Capitolo 2 Le obbligazioni da fatto illecito



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Capitolo 2 Le obbligazioni da fatto illecito 1. Il ritorno della tripartizione del danno non patrimoniale? La Cassazione a Sezioni Unite l 11 novembre del 2008, nella sentenza n. 26972, aveva affermato, con riferimento al danno esistenziale, che «il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Non può, dunque, farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell atipicità, sia pure attraverso l individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall interpretazione costituzionale dell art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione». Aggiungendo altresì che la limitazione alla tradizionale figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata, ciò in quanto «la formula danno morale non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento». Il principio di diritto testè richiamato è divenuto una massima costante della giurisprudenza di legittimità tanto da poter essere considerata oramai vero e proprio diritto vivente. Sennonché la Cassazione, in un isolata sentenza del 3 ottobre 2013 (n. 22585), sembra aver messo nuovamente in discussione tale arresto giurisprudenziale, cercando di offrire un interpretazione ortopedica delle conclusioni cui erano giunte le Sezioni Unite nel 2008, affermando come le stesse «non hanno mai predicato un principio di diritto volto alla soppressione per assorbimento, ipso facto, del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al giudice del merito 65

giurisprudenza ragionata civile soltanto la necessità di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell evidenza probatoria, duplicazioni risarcitorie». Ancora, per quanto attiene alla risarcibilità del «danno dinamico relazionale» (tradizionalmente identificato con il sintagma danno esistenziale ), la Corte motiva la risarcibilità con il riferimento alla distinzione operata dal legislatore nell art. 612-bis del codice penale, che distingue tra due momenti della sofferenza dell individuo: il dolore interiore (che traduciamo civilisticamente nel «danno morale») e la significativa alterazione della vita quotidiana (per il quale si è utilizzato il termine «danno esistenziale»). Va precisato, tuttavia, come nello stesso giorno, è stata depositata un altra sentenza (la n. 22604) che, contrariamente alla n. 22585 e coerentemente con le sentenze di San Martino del 2008, ha ribadito il carattere unitario del danno non patrimoniale. Da ultimo, infine, un richiamo al danno esistenziale è stato nuovamente compiuto dalla Cassazione nella decisione del 14 gennaio 2014, n. 531, che nella circostanza ha affermato come se è vero, che le sentenze di San Martino del 2008, depositate dalle Sezioni Unite, nel procedere alla sistemazione della figura del danno non patrimoniale, hanno chiaramente affermato che, in tema di danno alla persona, le espressioni danno esistenziale e danno biologico non esprimono distinte categorie di danno, trattandosi, piuttosto, di locuzioni meramente descrittive dell unica categoria di danno, quella del danno non patrimoniale, da identificarsi nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Ma è altresì pacifico, stando alla lettera delle richiamate pronunce, che il riconoscimento del carattere omnicomprensivo del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della integralità del risarcimento medesimo. Corollario di detto principio, secondo la Suprema Corte, è che il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane) non costituiscono una conseguenza indefettibile in tema di lesione dei diritti della persona, occorrendo valutare, caso per caso, se il danno non patrimoniale, nella fattispecie concreta, presenti o meno siffatti aspetti. Il compito del giudice consiste, dunque, nell accertare l effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e procedendo alla loro integrale riparazione. Ne consegue che la mancanza di danno biologico (qual è stato ritenuto, nella specie, per i due genitori) non esclude la configurabilità in astratto di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno esistenziale, quale conseguenza, autonoma, della lesione 66

