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La legge 27 gennaio 2012 n. 3: il concordato dei debitori non fallibili Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 24 del 30 gennaio 2012 è stata pubblicata la l. 27 gennaio 2012 n. 3 intitolata: Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento.. Il provvedimento, nel capo II in cui disciplina la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, si sovrappone in gran parte al decreto legge 212/2011, attualmente in corso di conversione, che reca le disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile. La differenza tra i due testi, sta nella individuazione dei soggetti interessati dalla procedura: il d.l. 212/2011 distingue infatti espressamente la situazione in cui il richiedente la procedura sia un consumatore da quella in cui, viceversa, l interessato sia qualsiasi altro debitore non soggetto a procedure concorsuali. Tale distinzione non è menzionata nella l. n. 3/2012, che si riferisce indistintamente a debitori non soggetti a procedure concorsuali (siano essi imprese non fallibili, ovvero il comparto famiglie ). Con le presenti note cercheremo di proporre una prima lettura a caldo degli articoli della l. n. 3/2012 riferiti al procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento (articoli da 6 a 21). CAPO II Art. 6 Finalità 1. Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, è consentito al debitore concludere un accordo con i creditori nell ambito della procedura di composizione della crisi disciplinata dal presente capo. 2. Ai fini del presente capo, per sovraindebitamento si intende una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Art. 7 Presupposti di ammissibilità 1. Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all accordo stesso, compreso l integrale pagamenti dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente, salvo quanto previsto dall articolo 8, comma 4. Il piano prevede le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l'adempimento dei debiti, le modalita' per l'eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 13, comma 1, il piano puo' anche prevedere l'affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. 2. La proposta e' ammissibile quando il debitore: a) non e' assoggettabile alle procedure previste dall'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; b) non ha fatto ricorso, nei precedenti tre anni, alla procedura di composizione della crisi. 1

Per quanto concerne le condizioni soggettive di ammissibilità alla procedura è necessario innanzitutto il riferimento al comma 2 del citato art. 1 L.F. 1 nella versione emendata dal D.Lgs. 169/2007 che fissa la nozione di imprenditore non fallibile, sulla base di requisiti dimensionali1 che gli imprenditori non devono superare, pena l assoggettabilità al fallimento e al concordato preventivo. 1 Ai sensi del comma 2 dell art. 1 L.F. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. Per quanto riguarda il presupposto oggettivo, e cioè la sussistenza di una situazione di sovraindebitamento, l articolo 6 in esame stabilisce due requisiti: il perdurante squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte e la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Il secondo requisito sembra coincidere con lo status di insolvenza presupposto del fallimento e, quindi, non crea particolari problemi interpretativi (se non, forse, per la differenza tra il concetto di definitività e quello di irreversibilità ). Il riferimento al patrimonio liquidabile sembra far emergere il carattere finanziario dell insolvenza. Lo stesso non può dirsi per quanto concerne il primo requisito. A cominciare dal concetto di perdurante squilibrio (che, viceversa, riconduce ad una valutazione statica del patrimonio del debitore): lo squilibrio non deve essere momentaneo o occasionale, bensì sistematico e cioè deve essere tale da non consentire al debitore di procurarsi i mezzi finanziari adeguati a soddisfare le esigenze della gestione delle obbligazioni assunte. Tale situazione sussiste allorquando vi sia uno squilibrio tra il fabbisogno finanziario e le fonti di finanziamento, tale da determinare inadempimenti alle scadenze degli impegni assunti. Come sopra accennato, la norma in esame fa riferimento al patrimonio prontamente liquidabile, concetto evidentemente differente rispetto al patrimonio disponibile del debitore. Il patrimonio prontamente liquidabile è costituito dai beni che il debitore potrebbe liquidare in tempi brevi. Il termine temporale di riferimento potrebbe coincidere con quello di 120 giorni di cui all art. 10, comma 3 (termine disposto dal Giudice durante il quale non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali da parte dei creditori). Mentre per alcune categorie di beni non sussistono problemi di pronta liquidità (ad esempio: denaro contante, assegni, conti correnti, portafogli titoli, magazzini di merci e prodotti finiti concretamente vendibili), per altre la valutazione appare davvero complessa. Si pensi ad esempio ai beni immobili, alle immobilizzazioni immateriali 2

