L'INDUSTRIA AUDIOVISIVA. a cura di Francesca Burichetti. Attualmente la giurisprudenza comunitaria distingue i seguenti mercati dei media:



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L'INDUSTRIA AUDIOVISIVA a cura di Francesca Burichetti Il mercato dei media è un fenomeno complesso, caratterizzato da una struttura multi-dimensionale, e quindi può essere scomposto in diversi mercati sottostanti, tenendo presente che, nel corso del tempo, questi ultimi hanno subito e subiranno ulteriori modifiche. In effetti, quelli che una volta erano mercati ben distinti, oggi, per effetto del processo della digitalizzazione, stanno progressivamente convergendo verso un unico mercato uniforme (si ricordi il modello di Oz Shy). Attualmente la giurisprudenza comunitaria distingue i seguenti mercati dei media: - broadcasting (tv e radio); - musica; - editoria; - film; - Internet; Queste mercati sono ulteriormente suddivisibili in sottomercati, quali quello pubblicitario e quello, speculare, dell audience. Noi ci concentreremo sull industria audiovisiva, cercando di ricostruire sia gli elementi economici a valle del processo, legati alla distribuzione, sia quelli a monte, legati alla produzione dei contenuti. A seconda della modalità di offerta i contenuti audiovisivi si classificano in: a. Lineari b. Non lineari c. Interattivi a. I contenuti lineari sono quelli trasmessi in modalità broadcasting (uno a molti) e si caratterizzano per avere un palinsesto rigido. Possono essere distribuiti gratuitamente (free to air, 1 attraverso pubblicità e canone); per abbonamento (basic/premium pay tv); a richiesta (pay per view o near VOD) 2. 1 È il modello di distribuzione dei contenuti televisivi più antico, attraverso il quale si è affermata la tv generalista (tv che offre contenuti molto variegati, per soddisfare un ampia porzione di pubblico). In Europa, in passato, predominava l emittenza pubblica, finanziata attraverso le tasse degli utenti che compravano l apparecchio televisivo (canone). In USA si affermò, invece, la tv commerciale, dove i contenuti vengono offerti in modo completamente gratuito agli utenti finali. In questo modello le emittenti sono incentivate ad acquisire e/o produrre contenuti in grado di attrarre un elevata audience, che viene scambiata con le aziende inserzioniste. Più una rete televisiva e un programma sono popolari, più diventa attraente diffondere il proprio messaggio pubblicitario su questo canale. All aumentare del numero di spettatori, quindi, aumenta la disponibilità a pagare delle aziende inserzioniste. Oggi i due modelli si sono integrati e in Europa abbiamo un sistema misto che si basa su entrambe le forme di finanziamento. 2 Con il progressivo sviluppo della televisione, all offerta generalista si è affiancata quella tematica, che offre contenuti ristretti, di interesse particolare, e rivolti a precisi target di utenti. Questo modello di offerta prevede una base più ristretta di spettatori e quindi non si può alimentare soltanto attraverso il finanziamento pubblicitario. Perciò la tv tematica si sviluppa sotto forma di pay tv: rivolta ad un pubblico minore, ma con un elevata disponibilità a pagare. La tv a pagamento nasce diffondendo in esclusiva contenuti premium, quali film di successo (current) e soprattutto, grandi eventi sportivi non disponibili in chiaro. In Europa, in particolare in Francia ed in