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamicorelazionale del soggetto. E allorché il fatto lesivo abbia profondamente alterato il complessivo assetto dei rapporti personali all interno della famiglia, provocando, come è stato ritenuto nella fattispecie, una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale di tipo esistenziale, consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del genitore in relazione all esigenza di provvedere perennemente ai (niente affatto ordinari) bisogni del figlio, sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti, deve senz altro trovare ristoro nell ambito della tutela ulteriore apprestata dall art. 2059 cod. civ. in caso di lesione di un interesse della persona costituzionalmente protetto. I principi sono stati ribaditi da un altra sentenza della Suprema Corte (23 gennaio 2014, n. 1361), di cui diremo anche nel paragrafo successivo con riferimento al danno da perdita della vita, che ha altresì specificato come la diversità ontologica dei suindicati aspetti (o voci) di cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale impone che, in ossequio al principio (dalle Sezioni Unite del 2008 assunto ad assioma) della integralità del risarcimento dei danni nello specifico caso concreto subiti dal danneggiato (o dal creditore) in conseguenza del fatto illecito extracontrattuale (ovvero dell inadempimento delle obbligazioni), essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro. La decisione, inoltre, contesta una diversa lettura delle sentenze del 2008 che talune pronunce hanno reso sul punto, laddove si è sostenuto come la più recente giurisprudenza di questa Corte ha precisato che i danni non patrimoniali di cui all art. 2059 c.c. comprendono tutti i pregiudizi non connotati dalla patrimonialità, e che la categoria non può essere suddivisa in diverse sottovoci suscettibili di autonomo risarcimento (danno esistenziale, danno alla vita di relazione, estetico, morale, biologico, ecc), come si è spesso verificato in passato nella prassi giurisprudenziale. In realtà si osserva una siffatta lettura delle sentenze del 2008 è in realtà smentita, oltre che da altra sentenza della stessa 3 Sezione v. Cass., 30/10/2009, n. 23056, ove si afferma che le sezioni unite di questa Corte, nella sentenza 11/11/2008, n. 26973, hanno chiarito in termini definitivi ed appaganti che il danno non patrimoniale di cui all art. 2059 c.c. è categoria generale, non suscettibile di divisione in sottocategorie variamente etichettate, di modo che il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il risarcimento di distinte categorie di danno. Analogamente v., da ultimo, 67

giurisprudenza ragionata civile Cass., 9/3/2012, n. 3718), da decisioni di altre sezioni semplici (v. la citata Cass., 5/10/2009, n. 21223) e delle stesse Sezioni Unite ( mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all esistenza di una lesione dell integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale è da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno ). Senza contare che, al di là di affermazioni di principio secondo cui il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. precluderebbe la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (v. Cass., 12/2/2013, n. 3290; Cass., 14/5/2013, n. 11514), viene poi generalmente (anche in tali decisioni) a darsi comunque rilievo alla circostanza che nel liquidare l ammontare dovuto a titolo di danno non patrimoniale il giudice abbia invero tenuto conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi dello stesso nel singolo caso concreto, facendo luogo, in sede di personalizzazione della liquidazione, al correlativo incremento del dato tabellare di partenza (cfr., da ultimo, Cass., 23/9/2013, n. 21716). La Corte, al riguardo, precisa apertis verbis, in una sorta di interpretazione autentica del pensiero delle Sezioni Unite del 2008, come sia da escludersi che esse, al contrario di quanto da alcuni dei primi commentatori sostenuto, e anche in giurisprudenza di legittimità a volte affermato, abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori (anche) del cd. danno esistenziale. Di particolare pregio, ancora, sono le riflessioni della sentenza in rassegna liddove contesta quel principio affermato in giurisprudenza secondo cui, allorquando vengano presi in considerazione gli aspetti relazionali, il danno biologico assorbe sempre e comunque il cd. danno esistenziale (in tal senso v. invece Cass., 10/2/2010, n. 3906; Cass., 30/11/2009, n. 25236). È infatti necessario si opina verificare quali aspetti relazionali siano stati valutati dal giudice, e se sia stato in particolare assegnato rilievo anche al (radicale) cambiamento di vita, all alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, in cui di detto aspetto (o voce) del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante per un ipotesi di ritenuta esaustività della liquidazione operata dal giudice di merito del danno non patrimoniale (subito da gestante non posta in condizione, per errore diagnostico, di decidere se interrompere la gravidanza) utilizzando, come parametro di riferimento, quello di calcolo del danno biologico, espressamente al riguardo indicando in motivazione che la fattispecie costituiva un caso paradigmatico di lesione di un diritto della persona, di rilievo costitu- 68

