n marzo 2017 Rapporto tra stock di IDE in uscita e Pil in alcuni paesi europei

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Rapporto tra stock di IDE in entrata e Pil in alcuni paesi europei 4 4 3 3 2 2 1 1 199 199 2 (in %) 2 21 Italia Germania Francia Spagna 21 6 4 3 2 1 Rapporto tra stock di IDE in uscita e Pil in alcuni paesi europei 199 199 2 (in %) 2 21 Italia Germania Francia Spagna 21 Nel 21 i flussi di investimenti diretti esteri a livello mondiale hanno registrato un aumento del 38% a/a. Il dato è però frutto soprattutto di un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione. I dati preliminari relativi alla prima parte del 216 indicano una flessione degli IDE su scala mondiale dovuta soprattutto ai paesi non Ocse. Il rallentamento degli IDE deriva anche da un aumento del numero di restrizioni di natura amministrativa: i vincoli imposti agli investimenti dall estero dai paesi non Ocse sono mediamente il doppio rispetto a quelli imposti dai paesi Ocse. Le barriere più alte si osservano in Cina, Filippine e Arabia Saudita. I dati (preliminari) relativi alla prima parte del 216 mostrano per l Italia un andamento positivo dei flussi in entrata e negativo di quelli in uscita. L Italia presenta un grado di internazionalizzazione produttiva ancora limitato rispetto a quello dei principali paesi. Nel 21 il rapporto tra stock di IDE in entrata e Pil risultava pari al 18,%, un valore in crescita ma significativamente inferiore al dato registrato nei paesi della Ue 28 (47,9%). Considerazioni analoghe valgono se si guarda al rapporto tra lo stock degli IDE in uscita e il Pil. n. 1 17 marzo 217

17 marzo 217 Investimenti esteri alla velocità (lenta) del commercio S. Costagli 6-47274 simona.costagli@bnlmail.com Nel 21 i flussi di investimenti diretti esteri a livello mondiale hanno registrato un aumento del 38% a/a (a quasi 1.8 miliardi di dollari) il valore più alto dal 27. Il dato è però frutto soprattutto di un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione (M&A, 721 miliardi di dollari) dettate da riconfigurazioni aziendali che, pur determinando movimenti consistenti nelle bilance dei pagamenti, hanno cambiato di poco l attività produttiva delle multinazionali coinvolte. Al netto di queste operazioni la crescita degli IDE nel 21 sarebbe stata più modesta. I dati preliminari relativi alla prima parte del 216 indicano una flessione degli IDE su scala mondiale dovuta soprattutto ai paesi non Ocse. La componente delle fusioni e acquisizioni ha continuato però a crescere. Secondo l Ocse (che per questo fenomeno rende disponibili i dati fino a fine 216) il loro valore sarebbe aumentato del 2%. Nella maggior parte dei casi le operazioni hanno coinvolto paesi europei e gli Stati Uniti. Il rallentamento degli IDE deriva anche da un aumento del numero di restrizioni di natura amministrativa: i vincoli imposti agli investimenti dall estero dai paesi non Ocse sono mediamente il doppio rispetto a quelli imposti dai paesi Ocse. Le barriere più alte si osservano in Cina, Filippine e Arabia Saudita. Per contro, Lussemburgo, Slovenia e Portogallo risultano i paesi più accoglienti. I dati (preliminari) relativi alla prima parte del 216 mostrano per l Italia un andamento positivo dei flussi in entrata e negativo di quelli in uscita. L Italia presenta un grado di internazionalizzazione produttiva ancora limitato rispetto a quello dei principali paesi. Nel 21 il rapporto tra stock di IDE in entrata e Pil risultava pari al 18,%, un valore in crescita ma significativamente inferiore al dato registrato nei paesi della Ue 28 (47,9%). Considerazioni analoghe valgono se si guarda al rapporto tra lo stock degli IDE in uscita e il Pil (2,7% contro il 7,6% della Ue 28). Negli ultimi anni ad attirare maggiormente gli investimenti stranieri in Italia è stato soprattutto il comparto energetico; buona è stata anche la capacità di attrazione delle attività della cura della salute, dei servizi sociali, del turismo e dello spettacolo. Per contro, l Italia presenta più difficoltà nell attrarre investimenti nei servizi avanzati (software, ICT, servizi professionali), che a livello mondiale hanno mostrato la dinamica più sostenuta sia in termini di flussi investiti sia di numerosità di progetti avviati. Incertezza politica amplificata dalle crescenti tendenze protezioniste : è la causa principale che un recente rapporto della Banca mondiale individua alla base delle difficoltà del commercio internazionale, che nel 216, per il quinto anno consecutivo, è cresciuto meno del Pil mondiale. Tale andamento, a cui ormai va riconosciuto un carattere strutturale, è però determinato anche dall indebolimento della carica propulsiva fornita dalla delocalizzazione produttiva, che ha trainato la crescita dell export e degli investimenti esteri a partire dalla seconda metà degli anni Novanta dello scorso secolo. Alla luce di questa considerazione è opportuno analizzare se negli ultimi anni, nell ambito degli scambi internazionali, gli IDE abbiano rappresentato un elemento complementare o almeno in parte sostitutivo al commercio di beni e servizi. Dopo il crollo registrato nel 28 e nel 29 (-21% circa in entrambi gli anni) i flussi di IDE a livello mondiale hanno faticato a riprendere quota: al biennio di crescita 21-2

