Carta di Nizza del 2

7/12/2000 ha lo stesso valore giuridico dei trattati e quindi è divenuta diritto comunitario con tutte le conseguenze in termini di prevalenza sugli ordinamenti nazionali. Ciò ancor più se si tratti di particolari materie già esaminate in relazione alle loro implicazioni di valenza trasnazionale. Basti pensare al Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Grazie alla definizione di norme minime questo strumento consente la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici relativi a crediti non contestati in tutti gli Stati membri, senza che siano necessari, nello Stato membro dell esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l esecuzione. In proposito e cioè con riferimento alla richiesta di disapplicazione della norma sul divieto ad intraprendere o proseguire azioni esecutive, va rilevato che l art. 47 della Carta di Nizza garantisce quale diritto dell Unione il diritto di ogni individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un Giudice indipendente ed imparziale ed entro un termine ragionevole. E evidente che il divieto di intraprendere e proseguire i giudizi di esecuzione per circa due anni, è in aperto contrasto con il diritto dell individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un Giudice, da concludersi entro un termine ragionevole. Ancor più se si pensa che attualmente, mentre un qualunque cittadino dell Unione non può intraprendere l azione per crediti 3

sanitari in cinque regioni d Italia, gli stessi cittadini possono tranquillamente proporre l azione giudiziaria nel resto dell Europa. Appare evidente il contrasto, perché mentre può ritenersi compatibile con il sistema l impignorabilità temporanea come prevista dalla L. 67/93 che non incide sulla proponibilità dell azione esecutiva, altrettanto non può dirsi di una norma che inibisce l accesso alla giustizia e dilata enormemente la ragionevole durata del processo. b) Le norme citate in epigrafe, tutelano la concorrenza delle imprese che operano nei paesi dell Unione (art. 106) e la libertà di impresa stessa (art. 16) come principi fondamentali dell Unione. Non vi è dubbio che la disposizione recentemente approvata dal legislatore italiana violi in radice il principio di libera concorrenza, in quanto rende particolarmente difficile l equilibrio economico delle aziende del settore sanitario che operano prevalentemente nelle cinque Regioni Italiane per le quali è in vigore il divieto della proposizione di azioni esecutive. 2) IN SUBORDINE DELLA DISAPPLICAZIONE DELL ART. 1 COMMA 51 DELLA LEGGE 13/12/2010 n. 220, PER CONTRASTO CON L ART. 6 PAR. 1) DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL UOMO E DELLE LIBERTA FONDAMENTALI DEL 4/11/1950. Come è evidente la suindicata norma di cui si chiede la 4

disapplicazione, non è altro che la proroga della precedente disposizione contenuta nell art. 11 del D.L. 78/2010, con l ulteriore penalizzazione dello svincolo addirittura retroattivodelle somme pignorate. Mentre nella originaria disposizione, facendo uno sforzo di tolleranza, poteva apparire non ravvisabile un contrasto con le disposizioni di diritto comunitario (art. 6 CEDU), ciò non può dirsi in relazione alla nuova disposizione citata in epigrafe che dilata il termine di compressione di un diritto fondamentale ed addirittura elimina retroattivamente l efficacia della legittima azione giudiziaria introdotta in forza di un titolo esecutivo. A) DELLA DISAPPLICAZIONE ALLA LUCE DEL TRATTATO DI LISBONA. La nuova formulazione dell art. 6 del Testo Stabilizzato (Trattato di Lisbona), in vigore dall 1/12/2009, prevede al 2 comma che l unione aderisce alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali ed al terzo comma ancor più incisivamente che I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell Unione in quanto principi generali. Da tale norma consegue l elevazione a rango di diritto comunitario dei principi contenuti nella CEDU e quindi la natura di fonte primaria di tali principi vincolanti per la legislazione 5

degli Stati facenti parte dell Unione. Di tali principi ha fatto applicazione anche il Tar Lazio (peraltro tale decisione è stata anticipata da una precedete pronuncia del Consiglio di Stato, IV Sezione, n. 1220 del 2010) che con sentenza n. 11984/2010, dopo aver affermato che con la modifica dell art. 6 del Trattato non si ha più un riferimento mediato alla CEDU, ma i principi affermati dalla Convenzione Europea, firmata a Roma il 4/11/50, costituiscono principi del Diritto Comunitario avente immediate conseguenze di assoluto rilievo, in quanto le norme della convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri dell Unione, ha così precipuamente motivato: Si aprono quindi inedite prospettive per la interpretazione conformativa, ovvero per la possibile disapplicazione, da parte di questo Giudice nazionale delle norme nazionali, statali o regionali, che evidenzino un contrasto con i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diriiti dell Uomo e delle libertà fondamentali, a maggior ragione quando, come in questo caso la Corte di Strasburgo si sia già pronunziata sulla questione. E pertanto proseguono i giudici amministrativi che le modifiche apportate con il Trattato di Lisbona, hanno portato all obbligo, per il Giudice Nazionale, di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in via immediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto 6