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito zionale, che indipendentemente da un danno morale o biologico, peraltro sempre possibile, impone comunque al danneggiato di condurre giorno per giorno, nelle occasioni più minute come in quelle più importanti, una vita diversa e peggiore, di quella che avrebbe altrimenti condotto. a. Cass., 3 ottobre 2013, n. 22585 Le Sezioni Unite non hanno mai predicato un principio di diritto volto alla soppressione per assorbimento, ipso facto, del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al giudice del merito soltanto la necessità di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell evidenza probatoria, duplicazioni risarcitorie. Una indiretta quanto significativa indicazione in tal senso potrebbe essere rinvenuta nel disposto dell art. 612-bis del codice penale, che, sotto la rubrica Atti persecutori, dispone che sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Sembrano efficacemente scolpiti, in questa disposizione di legge per quanto destinata ad operare in un ristretto territorio del diritto penale i due autentici momenti essenziali della sofferenza dell individuo: il dolore interiore, e la significativa alterazione della vita quotidiana. Si tratta, quindi, di danni diversi e quindi in astratto entrambi risarcibili, ma solo se rigorosamente provati caso per caso. (omissis) con la recente pronuncia n. 20292 del 2012, si è affermato, in motivazione, quanto segue: Un più ampio panorama dello stato della giurisprudenza, di legittimità e costituzionale, sino a tutto il 2006 secondo una ricognizione oggi imposta dall assai parziale richiamo ad un singolo e non significativo passaggio della sentenza 8827/2003 consente al collegio una prima considerazione (peraltro non indispensabile, alla luce dei successivi interventi compiuti dal legislatore, a livello di normativa primaria e secondaria, all indomani delle sentenze dell 11 novembre 2008): un indiscusso e indiscutibile formante giurisprudenziale di un altrettanto indiscutibile diritto vivente, così come predicato ai suoi massimi livelli, era, sino a tutto l anno 2006, univocamente indirizzato nel senso della netta separazione, concettuale e funzionale, del danno biologico, del danno morale, del danno derivante dalla lesione di altri interessi costituzionalmente protetti. In tale ottica, le stesse tabelle in uso presso il tribunale di Milano che questa stessa Corte eleverà, con la sentenza 12408/2011, a dignità 69

giurisprudenza ragionata civile di generale parametro risarcitorio per il danno non patrimoniale ne prevedevano una separata liquidazione, indicando, in particolare, nella misura di un terzo la percentuale di danno biologico utilizzabile come parametro per la liquidazione del (diverso) danno morale subbiettivo. Le norme di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private (D.lgs. 209/2005), calate in tale realtà interpretativa, non consentivano (né tuttora consentono), pertanto, una lettura diversa da quella che predicava la separazione tra i criteri di liquidazione del danno biologico in esse codificati e quelli funzionali al riconoscimento del danno morale: in altri termini, la non continenza, non soltanto ontologica, nel sintagma danno biologico anche del danno morale. Nella liquidazione del danno biologico, invece, il legislatore del 2005 ebbe a ricomprendere quella categoria di pregiudizio non patrimoniale oggi circoscritta alla dimensione di mera voce descrittiva che, per voce della stessa Corte costituzionale, era stata riconosciuta e definita come danno esistenziale: è lo stesso Codice delle assicurazioni private a discorrere, di fatti, di quegli aspetti dinamico relazionali dell esistenza che costituiscono danno ulteriore (rectius, conseguenza dannosa ulteriormente risarcibile) rispetto al danno biologico strettamente inteso come compromissione psicofisica da lesione medicalmente accertabile. L aumento percentuale del risarcimento riconosciuto in funzione del punto invalidità, difatti, non è altro che il riconoscimento di tale voce descrittiva del danno, e cioè della descrizione degli ulteriori patimenti che, sul piano delle dinamiche relazionali, il soggetto vittima di una lesione medicalmente accertabile subisce e di cui (se provati) legittimamente avanza pretese risarcitorie. Ma quid iuris qualora (come nella specie) un danno biologico manchi del tutto, e il diritto costituzionalmente protetto (quello che le sentenze del 2003 definirono, con terminologia di più ampio respiro, in termini di valore e/o interesse costituzionalmente protetto) risulti diverso da quello di cui all art. 32 della Costituzione, sia cioè, altro dal diritto alla salute (che il costituente, non a caso, ebbe cura di non definire inviolabile al pari della libertà, della corrispondenza e del domicilio bensì fondamentale)? Quanto al danno morale, ed alla sua autonomia rispetto alle altre voci descrittive di danno (e cioè in presenza o meno di un danno biologico o di un danno relazionale ), questa Corte, con la sentenza 18641/2011, ha già avuto modo di affermare quanto segue: La modifica del 2009 delle tabelle del tribunale di Milano che questa Corte, con la sentenza 12408/011 (nella sostanza confermata dalla successiva pronuncia n. 14402/011) ha dichiarato applicabili, da parte dei giudici di merito, su tutto il territorio nazionale in realtà, non ha mai cancellato la fattispecie del danno morale intesa come voce integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale: né avrebbe potuto farlo senza violare un preciso indirizzo legislativo, manifestatosi in epoca successiva 70

