Introduzione di un minicaseificio in un azienda ovicaprina



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Transcript:

Regione Lazio ASSESSORATO ALL AGRICOLTURA Arsial AGENZIA REGIONALE PER LO SVILUPPO EL INNOVAZIONE DELL AGRICOLTURA DEL LAZIO Introduzione di un minicaseificio in un azienda ovicaprina COLLANA DEI SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO

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PREFAZIONE La regione Lazio è caratterizzata dalla presenza di numerose zone in cui l allevamento ovino da latte rappresenta una componente importante dell economia rurale (Viterbo, Roma, principalmente, ma anche nelle rimanenti province della regione). Gli allevamenti sono costituiti spesso da aziende medio piccole a prevalente conduzione familiare, che traggono il loro reddito dalla vendita della carne degli agnelli e dalla trasformazione del latte in formaggi e ricotte direttamente presso le strutture aziendali. La trasformazione avviene, in molti casi, con metodi tradizionali che prevedono l utilizzo di fornelli a gas, il cui principale limite è quello di non offrire sufficienti garanzie di sicurezza nei confronti dell operatore. I prodotti realizzati da queste aziende sono dotati, in genere, di buone caratteristiche sensoriali, ma si tratta di produzioni marginali, il cui bacino di utenza è relegato alla comunità locale. Nell ambito del Piano Annuale dei Servizi di Sviluppo Agricolo promosso ed approvato dall' Assessorato all Agricoltura della Regione Lazio, l'arsial ha avviato degli studi per individuare le innovazioni trasferibili per il comparto ovi-caprino. Tale indagine ha evidenziato la possibilità di introdurre un moderno impianto per la caseificazione aziendale (minicaseificio). A questo scopo è stata attivata una sperimentazione presso un azienda zootecnica di modeste dimensioni ubicata nel comune di Atina, in una zona pedemontana della provincia di Frosinone (Val Comino). Nel corso della prova sono stati messi a confronto prodotti realizzati con metodi tradizionali con quelli ottenuti con il nuovo impianto, valutando sia la resa e le principali caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti caseari sia l accettabilità socio-economica del processo tecnologico innovativo da parte degli allevatori. Fabio Massimo Pallottini Commissario Straordinario dell ARSIAL Daniela Valentini Assessore all Agricoltura

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Introduzione di un minicaseificio in un azienda ovicaprina Carmela Tripaldi - Paolo Caporro - Gianmarco Pandozy - Pietro Perrella Volume realizzato nell ambito del Piano Annuale dei Servizi di Sviluppo Agricolo 2003 con il finanziamento della Direzione Regionale Agricoltura - Area D20 Servizi di Sviluppo Agricolo e Informazione Socio-economica

Di: Carmela Tripaldi (*) Paolo Caporro (**) Gianmarco Pandozy (**) Pietro Perrella ARSIAL (**) Area Servizi Sperimentali - passa@arsial.it Responsabile Progetto annualità 2002: Cesarina Celotti Responsabile Progetto annualità 2003: Franco Cardinali Coordinatore Scientifico: Olindo Temperini Collaboratori: Paolo Caporro Gianmarco Pandozy REGIONE LAZIO Area D20 Referente Progetto: Istituto per la Zootecnia (*) carmela.tripaldi@isz.it Responsabile Scientifico: Pietro Pasquarelli Carmela Tripaldi Ditta fornitrice del Minicaseificio. 2005 Tutti i diritti sono riservati. Un ringraziamento ufficiale è rivolto a: Eliana Fortucci Corsi per aver messo a disposizione l azienda nella quale è stato istallato il minicaseificio e per aver effettuato tutte le operazioni tecniche richieste con competenza e tempestività.