(marchi, brevetti, licenze), ai macchinari e impianti, ai crediti non scaduti, alle opere d arte, ai magazzini di materie prime e prodotti non finiti. Come è agevole rilevare, il compito degli Organismi di composizione della crisi e del Giudice adito di valutare la sussistenza del presupposto del sovraindebitamento, come sopra descritto, appare davvero arduo. Andando oltre, il debitore può proporre, con l ausilio degli organismi di composizione della crisi, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri, a pena di inammissibilità, il pagamento regolare dei creditori estranei e l integrale pagamento dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente. La norma in esame nulla dice in merito ai criteri da seguirsi e delle cautele da adoperarsi con riferimento ai crediti contestati dal debitore. Risulta evidente che la valutazione sulla congruità della proposta non possa prescindere dall esame anche di tali crediti. La presenza di un Organismo di composizione della crisi ha la finalità di affiancare al proponente un organismo tecnico ed evitare così la proposizione di accordi ab origine sforniti dei requisiti o delle garanzie di legge. Art. 8 Contenuto dell'accordo 1. La proposta di accordo prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei redditi futuri. 2. Nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo. 3. Nella proposta di accordo sono indicate eventuali limitazioni all'accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari. 4. Il piano puo' prevedere una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori estranei quando ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine; b) l'esecuzione del piano sia affidata ad un liquidatore nominato dal giudice su proposta dell'organismo di composizione della crisi; c) la moratoria non riguardi il pagamento dei titolari di crediti impignorabili. Il comma 1 della norma in esame denota la chiara volontà del legislatore di rendere il piano di ristrutturazione il più elastico possibile, anche se, a nostro avviso, la estrema genericità del termine redditi futuri conduce, inevitabilmente, i creditori destinatari della proposta a valutare con diffidenza eventuali proposte collegate al futuro (per definizione sempre incerto), soprattutto tenuto conto del fatto che se un piano viene proposto è evidentemente perché i redditi futuri non sono sufficienti a coprire i debiti. Ed allora, nella maggior parte dei casi, ci si troverebbe costretti a ricorrere al comma 2 della norma in esame, che prevede la possibilità di far intervenire uno o più sponsor per coadiuvare il soggetto indebitato. In altri termini: il piano di ristrutturazione dei debiti è proponibile non solo quando vi sia una crisi di liquidità che determina la necessità di concordare un piano con i 3

creditori, ma addirittura anche nell ipotesi in cui i mezzi economici e patrimoniali del debitore non consentirebbero di ipotizzare un accordo concordato con i creditori. Il citato comma 2 del art. 8 parla di conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per l attuabilità dell accordo. Il tenore letterale della norma, pertanto, apre ad ipotesi diverse da quelle dei conferimenti (solo) in garanzia. E lecito quindi supporre che tali forme diverse di conferimenti possano eventualmente concretizzarsi in donazioni, soprattutto in ipotesi in cui il conferente sia un parente del debitore. Il comma 3 dell art. 8 può essere letto come un contrappeso alla disposizione di cui al comma 2, in relazione alle ipotesi in cui i conferimenti da parte dei terzi siano in garanzia della fattibilità del piano. E così, a tutela dei terzi garanti sono indicate nel piano eventuali limitazioni all accesso al mercato del credito al consumo, all'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito e alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari da parte del debitore. Non solo: la norma in esame costituisce altresì una garanzia per tutti i creditori a che il debitore non distragga risorse (diverse da quelle necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia di cui all art. 9) necessarie per l attuazione del piano. Evidentemente tale disposizione sottintende il ruolo e la partecipazione diretta dell organismo di composizione sin dalla fase di predisposizione dell accordo, posto che risulta difficile pensare che il debitore si precluda sua sponte il ricorso al credito (posto peraltro che già sarebbero difficilmente per lui accessibili). In merito alla moratoria di cui al comma 4 dell art. 8, va segnalato il fatto che la stessa non può riguardare il pagamento di titolari di crediti impignorabili quali descritti dall art. 545 c.p.c. (a titolo di esempio i crediti alimentari). La norma nulla dice in merito agli effetti della moratoria sugli interessi (in termini di an e quantum). Art. 9 Deposito della proposta di accordo 1. La proposta di accordo e' depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore. 2. Il debitore, unitamente alla proposta, deposita l'elenco di tutti i creditori, con l'indicazione delle somme dovute, dei beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano, nonchè l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia, previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia. 3. Il debitore che svolge attività d'impresa deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, unitamente a dichiarazione che ne attesta la conformità all'originale. La documentazione elencata al comma 2 della norma in esame dovrebbe avere lo scopo di consentire una valutazione ponderata circa il piano proposto (anche se, a qualche creditore, potrebbe venire in mente, ad esempio, di sollevare perplessità, un po imbarazzanti, sulle spese di sostentamento indicate dal debitore). Se poi il debitore svolge attività d impresa dovrà depositare altresì copia delle scritture contabili degli ultimi tre esercizi, che dovrebbe consentire una valutazione in merito alla vitalità residua della impresa sempre ai fini di una valutazione sulla fattibilità del piano proposto. 4