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito alle sentenze del 2008 di queste sezioni unite, dal quale il giudice, di legittimità e non, non può in alcun modo prescindere, in una disciplina (e in una armonia) di sistema che, nella gerarchia delle fonti del diritto, privilegia ancora la disposizione normativa rispetto alla produzione giurisprudenziale. L indirizzo di cui si discorre si è espressamente manifestato attraverso la emanazione di due successivi D.P.R. n. 31 del 2009 e il n. 191 del 2009, in seno ai quali una specifica disposizione normativa (l art. 5) ha inequivocamente resa manifesta la volontà del legislatore di distinguere, morfologicamente prima ancora che funzionalmente, all indomani delle pronunce delle sezioni unite di questa corte (che, in realtà, ad una più attenta lettura, non hanno mai predicato un principio di diritto volto alla soppressione per assorbimento, ipso facto, del danno morale nel danno biologico, avendo esse viceversa indicato al giudice del merito soltanto la necessità di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell evidenza probatoria, duplicazioni risarcitorie) tra la voce di danno c.d. biologico da un canto, e la voce di danno morale dall altro: si legge difatti alle lettere a) e b) del citato art. 5, nel primo dei due provvedimenti normativi citati: che la percentuale di danno biologico è determinata in base alle tabelle delle menomazioni e relativi criteri di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni; che la determinazione della percentuale di danno morale viene effettuata, caso per caso, tenendo conto dell entità della sofferenza e del turbamento dello stato d animo, oltre che della lesione alla dignità della persona, connessi e in rapporto all evento dannoso, in misura fino a un massimo di due terzi del valore percentuale del danno biologico. Quanto, in particolare, al c.d. danno parentale la sentenza specifica ancora come Vadano senz altro ristorati anche gli aspetti relazionali propri del danno da perdita del rapporto parentale inteso come danno esistenziale... al cui proposito approfondita si appalesa la disamina della corte territoriale che, dopo aver ricostruito la vicenda in termini di eccezionalità sotto il profilo dinamico-relazionale della vita dei genitori del piccolo tetraplegico, ha poi altrettanto correttamente ritenuto di conservare un ancoraggio alla liquidazione del danno biologico quale parametro di riferimento equitativo non del tutto arbitrario del danno parentale, quantificando con apprezzamento di fatto scevro da errori logico giuridici e pertanto incensurabile in questa sede il danno stesso in una percentuale (l 80%) del pregiudizio biologico risentito dal minore. Non sembrò revocabile in dubbio alla Corte, e non sembra revocabile in dubbio oggi al collegio, che, nella più ampia dimensione del risarcimento del danno alla persona, la necessità di una integrale riparazione del danno parentale (secondo i principi indicati dalla citata Cass. ss.uu. 26972/08) comporti che la relativa quantificazione debba essere tanto più elevata quanto più grave risulti il vulnus alla situazione soggettiva tutelata dalla Costituzione inferto al danneggiato, e tanto più articolata 71