17 marzo 217 211 sono seguiti tre anni di flessione terminati nel 21, anno in cui, con un incremento del 38% a/a, il flusso ha sfiorato i 1.8 miliardi di dollari, il valore più alto dal 27 a oggi, anche se ancora del 1% inferiore al livello pre-crisi. Un analisi più attenta mostra tuttavia che il dato del 21 è in gran parte frutto di un aumento delle operazioni di fusione e acquisizione (M&A, 721 miliardi di dollari), a loro volta legate a riconfigurazioni aziendali che, pur determinando movimenti consistenti nelle bilance dei pagamenti dei vari paesi, hanno cambiato di poco l attività produttiva delle multinazionali coinvolte. Al netto di queste operazioni la crescita degli IDE nel 21 sarebbe stata meno della metà, pari a circa il 1%. In particolare, il valore dei nuovi investimenti produttivi (greenfield) è cresciuto nel corso dell anno solo dell 8% (a 766 miliardi di dollari), mentre gli investimenti in capitale da parte delle mila principali multinazionali risultano in calo dell 11% circa, dopo il -% registrato nel 214. 3 Investimenti delle multinazionali (mld di dollari) 2 2 1 1 27 28 29 21 211 212 213 214 21 Spesa per acquisizioni Spesa in conto capitale Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Unctad Una caratteristica interessante della ripresa degli IDE nel 21 è stata la crescita di quelli verso i paesi sviluppati (+84% a 962 miliardi) che per la prima volta in cinque anni hanno superato la metà (1%) degli investimenti esteri mondiali. Il dato si deve in larga misura a operazioni dirette negli Stati Uniti, che nel corso dell anno hanno ricevuto dall estero investimenti per 38 miliardi di dollari, il valore più alto dal 2. Nei paesi in via di sviluppo e in transizione la crescita è risultata modesta (+6%), frutto della combinazione del +9% per quelli in via di sviluppo e del -38% per le economie in transizione, penalizzate da un calo dell interesse verso i settori produttori di petrolio, minerali e metalli a causa dell andamento negativo dei prezzi delle commodity. Nel 216 gli IDE rallentano Sebbene dettato in parte da operazioni straordinarie, il dato positivo del 21 sembrava aver aperto la strada a un percorso di ulteriore crescita degli investimenti diretti esteri. I dati preliminari disponibili per i primi sei mesi del 216 mostrano invece una flessione del % rispetto allo stesso periodo del 21. 1 Il dato è frutto di un aumento degli IDE nei paesi Ocse e di una diminuzione in gran parte dei non Ocse. 1 L Unctad non fornisce valori mensili o trimestrali e non ha ancora pubblicato il dato relativo al 216. Tuttavia alcune considerazioni possono essere fatte a partire da indagini ad hoc condotte nei vari paesi e 3

17 marzo 217 Tra i primi l aumento dei flussi in arrivo si deve in gran parte a operazioni di ristrutturazione finanziaria di multinazionali statunitensi (i flussi in entrata sono per la maggior parte provenienti dalla Svizzera e dal Lussemburgo), solo in parte bilanciate da valori record di disinvestimenti in alcuni paesi europei, tra cui soprattutto Belgio, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Svizzera e Regno Unito. Tra i paesi non Ocse i flussi in arrivo risultano in diminuzione quasi ovunque (ad eccezione che in Russia), con cali più vistosi in Sud Africa (-4%), in Cina (-37%) e in Brasile (-2% circa). Molto marcata, nei paesi Ocse, è la diminuzione dei flussi in uscita (-16% circa), a causa di riduzioni degli investimenti da parte della Germania, dell Irlanda e del Lussemburgo. Tra i paesi non Ocse si osserva una crescita dei flussi in uscita da Russia (+38%) e Cina (+4%). Flussi di IDE nei paesi Ocse (Mld di dollari) 4 3 3 2 2 1 1 Q1 Q2 Flussi in uscita Flussi in entrata Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su Ocse 84 82 8 78 76 74 72 7 68 66 64 62 Flussi di IDE nei paesi G2 non-ocse Q1 (Mld di dollari) Q2 Flussi in uscita Flussi in entrata (Argentina, Brasile, Russia, Cina, India, Indonesia, Arabia