La successione nel contratto di locazione abitativa

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La successione nel contratto di locazione abitativa Roberto Pasquini in Immobili & Imposte indirette La legge n. 392/78 all'art. n. 6 disciplina la successione nel contratto di locazione. In caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi. In caso di separazione giudiziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo. In caso di separazione consensuale o di nullità matrimoniale al conduttore succede l'altro coniuge se tra i due si sia così convenuto. La successione mortis causa e la vocazione anomala. La morte di una delle parti del contratto di locazione non determina di per sé la cessazione del rapporto: vige in questo caso la norma generale secondo la quale i rapporti contrattuali si trasmettono ai successori mortis causa. Questo assunto trova conferma indiretta nell'art. 1614 c.c., il quale, attribuendo il potere di recesso dal contratto agli eredi del conduttore, sancisce necessariamente la possibilità di subentrare per gli stessi soggetti (come infatti potrebbe esservi recesso se non dopo una successione nel contratto?). Tuttavia per le locazioni urbane abitative disciplinate dalla L. n. 392/78 e dalle L. n. 431/98, sono previste delle particolari prescrizioni in deroga alle regole ordinarie: è la cosiddetta vocazione anomala. Infatti i soggetti indicati dalla legge, che non si identificano necessariamente negli eredi del locatario, subentrano nel contratto di locazione quali legatari ex lege, ossia acquistano il diritto personale di godimento (abitazione) del loro dante causa (il de cuius) in forza di una previsione normativa inderogabile. Pertanto in caso di 1 di 5

morte del conduttore, i successibili nella locazione abitativa, secondo quanto previsto dall'art. 6 L. 392/78., sono il coniuge, il convivente more uxorio(1), gli eredi, i parenti e gli affini che abitualmente condividevano lo stesso tetto con il locatario deceduto (a tal proposito, per la prova dell'abituale convivenza si ritiene non essere sufficiente la certificazione storico-anagrafica, che è dotata di una valenza meramente indiziaria - cfr. Cass. Civ., Sez. III, 3 Ottobre 1996, n. 8652). La condizione dell'abituale convivenza ricorre, secondo la giurisprudenza (che in ciò segue le indicazioni fornite dalla dottrina), allorquando siano contestualmente configurabili la stabile comunanza di vita domestica e l'intenzione dei soggetti di dimorare sotto lo stesso tetto. Si deve pertanto trattare di una situazione non transitoria, ma qualificata dagli attributi di stabilità e continuità (dunque l'abituale convivenza è, ad esempio, esclusa quando è dettata da ragioni di assistenza, che per loro natura devono considerarsi temporanee - cfr. Cass. Civ., Sez. III, 23 Novembre 1990, n. 11328). E' dunque escluso che l'erede non convivente succeda nel contratto di locazione: ciò ancorché non vi siano altri soggetti chiamati a subentrare nel contratto a norma dell'art. 6 L. 392/78. In tema di locazioni urbane soggette alle norme speciali, la giurisprudenza della Cassazione ritiene che i dettami codicistici della successione ereditaria, ivi compreso l'art. 1614 c.c., non abbiano che margini applicativi residuali. Ne consegue che l'erede non convivente, che a seguito della morte del conduttore, detenga l'immobile locato, deve essere considerato un soggetto nei cui confronti è esperibile l'azione di rilascio per occupazione senza titolo, oltre alle azioni per il risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale o per l'indennizzo di arricchimento senza giusta causa. Si tenga inoltre presente che proprio in virtù delle affermazioni appena riportate deve essere escluso l'esperimento del procedimento sommario per convalida di licenza o sfratto contro il soggetto erede non convivente (Cass. Civ., Sez III, 22 Maggio 2001, n. 6965). Il recesso dal contratto e l'abbandono dell'immobile. Il presupposto della successione prevista dall'art. 6 comma 1 L. 392/78 è il decesso del locatario conduttore: a tale evenienza non è assimilabile il recesso dal contratto o l'abbandono dell'immobile da parte dello stesso soggetto(2). Sarebbe contrario alla ratio legis consentire la successione nella locazione di parenti od affini del 2 di 5