giurisprudenza ragionata civile quanto più esso abbia comportato un grave o gravissimo, lungo o irredimibile sconvolgimento della qualità e della quotidianità della vita stessa. Sulla base di tali premesse, e sgombrato il campo da ogni possibile equivoco quanto alla autonomia del danno morale rispetto non soltanto a quello biologico (escluso nel caso di specie), ma anche a quello dinamico relazionale (predicabile pur in assenza di un danno alla salute), va affrontata e risolta la questione, specificamente sottoposta oggi dal ricorrente incidentale al vaglio di questa Corte, della legittimità di un risarcimento di danni esistenziali così come riconosciuti dalla corte di appello di Potenza. Questione da valutarsi, non diversamente da quella afferente al danno morale, alla luce del dictum dalle sezioni unite di questa corte nel 2008, che lo ricondussero, in via di principio, a species descrittiva di danno inidonea di per sé a costituirne autonoma categoria risarcitoria. Un principio affermato, peraltro, nell evidente e condivisibile intento di porre un ormai improcrastinabile limite alla dilagante pan-risarcibilità di ogni possibile species di pregiudizio, benché priva del necessario referente costituzionale, e sancito con specifico riferimento ad una fattispecie di danno biologico. Un principio che, al tempo stesso, affronta e risolve positivamente la questione della risarcibilità di tutte quelle situazioni soggettive costituzionalmente tutelate (diritti inviolabili o anche solo fondamentali, come l art. 32 della Costituzione definisce la salute) diversi dalla salute, e pur tuttavia incise dalla condotta del danneggiante oltre quella soglia di tollerabilità indotta da elementari principi di civile convivenza (come pure insegnato dalle stesse sezioni unite). Le sentenze del 2008 offrono, in proposito, una implicita quanto non equivoca indicazione al giudice di merito nella parte della motivazione che discorre di centralità della persona e di integralità del risarcimento del valore uomo così dettando un vero e proprio statuto del danno non patrimoniale alla persona per il terzo millennio. La stessa (meta)categoria del danno biologico fornisce a sua volta risposte al quesito circa la sopravvivenza predicata dalla corte di appello lucana del c.d. danno esistenziale, se è vero come è vero che esistenziale è quel danno che, in caso di lesione della stessa salute, si colloca e si dipana nella sfera dinamico relazionale del soggetto, come conseguenza, si, ma autonoma, della lesione medicalmente accertabile. Prova ne sia che un danno biologico propriamente considerato un danno, cioè, considerato non sotto il profilo eventista, ma consequenzialista non sarebbe legittimamente configurabile (sul piano risarcitorio, non ontologico) tutte le volte che la lesione (danno evento) non abbia procurato conseguenze dannose risarcibili al soggetto: la rottura, da parte di un terzo, di un dente destinato di lì a poco ad essere estirpato dal (costoso) dentista 72

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito è certamente una lesione medicalmente accertabile, ma, sussunta nella sfera del rilevante giuridico (id est, del rilevante risarcitorio), non è (non dovrebbe) essere anche lesione risarcibile, poiché nessuna conseguenza dannosa (anzi..), sul piano della salute, appare nella specie legittimamente predicabile (la medesima considerazione potrebbe svolgersi nel caso di frattura di un arto destinato ad essere frantumato nel medesimo modo dal medico ortopedico nell ambito di una specifica terapia ossea che attende di lì a poco il danneggiato). La mancanza di danno (conseguenza dannosa) biologico, in tali casi, non esclude, peraltro, in astratto, la configurabilità di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un possibile danno dinamico-relazionale, sia pur circoscritto nel tempo. Queste considerazioni confermano la bontà di una lettura delle sentenze delle sezioni unite del 2008 condotta, prima ancora che secondo una logica interpretativa di tipo formale-deduttivo, attraverso una ermeneutica di tipo induttivo che, dopo aver identificato l indispensabile situazione soggettiva protetta a livello costituzionale (il rapporto familiare e parentale, l onore, la reputazione, la libertà religiosa, il diritto di autodeterminazione al trattamento sanitario, quello all ambiente, il diritto di libera espressione del proprio pensiero, il diritto di difesa, il diritto di associazione e di libertà religiosa ecc.), consenta poi al giudice del merito una rigorosa analisi ed una conseguentemente rigorosa valutazione tanto dell aspetto interiore del danno (la sofferenza morale) quanto del suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno esistenziale). Una indiretta quanto significativa indicazione in tal senso potrebbe essere rinvenuta nel disposto dell art. 612-bis del codice penale, che, sotto la rubrica Atti persecutori, dispone che sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. Sembrano efficacemente scolpiti, in questa disposizione di legge per quanto destinata ad operare in un ristretto territorio del diritto penale i due autentici momenti essenziali della sofferenza dell individuo: il dolore interiore, e la significativa alterazione della vita quotidiana. Danni diversi e, perciò solo, entrambi autonomamente risarcibili, ma se, e solo se, rigorosamente provati caso per caso, al di là di sommarie ed impredicabili generalizzazioni (che anche il dolore più grave che la vita può infliggere, come la perdita di un figlio, può non avere alcuna conseguenza in termini di sofferenza interiore e di stravolgimento della propria vita esterna per un genitore che, quel figlio, aveva da tempo emotivamente cancellato, vivendo addirittura come una liberazione la sua scomparsa). 73