saudita, Sud Africa) Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su Ocse Una delle novità più interessanti del 216 è il balzo dell India nella classifica delle principali destinazioni degli investimenti greenfield: se il dato provvisorio fosse confermato, il paese asiatico supererebbe anche la Cina e gli Stati Uniti. Circa il 4% dei nuovi investimenti in India avrebbe riguardato il comparto manifatturiero, oggetto di interesse da parte di imprese cinesi, coreane, statunitensi e svedesi. È recente inoltre la notizia che la Apple sta progettando l apertura di una fabbrica per l assemblaggio dell i-phone, la prima nel paese. Nell evoluzione recente degli investimenti esteri una nota particolare merita la relazione tra USA e Cina, sia perché da tempo i due paesi occupano le posizioni più alte nella graduatoria delle principali origini e destinazioni degli IDE, sia perché una serie di episodi hanno recentemente aumentato i rischi di frizioni commerciali. Tra i principali motivi di attrito figurano il rifiuto a fine 216 da parte del WTO di concedere alla Cina lo status di economia mercato, la ventilata possibilità che gli Stati Uniti, appellandosi al Trade and competitiveness Act del 1988, decidano di dichiarare la Cina paese manipolatore del cambio, 2 e infine l idea, manifestata più volte durante la recente campagna presidenziale USA, di rendere più difficile alle imprese americane l investimento estero, soprattutto in Cina. Da parte cinese, d altro canto, la volontà del anche dai dati dell Ocse, che elabora statistiche trimestrali dei flussi di IDE. I dati Ocse, pur essendo simili nei trend a quelli Unctad, non lo sono in termini di valori assoluti. 2 In passato in base allo stesso regolamento gli Stati Uniti hanno dichiarato manipolatori del cambio la Corea e Taiwan (1988), Taiwan e Cina (1992) e nuovamente la Cina (1994). 4

17 marzo 217 governo di evitare l ulteriore deprezzamento della valuta nazionale ha portato all introduzione di una serie di misure per limitare gli investimenti all estero, tra cui un inasprimento dei controlli su tutte le operazioni estere che superano la soglia del miliardo di dollari e che risultano estranee all attività principale dell investitore. Le restrizioni riguardano in particolare le operazioni in campo immobiliare e nell industria dell intrattenimento. Nonostante questi problemi, nel 216 gli investimenti tra i due paesi non sembrano aver subito contraccolpi notevoli. Secondo alcune stime preliminari, 3 nell anno appena trascorso le compagnie cinesi hanno investito negli Stati Uniti la cifra record di 4 miliardi di dollari, in una campagna di acquisizioni societarie risultate in numero triplo rispetto a quelle del 21. Il valore complessivo dello stock di IDE cinesi negli USA in tal modo sarebbe arrivato a oltre 1 miliardi dollari, e le imprese cinesi negli USA impiegherebbero circa 1mila occupati. Gli investimenti cinesi del 216, tuttavia, colmano in parte un preesistente squilibrio: secondo uno studio congiunto condotto di recente dal National Committee on US-China Relations e dalla Camera di commercio generale cinese, tra il 2 e il 216 le imprese americane hanno investito in Cina 228 miliardi di dollari, mentre gli investimenti cinesi negli USA nello stesso periodo sono risultati pari a 19 miliardi di dollari, con l importante notazione che quasi la metà è stata realizzata nel 216. 16 1 14 13 12 11 1 9 8 7 Mondo: dimensione media delle operazioni di fusione e acquisizione oltrefrontiera (milioni di dollari) 6 216 21 214 213 212 211 21 29 28 27 26 2 24 23 22 21 2 1999 1998 1997 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Ocse A dispetto dell andamento negativo registrato dal complesso degli IDE, le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) continuano a registrare una crescita sostenuta. Secondo un recente rapporto Ocse (che per questo fenomeno rende disponibili i dati fino a fine 216) nel corso dell anno passato il valore delle M&A oltre frontiera è cresciuto del 2% e l aumento è risultato generalizzato: in Europa i valori risultano in crescita del 3% rispetto al 21 (a 66 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto al valore del 214), in Nord America del 22% e in Giappone del 1% (da 12 a 24 miliardi di dollari). Nel corso dell anno il numero delle operazioni si è però ridotto, determinando un aumento della dimensione media a 146 milioni di dollari, il secondo valore più alto da quando la serie è disponibile (1997). Gli unici anni in cui la dimensione media delle 3 Condotte dall Istituto americano Rhodium Group.