INDICE 7 9 10 1. Premessa 2. Obiettivi 19 3. Metodologia 4. Bibliografia 3.1. Svolgimento delle prove 3.2. Confronto tra le due lavorazioni 3.3. Punti critici individuati durante l utilizzo del minicaseificio 3.4. Vantaggi della lavorazione in minicaseificio 3.5. Altre considerazioni

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1. Premessa Nel Lazio sono presenti numerose zone, di cui alcune ricadenti in aree svantaggiate, dove l allevamento ovino rappresenta una realtà importante e rilevante dell economia rurale. Gli allevamenti sono per lo più ubicati in zone naturalmente vocate alla produzione di latte, in aree montane e collinari, quasi sempre in posizione decentrata rispetto ai principali punti di commercializzazione e trasformazione. La realtà aziendale è spesso costituita da piccole strutture familiari dove la trasformazione viene realizzata, in alcuni casi, attraverso metodi tradizionali, senza sufficienti garanzie di sicurezza, né per l operatore né per il consumatore. I prodotti ottenuti da queste aziende, anche se marginali e relegati all autoconsumo ed al piccolo mercato locale, sono ricchi di tradizioni casearie e possiedono caratteristiche organolettiche che li rendono pregiati e apprezzati dai consumatori di prodotti tipici e di nicchia. La scelta di utilizzare metodi ed attrezzature tradizionali è motivata in parte dalla diffidenza dei produttori nei confronti dei cambiamenti e in parte dai costi delle attrezzature più moderne. Non vengono invece prese in considerazione la sicurezza e la migliore organizzazione del lavoro. Da ri- Foto 1. Capre nella stalla. 7

Foto 2. Agnelli nella stalla. 8 cordare anche che gli impianti moderni sono in linea con le norme in vigore per la concessione dell autorizzazione sanitaria. L Area Servizi Sperimentali di ARSIAL ha quindi ideato e realizzato, in accordo con quanto previsto dalle direttive del PASSA 2002, una prova consistente nell introduzione di un moderno impianto per la caseificazione presso un azienda zootecnica di modeste dimensioni ubicata nel comune di Atina, in una zona pedemontana della provincia di Frosinone (Val Comino). Lo scopo principale della prova era quello di verificare le situazioni reali in cui viene a trovarsi un azienda che decida di affrontare il passaggio dai metodi tradizionali di produzione a quelli più moderni, con tutti i problemi legati ai cambiamenti degli strumenti a disposizione e ai conseguenti cambiamenti nei processi di trasformazione e produzione. Nel periodo aprile-luglio 2004 sono state quindi realizzate prove di caseificazione presso le strutture aziendali con lo scopo di evidenziare la effettiva potenzialità di impianti di concezione moderna, in termini di resa di trasformazione e qualità della produzione bacino di utenza alla comunità locale. Nel corso della prova sono stati messi a confronto prodotti realizzati con metodi tradizionali e prodotti realizzati con l impianto di nuova intro-

duzione, valutando sia la resa e le principali caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti caseari sia l accettabilità socio-economica del processo tecnologico innovativo da parte degli allevatori. 2. Obiettivi Nello svolgimento della prova sono stati perseguiti i seguenti obiettivi: - verificare il percorso culturale, tecnico e sociale del produttore, in risposta ai cambiamenti di attrezzature e di processi; - rilevare le eventuali differenze esistenti tra rese di trasformazione e caratteristiche chimiche del formaggio ottenuto con la tradizionale caldaia di rame stagnato e il minicaseificio; - verificare le eventuali differenze esistenti tra le due tecniche in termini di caratteristiche chimiche del siero, della scotta e di resa in ricotta (il siero è ciò che residua dalla lavorazione del formaggio, la scotta è ciò che rimane dopo l estrazione della ricotta); - individuare eventuali punti critici della lavorazione dei prodotti tradizionali in minicaseificio. Foto 3. Casale aziendale. 9