b. I contenuti non lineari vengono distribuiti in modalità uno ad uno ed includono vari tipi di audiovisivi (VOD, file sharing su Internet) 3. c. I servizi interattivi possono essere collegati ai contenuti delle categorie precedenti oppure possono essere indipendenti (stand alone). In ogni caso, si tratta di un integrazione di suoni, immagini e dati che offrono esperienze visive personalizzate all utente, come trailer, informazioni aggiuntive, inquadrature particolari, voting, ecc. STRUTT URA E FUNZIONI NEL MERCATO DEGLI AUDIOVISIVI La catena del valore (vertical supply chain) del mercato in analisi si struttura in tre fasi, andando dalle attività a monte a quelle a valle: 1. Produzione dei contenuti. 2. Edizione/packaging dei contenuti (nei media classici prevede il diretto contatto con gli utenti finali). 3. Trasmissione dei contenuti (sulle apposite infrastrutture). Nel caso dell analogico questa funzione è secondaria e ha una natura prevalentemente tecnica, mentre assume un ruolo più significativo per alcune piattaforme digitali (es. Iptv). Nel presente elaborato ci concentreremo principalmente sul mercato a monte: produzione dei contenuti, che è l elemento creativo dell industria, quindi incide profondamente sul valore economico dell attività. Si distinguono contenuti pre-registrati (film, programmi Tv) e live (calcio, eventi sportivi in genere). I primi conservano il loro valore nel tempo, mentre i secondi hanno un valore di scambio elevato soltanto nel momento della diretta. Ma, per entrambi, è fondamentale avere un elemento creativo che li renda attraenti al pubblico. Per questo si parla di prodotto a forte intensità di lavoro (labor intensive). Si noti che per realizzare un film o un programma tv il costo del personale creativo si aggira intorno al 60% del totale dei costi di produzione. Questo valore cresce nella realizzazione dei cartoni animati e ha un picco massimo per lo spettacolo calcistico, dove i giocatori di serie A possono costare fino al 90% dei ricavi totali. Un industria labor intensive presenta elevati costi variabili. In particolare, nel caso dell industria dei talenti, questi costi sono in continua crescita: i produttori dipendono fortemente dalle persone che lavorano per Italia, il calcio ha trainato fortemente lo sviluppo iniziale di questa offerta. Una volta affermatasi, grazie alla presenza di contenuti esclusivi e di alta qualità, la tv tematica oggi offre anche canali dedicati a particolari interessi, che non sono necessariamente contenuti premium, nonostante abbiano una buona qualità. Esempio di un offerta tematica articolata è quella di Sky Italia sul satellite, che trasmette nell abbonamento canali dedicati alla cultura, alla natura, ai viaggi e alle serie televisive. Solitamente gli utenti che vogliono vedere contenuti a pagamento devono sottoscrivere almeno un abbonamento base tramite cui accedono ad una serie di canali tematici preconfezionati dal broadcaster. Tale abbonamento può essere integrato, sostenendo un costo aggiuntivo, con altri canali di natura premium dedicati solitamente al grande cinema e/o allo sport. Sottoscritto l abbonamento base, gli utenti possono consumare contenuti anche a richiesta (on demand) attraverso pay per view, near VOD o VOD. I canali in pay per view sono canali a flusso normalmente oscurati, che l utente può visualizzare soltanto pagando un prezzo aggiuntivo. Il near Video On Demand indica la trasmissione di un contenuto in differita rispetto al suo inizio ufficiale nel palinsesto. Il Video on Demand è una vera e propria personalizzazione del consumo: l utente sceglie un contenuto (es. un film) da un archivio e paga per vedere quel preciso film, distribuito attraverso una modalità uno a uno. 3 Per una definizione di VOD si rimanda alla nota precedente. Con file sharing, invece, si indica la condivisione di file tra utenti in rete, basata prevalentemente su un modello peer to peer. Attraverso uploading e downloading gli utenti possono scambiarsi file di loro interesse, come pdf, mp3 e video sotto forma di DivX.

