DEGRADO E BIODIVERSITÀ NEL BOSCO DI LUCIGNANO DELLA MURGIA MATERANA

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DEGRADO E BIODIVERSITÀ NEL BOSCO DI LUCIGNANO DELLA MURGIA MATERANA di Raffaele Pio Manicone * Circa un settimo di tutte le piante vascolari censite sul territorio nazionale si trova nell area di Matera: si tratta di oltre 820 specie vegetali che tuttavia risultano a grave, in alcuni casi a gravissimo, rischio di estinzione. Gli ecosistemi che si possono osservare ad esempio nel bosco di Lucignano contengono specie vegetali ed animali di grandissimo valore, la cui presenza andrebbe salvaguardata attraverso interventi di selvicoltura naturalistica, che tuttavia dovranno essere preceduti da un accurato studio preliminare. L articolo effettua un excursus sulle presenze forestali nel parco regionale della Murgia materana, di cui il bosco di Lucignano rappresenta una delle realtà più interessanti. About one seventh of all the vascular plants surveyed on the national territory are preserved in the Matera area: there are more than 820 plant dying species. The ecosystems which can be observed in the Lucignano wood contain extremely important animal and plant species. Their existence should be preserved through naturalistic forestry intervention. These latter, however, should be preceded by a careful preliminary study. This article provides an excursus on the forest species living in the regional park of materana Murgia, where the Lucignano wood is certainly one of the most outstanding examples. Chi per la prima volta si affaccia da uno dei tanti belvedere presenti nella città di Matera ha subito la netta sensazione di varcare con lo sguardo un limite non solo spaziale ma anche temporale. Le profonde fenditure della roccia calcarea, gravi- * Vice Questore Aggiunto Forestale 233

ne, la cui superficie si presenta a volte selvaggiamente nuda, a volte coperta da una vegetazione che mostra tutta la fatica che nei secoli ha portato alla lenta colonizzazione di quegli aspri pendii, ospitano una natura dal sapore antico e selvaggio dove l inaccessibilità dei luoghi ha permesso a specie animali e vegetali di sopravvivere ad una antropizzazione spesso irrispettosa dell ambiente naturale. Questo territorio meraviglioso che offre un paesaggio primordiale, praticamente contiguo alla città di Matera, è riuscito a conservare, nel tempo, una biodiversità di eccezionale valore. Nell area della gravina di Matera infatti, ad oggi, risultano censite oltre 820 specie vegetali (circa un settimo delle circa seimila piante vascolari censite su tutto il territorio nazionale). Da una recente indagine (Conti et al., 1997) è risultato che molte delle specie presenti nel territorio di Matera sono considerate a grave o gravissimo rischio di estinzione, altre risultano a minor rischio ed altre ancora vulnerabili. Questi risultati mostrano quindi l estrema fragilità degli ecosistemi coinvolti la cui biodiversità è sempre in pericolo. Biodiversità e gestione sostenibile Negli ultimi anni la salvaguardia della biodiversità sta assumendo un ruolo crescente nelle politiche di gestione e sviluppo delle risorse ambientali. Questo perché è proprio la capacità di conservare la diversità biologica che permette agli ecosistemi di superare eventuali crisi dovute a fattori perturbatori interni e/o esterni, in virtù della maggiore resilienza e capacità omeostatica che la maggiore biodiversità determina. Già durante il summit di Rio nel 1992 fu infatti sottolineata, oltre alla rilevanza della diversità genetica e specifica, l importanza della diversità a livello di ecosistema, comunque grande, necessaria per la sopravvivenza di comunità differenziate di piante ed animali particolarmente complesse. La diversità biologica infatti deve essere intesa secondo due differenti chiavi di interpretazione, a seconda della scala spaziale di riferimento. La prima, più piccola, è quella intra-ecosistema. È quella più semplice anche da interpretare poiché è collegata alla diversità specifica presente all interno di un determinato ecosistema; 234