La documentazione elencata nella norma non appare tuttavia sufficiente ai fini di cui sopra. Appare infatti evidente che per poter valutare adeguatamente la proposta servirebbero, quanto meno, oltre ai documenti elencati: a) un certificato attestante la pendenza o meno di esecuzioni e l assenza di procedure concorsuali in corso o di accertamenti fiscali e previdenziali; b) un elenco di cause pendenti e dei crediti in contestazione; c) la certificazione della Cancelleria del Tribunale che il proponente non abbia fatto ricorso, nei tre anni precedenti, alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (ricordiamo trattarsi di condizioni di ammissibilità). Ai sensi del comma 2 della norma in esame, il debitore è tenuto a depositare insieme agli altri documenti-, l attestazione sulla fattibilità del piano, predisposta dall organismo di composizione della crisi. Tale attestazione ha la medesima finalità di quella prevista dall art. 182 bis L.F.. Occorre pertanto che l attestazione sia assolutamente trasparente e fornisca un illustrazione completa ed esaustiva del piano e delle conseguenze. Il giudizio dell organismo attentatore deve essere coerente con i fatti descritti e adeguatamente motivato, esente da visi logici e idoneo a sorreggere, in termini di ragionevolezza, la valutazione di successo del piano. L organismo attestatore dovrà inoltre valutare attentamente i tempi proposti dal debitore per l adempimento del piano, tenendo conto, se il piano è garantito da un terzo, della situazione patrimoniale del terzo garante. L organo attestante dovrà infine fornire elementi idonei a consentire al Giudice una valutazione in merito all esistenza o meno di iniziative o atti in frode ai creditori. Posti quindi i controlli e le verifiche che vengono richieste agli organismi attestatori, ci si domanda se i soggetti indicati all art. 15, comma 4 2, o almeno alcuni di essi, posseggano le necessarie competenze specifiche in materia per poter procedere alla attestazione. Art. 10 Procedimento 1. Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7 e 9, fissa immediatamente con decreto l'udienza, disponendo la comunicazione ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto contenente l'avvertimento dei provvedimenti che egli può adottare ai sensi del comma 3 del presente articolo. 2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice dispone idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto, oltre, nel caso in cui il proponente svolga attività d'impresa, alla pubblicazione degli stessi in apposita sezione del registro delle imprese. 3. All'udienza il giudice, in assenza di iniziative o atti in frode ai creditori, dispone che, per non oltre centoventi giorni, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne' disposti sequestri conservativi ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili. 4. Durante il periodo previsto dal comma 3, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano. 5. Le procedure esecutive individuali possono essere sospese ai sensi del comma 3 per una sola volta, anche in caso di successive proposte di accordo. 5

6. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non puo' far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento. Ai sensi del comma 1 della norma in esame, il Giudice non effettua alcun controllo per quanto attiene al merito della proposta, ma si limita a verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di ammissibilità della proposta, nonché il deposito dei documenti elencati all articolo 9. Particolare attenzione viene data alle forme di comunicazione indirizzata ai creditori, e ciò in ragione della rilevanza della comunicazione stessa soprattutto con riferimento ai provvedimenti che il Giudice può assumere ai sensi del comma 3. Il comma 2 dell art. 10 parla di idonea forma di pubblicità, lasciando quindi al Giudice ampia discrezionalità in merito allo strumento ritenuto più idoneo a raggiungere lo scopo di portare a conoscenza dei creditori il decreto e la proposta. Ai sensi del comma 3 dell art. 10, il Giudice, alla udienza, in assenza di iniziative o di atti in frode ai creditori, dispone che per un periodo massimo di 120 giorni non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne' disposti sequestri conservativi ne' acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. La casistica in merito ad iniziative o atti in frode ai creditori è variegata e può comprendere, a titolo di esempio, obbligazioni contratte dal debitore con lo scopo di accrescere il passivo, atti di diminuzione del patrimonio di cui all art. 2901 c.c., trust. La detta sospensione di cui al comma 3 dell art. 10 non opera per i titolari di crediti impignorabili, in coerenza con quanto disposto dall art. 8 in merito alla moratoria fino ad un anno. Le procedure esecutive individuali possono essere sospese per una sola volta, anche in presenza di successive proposte di accordo. L effetto sospensivo in discorso ricorda quello previsto dall art. 182 bis L.F. (accordi di ristrutturazione dei debiti), con la differenza di un periodo di sospensione più ampio rispetto a quello di sessanta giorni previsto dalla predetta norma. Evidentemente il legislatore ha voluto dare ascolto alle critiche che erano state mosse con riferimento all art. 182 bis L.F., e riguardanti il fatto che il termine di sessanta giorni appare troppo breve e non tutela adeguatamente il debitore che ambisca a realizzare concretamente lo scopo prefissato con l accordo. Ai sensi del comma 6 dell art. 10, si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile, ma il Giudice è monocratico. Art. 11 Raggiungimento dell'accordo 1. I creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi, dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, come eventualmente modificata. 2. Ai fini dell'omologazione di cui all'articolo 12, e' necessario che l'accordo sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 70 per cento dei crediti. 6