giurisprudenza ragionata civile È lecito ipotizzare, come sostiene il ricorrente incidentale, che la categoria del danno esistenziale risulti indefinita e atipica. Ma ciò è la probabile conseguenza dell essere la stessa dimensione della sofferenza umana, a sua volta, indefinita e atipica. Il Collegio ritiene di dover dare ulteriore continuità a tali principi, con conseguente accoglimento dei motivi in esame. (omissis) b. Cass., 14 gennaio 2014, n. 531 Il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane) non costituiscono una conseguenza indefettibile in tema di lesione dei diritti della persona, occorrendo valutare, caso per caso, se il danno non patrimoniale, nella fattispecie concreta, presenti o meno siffatti aspetti. Il compito del giudice consiste, dunque, nell accertare l effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e procedendo alla loro integrale riparazione. Ne consegue che la mancanza di danno biologico (qual è stato ritenuto, nella specie, per i due genitori) non esclude la configurabilità in astratto di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno dinamico-relazionale, quale conseguenza, autonoma, della lesione medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamico-relazionale del soggetto. (omissis) 8. Con il decimo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell art. 2059 cod. civ. in relazione all art. 360 c.p.c., n. 3. A conclusione del motivo si chiede a questa Corte ai sensi dell art. 366 bis cod. proc. civ. di dire se il danno esistenziale è suscettibile di autonoma valutazione rispetto al danno biologico o se invece va considerato nell ambito di quest ultimo come componente di esso. 8.1. Prima di ogni considerazione si rileva che il quesito di diritto non può essere astratto e avulso dalla fattispecie concreta, come quello a corredo della presente censura, ma deve, imprescindibilmente, attenere al decisum ed essere specificamente riferito al motivo cui accede contrapponendosi direttamente alla regola di diritto - che si ritiene erroneamente applicata - ed indicando sia pure sinteticamente il principio di diritto che dovrebbe essere applicato nella fattispecie. Peraltro il quesito in oggetto, oltre che astratto, è anche mal posto, non risultando corretta nessuna delle due proposizioni alternativamente formulate. Invero le espressioni danno esistenziale e danno biologico non esprimono distinte categorie di danno, tantomeno l uno può ritenersi 74

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito una sottocategoria dell altro, trattandosi, piuttosto, di locuzioni meramente descrittive dell unica categoria di danno, che è quella del danno non patrimoniale, da identificarsi nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Per mera completezza si rileva che non vi è alcuna incongruenza logica-giuridica (come sembrerebbe sottendere il quesito) nel fatto che i giudici del merito abbiano riconosciuto, nella specie, il risarcimento del danno esistenziale e non già di quello biologico. Ribadito il carattere meramente descrittivo di siffatte locuzioni, si rammenta che le Sezioni Unite di questa S.C., nel procedere alla sistemazione della figura del danno non patrimoniale con le note sentenze di San Martino, hanno chiaramente affermato che, in tema di danno alla persona, il riconoscimento del carattere omnicomprensivo del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della integralità del risarcimento medesimo. Corollario di detto principio è che il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane) non costituiscono una conseguenza indefettibile in tema di lesione dei diritti della persona, occorrendo valutare, caso per caso, se il danno non patrimoniale, nella fattispecie concreta, presenti o meno siffatti aspetti. Il compito del giudice consiste, dunque, nell accertare l effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e procedendo alla loro integrale riparazione. Ne consegue che la mancanza di danno biologico (qual è stato ritenuto, nella specie, per i due genitori) non esclude la configurabilità in astratto di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno dinamico-relazionale, quale conseguenza, autonoma, della lesione medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamico-relazionale del soggetto. E allorché il fatto lesivo abbia profondamente alterato il complessivo assetto dei rapporti personali all interno della famiglia, provocando, come è stato ritenuto nella specie, una rimarchevole dilatazione dei bisogni e dei doveri ed una determinante riduzione, se non annullamento, delle positività che dal rapporto parentale derivano, il danno non patrimoniale consistente nello sconvolgimento delle abitudini di vita del genitore in relazione all esigenza di provvedere perennemente ai (niente affatto ordinari) bisogni del figlio, sopravvissuto a lesioni seriamente invalidanti, deve senz altro trovare ristoro nell ambito della tutela ulteriore apprestata dall art. 2059 cod. civ. in caso di lesione di un interesse della persona costituzionalmente protetto (Cass. 31 maggio 2003, n. 8827; cfr. anche Cass. 20 ottobre 2005, n. 20324; Cass. 12 giugno 2006, n. 13546). (omissis) 75