biodiversità come grado di complessità della particolare biocenosi. La seconda, a scala spaziale più ampia, è quella inter-ecosistema e considera l ecosistema come organismo unitario. È l intero ecosistema, individuato in una determinata scala spaziale, con le sue particolari caratteristiche biologiche ed ambientali, a rappresentare l elemento base rispetto al quale misurare la biodiversità. Nella gestione delle aree naturali protette, quindi, l attenzione alla conservazione e all incremento della biodiversità, ad entrambi i livelli, assume un ruolo di estrema importanza. Il bosco di Lucignano Malgrado negli ultimi decenni gli ecosistemi del Parco regionale della Murgia materana abbiano sicuramente subito un importante involuzione a causa prioritariamente di attività antropiche (pascolo non regolamentato, erosione degli habitat naturali da parte di colture estensive, incendi) e secondariamente di eventi naturali (relittualità biologica), essi conservano ancora specie vegetali ed animali di grandissimo valore. In particolare, nella parte più sudorientale dell area protetta, ci sono ancora aree forestali che ospitano specie la cui presenza andrebbe salvaguardata ed incrementata attraverso interventi di selvicoltura naturalistica. In questo articolato panorama, il bosco di Lucignano rappresenta certamente una delle realtà più interessanti. Situato al confine con il comune di Ginosa, in provincia di Taranto, ha una altitudine media di 320 m s.l.m. ed è separato dal bosco del comune di Matera dal meraviglioso Vallone della Femmina. Più volte percorso da devastanti incendi, malgrado oggi si presenti fortemente degradato, rappresenta comunque una preziosa testimonianza di quella vegetazione forestale che, dalla parte più orientale della provincia di Matera, attraversando i territori di Laterza (TA) e Mottola (TA), arrivava fin quasi alla Valle d Itria in provincia di Taranto. Prima di questi eventi calamitosi infatti il bosco di Lucignano era caratterizzato dalla presenza di specie xerofile o moderatamente mesofile 235

sempreverdi, decidue e semidecidue. Tra queste, quella che merita maggiore attenzione, è certamente il Fragno (Quercus troiana Webb.) che qui ha rappresentato, per secoli, la specie dominante. L importanza del Fragno è legata alla circostanza che, questa specie, moderatamente abbondante nella regione balcanica occidentale (Croazia, Erzegovina, Albania, Macedonia, Peloponneso, Romania), in Italia occupa un areale estremamente ristretto ed identificabile con la parte centrale della Murgia di sud-est (provincie di Bari, Taranto e per una piccola parte Matera). Pertanto il nucleo presente all interno del bosco di Lucignano rappresenta l ultima propaggine occidentale di tale areale ed evidenzia, dal punto di vista fitogeografico, un importantissimo elemento per la comprensione di quel contingente paleoegeico che ha nella Puglia e nella provincia di Matera il suo limite occidentale più estremo (D Amato, 1949). La presenza nel bosco di Lucignano del Fragno, specie dominante, del Leccio (Quercus ilex L.), della Roverella (Quercus pubescens Willd.), della Quercia virgiliana (Quercus virgiliana Ten.), dell Acero minore (Acer monpessulanum L.), del Frassino minore (Fraxinus ornus L.), del Carpino orientale (Carpinus orientalis Mill.), e delle numerose specie tipiche della macchia mediterranea che spesso si interdigitano nel sottobosco dei querceti, oltre a dimostrare la moderata xerofilia di tali associazioni vegetali ne denota l elevata diversità biologica. In realtà la dominanza che il Fragno aveva assunto nei secoli all interno di queste aree forestali era certamente di origine antropica e dovuta alla grande importanza economica che tale specie assumeva per le popolazioni locali. Governato quasi esclusivamente a ceduo, la legna da ardere che se ne ricavava era ritenuta superiore a quella di tutte le altre specie quercine. Dalle matricine di 3 o più turni era inoltre possibile ritrarre assortimenti di buona qualità, usati localmente come legname da opera nonché, quando possibile, trasportati fino ai cantieri navali della costa adriatica pugliese ed utilizzati, grazie alla loro particolare resistenza, per la realizzazione degli scafi dei pescherecci. Le ghiande, inoltre, molto più grandi rispetto a quelle del leccio e della roverella, rappresentavano un ottimo ed abbondante alimento per il bestiame al pascolo mentre la vigoria nell emissione dei polloni, successivamente alla ce- 236

