SEZIONE N 6 REG.GENERALE REPUBBLICA ITALIANA N 89/11 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO UDIENZA DEL LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI SEZIONE 6 13/05/2011 ore 09:30 riunita con l'intervento dei Signori: URBANO AMEDEO Presidente SENTENZA N t+ojgjm LANCIERI ROBERTO Relatore n COLELLA GIUSEPPE Giudice PRONUNCIATA IL: DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL m\^\u ha emesso la seguente SENTENZA -sull'appello n 89/11 depositato il 11/01/2011 - avverso la sentenza n 196/08/2009 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di BARI proposto dall'ufficio: AG.ENTRATE DIR. PROVIN. UFF. CONTROLLI BARI (Omissis) controparte: SALOMONE (Omissis) VITO VIA Via FRANCESCO (Omissis) (...) VOLPE (Omissis) 16 70129 BARI BA difeso da: DILISO DANIELA Avv. (Omissis) AVV. C.so (Omissis) (...) (Omissis) C.SO A. DE GASPERI, 300 70100 BARI BA difeso da: URBANO Prof. ARMANDO Dott. (Omissis) PROF. DOTT. C.so (Omissis) (...) (Omissis) C.SO A. DE GASPERI, 300 70100 BARI BA Atti impugnati: AVVISO DI ACCERTAMENTO n 884010100333 (...) IRPEF 2001 AVVISO DI ACCERTAMENTO n 884010100333 (...) ADDIZ.COMUNALE 2001 AVVISO DI ACCERTAMENTO n 884010100333 (...) ADDIZ.REGIONALE 2001 pag. 1
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con avviso di accertamento notificato il 24/5/2007 l'agenzia delle Entrate Ufficio di Bari (...) 1 accertava, ai sensi dell'art. 41 (ora 44) e. 1 lett. e) D.P.R. n. 917/86, a carico del Sig. Salomone (Omissis) Vito per l'anno d'imposta 2001 il reddito di capitale di 187.096.000, ( 96.627,00) quale effetto della partecipazione del 20% al capitale sociale della società (Omissis) DE.SA. S.r.l. esercente in (Omissis) Adelfia la produzione di imballaggi, nei confronti della quale, per il suddetto anno, l'ufficio aveva accertato il reddito di 935.481.000 ( 483.135,61) conseguente a recuperi rivenienti da quote di ammortamento e costi di personale ritenuti indeducibili perché mai sostenuti. Il contribuente impugnava l'atto di accertamento con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari con cui ne eccepiva l'illegittimità e infondatezza. Dà ricorrente eccepiva la nullità dell'avviso di accertamento per infondatezza della presunzione di distribuzione di maggiori utili sia perché detta presunzione manca dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 del C.C. sia perché in tal modo si attuerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra le società di capitali a ristretta base sociale e quelle a base sociale medio grande che sarebbero sottratte ad analogo accertamento. Secondo il ricorrente la presunzione, peraltro, sarebbe stata smentita se l'ufficio avesse proceduto ad una verifica dei suoi conti bancari. Inoltre, dichiarava che in quell'anno lavorava in Germania (Omissis) come aiutante operaio. In conclusione il contribuente chiedeva che l'accertamento fosse annullato. Con vittoria delle spese di giudizio. Chiedeva, altresì, la sospensione dell'esecuzione dell'atto. L'Ufficio si costituiva nei giudizio con controdeduzioni con le quali affermava che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito la legittimità della presunzione della distribuzione ai soci di utili non contabilizzati, sul presupposto del fatto noto costituito dalla ristretta base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che caratterizza la gestione sociale. Sosteneva l'ufficio che nel caso di specie esso non aveva obbligo di fornire alcuna prova poiché soccorre la prova logica e, inoltre che la società (Omissis) DE.SA. S.r.l. non aveva impugnato l'accertamento societario che era divenuto, pertanto, definitivo. L'Ufficio, pertanto, chiedeva il rigetto del ricorso, con condanna del contribuente al pagamento delle spese di giudizio. 6>