comunitario, senza dover transitare per il filtro dell accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno. B) DEL CONTRASTO CON L ART. 6 CEDU. L art. 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea, per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali del 4/11/1950, qualifica e tutela quale diritto inviolabile dell uomo e delle sue libertà fondamentali il cosiddetto giusto processo in tutte le sue articolazioni. Sta di fatto che la normativa recentemente approvata si pone in aperto contrasto con tale principio in particolare con riferimento a tre specifiche violazioni: a) perché vieta di intraprendere o proseguire azioni giudiziarie comprimendo così il diritto di accesso alla giustizia che occupa un posto preminente tra i diritti riconosciuti in una società democratica. b) perché dilata irragionevolmente, reiterandola, la norma che pone divieto di intraprendere le azioni esecutive. Ciò in aperto contrasto con il principio, sancito anche dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 360 del 1996, secondo cui il potere di reiterazione: b.1) può intervenire quando non vi sia la possibilità di regolare la stessa materia con altro strumento e nel caso di specie, come è noto, vi è già disposizione di legge n. 67/93 che prevede la possibilità di sottrarre all azione di pignoramento somme dell ente 7

destinate a specifici fini istituzionali; b.2) deve risultare caratterizzato da nuovi presupposti straordinari; cosa non ravvisabile nel caso di specie in cui a fronte di un termine (seppur non perentorio) di 15 gg per la ricognizione della situazione debitoria, nessun nuovo elemento è stato addotto a giustificazione dell inerzia dell Amministrazione. c) perché svincola addirittura con efficacia retroattiva- le somme a suo tempo pignorate, caducando così gli effetti dell azione esecutiva, che potrebbe esaurirsi per mancanza di soddisfazione del credito non più garantito dal pignoramento effettuato. 3) ANCOR PIU IN SUBORDINE, DELL INAPPLICABILITA DELL ART. 1, COMMA 51 DELLA LEGGE 13/12/2010 n. 220 PER ASSENZA DEI PRESUPPOSTI INDICATI DALLA LEGGE STESSA. L art. 11, 2 comma del D.L. n. 78/2010, espressamente richiamato dalla legge reiterativa del divieto delle azioni esecutive, prevede come si è già detto- che i Commissari ad acta delle Regioni commissariate procedono, entro 15 giorni dall entrata in vigore del presente decreto legge, alla conclusione della procedura di ricognizione di tali debiti, predisponendo un piano che individui tempi e modalità di pagamento. Ed a tale fine è stato disposto il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle A.S.L fino al 31.12.2010. La legge recentemente approvata, pur ricollegandosi alla 8

precedente disposizione, introduce rilevanti modifiche in quanto estende il divieto delle azioni esecutive a tutto il 31.12.2011, (stabilendo anche la caducazione degli effetti di precedenti pignoramenti) con l esclusivo intento di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione. Ciò significa, evidentemente, non solo che l ente abbia concluso la procedura di ricognizione e predisposto il piano che individui modalità e termini di pagamento, come già previsto dal d.l. n. 78/10, ma che sia in essere il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione. La ratio della disposizione di legge fortemente lesiva del diritto del creditore di agire per il soddisfacimento del credito- è si quella di aver voluto apprestare uno strumento diretto ad evitare la soggezione ad azioni esecutive, ma in presenza, tuttavia, del regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione. In assenza del comportamento virtuoso dell ente che dimostri fattivamente la funzionalità dei regolari pagamenti al divieto delle azioni esecutive non può ritenersi operante lo scudo giudiziario previsto dal Legislatore. In proposito la Suprema Corte ha sempre affermato che le norme che si prestano a diversa interpretazione, vanno interpretate nel senso che siano costituzionalmente legittime. E, pertanto, non vi è dubbio che tale norma possa avere i requisiti di legittimità costituzionale solo nell ipotesi in cui al divieto di pignoramento corrisponda il regolare pagamento dei 9

debiti oggetto della ricognizione. Ne consegue che in mancanza dei pagamenti la norma debba ritenersi non operante. P.T.M. Si insiste per l assegnazione delle somme pignorate. Salvis juribus. Avv. Gabriele Gava Avv. Alessandro Marotta 10