duazione, rendeva tale specie forestale quella maggiormente favorita dai selvicoltori. Attualmente però di ciò che era il bosco di Lucignano rimane ben poco. Le aree percorse dal fuoco sono oggi coperte da una fitta vegetazione xerofila dalla quale cominciano a svettare alcuni polloni (purtroppo spesso originati da gemme avventizie e quindi con basse possibilità di un buon affrancamento), emessi dalle ceppaie delle piante di fragno precedentemente danneggiate dal fuoco (Fig. 1 aree bruciate con polloni di fragno). La parte del bosco di Lucignano che nel tempo è sfuggita all aggressione del fuoco è un area, posta ai margini del vecchio querceto, estesa circa 50 ettari che alla fine degli anni Sessanta è stata oggetto di un intervento di rimboschimento e rinfoltimento con pino d Aleppo. Nel rimboschimento, in discrete condizioni vegetative, è facile notare come le latifoglie, un tempo dominanti in tutta la zona, tentino di affrancarsi, senza però ottenere apprezzabili risultati a causa dell impari competizione con le piante di pino d Aleppo. Molto abbondante è infatti la rinnovazione di leccio, roverella e fragno che però, in assenza di luce sufficiente ed in condizione di forte competizione con gli apparati radicali della conifera, non riesce ad affrancarsi se non in quelle aree ove schianti, furti di legna ed altri eventi casuali hanno permesso il formarsi di piccole buche di luce. Dall analisi del soprassuolo, è risultato evidente come la programmazione di oculati interventi di differente intensità, a seconda delle condizioni rilevabili, possa consentire alle specie quercine, ed in particolare al fragno, di riconquistare un area dove esse erano un tempo dominanti in modo da indirizzare un ecosistema di chiara origine artificiale verso quella che è probabilmente la vegetazione potenziale dell area (Ciancio, 2005). Un intervento di questo tipo consentirebbe l affermazione oltre che del fragno di numerose altre specie vegetali ed animali. L aumento di biodiversità intra ed inter ecosistema influirebbe quindi positivamente sulla capacità di resilienza di tutta la cenosi e quindi sulla stabilità ecologica di tutta l area interessata. 237

Figura 1 - Bosco di Lucignano. Aree percorse dal fuoco ormai completamente coperte da macchia mediterranea. Si notano numerosi i polloni di fragno svettanti Materiali e metodi Per determinare le scelte colturali più opportune per il raggiungimento delle finalità sopra descritte si è quindi provveduto, attraverso numerosi rilievi in campo, allo studio dell eterogeneità spaziale e delle dinamiche evolutive e compositive dei popolamenti. Attraverso la sintesi dei risultati così ottenuti è stato quindi possibile tracciare linee guida di intervento che dovrebbero comunque rappresentare una base di lavoro sulla quale ipotizzare, in modo specifico ed analitico, gli interventi da adottare nei popolamenti interessati. Le indagini effettuate risultano quindi fondamentali per la formulazione, attraverso l analisi evolutiva dei popolamenti, di strategie gestionali ecologicamente ed economicamente proponibili nonché in grado di preservare e soprattutto di incrementare la diversità biologica a livello inter ed intra ecosistema. Al fine di poter individuare le modalità di intervento più opportune per le differenti situazioni rilevabili all interno del bosco, sono state individuate tre situazioni differenti, rappresentative, mediamente, delle situazioni vegetazionali maggiormente diffuse nell area analizzata. In ciascuna area di 238