Con ordinanza del 14/12/2007 la Commissione Tributaria Provinciale di Bari Sez. 8 accoglieva l'istanza di sospensione dell'atto e alla successiva udienza del 14/3/2008 lo stesso Collegio accoglieva il ricorso annullando l'avviso di accertamento e compensava le spese di giudizio. I primi giudici, pur riconoscendo il consolidato orientamento giurisprudenziale del Supremo Collegio in materia di presunzione di distribuzione di utili ai soci di società a ristretta base azionaria, ritenevano che il contribuente avesse dato prova documentale di essere estraneo all'attività sociale e che l'ufficio non aveva dimostrato che egli prestasse attività presso la società né che avesse percepito alcuna somma. L'Ufficio ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado per violazione e falsa applicazione dell'art. 38 D.P.R. n. 600/73 e omessa e/o contraddittoria motivazione. Sostiene l'ufficio che non può costituire prova valida a contrastare la presunzione di percezione degli utili societari il fatto che il contribuente avesse residenza e lavorasse all'estero, tanto più che la sua era una partecipazione di minoranza e che egli avrebbe potuto comunque intervenire sulle decisioni gestionali. Ribadisce, inoltre, l'ufficio che la sentenza di primi giudici contrasta con l'orientamento della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione che individua nella ristretta base societaria la presunzione della distribuzione di utili extra bilancio salvo che non sia provato che gli stessi siano stati reinvestiti o accantonati. Secondo l'ufficio, poi, la documentazione esibita, consistente negli estratti conto e nelle buste paga, non è utilizzabile in un processo dinanzi ad un giudice italiano in quanto redatta in lingua tedesca. Così come non è utilizzabile la dichiarazione sostitutiva di atto notorio dell'amministratore unico Sig. Abbinante (Omissis), Antonio, con la quale lo stesso si assume la responsabilità della gestione societaria dichiarando che il Sig. Salomone (Omissis) Vito non ha partecipato alla suddetta gestione e non ha ricevuto utili extra contabili, poiché tale dichiarazione trova ostacolo invalicabile nella previsione dell'art. 7 comma 4 D. Lgs. n. 546/92. Ed ancora, non ha rilevanza l'ordinanza applicativa di misure cautelari e la successiva condanna penale nei confronti del suddetto Sig. Abbinante (Omissis) Antonio in quanto esse non escludono che i soci della società DE.SA. (...) s.r.l. abbiano comunque concorso alla gestione della società. Sostiene, pertanto, l'ufficio che in caso di accertamento di utili non contabilizzati non spetta ad esso fornire alcuna prova, poiché opera la presunzione di attribuzione di detti utili prò quota ai soci, salvo la possibilità che il contribuente fornisca prova contraria. 3
L'Ufficio chiede, dunque, l'accoglimento dell'appello, con vittoria delle spese di giudizio. Il contribuente s'è costituito in giudizio con controdeduzioni con cui eccepisce l'inammissibilità dell'appello poiché concepito in violazione dell'art. 57 D.Lgs. n. 546/92, avendo l'ufficio formulato nuove eccezioni riguardo all'ammissibilità della documentazione già esibita in primo grado e non contestata né in sede di controdeduzioni né in sede di discussione della causa. Il contribuente rileva, comunque, l'infondatezza dell'eccepita violazione dell'art. 122 c.p.c. in ordine ai documenti esibiti in lingua tedesca, in quanto tale norma è riferita agli atti processuali e non anche agli allegati. Quanto, poi, alla dichiarazione del Sig. Abbinante (Omissis), Antonio, il contribuente ne evidenzia il rilevante valore indiziario, confortato dalla condanna penale subita dal suddetto amministratore quale unico responsabile della condotta criminosa dedita all'evasione fiscale, a fronte della quale l'ufficio non s'è minimamente curato di ricercare ulteriori prove a proprio favore ed ha, invece, persistito in un'ostinata posizione persecutoria nei confronti del contribuente. Rileva, inoltre, il contribuente che durante la verifica effettuata presso la società non sono stati rinvenuti scritti, documenti o qualsiasi altro elemento di prova della sua partecipazione alla vita della società e alla distribuzione di utili reali e/o occulti. Conclude l'appellato chiedendo, in