loro (Brad Pitt, Kaka, ecc.). Le skills di questi soggetti sono uniche e insostituibili. Il loro valore aumenta all aumentare della popolarità della persona di talento. Pertanto, nell industria dei talenti, non è possibile ridurre i costi, che sono in continua crescita. I guadagni possono derivare soltanto dall aumento della componente dei ricavi, diversificando le offerte e creando nuove fonti di entrate. Si reagisce quindi con la cosiddetta strategia delle windows. 4 INDUSTRIA AUDIOVISIVA E CONTENUTI PREMIUM Film e calcio sono i prodotti pregiati (premium) dell industria dei talenti. Pertanto, l accesso a questi contenuti per i broadcaster è di fondamentale importanza. Non possono mancare nel portafoglio delle emittenti, ma è opportuno ricordare che questi contenuti devono essere affiancati anche da altri, come le serie tv e i canali tematici, che iniziano ad avere anch essi importanza strategica nell offerta completa della pay tv. si stima infatti che oggi i broadcaster ripartiscano i costi per l acquisizione dei contenuti in questa maniera: 20% diritti sport; 17% diritti film; 3% programmi tv in house; 27% programmi tv indipendenti. Figura Costi per la realizzazione di un palinsesto 5 Come si può vedere, la maggior parte dei contenuti che non appartiene alla categoria premium è prodotta direttamente dai broadcaster, che sono verticalmente integrati. Anche qualora acquistino tali contenuti da produttori indipendenti, questi ultimi hanno un bassissimo potere contrattuale e dipendono quasi esclusivamente dalle emittenti che commissionano e dirigono il lavoro. In moti casi, addirittura, i produttori indipendenti non mantengono nemmeno i diritti intellettuali sull opera che vengono acquisiti direttamente 4 A. Preta, Economia dei contenuti, Vita e Pensiero, Milano, 2007, p. 27/28. La strategia delle windows verrà spiegata successivamente, nel presente elaborato. 5 Fonte: Oliver & Ohlbaum, in A. Preta, Economia dei contenuti, Vita e Pensiero, Milano, 2007, p. 20.

dal marchio del broadcaster. La debolezza dei produttori indipendenti è dovuta al fatto che si trovano a operare in un oligopsonio, ovvero un mercato con pochi clienti (canali), dotati di un forte potere di mercato. Non esistono, inoltre, barriere all entrata, pertanto tra i produttori indipendenti c è una concorrenza spietata e spesso essi lavorano per un solo broadcaster, ulteriore elemento di fragilità, dal momento che ciò restringe ulteriormente la loro autonomia. Quindi, per i contenuti che non appartengono alla categoria premium, sia che siano prodotti direttamente dal broadcaster, sia che siano il frutto del lavoro di un produttore autonomo di piccole dimensioni, il potere di mercato rimane sempre a valle, nella sola fase di distribuzione. Pertanto, analizzare questa componente non risulta utile al fine di capire come funziona il mercato a monte (produzione). Ci concentreremo perciò soltanto sull industria dei contenuti premium: film e calcio. 1. L INDUSTRIA DEI FILM Le caratteristiche essenziali di questa industria sono date dal fatto che il film è un prodotto universale, ovvero in grado di attrarre audience globali. Allo stesso tempo, la sua produzione comporta un rischio molto elevato, perché il prodotto non può praticamente essere testato: non esiste una domanda a priori per un film, né una procedura standardizzata per la sua realizzazione. Questa industria richiede elevati costi fissi e grandi competenze. Tali costi, nell industria cinematografica tradizionale, inoltre, non vengono recuperati nemmeno sfruttando le economie di scala. In effetti, data l unicità di ogni film, non è possibile recuperare i costi dei singoli film. Pertanto, i ricavi non dipendono da una riduzione dei costi (che non può essere perseguita), né dal prezzo di vendita. Inoltre non è utile fidelizzare gli spettatori. L industria dei film statunitense, ad esempio, è molto concentrata: 8 studios controllano il 90% della produzione. Il processo di produzione è strutturato in una serie di fasi: ideazione, soggetto, sceneggiatura, realizzazione. Per ognuna c è un accurata selezione di tutte le possibili idee. In media un grande studio produce 20 film all anno. Di questi solo 2 raggiungono il successo; 4/5 vanno in pareggio e tutti gli altri in perdita. Perciò gli studios adottano la strategia di ampliare quanto più possibile la loro offerta per spalmare il rischio su un elevato numero di prodotti. Inoltre, i costi per il personale creativo sono cresciuti e continuano a crescere nel tempo, rappresentando oggi il 60/70% dei costi di produzione totali (negative costs) 6. In sintesi, alla fine degli anni Sessanta, l industria cinematografica presentava questi elementi: - Unicità del prodotto - Mercato finanziato esclusivamente dall utente finale attraverso l acquisto del biglietto al box office - Consumo legato alla sala, dove il film restava in programmazione per un tempo molto ampio (dai 3 ai 5 anni). L industria dei media, verticalmente integrata, era caratterizzata da prodotti specifici per ogni supporto tecnico: i film erano realizzati ad hoc per le sale cinematografiche e i programmi/palinsesti per la televisione, che si distingueva dall industria del film per essere una produzione seriale (ripetitività del processo produttivo), con minore rischio. Ma, negli anni Settanta, a causa dell aumento dei costi di 6 Negative costs: costs of producing/shooting the film (http://www.imdb.com/help/show_leaf?boxofficedifferent). Indicano pertanto i costi di produzione ( producing ) e di ripresa del film ( shooting ). La parola negative è riferita all intero processo di realizzazione del film che va dalla sua ideazione fino alla realizzazione su pellicola (detta propriamente negative). Informazione tratta da wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/negative_cost#cite_note-1).