Foto 4. Attrezzature impiegate per le analisi quali-quantitative presso la struttura aziendale. 3. Metodologia L impianto installato presso l Azienda Fortucci è parte di un sistema più ampio di attrezzature, che prevede l utilizzo, presso le singole aziende, degli elementi più indicati alle esigenze produttive effettive. Sono stati quindi installati per la prova un generatore di calore alimentato a gasolio da circa 70.000 Kcal/h, una polivalente da 200 litri ed un quadro elettrico di controllo, con i relativi collegamenti elettrici ed idraulici. 10 La polivalente è realizzata interamente in acciaio inox con coperchio incernierato. Per questo modello non era disponibile, al momento della prova, l accessorio rompicagliata motorizzato (nota: la persona addetta alla lavorazione del formaggio ha più volte sottolineato l opportunità di disporre di tale accessorio). Il contenitore è dotato di un doppio fondo nel quale viene fatta circolare acqua calda/fredda per il controllo della temperatura del latte durante la lavorazione. In modelli di altri costruttori, o in modelli di maggiori dimensioni della stessa ditta produttrice, il riscaldamento avviene, oltre che dal fondo, anche attraverso le pareti laterali del contenitore, consentendo,

presumibilmente, un migliore controllo della temperatura. Il bocchello di scarico è situato in posizione laterale, in corrispondenza del fondo del contenitore, e può ovviamente essere dotato di un tubo per lo scarico diretto sul tavolo di lavorazione/formatura; nell azienda sede della prova, viste anche le modeste quantità di latte trasformate, lo scarico del latte e della ricotta avveniva esclusivamente a mano. Il generatore di calore, alimentato a gasolio, sviluppa circa 70.000 kcal/h. E dotato di una centralina di controllo, programmabile in parte dall operatore, che Fig. 1. Polivalente. analizza in continuo le temperature dell acqua in andata e in ritorno, attivando automaticamente il bruciatore a seconda della temperatura impostata dall operatore stesso sul quadro di controllo principale. Sulla centralina di controllo interna al generatore possono essere impostati i valori di temperatura massima dell acqua in mandata verso la polivalente ed altri parametri di funzionamento. Il generatore è collegato ad una linea di acqua fredda corrente, ed è sensibile a variazioni di pressione sulla stessa, al punto di determinare il blocco di sicurezza dell apparecchiatura. Tale inconveniente si è verificato saltuariamente durante le prove e ha richiesto l intervento diretto dell operatore sulla centralina elettronica del generatore. Il generatore di calore è stato installato al di fuori del locale di lavorazione, su indicazione del produttore. Tabella 1. Dimensioni esterne della polivalente (misure in mm). Capacità della polivalente (litri) A 200 780 280 800 520 1110 660 1180 770 1220 B 350 280 180 190 190 C 650 745 800 830 860 D 1780 1750 2010 2090 2150 11

Fig. 2. Unità termica. 1380 Il quadro elettrico principale permette di controllare i principali parametri di lavoro dell attrezzatura, in particolare le temperature di lavorazione e la durata dei relativi periodi. Tramite lo stesso è possibile utilizzare l apparecchiatura in modo automatico o manuale. Il quadro presenta inoltre l indicazione su un display luminoso delle temperature impostate dall operatore e di quelle misurate in caldaia. La misurazione avviene tramite una sonda inserita nel contenitore tramite un apposito foro passante, che deve essere rimossa durante le fasi di rottura della cagliata e di estrazione manuale della stessa per non essere danneggiata. 3.1. Svolgimento delle prove 12 Sono state effettuate quattro prove, di cui due in aprile e due in luglio, durante le quali sono state eseguite contemporaneamente lavorazioni in caldaia ed in minicaseificio Fig. 3. Quadro comandi. del formaggio Pecorino di Picinisco e della ricotta, utilizzando lo stesso latte e lo stesso schema tecnologico. Di seguito viene riportato lo schema tecnologico di produzione del formaggio Pecorino di Picinisco : - coagulazione del latte a 36-37 C con caglio di agnello/capretto; - rottura della cagliata fino alle dimensioni di chicco di miglio; - pressatura della cagliata sotto siero; - estrazione e messa in forma; - salatura a secco dopo qualche rivoltamento (più precoce in estate); - spurgo a temperatura ambiente in inverno ed in cella a 6-7 C in estate; - stagionatura in cella a 6-7 C per un mese e mezzo.