saggio, di forma circolare, raggio di 15 m, e superficie di 706,5 mq sono stati individuati e numerati tutti i soggetti con diametro, a 1,3 m, superiore a 2,5 cm. Di essi sono stati riportati su apposito piedilista, oltre alla specie ed al diametro, l altezza e, dove rilevante, la condizione sanitaria. Si è poi provveduto all analisi della rinnovazione nonché del corteggio floristico presente con particolare attenzione alle specie arbustive. I dati così ottenuti sono stati utilizzati per il calcolo dei principali valori dendrometrici (area basimetrica, volume dendrometrico e curva ipsometrica). Le analisi sono state effettuate sia sull intero campione e sia separatamente per le piante di specie quercine e per il pino d Aleppo. Infine per la valutazione della biodiversità di ciascuna area di saggio, prendendo in considerazione sia la sola componente arborea e sia la componente arbustiva del soprassuolo, è stato calcolato l indice SH di Shannon-Weaver (1948) secondo la formula dove: S = numero di specie p 1 = n 1/ N n 1 = numero degli individui della specie i N = numero totale degli individui. Inoltre, sempre per la valutazione della biodiversità della sola componente arborea, si è calcolato l indice S di Simpson (1949) secondo la formula dove: S = numero di specie p 1 = frequenze delle specie (n 1/ N) n 1 = numero degli individui della specie i N = numero totale degli individui. Il calcolo dei due indici di biodiversità è stato effettuato perché mentre l indice di Shannon aumenta all aumentare del numero delle specie presenti e può variare, da 0 a h, l indice di Simpson prende in conside- 239

razione la dominanza di una specie rispetto alle altre ed il suo valore, all aumentare della biodiversità del popolamento, varia tra 0 e 1. La valutazione di questi indici fornisce quindi importanti indicazioni sia sulla diversità biologica del popolamento e sia sulla dominanza di una specie sulle altre. Indici vicini allo zero quindi, in entrambi i casi, oltre ad una bassa presenza di specie indicano una dominanza di una specie sulle altre. L aumento degli indici di contro denota, oltre all aumento delle specie rappresentate, una distribuzione più omogenea del numero di individui per specie rappresentata. Risultati Area di saggio n. 1 - L area di saggio n. 1, ubicata ad un altitudine di 314 m s.l.m. ed esposizione a sud ovest è costituita da una formazione biplana dove il piano dominante è rappresentato da un rimboschimento di pino d Aleppo dell età di 40 anni circa. Il piano dominato è invece rappresentato (Tab. 1) da numerose piante di quercia (Quercus pubescens e Quercus trojana) con una distribuzione uniforme su tutta la superficie. La presenza del pino è ampiamente dominante (60%) mentre molto meno rappresentate risultano le specie quercine. Il corteggio floristico del sottobosco risulta costituito da specie tipiche sia delle formazioni di latifoglie eliofile e sia di macchia mediterranea e macchia foresta presenti nelle aree collinari mediterranee ed in particolare nelle formazioni meno degradate riscontrabili nelle aree murgiane limitrofe (Tab. 3). Anche per ciò che concerne le dimensioni delle piante, quelle di pino mostrano un diametro medio di 21,5 cm ed un altezza della pianta di diametro medio, rilevata dalla curva ipsometrica, di 13,5 metri. Il fragno e la roverella, occupanti il piano dominato della formazione mostrano invece diametri medi nettamente inferiori misuranti rispettivamente 10,7 e 9,2 cm nonchè altezze medie di 5,6 e 4,8 metri. I dati rilevati mostrano quindi come, benché il pino abbia in questa area una assoluta dominanza soprattutto per ciò che concerne l area basimetrica (14,86 mq pari all 86%), le specie quercine mostrano una certa tendenza a occupare gli spazi che progressivamente si rendono disponibili all interno della cenosi. Le migliori condizioni vegetative delle piante di 240