produzione cinematografici, che erano nettamente maggiori dei ricavi del box office, questo modello inizia a trasformarsi. Si cerca infatti di serializzare anche l industria del film, riducendo la sua originalità, ma anche il rischio finale. Gli strumenti utilizzati a tal fine sono: - Creazione di economie di scala, ampliano la distribuzione su scala mondiale; - Fidelizzazione attraverso strategie di marketing e di star system (investendo sulla popolarità degli attori); - Riduzione del rischio, coinvolgendo nel risultato anche le componenti principali dei costi: attori e registi, ai quali viene garantita una success fee in base al grado di successo del film. In tal modo parte dei costi fissi diventano variabili. Questo nuovo modello di produzione dei contenuti ha comportato: - Un aumento delle barriere all entrata, per limitare la concorrenza nazionale e per permettere ai grandi produttori di operare come monopolisti sul mercato internazionale, attraverso appositi cartelli (fenomeno consentito dall associazione di categoria USA, Motion Picture Association of America). - Trasformazione dell industria dei film, che diventa multimediale. Infatti, il film si svincola dal supporto per il quale è pensato (pellicola) e diventa fruibile su diversi supporti fisici (DVD, piattaforme digitali, PC, tv analogiche). Perciò lo sfruttamento del prodotto si dilata nel tempo, accrescendo le opportunità di ricavo per i fornitori di contenuti. - Massimizzazione dei ricavi, attraverso la segmentazione del mercato, ovvero la cosiddetta strategia delle windows. Poiché non tutti i consumatori mostrano la stessa disponibilità a pagare per vedere un certo film, i produttori, oltre che dalla sua trasmissione nelle sale, lo distribuiscono progressivamente anche su altri supporti, seguendo un preciso calendario e facendone scendere progressivamente il prezzo, via via che il contenuto diventa più datato. Le windows sono appunto le varie finestre temporali nelle quali il film è disponibile su un particolare supporto o su una particolare piattaforma. Oggi, i produttori classificano i loro contenuti per tipologia, distinguendo le seguenti classi, da cui dipende anche il prezzo di vendita alle televisioni: - Current: contenuti di maggior successo - Current B: contenuti meno popolari; film prodotti soltanto per tv; film che non sono usciti dal mercato nazionale - Library: film più datati, inclusi i classici. Classificati i film in base alla loro qualità, i produttori li vendono alle tv secondo due principali modelli distributivi diversi: - Output deal: prevede che il produttore venda in anticipo tutta la produzione dell anno con accordi esclusivi - Deal package: si tratta di un pacchetto di film preconfezionato dal distribuite, il cui prezzo dipende dal valore dei contenuti inseriti al suo interno. Questa modalità di vendita è usata soprattutto dai

produttori nazionali (minori), che non riescono a realizzare in un anno le stesso numero di film dei grandi studios. In questo modo inizia il percorso del film verso il pubblico. Attualmente la finestra più redditizia per i produttori è il video noleggio, che copre circa il 45% degli introiti totali. Ma, ad essa, si sta progressivamente sostituendo quella del Video On Demand e della Pay per View. Si noti che per ogni finestra di esposizione al pubblico è garantita l esclusività per un certo periodo di tempo, in modo da non cannibalizzare i ricavi. In generale, le case produttrici vendono i loro film premium (considerati tali perché al cinema hanno superato una certa soglia di incasso) in esclusiva per un periodo di tempo variabile, stabilito dalla contrattazione tra le due parti. I diritti, comunque, sono concessi su base linguistica all interno dell intero territorio nazionale. Questo ha portato a comportamenti escludenti da parte dei possessori dei diritti di proprietà intellettuale, che hanno un forte potere contrattuale e possono esercitare pratiche anticompetitive. Non esiste infatti una