3. L'accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso. 4. L'accordo non determina la novazione delle obbligazioni, salvo che sia diversamente stabilito. 5. L'accordo e' revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Ai sensi del comma 1 della norma in esame, viene data la possibilità ai creditori di modificare la proposta depositata dal debitore e di dichiarare il proprio consenso sulla proposta come modificata. L organismo di composizione della crisi dovrà quindi recepire tutte le dichiarazioni dei creditori con le eventuali modifiche proposte. Appare evidente che maggiore è il numero dei creditori che ritengono di apportare modifiche alla proposta, maggiore sarà la difficoltà di concordare una proposta che possa arrivare ad avere la maggioranza richiesta dal secondo comma dell art. 11. L accordo non determina la novazione delle obbligazioni, a conferma di quanto disposto dall art. 1230 c.c., e non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso. Ai sensi del comma 5 dell art. 11, l'accordo e' revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Si ritiene che il dies a quo del termine -90 gg. dalle scadenze previste- si riferisca alle scadenze previste nella proposta di accordo. In ogni caso appare evidente il vantaggio concesso alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza. Art. 12 Omologazione dell accordo 1. Se l accordo è raggiunto, l organismo di composizione della crisi trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale di cui all articolo 11, comma 2, allegando il testo dell accordo stesso. Nei dieci giorni successivi al ricevimento della relazione, i creditori possono sollevare le eventuali contestazioni. Decorso tale ultimo termine, l organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché un attestazione definitiva sulla fattibilità del piano. 2. Verificato il raggiungimento dell accordo con la percentuale di cui all articolo 11, comma 2, verificata l idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei e risolta ogni altra contestazione, il giudice omologa l accordo e ne dispone l immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all art. 10, comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il reclamo, anche avverso il provvedimento di diniego, si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento. 3. Dalla data di omologazione ai sensi del comma 2 e per un periodo non superiore ad un anno, l accordo produce gli effetti di cui all articolo 10, co.3 (sospensione di azioni esecutive ecc..). 4. Gli effetti di cui al comma 3 vengono meno in caso di risoluzione dell accordo o di mancato pagamento dei creditori estranei. 7

L accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei è chiesto al giudice con ricorso da decidere in camera di consiglio, ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. 5. La sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l accordo. Il primo comma dell articolo appena citato non presenta particolari problemi da un punto di vista strettamente procedurale. Ed infatti, in esso si prevede che, nella ipotesi in cui la proposta di accordo abbia raccolto il consenso dei creditori che rappresentino almeno una percentuale pari al 70% dei crediti, l organismo di composizione della crisi ha il compito di trasmettere a tutti i creditori (e, dunque, anche i creditori estranei all accordo) una relazione sui consensi dando atto del raggiungimento della predetta percentuale. Dal momento del ricevimento della relazione tutti i creditori hanno dieci giorni di tempo per far valere le proprie contestazioni: contenuto e termini mutuati evidentemente dalla esperienza nell applicazione della legge fallimentare. L ultimo capoverso del primo comma, viceversa, provoca alcuni problemi interpretativi assai rilevanti, con particolare riferimento alla attestazione definitiva sulla fattibilità del piano che l organismo di composizione della crisi è chiamato a dare. Si tratta ovviamente di compito molto delicato. Che cosa significa fattibilità del piano? Quali sono i requisiti che deve possedere il piano di accordo per essere considerato fattibile? Tali considerazioni, come detto, vengono affidate all organismo di composizione della crisi, con tutte le problematiche attinenti ad un eventuale conflitto di interessi dei membri partecipanti all organismo: in particolare si pensi al fatto che il compenso per l attività svolta dall organismo di composizione della crisi è sopportato dal debitore con il pericolo che per ottenere i compensi il piano presentato venga considerato fattibile pur non essendolo. Ed ancora, al riguardo si osservi che la legge in esame non prevede alcun requisito particolare per essere membro di un organismo di composizione della crisi: l articolo 15 della presente legge, intitolato organismi di composizione della crisi, fa riferimento solo al fatto che gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità deputati, alla composizione delle crisi da sovraindebitamento e che il Ministro della Giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro di cui al comma 2. Nessun chiarimento su quali caratteristiche professionali debba avere il singolo soggetto che decida di far parte di un organismo di composizione di composizione della crisi. Con il secondo comma dell articolo pare che il legislatore abbia voluto affidare al giudice, che nella prima fase di presentazione del piano ha un mero controllo formale (cfr. art. 10, 1 comma), un secondo controllo di merito (e, dunque, di natura sostanziale) sulla idoneità del piano successivamente alla proposizione delle eventuali contestazioni avanzate dai creditori. Qualora il controllo dia esito positivo il giudice omologa l accordo e ne dispone l immediata pubblicazione utilizzando tutte le forme di cui all articolo 10, comma2 : viene dunque lasciata ampia discrezionalità al giudice in merito alla scelta delle modalità di pubblicazione del decreto di omologa. Prosegue il secondo comma affermando che contro il provvedimento del giudice (anche di diniego) è possibile proporre reclamo dinnanzi al tribunale e, correttamente, il legislatore precisa che del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento. 8

