Adriano Olivetti nostro contemporaneo

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Presentazione del Focus Adriano Olivetti nostro contemporaneo ovvero «secondo le leggi dello Spirito» 30-31 ottobre 2014 - ore 9,00 Aula Magna Politecnico di Bari Via E. Orabona, 4

Adriano Olivetti nostro contemporaneo ovvero «secondo le leggi dello Spirito» a cura di Michele Fasano Il saggio più famoso di Adriano Olivetti L ordine politico delle Comunità nella sua prima edizione del 1945 reca come sottotitolo: «Le garanzie di libertà in uno Stato socialista». Un sottotitolo del genere avrebbe dovuto, nelle intenzioni di Adriano Olivetti, incoraggiare i partiti politici di area socialista e cristiano sociale a interessarsi alle sue idee. Il testo, però, era animato da una epistème irricevibile dai suoi contemporanei, il che fece fallire le sue speranze di essere compreso. Così, nel 1946, egli cambiò il sottotitolo in «Dello Stato secondo le leggi dello Spirito». Dichiarava ora in modo più libero ed esplicito il paradigma che fondava la sua visione, senza con ciò voler mutare di significato il sottotitolo rispetto a quello della prima edizione. Cosa rendeva irricevibile la sua proposta? E cosa rende ancora oggi così faticoso coglierla nella sua pienezza?? Nella riflessione di Adriano Olivetti centrale è il tema della gestione attiva della complessità nella contemporanea età della tecnica. Gestione attiva che esige il superamento, in forme organizzative e istituzionali concrete, di quella dispersione cognitiva che determina una radicale incapacità di adattamento auto-poietico della specie umana, che per la prima volta nella Storia si scopre, così com è organizzata sia nelle sue istituzioni statuali, sia in quelle produttive, a rischio estinzione per le sempre più probabili e catastrofiche crisi economiche, belliche, ecologiche che ne derivano. Il punto di vista adottato era sistemico, non certo corporativo, né ispirato dalla lotta di classe. Tuttavia, Adriano Olivetti continua ad essere respinto con sospetto nel campo avverso da quei due modelli politico-culturali, i quali in modo più o meno implicito, più o meno conscio, ancora giocano sulla scena italiana una tragicomica partita di tennis ideologica, in cui Adriano Olivetti è la pallina, ora sospettato di Corporativismo, ora di nostalgie collettivistiche. Nel maturare le sue idee, Adriano Olivetti trasse insegnamento dal fallimento delle democrazie europee degli anni 20 del novecento, cui assistette quasi in diretta. Studiò approfonditamente come mai esse finirono per innescare i totalitarismi e scoprì che ciò accadde in definitiva per una colpevole, diffusa e non necessaria cecità sistemica, di cui soprattutto i partiti politici si fecero protagonisti. Da ingegnere, imprenditore e politico, Adriano Olivetti era insofferente rispetto all alternativa tra «eccesso di ordine» ed «eccesso di caos» a cui sembrava destinata la civiltà umana e pose al centro della sua attenzione proprio quelle dinamiche complesse che avevano messo in crisi le democrazie, per immaginare finalmente soluzioni positive e non parziali. Da tale crisi cognitiva per Adriano Olivetti occorreva far ripartire la riflessione politica, sociale, economica, per il risanamento dell Italia e dell Europa, dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, all alba di ben altri disastri planetari... Ebbene, da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma dal punto di vista olivettiano la radice del problema oggi è sempre la stessa ed è per questo che egli è «nostro contemporaneo»: dissociazione tra etica e cultura; dissociazione tra cultura