precisa regolamentazione in materia di compravendita dei contenuti, che, in ambito europeo, viene lasciata generalmente all accordo tra le parti. Soltanto negli ultimi anni, la Commissione Europea ha condotto un analisi conoscitiva del mercato dei film, concentrandosi su tre aspetti delle restrizioni verticali: - Clausole commerciali - Politiche di prezzo - Modalità distributive Per le clausole commerciali, la Commissione, ha preso in analisi le pratiche di vendita, individuando una serie di clausole di esclusività. Per le politiche di prezzo e le modalità distributive, invece, la Commissione si è focalizzata sulla vendita con minimo garantito e sulle finestre per le nuove modalità distributive. La vendita su minimo garantito comporta una non-linearità dei prezzi, che non dipendono più direttamente dal numero di unità vendute. Si prevede, infatti, una quota fissa che l emittente deve pagare, indipendentemente dal pubblico raggiunto. Superata una certa quota di audience, l emittente deve sostenere inoltre un pagamento aggiuntivo al proprietario dei diritti intellettuali per ogni unità in più raggiunta rispetto a tale quota. Inoltre, in molti casi, accade che il prezzo al dettaglio viene stabilito dal venditore e non dall emittente. Quando questa imposizione è totale, si parla di price floor. Più raramente tale imposizione è solo parziale, ovvero il venditore stabilisce un livello minimo e/o un livello massimo del prezzo di vendita agli utenti finali.

Infine, spesso i venditori stabiliscono anche dei requisiti minimi di distribuzione (come un livello minimo di qualità garantita). La situazione è pertanto drammatica per un acquirente di piccole dimensioni e/o nuovo entrante nel mercato, perché egli dipende esclusivamente dal venditore e non ha potere contrattuale, in quanto non può garantire un livello minimo di acquisti, come, invece, può fare un concorrente consolidato. Anche in termini di finestre il comportamento del venditore può incidere negativamente sulla capacità competitiva nell acquirente, soprattutto se si tratta di un nuovo entrante. Infatti, segmentando le vendite dei propri contenuti, a seconda dei supporti di riferimento e delle modalità di fruizione, il venditore costringe l'acquirente ad acquistare tutti i diritti per evitare di incorrere nel rischio di non poter trasmettere i contenuti acquisiti. Si tratta di un esempio di clausola holdback, che la commissione europea ha vietato, obbligando il soggetto in possesso dell esclusività multi-piattaforma a rivendere la propria offerta a tutti gli operatori di qualunque piattaforma. 7 In generale, nonostante queste pratiche, fortemente lesive delle dinamiche concorrenziali nel mercato a valle, Autorità Nazionali e Unione Europea non sono ancora intervenute con decisioni risolutive, lasciando la gestione delle pratiche di vendita soltanto alla contrattazione tra le parti. Gli interventi in materia di esclusività sono stati invece più concreti. In effetti, la Commissione ha ristretto la durata del periodo di esclusività a un massimo di tre anni e l ha vietata per la vendita dei contenuti in pay per view. Oltre ai diritti di esclusiva, la Commissione ha preso in analisi anche altri meccanismi di esclusione: hold back e most favoured nation, MFN. Le clausole di holdback sono conseguenze dirette degli accordi di esclusività. Infatti esse impediscono alle televisioni che acquistano il contenuto di rivenderlo ad altri soggetti che operano su piattaforme alternative. Per contrastare questa pratica, la Comunità Europea ha stabilito che l esclusività del diritto può essere acquisita soltanto per durata limitata e per un unica piattaforma quindi è stata vietata la possibilità di acquistare diritti per usi e piattaforme che non vengono utilizzate 8. L altra clausola presa in considerazione è quella della nazione più favorita. Questa clausola è il principio ispiratore dei GATT, gli accordi commerciali internazionali che, dal dopoguerra ad oggi, hanno consentito