giurisprudenza ragionata civile c. Cass., 23 gennaio 2014, n. 1361 La categoria generale del danno non patrimoniale, che attiene alla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da valore di scambio, è di natura composita e (così come il danno patrimoniale si scandisce in danno emergente e lucro cessante) si articola in una pluralità di aspetti (o voci), con funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, il danno biologico e il danno da perdita del rapporto parentale o cd. esistenziale. Il danno morale va inteso a) come patema d animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico nonché b) come lesione alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana. Il ristoro del danno non patrimoniale pecuniario non può mai corrispondere alla relativa esatta commisurazione, sicché se ne impone la valutazione equitativa che, attenendo alla quantificazione e non già all individuazione del danno, deve essere condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i vari fattori incidenti sulla gravità della lesione. I criteri di valutazione equitativa, la cui scelta e adozione è rimessa alla prudente discrezionalità del giudice, devono essere idonei a consentire altresì la cd. personalizzazione del danno, al fine di addivenirsi ad una liquidazione equa, e cioè congrua, adeguata e proporzionata e che deve rispondere ai principi dell integralità del ristoro, e pertanto: a) non deve essere puramente simbolica o irrisoria o comunque non correlata all effettiva natura o entità del danno ma tendere, in considerazione della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno, alla maggiore approssimazione possibile all integrale risarcimento; b) deve concernere tutti gli aspetti (o voci) di cui la generale ma composita categoria del danno non patrimoniale si compendia. Il principio della integralità del ristoro subito dal danneggiato non si pone in termini antitetici ma trova per converso correlazione con il principio in base al quale il danneggiante è tenuto al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito a lui causalmente ascrivibile, l esigenza della cui tutela impone di evitarsi altresì duplicazioni risarcitorie, le quali si configurano (solo) allorquando lo stesso aspetto (o voce) viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito ed incidenti sulla persona del danneggiato. Nel liquidare il danno morale il giudice deve dare motivatamente conto del relativo significato al riguardo considerato, e in particolare se lo abbia valutato non solo quale patema d animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, di natura meramente emotiva e interiore (danno morale 76

Capitolo 2. Le obbligazioni da fatto illecito soggettivo), ma anche in termini di dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana Il danno da perdita del rapporto parentale o cd. esistenziale (che consiste nello sconvolgimento dell esistenza sostanziatesi nello sconvolgimento delle abitudini di vita, con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell ambito della comune vita di relazione sia all interno che all esterno del nucleo familiare ; in fondamentali e radicali scelte di vita diversa) risulta integrato in caso come nella specie di sconvolgimento della vita subito dal coniuge (nel caso, il marito) a causa della morte dell altro coniuge (nel caso, la moglie). (omissis) Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., 6/4/2011, n. 7844), all esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008 la categoria del danno non patrimoniale risulta delineata in termini di categoria concernente ipotesi di lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, di natura composita, articolantesi in una pluralità di aspetti (o voci), con funzione meramente descrittiva, quali il danno morale, il danno biologico e il danno da perdita del rapporto parentale o cd. danno esistenziale (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit. v. altresì Cass., Sez. Un., 19/8/2009, n. 18356, e, da ultimo, Cass., 19/2/2013, n. 4043). Le Sezioni Unite del 2008 hanno inteso il danno morale quale patema d animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, di natura meramente emotiva e interiore (danno morale soggettivo), a tale stregua recependo la relativa tradizionale concezione affermatasi in dottrina e consolidatasi in giurisprudenza (in precedenza volta a limitare la risarcibilità del danno non patrimoniale alla sola ipotesi di ricorrenza di una fattispecie integrante reato). Con riferimento all art. 2059 c.c., ribadendo l impossibilità di prescindersi dal dato normativo (in tali termini v. già Cass., 12/6/2006, n. 13546) e dalla relativa interpretazione andata maturando nel tempo (cfr. Cass., 11/6/2009, n. 13547), si è dalle Sezioni Unite escluso che la formula danno morale individui una autonoma sottocategoria di danno. Sottolineandosi che né l art. 2059 c.c. né l art. 185 c.p. ne fanno menzione, e tantomeno lo dicono rilevante solo se sia transitorio, il danno morale si è ravvisato indicare solamente uno dei molteplici, possibili pregiudizi di tipo non patrimoniale, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata, la cui intensità e durata nel tempo rilevano non già ai fini della esistenza del danno, bensì della mera quantificazione del relativo ristoro. Facendo richiamo a pronunzie (in particolare a Cass., 9/11/2005, n. 21683 e a Cass., 25/2/2004, n. 3806) che del danno morale (così come 77