Pur prevedendo che si applicano le norme di cui all art. 737 e seguenti del c.p.c., non viene chiarita quale debba essere la forma del reclamo né il termine entro cui esso può essere proposto. Il terzo comma dell articolo 12 consente, poi, che dalla data di omologazione dell accordo e per un periodo non superiore ad un anno, non possano essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. La sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili. Il legislatore non indica chi debba decidere la durata non superiore ad un anno del blocco delle azioni esecutive, dei sequestri etc : è tuttavia lecito attribuire tale compito al giudice investito della omologazione. Il termine di un anno, di cui si è appena accennato, pare vada dunque ad aggiungersi al termine di 120 giorni previsto dall art. 10, 3 comma. Il quarto comma prevede che il predetto blocco delle azioni esecutive etc venga meno in ipotesi di risoluzione dell accordo (di cui al successivo art. 14) o di mancato pagamento dei creditori estranei. L accertamento del mancato pagamento dei creditori estranei si propone con ricorso ed è demandato al giudice, con applicazione del procedimento disciplinato a norma degli articoli 737 e ss. del c.p.c. L ultimo comma prevede che la sentenza di fallimento pronunciata a carico del debitore risolve l accordo. Evidente il contrasto con la previsione appena citata e il contenuto dell art. 6 primo comma, della stessa legge, a mente del quale si evidenzia che la finalità precipua dell intervento del legislatore nel senso previsto dalla presente legge è di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, nonché con l art. 2 nella parte in cui prevede che la proposta è ammissibile quando il debitore : a) non è assoggettabile alle procedure previste dall art. 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. L unica concreta modalità di applicazione dell ultimo comma dell articolo in commento si ravvisa ove la proposta del debitore sia stata dichiarata erroneamente ammissibile, pur in carenza dei presupposti previsti dal predetto articolo 2. Art. 13 Esecuzione dell accordo 1. Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall accordo, il giudice, su proposta dell organismo di composizione della crisi, nomina un liquidatore che dispone in via esclusiva degli stessi e delle somme incassate. Si applica l articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. 2. L organismo di composizione della crisi risolve le eventuali difficoltà insorte nell esecuzione dell accordo e vigila sull esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità. Sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi e sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi decide il giudice investito della procedura. 3. Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità dell atto dispositivo all accordo e al piano, anche con riferimento alla possibilità di pagamento dei creditori estranei, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo. 4. I pagamenti e gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell accordo e del piano sono nulli. 9

Successivamente alla fase di omologazione dell accordo da parte del giudice attraverso il procedimento illustrato all articolo 12, si apre la fase c.d. di liquidazione che, fin da un primo sguardo, presenta molte affinità con il procedimento concordatario. Tale fase non era stata inizialmente prevista nella proposta di legge presentata ed è stata introdotta solo nella fase dei lavori parlamentari nel corso dei quali, anche grazie all esperienza e alla applicazione, negli anni, della procedura di concordato, è stata oggetto di modifiche e miglioramenti. Il primo comma dell articolo in commento prevede l onere per il giudice, ove si sia in presenza di beni sottoposti a pignoramento ovvero ove ciò sia previsto nell accordo, di nominare un liquidatore. Qualora sia nominato, il liquidatore dispone in via esclusiva di tutti i beni sottoposti a pignoramento e di tutte le somme incassate. Parrebbe dunque, in assenza di affermazioni contrarie nel testo della legge e, in particolare, in assenza di disposizioni che disciplinino a chi spetti l amministrazione dei beni del debitore nel corso della procedura e la titolarità delle azioni di carattere patrimoniale rispetto ai beni medesimi, che la titolarità dei beni rimanga come accade in ambito concordatario in capo al debitore, passando al liquidatore solo la legittimazione a disporne. Il comma due attribuisce all organismo di composizione della crisi fondamentali compiti di vigilanza che nell ambito della procedura concordataria vengono attribuiti al commissario giudiziale: analogamente infatti l organismo ha il compito di risolvere eventuali difficoltà insorte nell esecuzione dell accordo, di vigilare sull esatto adempimento dello stesso e di comunicare ai creditori ogni eventuale irregolarità. Al