la riduzione delle barriere protezionistiche in numerosi settori. Prevede che il venditore applichi a tutti gli acquirenti gli stessi prezzi applicati alla nazione più favorita, cioè quella alla quale viene applicato il minor numero di restrizioni protezionistiche al commercio. Applicata alle pratiche restrittive di tipo oligopolistico, questa clausola è diventata quella del cliente più favorito. Le imprese oligopolistiche coalizzate in una qualche forma di cartello si accordano impegnandosi a vendere a tutti i clienti al prezzo fatto al cliente più favorito 9. Questa clausola può essere sia retroattiva che attualizzata. Se è retroattiva può accadere che chi acquista a un determinato prezzo, può successivamente avere una riduzione del prezzo, qualora lo stesso contenuto venga venduto a un altro soggetto a un prezzo minore. Se la MFN è contemporanea non vi potrà essere offerta diversa da quella fatta al primo cliente. Ne deriva che dal lato dell offerta non ci sono incentivi a ridurre i prezzi, mentre dal lato domanda, i nuovi entranti sanno già di non potere ottenere vantaggi di prezzo a loro favore e quindi non sono incentivati a penetrare il mercato. È evidente che una simile clausola, combinata con la possibilità di fare cartelli a livello internazionale, riduca la concorrenza, disincentivando gli studios a fare differenziazioni di prezzo. Essi, infatti, tendono, in tal modo, ad accordarsi su elevati prezzi, che vengono praticati uniformemente. Nonostante questi effetti deleteri, le MFN sono utili in termini di efficienza. Infatti, quelle retroattive assicurano che eventuali shock nei prezzi non investano soltanto i clienti futuri, ma l intero mercato, non discriminando tra chi ha acquistato prima il contenuto e chi lo acquista successivamente. Inoltre, tali 7 Antonio Nicita in Quaderni di Laboratorio, n 2, 2007, pag 11. 8 Antonio Nicita in Quaderni di Laboratorio, n 2, 2007, pag 11. 9 Si veda Luís M.B.Cabral, Introduction to industrial organization, Cambridge, MA: Mit Press, 2000.

clausole aiutano ad acquisire informazioni sui costi. Ma, a causa della possibilità, da parte degli otto studios statunitensi, di concordare cartelli internazionali, la Commissione Europea ha osservato che se uno studio aumenta il proprio prezzo di vendita si apre la possibilità per gli altri concorrenti di accrescere, in modo parallelo, anche i loro prezzi. Queste strategie di pricing non rispondono ai principi della competizione di prezzo, perciò l Unione Europea considera le clausole di MFN lesive della concorrenza. 2. L INDUSTRIA DEL CALCIO La vendita dei diritti televisivi rappresenta oggi la principale fonte di ricavo per le società calcistiche. Infatti, l avvento della tv, soprattutto quella a pagamento, ha trasformato le dimensioni del fenomeno calcistico ampliando il numero di spettatori oltre i confini fisici dello stadio. Attualmente le vendite di questi diritti alle televisioni rappresentano la principale fonte di ricavi per molti Paesi europei. In Francia e in Italia, ad esempio, corrispondono ad oltre il 50% delle entrate complessive delle società calcistiche. Come nel caso delle altre industrie dei talenti, anche per l industria del calcio si registra una progressiva e inarrestabile crescita dei costi nel tempo; pertanto essa basa le sue entrate soltanto sulla componente dei ricavi. Si noti, infatti che tra il 1998 e il 2001, anni del progressivo sviluppo della televisione a pagamento, il costo del lavoro (dei calciatori) è quasi triplicato. In generale la compravendita di diritti sportivi da parte delle emittenti avviene al crocevia di 7 mercati distinti: diritti sportivi; trasmissioni televisive; inserzioni pubblicitarie; prodotti pubblicizzati; sponsorizzazioni sportive; lavoro sportivo; spettacoli dal vivo. Questi mercati sono formalmente separati, ma hanno un elevato grado di interdipendenza reciproca. Ognuno di essi è ulteriormente scomponibile in una serie di sottomercati. Ad esempio, il mercato