17 marzo 217 operazioni di M&A ha raggiunto livelli così alti sono stati quelli immediatamente precedenti le recessioni del 21 e del 28. A differenza di quelle due occasioni, tuttavia, questa volta all aumento del valore medio delle operazioni non ha contribuito il settore finanziario (per il quale anzi si è registrata una flessione del 19% circa), ma soprattutto di operazioni nel settore alimentare, in quello dei trasporti, e nella produzione di petrolio e gas. Nella maggior parte dei casi le operazioni hanno coinvolto paesi europei e gli Stati Uniti. Secondo alcuni studi il rallentamento in corso da alcuni anni dei flussi di IDE mondiali sarebbe in parte imputabile a un aumento del protezionismo. Identificare le barriere agli investimenti è però molto più complesso che nel caso del commercio, poiché spesso si tratta di limitazioni soft, di difficile misurazione (è il caso, ad esempio, dell allungamento dei tempi necessari a ottenere le autorizzazioni). In uno studio pubblicato alcune settimane fa, l Ocse ha elaborato un indice di potenziale limitazione agli IDE (FDI Regulatory Restrictive Index) per 6 paesi al mondo. Sebbene non esaustivo, l indice tiene conto sia degli aspetti regolamentari sia di restrizioni procedurali che derivano dai processi di screening e approvazione. Dall analisi risulta che il livello medio di restrizioni imposte dai paesi Ocse è pari a meno della metà di quello nei non Ocse. Tra questi ultimi le barriere più elevate si osservano nelle Filippine, in Cina e in Arabia Saudita, ma anche in India e in Russia. Per contro, Lussemburgo, Slovenia, Portogallo, Romania e Repubblica ceca sono i paesi più accoglienti, seguiti in nona e decima posizione da Spagna e Germania. L Italia compare in 26esima posizione. Per tutti i paesi (Ocse e non) le maggiori restrizioni si osservano nel comparto della pesca, nei trasporti, nei media e nell immobiliare. La posizione dell Italia I dati preliminari disponibili per i primi nove mesi del 216 4 mostrano per l Italia un andamento positivo dei flussi in entrata che, dopo essersi quasi dimezzati nella prima parte dell anno rispetto al periodo giugno-dicembre 21, hanno registrato una crescita eccezionale nel terzo trimestre 216. Dal lato dei flussi in uscita, al contrario, le variazioni continuano a essere negative. Rapporto tra stock di IDE in entrata e Pil in alcuni paesi europei 4 4 3 3 2 2 1 1 199 199 2 (in %) 2 21 Italia Germania Francia Spagna 21 6 4 3 2 1 Rapporto tra stock di IDE in uscita e Pil in alcuni paesi europei 199 199 2 (in %) 2 21 Italia Germania Francia Spagna 21 4 Anche questi dati sono di fonte OCSE. 6

17 marzo 217 L Italia presenta un grado di internazionalizzazione produttiva ancora relativamente limitato rispetto a quello dei principali paesi europei. Nel 21 (ultimo anno completo disponibile) il rapporto tra lo stock di IDE in entrata e il Pil risultava pari al 18,%, un valore in crescita ma significativamente inferiore alla media dei paesi Ue-28 (47,9%) e al dato tedesco e francese (rispettivamente 33,4 e 31,9%). Considerazioni analoghe valgono se si guarda al rapporto tra lo stock degli investimenti in uscita e il Pil (2,7% per l Italia, contro il 7,6% della Ue 28, il 4% della Germania e il 4,3% della Francia). Peraltro, è interessante osservare come in entrambi i casi il divario tra il dato italiano e quello dei principali paesi europei si sia ampliato negli anni successivi alla recessione del 28, quando il Pil (denominatore del rapporto) in Italia è cresciuto meno che negli altri paesi. Nel periodo 29-21 la