giudice viene, viceversa, attribuito il compito di decidere sulle contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi. Ciò in analogia con quanto previsto dalla disciplina del procedimento concordatario, nell ambito del quale il giudice ha il compito di salvaguardare le ragioni dei creditori da qualsiasi atto di impoverimento del patrimonio del debitore, per cause diverse dalla destinazione del patrimonio stesso a favore del ceto creditizio. Qualche problema interpretativo sorge con riferimento all ultimo periodo del comma due laddove si lascia ampia discrezionalità al giudice sulla possibilità di sostituire il liquidatore per giustificati motivi, con tutti i problemi di individuazione degli stessi, e laddove inoltre nulla si prevede in merito ai requisiti, al compenso e alle responsabilità di quest ultimo. Il terzo comma attribuisce al giudice il potere di autorizzare lo svincolo delle somme destinate ai creditori, dopo aver sentito - ove presente - il liquidatore e dopo aver verificato la conformità dell atto dispositivo all accordo con particolare riferimento alla posizione dei creditori estranei che, non avendo espresso la propria adesione all accordo, devono essere pagati integralmente. Il quarto comma sottolinea la sanzione comminata agli atti di disposizione e ai pagamenti effettuati in violazione dell accordo: la nullità. Art. 14 Impugnazione e risoluzione dell accordo 1. L accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore, in contraddittorio con il debitore, quando è stato dolosamente aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o 10

dissimulata una parte rilevante dell attivo ovvero dolosamente simulate attività inesistenti. Non è ammessa alcuna altra azione di annullamento. 2. Se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dall accordo, se le garanzie promesse non vengono costituite o se l esecuzione dell accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore, ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione dello stesso. 3. Il ricorso per la risoluzione è proposto, a pena di decadenza, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l ultimo adempimento previsto dall accordo. 4. L annullamento e la risoluzione dell accordo non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi in buona fede. 5. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. L articolo in commento prevede che l accordo possa essere annullato, su istanza di ogni creditore ed in contraddittorio con il debitore ove sia stato dolosamente aumentato, diminuito il passivo ovvero dissimulata una parte cospicua dello stesso: la norma pare prendere spunto dall art. 1986 c.c. (in materia di cessione dei beni ai creditori) il quale testualmente prevede che la cessione può essere annullata se il debitore, avendo dichiarato di cedere tutti i suoi beni, ha dissimulato parte notevole di essi, ovvero se ha occultato passività o ha simulato passività inesistenti.. Il primo comma dell art. 14, prevede - come unico strumento con riferimento ai vizi genetici dell accordo - l annullamento dell accordo medesimo. Analogamente a quanto avviene nei procedimenti concorsuali, l esperibilità dell azione di annullamento è concessa solo in presenza di comportamenti dolosi, di particolare rilevanza che, attraverso una falsa rappresentazione della realtà, abbiano influito sul procedimento di formazione del consenso dei creditori nel concedere la propria adesione all accordo. L azione di annullamento, dunque, può essere esperita solo quando le condotte del debitore siano connotate da una dolosa falsa rappresentazione della reale situazione: come, ad esempio, un aumento del patrimonio disponibile realizzata attraverso una esposizione di debiti insussistenti o sussistenti in maniera inferiore a quella dichiarata ovvero, viceversa, attraverso una diminuzione del patrimonio determinata dalla mancata esposizione (totale o parziale) delle posizioni passive in capo al debitore. Si noti, peraltro, che i medesimi comportamenti che legittimano la procedura di annullamento dell accordo sono altresì oggetto del successivo articolo 19 intitolato sanzioni che, alla lettera a), prevede che è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da 1000 a 50.000 euro, il debitore che: a) al fine di ottenere l accesso alla procedura di composizione della crisi, di cui al presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte dell attivo ovvero dolosamente simula attività inesistenti. Del tutto irrilevanti ai fini della proposizione della azione di annullamento, viceversa, sono tutti quei comportamenti incolpevoli del debitore quali, ad esempio, gli errori di valutazione ovvero le alterazioni del patrimonio che siano indipendenti da intenti fraudolenti. Contro i vizi funzionali dell accordo di composizione della crisi, la legge in commento prevede, poi, il rimedio della risoluzione dell accordo cui fare ricorso qualora: 11