e tecnica; conflitto tra Stato e individuo; deformazione dello Stato liberale ad opera del grande capitalismo (oggi certo soprattutto quello finanziario, ma anche quello di prodotto, quando così spesso non si radica in un territorio e agisce come flusso ); deformazione dello Stato liberale ad opera di sistemi rappresentativi insufficienti; mancanza di educazione politica, in generale, e di una classe politica illuminata, in particolare; obsolescenza della struttura amministrativa dello Stato; incapacità di processare rapidamente nuove conoscenze per dare corpo ad una profittevole coincidenza tra cittadinanza, rappresentanza e «competenza»; insufficienza dei partiti politici, che in nome della propria sopravvivenza, per cecità sistemica ingenerata dalla logica di lotta che li informa, derealizzano, astraggono, ideologizzano i processi cognitivi, finendo per essere sempre in ritardo sugli eventi e da essi trascinati; finiscono così, paradossalmente, per farsi mediatori non delle istanze dal basso per cui sono nati, ma di mandati tecnocratici astratti, calati dall alto, che quasi mai corrispondono ai bisogni concreti della vita, della pace, per un armonica evoluzione della specie umana; spaventati in più dal rischio di essere travolti poi da un umanità intanto regredita, perché smarrita, delusa, tradita, in quanto non rappresentata (e forse persino non rappresentabile, finché sradicata). Dinamiche negative non casuali, e qui il cerchio del rigetto delle sue idee si completa, che Adriano Olivetti riconosce originate prima

di tutto a partire dalle imprese, inadeguate a svolgere il proprio ruolo costituzionale in una Repubblica che si vorrebbe, non a caso, fondata sul Lavoro (e sulla Cultura). Per Adriano Olivetti, se l insufficienza cognitiva del sistema delle istituzioni politico-amministrative, così come quella del sistema dei partiti, origina la crisi della democrazia (un film per lui già visto, come si è detto); la medesima dinamica anti-culturale origina l insostenibilità ecologicosociale dell economia capitalista, cui non si sia dato un limite, vale a dire un principio di realtà condiviso, con forme organizzative del tutto nuove. In tale quadro la Cultura (e cioè la civiltà umana «secondo le leggi dello Spirito») non ha nulla a che fare con la massmediatizzazione dell informazione, con la Società dello Spettacolo, con la fase adolescenziale del web, per ora ancora funzionale ad una facile manipolazione delle persone, grazie al medesimo chiasso spacciato per pluralismo in cui la democrazia è affogata negli ultimi decenni, più adatto a formare pacchetti di pubblico d orientamento ideologico vario da vendere agli inserzionisti pubblicitari. Cultura avrà a che fare piuttosto con il radicamento, con l organizzazione di processi sociali di scambio dialogico verticali e orizzontali tra lavoratori; tra questi, il management e l imprenditore; tra territorio ed elites intellettuali; tra elites di differenti discipline e di diversa origine ideologica tra loro; in un atteggiamento quanto più diffuso possibile d innovazione perpetua, finalizzata in una produzione e in un consumo di processi e di prodotti attinenti a bisogni reali e sostenibili. «Le garanzie di libertà in uno Stato socialista», dunque, sinonimo di «Dello Stato secondo le leggi dello Spirito» ha a che fare con la «socializzazione delle conoscenze», con la «responsabilità sociale dell impresa» e delle istituzioni pubbliche, in un paradigma sistemico, oggi sfuocato nel senso comune, che va esplicitato prima di tutto tramite concrete forme di organizzazione sociale che favoriscano esperienze condivise e