quercia si sono rilevate infatti là dove, per differenti cause, si era venuta a creare una discontinuità nell impianto originario della pineta. Tali buche di luce, più o meno piccole, avevano infatti permesso alle piante di quercia di vegetare meglio, risentendo in misura minore della competizione con le piante di pino. Inoltre nelle aree dove la discontinuità della pineta risultava più ampia si riscontravano i maggiori diametri e le maggiori altezze delle piante di quercia che quindi mostravano maggiore vigore vegetativo. Nelle aree dove la copertura delle piante di pino risultava maggiore invece, la rinnovazione di fragno e roverella, benché presente, rimaneva presto addugiata, perdendo progressivamente vigoria fino a disseccare completamente nell arco di 2-4 stagioni vegetative. Tabella 1 - Frequenza, per specie considerata, degli individui arborei presenti, calcolo del diametro medio, dell altezza della pianta di diametro medio e dell area basimetrica nell area n. 1 Specie n. individui/ha percentuale per specie Quercus trojana 113 Quercus pubescens 156 Pinus halepensis 410 Media Totale 679 16,7 22,9 60,4 diametro medio (cm) 10,7 9,2 21,5 Altezza pianta di diametro medio (m) 5,6 4,8 13,5 17,8 10,6 area basimetrica per HA (m 2 ) 1,02 1,34 14,86 17,22 L analisi della biodiversità relativa alle sole specie arboree effettuata attraverso l analisi degli indici di Shannon e di Simpson (Tab. 2) ha mostrato valori relativamente bassi in relazione alla notevole dominanza del pino rispetto alle due specie quercine. Tabella 2 - Indici di biodiversità di Shannon e di Simpson calcolati nell area n. 1 Indice SH di Shannon Indice S di Simpson 0,4244 0,5547 241

Nella Tab. 3 invece è riportato l indice SH di Shannon calcolato su tutte le piante arboree ed arbustive (compresa la rinnovazione). Tabella 3 - Indice di Shannon calcolato su tutte le specie vegetali (arboree, arbustive) rilevate nell area di saggio n. 1 compresa la rinnovazione naturale Specie Quercus trojana Webb. Quercus pubescens Willd. Pinus halepensis Mill. Quercus ilex L. Juniperus communis L. Pistacia lentiscus L. Phillirea latifolia L. Smilax aspera L. Cistus spp. Ruscus aculeatus L. Spartium junceum L. Asparagus acutifolius L. Prasium maius L. n. piante/ha 198 212 453 85 85 241 212 142 71 57 57 57 99 Indice SH di Shannon 0,1004 0,1043 0,1468 0,0589 0,0589 0,1116 0,1043 0,0822 0,0519 0,0443 0,0443 0,0443 0,0654 Totale 1.967 1,0179 Area di saggio n. 2 - L area di saggio n. 2, ubicata ad un altitudine di 320 m s.l.m. ed esposizione a sud est, è costituita da una formazione biplana dove il piano dominante è rappresentato da un rimboschimento di pino d Aleppo dell età di 40 anni circa. Anche in questo caso il piano dominato è rappresentato (Tab. 4) da numerose piante di quercia (Quercus pubescens, Quercus troiana e Quercus ilex L.) con una distribuzione uniforme su tutta la superficie. Da rilevare una netta dominanza, tra le specie quercine, della roverella, specie con caratteristiche certamente più xerofile rispetto alle altre due querce presenti. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore radiazione solare 242

cui l area, esposta a sud est, risulta sottoposta. Le maggiori dimensioni rilevate sulle piante di fragno rispetto a quelle delle altre querce (altezza 8,8 m e diametro 12,9 cm) evidenzia come, benchè tale specie mostri una limitata presenza, nelle aree dove essa riesce ad affermarsi, beneficia di una maggiore capacità di accrescimento. La presenza del pino, a differenza dell area n. 1, risulta numericamente pressoché equivalente rispetto a quella delle specie quercine (50%). Il corteggio floristico del sottobosco risulta meno abbondante benchè più rigoglioso rispetto a quanto rilevato nellarea n. 1 (Tab. 5). L analisi delle dimensioni medie delle piante, ed in particolare delle altezze, mostra una fertilità del terreno simile a quella dell area n. 1. I dati rilevati mostrano quindi come, in questa area, il minor numero delle piante di pino ha permesso alle specie quercine di affermarsi in modo più evidente. Inoltre molto interessante è l abbondanza di giovani piante di roverella che, grazie alla maggiore rusticità della specie, riescono a colonizzare con maggiore facilità le aree dove, a causa di schianti o furti, il pino mostra discontinuità. Tabella 4 - Frequenza, per specie considerata, degli individui arborei presenti, calcolo del diametro medio, dell altezza della pianta di diametro medio e dell area basimetrica nell area n. 2 Specie n. individui/ha percentuale per specie Quercus trojana 42 Qurcus pubescens 396 Quercus ilex 42 Pinus halepensis 481 Media Totale 962 4,4 41,2 4,4 50,0 diametro medio (cm) Altezza pianta di diametro medio (m) 12,9 8,8 8,2 5,2 6,2 5,2 20,5 14 15,7 13,2 area basimetrica per HA (m 2 ) 0,55 2,10 0,13 15,82 18,60 Tabella 5 - Indici di biodiversità di Shannon e di Simpson calcolati nell area n. 2 Indice SH di Shannon Indice S di Simpson 0,4288 0,5766 243