conduttore ove questi receda dal contratto oppure abbandoni volontariamente l'immobile (cfr: Corte Cost., 18 Maggio 1989, n. 252 - non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento alla parte dell'art. 6 L. 392 del 1978 in cui non viene prevista la successione nel contratto dei parenti ed affini del conduttore, con lui abitualmente conviventi, nell'ipotesi di abbandono dell'immobile o di recesso dal contratto da parte di quest'ultimo). Reiterazione della successione. La successione nel contratto di locazione avviene una volta sola a favore dei soggetti di cui al citato art. 6 L. 392 del 1978, e non anche in favore degli aventi causa da costoro. Pluralità di successori. In virtù dell'art. 6, c. 1 L. 392 del 1978, si attua il subentro nel rapporto da parte di tutti i soggetti che vi abbiano titolo: in caso di pluralità di successori, quindi, il rapporto sarà costituito, ex latere conductoris, una parte soggettivamente complessa: pertanto ciò implica che le azioni proponibili contro i locatari debbano soggiacere al litisconsorzio necessario. Inoltre, qualora il subentro si sia attuato in corso di giudizio, ciascuno dei successori potrà impugnare la sentenza pronunciata nei confronti del comune dante causa. Vicende relative al rapporto matrimoniale o di convivenza more uxorio in relazione alla successione nel contratto di locazione abitativa. Il comma 3 dell'art. 6, L. 392 del 1978, disciplina le conseguenze del rapporto locatizio a seguito di intervenuta separazione personale dei coniugi (giudiziale o consensuale), di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e di dichiarazione di nullità del medesimo. A queste ipotesi previste dalla legge devono aggiungersi altre due casistiche derivanti da una pronuncia della Corte Costituzionale, ossia quella della cessazione della convivenza more uxorio e quella della convenzione tra i coniugi separati di fatto, in base alla quale i due soggetti pattuiscano concordemente che un coniuge succeda al conduttore nel contratto di 3 di 5

locazione (Corte Cost., 7 Aprile 1988, n. 204). Infatti, le ipotesi derivanti dalla crisi coniugale o paraconiugale (convivenza more uxorio), danno vita in realtà ad una sucessione impropriamente così definita: ben più corretto sarebbe parlare di cessione legale (quindi automatica e non negoziale) del contratto (diversamente dalla normale cessione volontaria). Con particolare riguardo alla separazione ed allo scioglimento del matrimonio, ai fini del menzionato diritto successorio, si deve tener presente che rileva non solo la sentenza dichiarativa, ma qualsiasi provvedimento, anche interinale (ordinanza, decreto) assunto dal giudice in corso di procedimento (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 23 Agosto 1990, n. 8613)(3). La prova dell'accordo raggiunto dai coniugi separandi (giusta art. 6 c. 3, L. 392 del 1978) può essere fornita con ogni mezzo, anche per facta concludentia (come quando, ad esempio, si verifica che, dopo la separazione - legale o di fatto -, il coniuge non originario conduttore, permanga nell'abitazione). Quando cessa la convivenza more uxorio, a seguito del citato intervento della Corte Costituzionale n. 404/1988, il trasferimento legale del contratto si attua anche nei confronti del convivente non legalmente coniugato, sempre che vi sia prole naturale (detti figli devono, però, necessariamente essere nati dalla cessata relazione, non essendo sufficiente la presenza della prole generata da uno solo dei conviventi). Non rileva, invece, a fini successori, né il momento in cui sia insorta la convivenza, né il fatto che il locatore ne abbia avuto conoscenza (Cass. Civ., Sez. III, 25 Maggio 1989, n. 2524; conforme Cass. Civ., Sez III, 10 Ottobre 1997, n. 9868). La comunicazione. In ordine alla necessità di dare comunicazione al locatore della vicenda successoria, la giurisprudenza appare divisa e non concorde. Un orientamento ritiene che l'avvenuta comunicazione al locatore sia condizione per l'opponibilità del contratto alla controparte; l'orientamento di segno opposto sostiene che la successione operi di diritto in maniera del tutto autonoma, automatica e non negoziale, essendo del tutto irrilevante che il locatore abbia avuto conoscenza dell'avvenuto subentro (questa è comunque la teoria più accreditata). 4 di 5

Note 1) Corte Cost., 7 Aprile 1988, n. 404: E' costituzionalmente illegittimo -in riferimento agli art. 2 e 3 Cost.- l'art. 6, comma 1 L. 27.07.1978 n. 392, nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio. 2) Si ammette, invece, che il subentro si attui anche nel caso in cui la locazione sia stata conclusa a beneficio di più conduttori e solo uno di questi sia deceduto. 3) Secondo la giurisprudenza dominante, la revoca del provvedimento di assegnazione determina la retrocessione del rapporto locatizio al coniuge originariamente titolare del contratto; si ritiene venga annullata tale cessione legale del contratto anche nel caso in cui, a seguito di riconciliazione coniugale, venga ripristinata la convivenza, con conseguente ripristino della titolarità del rapporto locatizio in capo all'originario titolare del contratto. 5 aprile 2011 Michele Gobbi Ardini 5 di 5