via pregiudiziale, l'inammissibilità dell'appello e nel merito la conferma della sentenza impugnata con conseguente annullamento dell'atto impugnato e condanna dell'ufficio alle spese di giudizio. Le parti sono state ritualmente avvisate. Il contribuente ha chiesto la discussione in pubblica udienza alla quale è presente il Dott. Armando (Omissis). Urbano. Per l'ufficio è presente, con delega, il Dott. Michele (Omissis). Quarto. MOTIVI DELLA SENTENZA L'appello è infondato e va, pertanto, rigettato. Preliminarmente vanno rigettate le eccezioni sollevate in appello dall'ufficio sia perché proposte per la prima volta in questa sede sia perché sostanzialmente irrilevanti ai fini del convincimento di questo giudice. Va rilevato, infatti, che tutti gli allegati esibiti a supporto della prova sono stati muniti di traduzione giurata e che la mancanza di qualunque coinvolgimento del contribuente nella gestione societaria è indirettamente provato dal fatto che il 4
giudizio penale per truffa relativo all'illecita richiesta di rimborso IVA posta in essere dalla società non lo ha minimamente riguardato, individuando esclusivamente nell'amministratore unico della società stessa 4ÌB il dominus dell'intera gestione societaria. Nel merito, poi, questo collegio non ignora che, in materia di redditi occulti accertati a carico di società di capitali a ristretta base sociale, l'indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte ne afferma la diretta imputazione ai soci nel presupposto che questi abbiano riscosso detti redditi nello stesso anno del loro conseguimento. Tuttavia, ritiene il collegio di condividere la sentenza di primo grado, poiché ritiene che nel caso di specie la partecipazione di minoranza e la circostanza che il contribuente risiedesse in Germania (Omissis) e ivi svolgesse attività lavorativa dipendente come aiuto operaio escluda l'esistenza di quella "complicità" fra i soci che il suddetto indirizzo giurisprudenziale pone a base della presunzione di distribuzione di utili occulti. Trattasi, infatti, verosimilmente di socio puramente nominale e senza alcun potere decisionale la cui partecipazione al concreto svolgimento dell'attività d'impresa non può che essere stata se non completamente nulla, del tutto marginale e priva di qualunque ritorno economico in termini di utili societari. Né il limite della suddetta presunzione può essere costituito soltanto dalla prova contraria fornita dal contribuente poiché tale garanzia appare puramente teorica non vedendosi in quale modo concreto il socio possa fornire la suddetta prova, se non - così come ha fatto - esibendo gli estratti conto bancari e la fonte del proprio reddito. Appare, dunque, più corretto e rispettoso del diritto alla difesa del contribuente, che l'elemento della ristretta base sociale sia confortato da altri elementi di gravità, precisione e concordanza che possano da un lato legittimamente costituire mezzo di prova della distribuzione degli utili occulti e dall'altro obblighino il contribuente che vi si opponga a fornire la prova contraria. Nel caso specifico, per l'anno 2001, l'ufficio non ha esperito alcuna indagine sulla reale percezione da parte del contribuente delle somme allo stesso attribuite. Diverso sarebbe stato se l'ufficio avesse corroborato l'accertamento con altri elementi fattuali indiretti che dessero prova del maggior reddito accertato, quali la verifica dei movimenti bancari attribuibili al socio ovvero l'acquisto da parte sua di beni di particolare valore non giustificabile dall'entità del reddito dichiarato o comunque da qualunque altro indice concreto (vedi "redditometro") di maggior reddito non giustificato a lui imputabile. 5
P.T.M. La Commissione Sezione 6 così provvede: 1) Rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata. 2) Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio che fissa in 1.500,00 oltre IVA, Cap e accessori dilegge. Bari, 13 maggio 2011 Il Relatore II Presidente ott^obertp^lancieri^ - (Dott. Amedeo Urbano) 6