situate. Cultura avrà a che fare piuttosto con la narrazione, la cura comunitaria e la difesa di risorse intangibili: la bellezza, la memoria, le relazioni vitali, interpersonali e ambientali (l acqua, il cibo, l aria, la salute ), il paesaggio e la biodiversità, in vista della promozione di personalità responsabili perché radicate, e perciò capaci di generare nuove idee, piuttosto che di svolgere ruoli esecutivi (anche intellettuali), nell applicazione di precetti in base a decaloghi indotti in una disciplina gerarchica verticale. Il Socialismo di Adriano Olivetti non aveva nulla a che fare con la socializzazione totalitaria dei mezzi di produzione, evidentemente pluralismo e libertà d impresa hanno per lui un ruolo fondamentale; figurarsi poi se la sua visione potesse avere a che fare con risibili ascendenze corporativistiche. In un ottica sistemica, il suo aggiornato socialismo liberale riconobbe concretamente, in primis nella sua «fabbrica», quelle che oggi definiremmo le dinamiche della «società della conoscenza», che egli prevede profeticamente, non perché costretto dall evidenza materiale delle possibilità tecniche introdotte oggi dal web, opportunità allora inesistente e oggi capace di scompaginare sia pure in modo ancora scomposto, ma certamente fertile, le tecniche di controllo dei vecchi partiti o dei più coriacei e diffidenti degli imprenditori; quanto invece perché egli ha memoria, questo il punto, di valori umanistici che stavano e tutt ora stanno a monte del modello di organizzazione a reti neurali (la «comunità concreta»), che già informava la fabbrica metalmeccanica della sua Olivetti sin dal dopoguerra, e prima ancora, coraggiosamente, sia pure in forme protozoiche, già durante il Fascismo. È tale radice filosofico-sapienziale che va oggi ri-cordata, quale origine remota delle nuove possibilità dell odierna società della rete che sotto i nostri occhi si sta sviluppando; allora sì che anche in Italia la rete potrà diventare occasione di effettiva liberazione, non bastando la sua mera disponibilità tecnica. Quella visione spirituale, antica e futura, fece sì che la potenza di calcolo dei computer ad un certo punto della Storia fosse messa a disposizione della società civile, per la prima volta al mondo proprio per iniziativa della Olivetti di Adriano, e non lasciata più in appannaggio ai soli apparati militari. Una radice culturale al contempo illuminista e spirituale, razionale e religiosa, universalista pluralista, dialogico-relazionale, che suona oggi paradossale ad una coscienza collettiva invero lacerata tra petizioni di principio astratte, mentre si è trascinati in pratiche concrete di segno opposto, le une e le altre accomunate nell affanno del medesimo irresponsabile cono d ombra cognitivo. Le prassi e le idee di Adriano Olivetti ci sono preziose oggi, perché ci permettono di cogliere le ragioni profonde dello smarrimento che si registra nel dibattito politico contemporaneo, italiano ed europeo, amplificato da un web mal concepito, come si trattasse solo di un diverso sistema di comunicazione lineare, solo più complicato, piuttosto che come occasione per una riorganizzazione del pensiero, del lavoro e della società in senso comunitario, vale a dire soprattutto sostenibile. Evidentemente i demoni alla radice dell ultimo conflitto mondiale non sono del tutto esorcizzati, quelle tossine in Italia mai elaborate, sono in circolo; mai espulse, sono state metabolizzate, si sono depositate nelle cellule della coscienza collettiva, hanno germinato nelle pieghe del tessuto sociale, aggiungendo caos alla già enorme complessità del nostro tempo.