media dei flussi di IDE in uscita dall Italia è stata inferiore ai 28 miliardi di dollari l anno, contro gli oltre 61 del periodo 2-28, registrando una contrazione del 4,8% (contro il -1% registrato nello stesso periodo dalla UE-28). Ciò ha determinato una flessione della quota sul totale mondiale, passata da una media del 4,1% nel periodo pre crisi al 2% degli anni più recenti (con un minimo dell 1,9% nel 21). La quota italiana sul totale mondo risulta anche più piccola nel caso dei flussi di IDE in entrata: nel periodo 29-21 questa è risultata pari all 1,3% (1,2% nel 21, uno dei valori più bassi tra i principali paesi europei, ad eccezione del caso spagnolo), contro l 1,8% dei cinque anni precedenti. I flussi di investimenti esteri in entrata in Italia, in particolare, hanno subito un arresto quasi completo nel 212 (92, milioni di dollari, a fronte dei 34 miliardi registrati nel 211) seguito da una ripresa debole, inferiore a quella osservata in altri paesi (il valore del 21, ad esempio, è pari a meno della metà di quello francese). Flussi di IDE in entrata in alcuni paesi Flussi di IDE in uscita in alcuni paesi (in % del totale Mondo) (in % del totale Mondo) 6 1 9 8 4 7 6 3 4 2 3 1 2 1 Francia Germania Italia Spagna 2 21 Germania Francia Spagna Italia 2 21 Le difficoltà dell economia italiana negli anni successivi alla recessione del 28 hanno determinato anche una riduzione del numero dei progetti di investimento stranieri: tra il 211 e il 21 solo 72 progetti (circa 14 l anno), pari allo,9% del totale mondo, contro l 1,4% del periodo 2-21. Il divario rispetto agli altri paesi europei è consistente: in Germania nello stesso periodo sono stati avviati 4.234 nuovi progetti di investimento stranieri, in Francia 2.22, in Spagna 939. Negli ultimi anni ad attirare maggiormente gli investimenti stranieri in Italia è stato soprattutto il comparto energetico, grazie soprattutto a numerosi progetti (molti di piccola dimensione) nel 7

17 marzo 217 comparto delle energie rinnovabili; buona è stata anche la capacità di attrazione delle attività della cura della salute, dei servizi sociali, del turismo e dello spettacolo, anche se in flessione rispetto agli anni precedenti la crisi. Per contro, l Italia presenta più difficoltà nell attrarre investimenti nei servizi avanzati (software, ICT, servizi professionali) che a livello mondiale hanno mostrato la dinamica più sostenuta sia in termini di flussi investiti che di numerosità di progetti avviati. I paesi della Ue rappresentano per l Italia la principale fonte di investimenti. Sul totale delle multinazionali estere che operano in Italia, quasi due terzi (il 62%) sono residenti in uno dei paesi della UE 28, impiegano poco più del 9% degli addetti e realizzano il 4,6% del fatturato. Tra i singoli paesi, tuttavia, sono gli Stati Uniti a controllare il numero maggiore di imprese attive in Italia: 2.213, in gran parte nel comparto dei servizi. Imprese straniere in Italia nel comparto industriale per paese di origine 7 6 4 3 2 1 (Primi dieci paesi, 214, numero) Imprese straniere in Italia nel comparto dei servizi per paese di origine 1.8 1.6 1.4 1.2 1. 8 6 4 2 (Primi dieci paesi, 214, numero) Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su Istat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su Istat Il presente documento è stato preparato nell ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/22. Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca. Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 64728414 giovanni.ajassa@bnlmail.com 8