delle trasmissioni televisive è segmentabile in offerta a pagamento e offerta gratuita, secondo il tipo di sport e secondo il tipo di trasmissione. Accade, perciò, che per i soggetti economici che intendono realizzare un offerta di qualità (premium) attraverso l acquisto di diritti sportivi, il mercato di riferimento sia più ampio dei singoli contenuti sportivi. Nel mercato dei diritti televisivi, le emittenti competono per assicurarsi la titolarità delle trasmissioni migliori. Queste sono fondamentali sia per le emittenti in chiaro (pubbliche o commerciali), che per le televisioni a pagamento (abbonamento o pay per view). L offerta è data dai titolari dei diritti degli eventi sportivi (singole società sportive) o da soggetti terzi che negoziano per conto dei primi, come Leghe professionistiche, CIO, FIFA, UEFA, Federazioni sportive nazionali. In generale, i mercati dei diritti televisivi in chiaro e a pagamento sono distinti tra loro perché le due offerte non sono quasi mai sostituibili e quindi è raro che le due piattaforme si trovino in una situazione di concorrenza. Pertanto ci sono prodotti riservati al mercato free (olimpiadi, partite della nazionale) e prodotti per quello a pagamento (dirette del campionato di calcio). Altri prodotti sono invece venduti in entrambi i mercati, ma con diverse modalità d offerta (Champions League: trasmessa globalmente a pagamento e parzialmente in chiaro, ovvero una partita di una squadra italiana ogni quindici giorni). In generale, i diritti sportivi sono considerati un mercato a sé stante rispetto a quello degli altri contenuti premium, per la loro popolarità presso un pubblico molto vasto. Sono, quindi, un elemento chiave nell offerta di qualsiasi emittente (free to air o pay). L elevato valore di questi contenuti è dimostrato dal proliferare di canali criptati sulle tv a pagamento dedicati soltanto allo sport. Il pubblico dei diritti sportivi è trasversale, ma si può categorizzare in base al tipo di sport che preferisce seguire. Ogni categoria risulta essere un pubblico molto uniforme, con un elevato grado di fedeltà e di regolarità di ascolto verso lo sport

prescelto. Dato l elevata diffusione che tali contenuti trovano sui canali criptati, di seguito ci occuperemo proprio del mercato dei diritti tv sportivi criptati, relativi ad avvenimenti con un elevata audience. In generale, si osserva che i grandi eventi sportivi sono pezzi unici da consumare in diretta. Né la loro differita, né un film e/o un altro programma alternativo possono rappresentare un valido sostituto. Essi hanno inoltre una vasta parte di pubblico in comune, tanto che i calendari sportivi sono fatti in modo da evitare sovrapposizioni. Tali sovrapposizioni esistono soltanto per eventi sportivi di portata diversa, come una partita di campionato di calcio e una di rugby. Per gli amanti del pallone i due eventi non sono sostituibili e se si sovrappongono essi sceglieranno di vedere sicuramente l evento calcistico. Data la fondamentale importanza della presenza degli avvenimenti calcistici in un palinsesto tv, l operatore deve necessariamente acquistare una quantità minima sufficiente di questi diritti per poter raggiungere un livello significativo di audience. Tali diritti calcistici presentano un livello di parziale sostituibilità soltanto con i contenuti relativi ad altri eventi sportivi ad elevata audience, come la Formula 1. Il peso di ulteriori contenuti premium, come film di successo, viene preso in considerazione soltanto dopo che è stato costruito un palinsesto sufficientemente ricco di eventi calcistici e sportivi a elevata audience. Questo dimostra l importanza di considerare distintamente i due mercati. Alcuni esperti iniziano addirittura a proporre di segmentare il mercato dei diritti sportivi nelle varie tipologie di sport, ma per il momento questa scomposizione risulta troppo restrittiva, altrimenti avremo a che fare con una serie di monopoli con un numero di acquirenti troppo limitato.