La proposta del «Focus: Adriano Olivetti» nasce, dunque, dall intento di fornire lenti più adatte a percepire il fenomeno Adriano Olivetti, il quale, benché oggi sia molto ricordato in Italia, appare spesso sfuggente nelle sue descrizioni, funzionali a operazioni di marketing istituzionale o corporate image, ma quasi mai utilizzate per quella riconversione cognitiva, così necessaria, che il suo pensiero potrebbe innescare se ben ricevuto. Pensiero e metodo di Adriano Olivetti sono colti, nei migliori dei casi, in quelle parti più affini al proprio mito fondativo, in un pattern di ordine ideologico o confessionale, ma senza mai chiedersi in che modo e perché quel frammento particolare, effettivamente presente come debito intellettuale di quella vicenda, possa poi essere così armonico con gli altri apporti ideologici, pure presenti, inerenti a mitologie molto diverse: personalismo cristiano (ma nel quadro sapienziale di un universalismo pluralista), e poi anche anarchismo, socialismo, marxismo, pensiero liberale, elitismo... scienze umane e scienze naturali, culture tecniche e filosofie orientali. Tale copresenza, semmai considerata, è piuttosto vissuta con mal celato sospetto o con ironia, sbrigativamente, come prova che non valga la pena approfondire. Un diffuso atteggiamento a-critico (in fondo a-morale) che tradisce un senso comune oramai assai diffuso, che non sa stare in un idea di cultura come dialogo creativo, come innovazione continua ma radicata, sensata; incapace di cercare «la verità nella relazione», che piuttosto intende, quando ne riconosce l importanza, Cultura e Democrazia come luoghi di lotta tra verità alternative, nell astrazione di universalismi ancora inconsciamente sperati come assoluti, o altrimenti ritenuti inutili, in un conseguente liberi tutti di ordine immorale. Un paradigma della lotta e del potere che induce o atti di fede o abbandoni del campo democratico, per la delusione ingenerata poi dalla propria scarsa capacità di predire e dominare gli eventi, fino a cedere il passo al nichilismo (quello attivo del cinismo o passivo del fatalismo); all egoismo dei localismi identitari; a pulsioni corporative; a familismo, settarismo, doppia morale, trasformismo, opportunismo, corruzione, «concorso esterno con la mafia», irresponsabilità criminale verso l ecosistema; tutti atteggiamenti diversi, certo, ma accomunati dalla stessa origine (dallo stesso tipo di carenza cognitiva) e dal medesimo esito (una multiforme rapacità distruttiva), forme diverse di un unica primitiva reazione di fuga/aggressione a fronte di un contesto della complessità vissuto come minaccioso perché in-com-preso. la funzionalità tecnica della democrazia, come principio regolatore della funzionalità tecnica delle ideologie, in un pattern autenticamente dialogico e laico, capace di armonizzare strumenti ideologici differenti che, lungi dall essere negati per la scoperta della loro incapacità di produrre modelli assoluti, sono più semplicemente valorizzati per la loro capacità di dar conto di interessi e bisogni parziali, ma reali, anche opposti e in conflitto, aventi tutti diritto di cittadinanza, purché radicati e in continuo divenire, costituendo tutti insieme la polifonia della contemporaneità; un principio di realtà che in Adriano Olivetti è punto di inizio per cominciare a dominarne la complessità, armonizzandola, anche e persino in vista di maggiori e più meritati profitti economici. Ebbene, delle quattro parole chiave scelte dal Focus per declinare la Centralità della Persona nella visione olivettiana Territorio, Cultura, Politica, Economia il Focus 2014 sceglie ora come punto focale la parola Cultura, dopo aver preso le mosse dal Territorio nella prima edizione dell ottobre 2013 a Bologna. Se lì si propose come punto di accesso alla galassia olivettiana l attenzione al Territorio, faccia altra della medesima medaglia della Centralità della Persona, perché spazio in cui essa effettivamente estende la propria identità in quanto campo relazionale, epicentro di una rete intangibile, ma concreta, di relazioni vitali, sociali e naturali, che emana oltre i confini corporei individuali e che si dà dunque come diritto inalienabile; a Bari ora si propone come punto di ingresso la concezione della Cultura per Adriano Olivetti, in modo omogeneo a quanto detto per Persona e Territorio, e poi per Politica ed Economia: la Centralità della Persona, dunque, come liberazione de «le leggi dello Spirito», in accezione filosofico-sapienziale, quale prioritaria forma di responsabilità sociale, perché esse informino «concretamente», qui e ora, più efficienti ed efficaci organizzazioni produttive, economiche, politiche, sociali, amministrative, territoriali, da Adriano Olivetti ripensate tutte perché favoriscano i flussi cognitivi che le attraversano, minimizzandone la dispersione, in un ottica ecologico-sociale e multiculturale. Come a dire Humana Civilitas o barbarie. Adriano Olivetti sostituì per tempo il paradigma della lotta per il potere con quello della creatività (ascolto / innovazione continui), rinnovando con ciò la necessità e

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