Per la ricotta il siero residuo della lavorazione è stato riscaldato a temperatura superiore a 80 C fino ad affioramento, a cui ha fatto seguito l estrazione. Sono state eseguite le seguenti analisi: - sul latte: grasso, proteine e lattosio (Milkoscan FT 120, Foss); - sul siero e sulla scotta: grasso e sostanza secca (ASPA, 1995); - sul formaggio ad un mese e mezzo di stagionatura: sostanza secca, grasso e proteine (D.M. 21/4/1986) e la resa a 24 ore di distanza dalla lavorazione. 3.2. Confronto tra le due lavorazioni Per la prova è stato utilizzato latte misto di pecora e capra, i cui contenuti medi di grasso, proteina e caseina sono riportati in tabella 2. Nella stessa tabella sono riportati anche i valori riferiti al contenuto medio di grasso e sostanza secca nel siero e nella scotta. Questi dati sono correlati alla resa in formaggio e ricotta, in quanto è noto che maggiore è il contenuto di grasso e sostanza secca del siero e della scotta, minore è la resa, rispettivamente, in formaggio e ricotta. Dall analisi della tabella 2 si evince, inoltre, che il grasso e la sostanza secca presenti nel siero sono mediamente più elevati nella lavorazione caldaia rispetto a quelli della lavorazione minicaseificio, ma la differenza non sembra essere rilevante. Protocollo sperimentale prova minicaseificio 1. Miscelare il volume totale di latte iniziale per poi suddividerlo in polivalente ed in caldaia. 2. Prelevare 50 ml di latte per la determinazione dell acidità titolabile. 3. Prelevare circa 200 ml di latte per la determinazione delle principali caratteristiche chimico-fisiche. 4. Misurare il volume di latte destinato alle due tesi. 5. Se il latte di partenza non è lo stesso, prelevare i campioni sia dalla polivalente che dalla caldaia. 6. Prelevare circa 100 ml di siero dopo l eliminazione della cagliata residua. 7. Il latte dovrà essere aggiunto al siero destinato alla produzione di ricotta nella stessa percentuale. 8. Prelevare circa 100 ml di scotta dopo l estrazione della ricotta. 9. Prelevare circa 200 g di ricotta. 10. Prelevare una formina di formaggio prima della salatura. 11. Marchiare una seconda formina di formaggio da far stagionare per 1,5-2 mesi. 13

Rilievi effettuati in entrambe le lavorazioni: dose di caglio; temperatura di coagulazione; tempi di presa e di coagulazione; temperatura di affioramento della ricotta; tempi di affioramento della ricotta (dall inizio del riscaldamento del siero); temperatura del siero durante l estrazione della ricotta; resa in formaggio prima della salatura; resa in ricotta. Anche i valori medi della scotta non differiscono molto secondo il tipo di lavorazione, tuttavia dalla tabella 2 si osserva che i contenuti di grasso e sostanza secca della scotta proveniente dal minicaseificio (1,10 vs 0,30% e 8,50 vs 7,34%) sono notevolmente più elevati rispetto alla lavorazione caldaia, quando le prove sono state effettuate ad una temperatura ambiente più bassa (aprile). Ciò si traduce in una resa in ricotta più bassa quando viene utilizzato il minicaseificio. Il motivo è probabilmente da attribuire alla ridotta capacità di riscaldamento del siero dell impianto a disposizione (riscaldamento solo attraverso il fondo). A luglio, quando la temperatura ambiente era più elevata, il suddetto inconveniente non si è presentato. I dati registrati riguardanti la resa in formaggio a 24 ore sono simili per le due lavorazioni e confermano quanto detto a proposito del contenuto di 14 Foto 5. Cestelli di ricotta.