2.1. ESCLUSIVITÀ E MODELLI DI VENDITA Contenuti sportivi e calcistici sono talmente attraenti da fare da traino nello sviluppo delle nuove piattaforme televisive digitali, pertanto, è fondamentale monitorare il mercato per garantire un effettiva concorrenza. In particolare, i diritti Tv legati alle grandi competizioni calcistiche che si giocano tutti gli anni presentano delle caratteristiche uniche: - Elevato valore della diretta - Scarsa sostituibilità del contenuto con altri di natura premium - Basso numero di venditori sul mercato, perché i diritti sono concentrati nelle mani delle federazioni sportive (modello della vendita collettiva) - Contratti esclusivi di lunga durata e/o ampio numero di eventi Date queste caratteristiche è evidente come sia difficile accedere ai diritti sportivi per un nuovo entrante, che non ha il potere contrattuale dei broadcaster. Prima dell intervento della Commissione Europea, valido a partire dalla stagione 2003/2004, i diritti della Champions League venivano venduti tramite contrattazione collettiva a una sola emittente in chiaro di ogni singolo stato membro, su base esclusiva di 4 anni. Ogni emittente nazionale poteva poi vendere tramite sub-assegnazione i diritti acquisiti anche a un operatore di pay tv. In ogni caso, era necessario avere l approvazione della UEFA, cui si doveva corrispondere il 50% del valore della vendita. Ad esempio in Italia i diritti venivano comprati da Mediaset, che trasmetteva tutte le partite delle squadre del nostro Paese. Poiché il numero di canali a disposizione di Mediaset è limitato e pari a tre, questo comportava che non venissero trasmesse tutte le partite della coppa. Mediaset acquistava, quindi, i diritti, ma poi non trasmetteva le partite. A partire dalla stagione 2003/2004, sono state modificate le modalità degli accordi di vendita collettiva. L intera Champions League è stata suddivisa in 14 pacchetti che possono essere venduti sia dalla UEFA che dai vari club calcistici. L UEFA vende questi pacchetti con un periodo di esclusività di 3 anni sia a un operatore in chiaro che a una pay tv, in modo che essi siano posseduti da almeno due emittenti per ogni Stato. Qualora non riesca a effettuare questa operazione entro un certo arco di tempo, le società calcistiche riprendono il controllo dei loro diritti cercando di realizzare la vendita. In tal modo si vincola la vendita collettiva a una serie di condizioni volte a favorire la concorrenza tra i vari club e tra questi e la UEFA. Inoltre la commissione è intervenuta anche per regolamentare la vendita dei diritti sui nuovi media. Gli eventi calcistici possono essere trasmessi su Internet con un ora e mezzo di differita o su cellulare (UMTS) con 5 minuti di ritardo. Tali differite sono giustificate da ragioni tecniche e quindi nel futuro verranno eliminate. Altrettanto importante, come già osservato, è stato il ridimensionamento della durata della esclusività (da 4 a 3 anni) e della contrattazione collettiva, a cui possono partecipare anche le singole società e non più soltanto la UEFA. L intervento della commissione è invece limitante sul piano degli altri media, perché questo mercato viene definito emergente e soggetto a trasformazioni. Pertanto, viene distinto da quello dei diritti televisivi, riconoscendo soltanto a quest ultimo la possibilità di trasmettere gli eventi in diretta. Ne consegue una forte limitazione allo sviluppo delle nuove piattaforme. (MA su l iptv le partite sono in diretta) Dal 1999 in Italia i campionati nazionali di calcio sono venduti con contrattazione individuale, ma è possibile che si ritorni presto a una contrattazione collettiva, in modo da limitare il potere di mercato dei club calcistici ed evitare che la forbice tra quelli più famosi (Milan, Inter, Juve) e quelli meno popolari (Palermo,

Siena) si allarghi ulteriormente. Un simile intervento è stato reputato opportuno anche dall Agcom, che sostiene che una cattiva ripartizione dei ricavi tra le società sia alla base dei problemi finanziari dell industria calcistica. In conclusione, il mercato è molto dinamico e soggetto a rapide trasformazioni, trainate dall affermazione progressiva delle nuove piattaforme televisive digitali. Attualmente il problema nodale non riguarda tanto i benefici dei titolari dei diritti e una loro equa ripartizione tra tutte le società calcistiche, quanto, piuttosto, a come trasferire questi benefici al consumatore. In proposito bisognerebbe agire sull elemento dell esclusività nell acquisto dei diritti sportivi, che dà al produttore una rendita monopolistica.