L analisi della biodiversità relativa alle sole specie arboree, effettuata attraverso l analisi degli indici di Shannon e di Simpson (Tab. 5), ha mostrato valori relativamente bassi, anche se leggermente più alti rispetto a quanto rilevato nell area n. 1. Ciò può essere messo probabilmente in relazione con il maggior numero di specie presenti nonché con la migliore omogeneità nella distribuzione numerica delle piante arboree presenti. Nella Tab. 6 invece è riportato l indice SH di Shannon calcolato su tutte le piante arboree ed arbustive (compresa la rinnovazione). Tabella 6 - Indice di Shannon calcolato su tutte le specie vegetali (arboree, arbustive) rilevate nell area di saggio n. 2 compresa la rinnovazione naturale Specie Pistacia lentiscus L. Phillirea latifolia L. Smilax aspera L. Cistus spp. Ruscus aculeatus L. Spartium junceum L. Asparagus acutifolius L. Juniperus communis L Quercus trojana Webb. Qurcus pubescens Willd. Pinus halepensis Mill. Quercus ilex L. n. piante/ha 170 142 42 42 28 14 42 198 62 396 481 60 Indice SH di Shannon 0,1019 0,0918 0,0411 0,0411 0,0304 0,0178 0,0411 0,1108 0,0411 0,1490 0,1562 0,0411 Totale 1.642 0,8632 Area di saggio n. 3 - L area di saggio n. 3, ubicata ad un altitudine di 340 m s.l.m. ed esposizione a nord est, è quella dove la presenza di pino risulta meno abbondante. Tale area (Tab. 7) infatti benché originariamente rappresentata da rimboschimento di pino d Aleppo oggi risulta ormai rappresentata da un querceto misto con presenza sporadica di pino d Aleppo (14%). 244

Grazie alla disponibilità di spazio e di luce che col tempo si è venuta casualmente a determinare in questa zona del bosco, le querce hanno avuto la possibilità di svilupparsi in modo più omogeneo ed occupare in maniera più decisa l area interessata. La specie quercina maggiormente rappresentata, probabilmente in relazione alla particolare esposizione dell area, è il leccio (53%), seguito dalla roverella (24%) mentre anche in questo caso il fragno risulta numericamente poco rappresentato benché le dimensioni delle piante siano le maggiori (altezza 5,6 m diametro 9,3 cm). Il corteggio floristico del sottobosco risulta del tutto simile a quello dell area n. 2 con la differenza di presentare una rinnovazione di specie quercine ancora più abbondante. Tabella 7 - Frequenza, per specie considerata, degli individui arborei presenti, calcolo del diametro medio, dell altezza della pianta di diametro medio e dell area basimetrica nell area n. 3 Specie n. individui/ha percentuale per specie Quercus trojana 184 Quercus pubescens 510 Quercus ilex 1.132 Pinus halepensis 297 Media Totale 2.123 8,7 24,0 53,3 14,0 diametro medio (cm) Altezza pianta di diametro medio (m) 9,3 5,6 8,3 5,4 6,7 4,9 23,5 12,9 11,2 6,3 area basimetrica per HA (m 2 ) 1,24 2,72 4,12 12,87 20,95 Tabella 8 - Indici di biodiversità di Shannon e di Simpson calcolati nell area n. 3 Indice SH di Shannon Indice S di Simpson 0,5059 0,6308 L analisi della biodiversità relativa alle sole specie arboree effettuata attraverso l analisi degli indici di Shannon e di Simpson (Tab. 8) ha mostrato valori leggermente più alti rispetto a quanto rilevato nelle altre aree analizzate. Ciò, anche in questo caso, può essere messo probabil- 245