grasso e sostanza secca del siero. La percentuale di sostanza secca del formaggio è nettamente più elevata in quello derivante dalla caldaia (64,23 vs 56,16). Questo dato è probabilmente da attribuire ad una temperatura di coagulazione più elevata di quella raggiunta nel minicaseificio, che ha comportato un asciugatura spinta del coagulo e di conseguenza un maggior contenuto di sostanza secca del formaggio. Ciò induce a riflettere anche sulla maggiore difficoltà di controllare con precisione la temperatura nell utilizzo della caldaia; nel minicaseificio, invece, la presenza di una intercapedine dove possa circolare sia acqua calda che fredda, permette di ovviare a questo inconveniente. Il contenuto di grasso sulla s.s. è più basso nel formaggio proveniente dal minicaseificio (45,76 vs 47,93); questo può essere dovuto all utilizzo del tradizionale spino in legno non adeguato ai volumi di latte trasformati in caldaia. Il ricorso a tempi di rottura della cagliata più lunghi o l utilizzo di un rompi cagliata meccanico potrebbe incrementare questa percentuale. Tabella 2. Caratteristiche chimiche di latte, siero, scotta e formaggio ad 1.5 mesi di stagionatura e resa in formaggio a 24 ore, in funzione della tecnica impiegata. (periodo aprile-settembre). Minicaseificio Caldaia rame Parametri Deviaz. Deviaz. Media Media st. st. Grasso latte (%) 4,95 0,87 4,95 0,87 Proteina latte (%) 4,03 0,50 4,03 0,50 Caseina latte (%) 3,15 0,51 3,15 0,51 Grasso siero (%) 2,90 0,10 3,00 0,00 Sost. secca siero (%) 8,23 0,08 8,56 0,14 Grasso scotta (%) 0,63 0,34 0,73 0,48 Sost. secca scotta (%) 7,04 1,03 7,14 0,65 Resa formaggio a 24 ore (%) Sost. secca formaggio (%) Grasso t.q. formaggio (%) Grasso s.s. formaggio (%) Proteina t.q. formaggio (%) Proteina s.s. formaggio (%) 14,30 3,68 14,60 2,22 56,16 0,47 64,23 8,52 25,69 1,04 31,03 3,53 45,76 2,24 47,93 1,42 26,04 1,26 30,21 4,36 46,35 1,86 46,96 0,56 15

Tabella 3. Caratteristiche chimiche della scotta proveniente da lavorazioni in mincaseificio e caldaia in rame stagnato effettuate in aprile (temperatura ambiente più bassa). Parametri Minicaseificio Caldaia rame Media Media Grasso scotta (%) 1,10 0,30 Sost. secca scotta (%) 8,50 7,34 3.3. Punti critici individuati durante l utilizzo del minicaseificio Resa in ricotta - Nel modello di minicaseificio utilizzato (riscaldamento del solo fondo), quando la temperatura ambiente è bassa, la temperatura raggiunta dal siero (82 C) è insufficiente per ottenere una buona resa in ricotta. Il problema viene superato durante la stagione calda, quando il siero supera la temperatura di 85 C. Nel siero riscaldato nella caldaia in rame stagnato si raggiungono sempre 90 C. Nel modello di minicaseificio utilizzato (riscaldamento del solo fondo), quando la temperatura ambiente è bassa, la temperatura raggiunta dal siero (82 C) è insufficiente per ottenere una buona resa in ricotta. Il problema viene superato durante la stagione calda, quando il siero supera la temperatura di 85 C. Nel siero riscaldato nella caldaia in rame stagnato si raggiungono sempre 90 C. 16 Altri modelli di minicaseificio, sia del produttore scelto per la prova, sia di altri produttori, che prevedono anche il riscaldamento delle pareti, oltre che del fondo, non dovrebbero presentare questo inconveniente, anche se non è stata possibile una verifica sperimentale. Foto 6. Cestelli di ricotta con spino di legno.