- vi sia un irregolare adempimento agli obblighi assunti: il richiamo all adempimento irregolare porta a ritenere che non dovrebbero esserci particolare dubbi interpretativi in merito alla applicabilità o meno, alla fattispecie, del disposto dell art. 1455 c.c. in tema di inadempimento di non scarsa importanza (posto infatti che è sufficiente, per la richiesta della risoluzione dell accordo, che l adempimento sia irregolare, del tutto ultroneo e indifferente è che l inadempimento sia anche grave) né quello della riferibilità dell inadempimento alla singola obbligazione prevista nell accordo o al complesso delle obbligazioni scaturenti dall accordo (posto che per irregolare si può intendere anche il non corretto adempimento degli obblighi assunti anche con un solo debitore). - per il mancato rilascio delle garanzie promesse; - per ragioni non imputabili al debitore che determinano l impossibilità di dare esecuzione all accordo. L articolo in argomento non chiarisce se l azione per la risoluzione dell accordo possa essere proposta anche dai creditori estranei: tuttavia poiché per i c.d. creditori estranei all accordo è previsto lo strumento dell accertamento del mancato pagamento di cui all art. 12, comma 4 che ha come conseguenza il venir meno del blocco delle azioni esecutive individuali, dei sequestri conservativi e dell acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore, parrebbe che l azione di risoluzione sia riservata ai soli creditori aderenti al piano di accordo. L articolo in commento, al comma 3, prevede poi che il procedimento per la dichiarazione della risoluzione dell accordo sia sottoposto al termine previsto a pena di decadenza di un anno dalla scadenza del termine fissato per l ultimo adempimento previsto dall accordo e che, tale procedimento, debba seguire (al pari del procedimento per la pronuncia dell annullamento dell accordo) le norme di cui agli articoli 737 e ss. in quanto compatibili (comma 5). Al procedimento di risoluzione dell accordo non è prevista la partecipazione dell organismo di composizione della crisi. In ultimo, il quarto comma dell articolo in commento stabilisce, correttamente, che sia l azione di annullamento che l azione per la risoluzione dell accordo non possono pregiudicare i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. Art. 15 Organismi di composizione della crisi 1. Gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalita' deputati, su istanza della parte interessata, alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. 2. Gli organismi di cui al comma 1 sono iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia. 3. Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalita' di iscrizione nel registro di cui al comma 2, con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono disciplinate, altresi', la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonche' la determinazione delle indennita' spettanti agli organismi di cui al comma 4, a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura. 4. Gli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, il segretariato sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della 12

legge 8 novembre 2000, n. 328, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel registro di cui al comma 2. 5. Dalla costituzione degli organismi di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e ai componenti degli stessi non spetta alcun compenso o rimborso spese o indennita' a qualsiasi titolo corrisposti. 6. Le attivita' degli organismi di cui al comma 1 devono essere svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Art. 16 Iscrizione nel registro 1. Gli organismi di cui all'articolo 15, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, depositano presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunicano successivamente le eventuali variazioni. Dalla lettura dell art. 15, confrontato con il contenuto delle norme sopra esaminate e relative alle funzione demandate agli organismi di composizione delle crisi, si evince il fatto che il legislatore abbia voluto sottolineare ancora una volta l importanza del ruolo svolto dagli organismi, soprattutto con riferimento ai numerosi controlli che nel corso della procedura sono deputati agli stessi. Alla luce di ciò, appare incomprensibile il disposto di cui al comma 4 dell art. 15, che prevede l iscrizione di diritto di organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, il segretariato sociale costituito ai sensi dell'articolo 22, comma 4, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328. Risulta evidente che, più che il possesso di particolari tecniche tese a sollecitare una definizione della controversia, servano ai componenti dell organismo particolari conoscenze giuridiche e contabili. Del tutto fuori luogo il riferimento al segretariato sociale che, come è noto, svolge funzioni di assistenza e informazione ai cittadini (nonché di orientamento nell ambito di particolari esigenze personali e familiari). Il che è ben lontano dal ruolo di organismo che dovrebbe assistere il debitore nella ristrutturazione dei debiti! Ai sensi del comma 3 dell articolo in esame, l indennità dovuta agli organismi è posta a carico del proponente. Non è chiaro tuttavia come verrà versata tale indennità (posto che appare evidente che l indennità non può essere imputata alla fase liquidatoria, in quanto, se così fosse, sarebbe posta a carico dei creditori) e entro quale termine. Non è neppure precisato se il versamento dell indennità costituisce condizione di ammissibilità alla procedura. In ogni caso il versamento dell indennità da parte del debitore, inevitabilmente renderà maggiormente difficile il ricorso alla procedura e si pone tra l altro in contrasto con l art. 1981 c.c. che, in ipotesi di conclusione di contratto di cessione dei beni a favore dei creditori, fa anticipare a questi ultimi le spese necessarie per la liquidazione, riconoscendo ai creditori il diritto di prelevare l importo delle spese versate dal ricavato della liquidazione stessa. 13