mente in relazione con il maggior numero di specie presenti nonché con la migliore omogeneità nella distribuzione numerica delle piante arboree presenti. Nella Tab. 9 invece è riportato l indice SH di Shannon calcolato su tutte le piante arboree ed arbustive (compresa la rinnovazione). Tabella 9 - Indice di Shannon calcolato su tutte le specie vegetali (arboree, arbustive) rilevate nell area di saggio n. 3 compresa la rinnovazione naturale Specie Quercus trojana Webb. Quercus ilex L. Quercus pubescens Willd Pinus halepensis Mill. Smilax aspera L. Cistus spp. Ruscus aculeatus L. Spartium junceum L. Asparagus acutifolius L. Juniperus communis L. Pistacia lentiscus L. Phillirea latifolia L. n. piante/ha 226 1.415 609 340 212 57 212 71 156 255 85 42 Indice SH di Shannon 0,0745 0,1596 0,1292 0,0955 0,0715 0,0279 0,0715 0,0330 0,0581 0,0803 0,0378 0,0224 Totale 3.680 0,8613 Discussione e conclusioni Le tre aree considerate rappresentano tre differenti stadi evolutivi del popolamento forestale che possono rappresentare un modello per la individuazione degli interventi da effettuare. Mentre nella prima area abbiamo assoluta dominanza del pino d Aleppo con una presenza di querce uniformemente distribuita ma evidentemente sopraffatta dalla presenza della conifera, nella seconda area la presenza delle piante di quercia si fa più abbondante mentre nel- 246

la terza diviene dominante. Tra le specie quercine inoltre quella che mostra la rinnovazione più abbondante è la roverella. Il fragno invece benché mostri la rinnovazione meno abbondante, là dove riesce ad affrancarsi, mostra un maggiore vigore vegetativo rilevabile dalle dimensioni ipso diametriche sempre notevolmente superiori rispetto alle altre specie. Il fragno infatti quando riesce ad incontrare condizioni climatiche ed edafiche favorevoli, oltre a mostrare notevoli accrescimenti, riesce a sopraffare anche le altre querce presenti. Allo stesso modo però, risentendo in modo più marcato di eventuali stress idrici dovuti a periodi di siccità intensi e/o prolungati, regredisce in modo altrettanto evidente. Ciò rende il fragno un importante indicatore ecologico e pertanto un suo vigoroso sviluppo può essere facilmente messo in relazione con un importante miglioramento delle condizioni ecologiche generali del popolamento considerato. L analisi di tali risultati ha quindi fornito numerose indicazioni sulle possibili modalità di intervento che possano meglio e più velocemente indirizzare la compagine boschiva verso il raggiungimento di una maggiore stabilità ecologica. Infatti vista la presenza su tutta la superficie considerata di piante di quercia di differenti età, compresa una abbondante rinnovazione, gli interventi da effettuare devono tendere ad incoraggiare lo sviluppo di queste ultime attraverso la graduale eliminazione del pino. Inoltre, grazie alla importantissima presenza del fragno, particolare attenzione dovrà porsi, anche per le ragioni sopra evidenziate, alla salvaguardia ed alla massima diffusione di tale specie anche perché là dove forma popolamenti puri e/o misti è sottoposta ad un particolare regime di tutela previsto dalla direttiva Habitat 92/43/CEE costituendo un habitat di interesse comunitario. È chiaro che gli interventi da porre in essere dovranno essere effettuati con gradualità. Potranno quindi essere attuati interventi di progressivo diradamento selettivo all interno della pineta calibrandone l intensità a seconda della composizione del bosco. Pertanto, mentre nelle aree ove la presenza del pino risulta ancora dominante gli interventi sul pino potranno interessare, di volta in volta, percentuali del 15-20%, nelle aree ove la presenza delle querce risulta già abbondante e la relativa rinnovazio- 247