Foto 7. Impianto di minicaseificazione. Altri modelli di minicaseificio, sia del produttore scelto per la prova, sia di altri produttori, che prevedono anche il riscaldamento delle pareti oltre che del fondo, non dovrebbero presentare questo inconveniente. Adattamento dell impianto alla tecnica tradizionale Le operazioni di rottura, pressatura della cagliata sotto siero e messa in forma presentano le maggiori difficoltà nel passaggio dalla tradizionale lavorazione in caldaia a quella in minicaseificio. In questo caso, non essendo la polivalente completa di attrezzo di taglio, non è stato possibile verificare le eventuali difficoltà che si possono incontrare durante la rottura; le altre due operazioni sono state effettuate nel modo tradizionale. 3.4. Vantaggi della lavorazione in minicaseificio Riduzione dei tempi di lavoro - I volumi di latte che è possibile trasformare nella polivalente del minicaseificio sono ovviamente maggiori di quelli che è possibile lavorare nelle caldaie di rame stagnato, che solita- 17

mente sono di piccole dimensioni. Questo significa minor tempo dedicato alla produzione di formaggio ed alle operazioni di pulizia. Maggiore sicurezza per l operatore - L utilizzo continuo del bruciatore a gas, che alimenta la caldaia tradizionale espone l operatore ai fumi di combustione con gravi rischi per la salute, soprattutto se si considerano i lunghi tempi necessari per riscaldare il siero durante la produzione della ricotta; inoltre esiste il pericolo concreto legato alla presenza di fiamme libere all interno del locale di lavorazione. Maggiore possibilità di controllo della temperatura del latte La visualizzazione costante della temperatura e la possibilità di riscaldare e raffreddare la massa di latte permettono di effettuare tutte le fasi della lavorazione alla temperatura desiderata, secondo le condizioni ambientali e le caratteristiche del latte. 3.5. Altre considerazioni Effetti del materiale rame stagnato sulle caratteristiche dei prodotti - La lavorazione tradizionale del formaggio Pecorino di Picinisco e della ricotta nella zona considerata è stata effettuata sempre in caldaia di rame stagnato, materiale che ha delle caratteristiche differenti dall acciaio inossidabile. Alcuni Autori hanno studiato gli effetti del rame sull andamento della maturazione del formaggio, in virtù del rilascio di questo elemento all interno del prodotto. Non sono ancora stati invece valutati gli effetti dell utilizzo delle caldaie in rame stagnato utilizzate in tutto il centro-sud per la produzione di formaggi tradizionali. 18 Foto 8. Pentolone di rame.

4. Bibliografia ASPA, 1995. Metodi di analisi del latte delle principali specie di interesse zootecnico. Università degli Studi di Perugia. D.M. 21/4/1986. Metodi ufficiali di analisi per i formaggi. G.U. n. 229 del 2/10/1986. MOLFINO M., Permessi Strutture e costi. Informatore Zootecnico, n.13, 40-44. SALVATORI DEL PRATO O., 2004. Il caseificio si fa mini. AZBio, n.3, 16-20. 19

Altri opuscoli della Collana dei Servizi di Sviluppo Agricolo : - Difesa integrata del nocciolo (1995) - Guida al corretto impiego dei fitofarmaci (1996) - Difesa integrata della vite da tavola e da vino (1996) - Insetti e acari utili in agricoltura (1997) - Guida alle autorizzazioni per l attività vivaistica (ristampa 2005) - Guida alla sicurezza in agricoltura (ristampa 2004) - Guida alla corretta distribuzione meccanica dei fitofarmaci (ristampa 2004) - Guida al corretto impiego delle macchine per la difesa delle colture (1999) - Gestione della chioma e della produzione della vite (2005) - L inerbimento dell oliveto con leguminose annuali autoriseminanti (2005) Finito di stampare nel mese di ottobre 2005 presso la Tipografia Agnesotti - VT Roma agnesotti@tin.it

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