Ai sensi dell art. 16 gli organismi devono dotarsi di un proprio regolamento di procedura, che hanno l obbligo di depositare unitamente alla domanda di iscrizione nel registro di cui al comma 1 dell art. 15. Art. 17 Compiti dell'organismo di composizione della crisi 1. L'organismo di composizione della crisi, oltre a quanto previsto dagli articoli 11, 12 e 13, assume ogni opportuna iniziativa, funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell'accordo e alla buona riuscita dello stesso, finalizzata al superamento della crisi da sovraindebitamento, e collabora con il debitore e con i creditori anche attraverso la modifica del piano oggetto della proposta di accordo. 2. Lo stesso organismo verifica la veridicita' dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, attesta la fattibilita' del piano ai sensi dell'articolo 9, comma 2, e trasmette al giudice la relazione sui consensi espressi e sulla maggioranza raggiunta ai sensi dell'articolo 12, comma 1. 3. L'organismo esegue la pubblicita' della proposta e dell'accordo, ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice nell'ambito del procedimento previsto dal presente capo. In sintesi, i compiti e le funzioni degli organismi sono i seguenti: Assistono il debitore nella proposizione ai creditori dell accordo di ristrutturazione (art. 7, comma 1); Attestano la fattibilità del piano proposto dal debitore (art. 9, comma 2, art. 12, comma 1, art. 17 comma 2); Raccoglie le dichiarazioni di consenso dei creditori alla proposta, con le eventuali modifiche (art. 11, comma 1); Trasmette ai creditori, se l accordo è raggiunto, la relazione ai sensi dell art. 12 comma 1 e riceve dai creditori, entro i successivi dieci giorni, le eventuali contestazioni; Trasmette al giudice la relazione e le eventuali contestazioni ricevute dai creditori, nonché l attestazione definitiva sulla fattibilità del piano (art. 12, comma 1); Propone la nomina di un liquidatore in ipotesi di beni sottoposti a pignoramento ovvero se previsto dall accordo (art. 13, comma 1); Risolve eventuali difficoltà sorte nella esecuzione dell accordo e vigila sull esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità (art. 13, comma 2); Assume ogni opportuna iniziativa funzionale alla predisposizione del piano di ristrutturazione, al raggiungimento dell accordo e alla buona riuscita dello stesso. Collabora con il debitore e i creditori anche attraverso la modifica del piano (art. 17 comma 1); Verifica la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati e attesta la fattibilità del piano; Esegue infine la pubblicità della proposta e dell accordo ed effettua le comunicazioni disposte dal giudice in corso di procedimento. Art. 18 Accesso alle banche dati pubbliche 1. Per lo svolgimento dei compiti e delle attivita' previsti dal presente capo, il giudice e, previa autorizzazione di quest'ultimo, gli organismi di cui all'articolo 15 possono accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e 14

nelle altre banche dati pubbliche, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilita' e puntualita' nei pagamenti, di cui alla deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali 16 novembre 2004, n. 8, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2004. 2. I dati personali acquisiti per le finalita' di cui al comma 1 possono essere trattati e conservati per i soli fini e tempi della procedura e devono essere distrutti contestualmente alla sua conclusione o cessazione. Dell'avvenuta distruzione e' data comunicazione al titolare dei suddetti dati, tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento o tramite posta elettronica certificata, non oltre quindici giorni dalla distruzione medesima. La norma in esame attribuisce al Giudice e ai c.d. organismi di composizione della crisi la possibilità di accedere ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nei sistemi di informazioni creditizie, nelle centrali rischi e nelle altre banche dati pubbliche. Tale potere di indagine officiosa attribuita agli organi della procedura di soluzione delle crisi da sovraindebitamento. L attribuzione di siffatti poteri al Giudice assegnatario del procedimento costituisce a ben vedere una novità introdotta con la presente disciplina. Siffatti poteri non risultano infatti attribuiti al Tribunale nell ambito del procedimento di dichiarazione di fallimento: l istruttoria pre-fallimentare è ispirata al c.d. principio dispositivo, salva la possibilità per il Giudice di richiedere informazioni di cui all art. 15, comma 4 del R.d. n. 267 del 1942. Nemmeno al Curatore sono attribuiti simili poteri ai fini della predisposizione della relazione di cui all art. 33 R.d. n. 267 del 1942. Nemmeno al Tribunale che giudica in merito alla ammissibilità della proposta concordataria è concesso tale potere di indagine. La consultazione della Banche dati sarà funzionale allo svolgimento dei compiti che gli sono affidati nell ambito della procedura in commento e, uno su tutti, il compito di valutare la sussistenza dei requisiti posti dalla legge a base della ammissibilità della proposta di composizione della crisi depositata dal debitore. Analogo potere è attribuito agli organismi di composizione della crisi che, all evidenza, ne faranno uso nella fase di assistenza del debitore proponente e, dunque, nella formulazione della proposta. E ciò al fine di verificare (vista anche al responsabilità penale prevista all art. 19 rubricato Sanzioni ), la effettiva correttezza della situazione patrimoniale delineata dal debitore sia dal lato attivo che dal lato passivo. Art. 19 Sanzioni 1. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che: a) al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell'attivo ovvero dolosamente simula attivita' inesistenti; b) al fine di ottenere l'accesso alla procedura di composizione della crisi di cui al presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in 15