ne ha già le caratteristiche per sostituire quasi completamente il soprassuolo di conifere, se ne potrebbe già ipotizzare la quasi totale eliminazione. In questo caso, riferibile evidentemente a quanto rilevato nell area di saggio n. 3, la struttura del soprassuolo è infatti già costituita per l 86% da querce (39% di area basimetrica). Tale situazione infatti renderebbe possibile già la quasi totale eliminazione delle conifere in modo da consentire da un lato un maggiore e più vigoroso accrescimento delle piante di quercia presenti e dall altro l affermazione di una ancor più vivace rinnovazione naturale. La realizzazione di interventi selvicolturali così strutturati consentirà un innalzamento degli indici di biodiversità e conseguentemente una più alta capacità di resilienza e maggiore stabilità ecologica del soprassuolo. L attuazione di interventi così delicati però dovrà essere affrontata con particolare attenzione perché, anche se in fase di studio è stato possibile individuare tre aree di saggio con caratteristiche reciprocamente molto differenti, da un esame analitico dell intero popolamento è stato possibile rilevare una considerevole scalarità di situazioni rispetto alle quali, quanto evidenziato nelle tre aree di saggio, benché mediamente rappresentativo, va considerato solo come una mera e certamente incompleta esemplificazione. Ciò impedisce quindi di ipotizzare interventi standardizzati per area omogenea. Pertanto, le eventuali operazioni di diradamento (in alcuni casi da effettuare anche sulle piante soprannumerarie di quercia), verrà valutata non per area ma per piede d albero, in modo che ogni fase dell intervento venga calibrata sulla particolare situazione di quella micro area, comunque piccola, purchè omogenea, nella quale si interviene. Attraverso azioni di cesello così ipotizzate le soluzioni di continuità che verranno a crearsi nel popolamento saranno sempre opportunamente dimensionate per il miglioramento delle condizioni vegetative delle latifoglie presenti nonché per l affermazione di una nuova e vigorosa rinnovazione naturale. Eventuali errori, consistenti nella realizzazione di buche di luce troppo ampie, avrebbero effetti certamente negativi, consistenti essenzialmente nel rallentamento della rinnovazione delle specie di quercia, a favore di tutte quelle specie, più rustiche e plastiche, che così risulterebbero in- 248

vadenti ed indesiderate (Chopra K., Kumar P., 2004). L intervento che si profila dovrà quindi essere preceduto da un importante studio preliminare, particolarmente approfondito, su tutta l area da sottoporre ad intervento in modo che il taglio di ciascun individuo arboreo sia preceduto da una attenta e puntuale riflessione sulle conseguenze che esso potrà avere sull equilibrio ecologico dell intera cenosi. Bibliografia CHOPRA,K.- KUMAR, P. (2004) - Forests biodiversity and timer axtraction: an analisys of interaction of market and non-market mechanisms. Ecologial Economics 49: pp. 135-148. CIANCIO, O. (2005) - Modelli di gestione sostenibile degli ecosistemi forestali per la conservazione della complessità e della diversità biologica. L Italia Forestale e Montana, 60(4): pp. 337-339. CONTI, F.- MANZI, A.- PEDROTTI, F. (1997) - Liste Rosse regionali delle Piante d Italia, WWF Italia, Camerino. D AMATO (1949) - Sull areale pugliese di Quercus troiana Webb. Atti della Soc. Toscana di Sc. Naturali, Memorie, Ser. B., 56: pp. 98-114. MEDAGLI,P.- GAMBETTA, G. (2003) - Guida alla Flora del Parco. Parco regionale della Murgia Materna, Matera. SHANNON, C.E. (1948) - The mathematical theory of communication. In: SHANNON, C.E. - WEAVER, W. (Eds.), The mathematical Theory of communication. University of Illinois Press, Urbana: pp. 29-125. SIMPSON, E.H. (1949) - Measurement of diversità. Nature 163, pp. 688. 249