Una risoluzione dell Agenzia delle Entrate su cui riflettere: cellulari e rimborsi spese.

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Una risoluzione dell Agenzia delle Entrate su cui riflettere: cellulari e rimborsi spese. CENTRO STUDI Circolare n. 04 del 2017

Pagina 1 Carissimi amici e amiche, Stiamo per andare in vacanza ma il lavoro degli uffici del personale continua ininterrottamente nel risolvere i tanti problemi che quotidianamente la gestione delle persone richiede. In questo mese di giugno abbiamo affrontato il road show a Milano con la politica parlando di welfare, abbiamo condiviso la sentenza di Autostrade, e con questa circolare vogliamo riflettere su una risoluzione della Agenzia delle Entrate che riguarda non solo l aspetto fiscale ma anche quello gestionale, come l azienda istante ampiamente mostra. David Trotti e Maurizio Manicastri Coordinatori Nazionali del Centro Studi AIDP L Agenzia delle Entrate riflette su rimborsi spese e i telefoni cellulari. Maurizio Manicastri e David Trotti Con la risoluzione n.74/e del 20 Giugno 2017 l Agenzia delle Entrate prendendo spunto da un quesito relativo ai telefoni cellulari affronta anche il tema dei rimborsi spese facendo delle riflessioni utili a tutte le aziende. Due temi che attanagliano le aziende in quanto la gestione dei telefoni cellulari nella parte promiscua non è normata dalla legge e pertanto genera tantissimi dubbi, il tema dei rimborsi spese crea parecchi mal di pancia in sede ispettiva. Il parere che l Agenzia delle Entrate emette fa riferimento ad un quesito di una azienda che mette a disposizione di molti dipendenti telefoni cellulari per finalità esclusivamente aziendali. Il costo per l'acquisto di tali dispositivi e le spese relative al traffico effettuato sono quindi ad esclusivo carico della società istante e non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dei dipendenti che fruiscono di tali apparecchi, nel caso proposto come per tantissime delle nostre realtà il dipendente è autorizzato ad utilizzare il telefono cellulare anche per finalità diverse da quelle aziendali (cosiddetto "utilizzo privato") ma, in tal caso, è necessario che la chiamata venga preceduta da un prefisso identificativo (in genere il 9), così da consentire il calcolo del traffico complessivo delle chiamate per utilizzo privato e l'addebito al dipendente dei costi relativi alle stesse. Per quanto riguarda poi le politiche di privacy, come è ovvio i telefoni messi a disposizione dei dipendenti rispondono a stringenti requisiti di sicurezza imposti dalle policy aziendali e, di conseguenza, non consentono un pieno accesso a tutte le varie funzionalità oggi fruibili con questi apparecchi, e dunque, i dipendenti che vogliano disporre appieno delle funzionalità degli smartphone, si

Pagina 2 trovano nella necessità di tenere a disposizione, oltre al telefono fornito dall'azienda (e soggetto alle limitazioni imposte dalle sopra menzionate esigenze di sicurezza), anche un altro telefono, così da poter fruire delle funzionalità inibite al primo apparecchio. Per ovviare a questo problema (il doppio telefono) nonché per finalità di riduzione dei costi, l azienda interpellante ipotizza di introdurre una diversa modalità di gestione del servizio, tale da rendere possibile ai dipendenti di disporre di un unico apparecchio telefonico avente tutte le funzionalità ritenute necessarie e utili dagli stessi sulla base delle specifiche esigenze. Per realizzare questo con il mantenimento dell'attuale modalità di utilizzo del servizio, ovvero la messa a disposizione di telefoni cellulari per finalità esclusivamente aziendali con possibilità di utilizzo di un prefisso per l'addebito dell'utilizzo privato, si vorrebbe consentire ai dipendenti, che ne facciano esplicita richiesta, di adottare la seguente modalità alternativa di gestione del servizio di telefonia mobile: a) il telefono viene acquistato dal dipendente a sua scelta e a sue spese; b) il contratto relativo al servizio di telefonia e traffico dati è stipulato dal dipendente con il gestore da lui scelto e tutte le spese sono quindi da lui direttamente sostenute. Poiché il dipendente utilizza il telefono sia per finalità private che aziendali, si evidenzia il problema di verificare quale sia il trattamento ai fini della tassazione del reddito di lavoro dipendente delle somme rimborsate dalla società istante in relazione all'utilizzo del telefono per finalità aziendali. La società istante tiene a rimarcare che questa modalità di fruizione del servizio consente di ridurre l'ammontare delle spese di telefonia attualmente a carico della stessa e risponde quindi a specifiche esigenze di riduzione dei costi e di maggiore efficienza. L azienda ritiene che il rimborso di una somma pari al 50% delle spese di telefonia e traffico dati sostenute dal dipendente non rientri nell'ambito delle somme da includere nella determinazione del reddito di lavoro dipendente di cui all'art. 51 del TUIR, e pertanto l azienda in qualità di sostituto sui redditi di lavoro dipendente, ritiene di non dover includere i rimborsi in esame nel computo della base imponibile delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente. Precisato questo l istante espone le motivazioni alla base di questo suo pensiero. La prima motivazione è legata alla cosiddetta "onnicomprensività" del reddito di lavoro dipendente, secondo il quale la tassabilità di un dato compenso viene del tutto scollegata dalla

Pagina 3 circostanza che lo stesso si ponga in nesso sinallagmatico con la prestazione effettuata dal dipendente, questo comporta che in tanto potrà manifestarsi la potestà impositiva, in quanto vi sia un presupposto atto a sorreggerla. In tale ottica, quindi, è essenziale la verifica della sussistenza di un indice di capacità contributiva, che, secondo l'art. 53 della Costituzione, rappresenta condizione necessaria per l'obbligo di concorrenza alla spesa pubblica. In coerenza con quanto sopra, deve senz'altro concludersi per l'esclusione da imposizione fiscale per quelle erogazioni che soddisfano un interesse esclusivo o prevalente del datore di lavoro e che, quindi, si pongono come presupposto logico per lo svolgimento stesso della prestazione lavorativa. La stessa Amministrazione finanziaria non ha mancato, sia pure in interventi isolati, di offrire spunti per svolgere alcune riflessioni di carattere generale sulla nozione di reddito di lavoro dipendente e, in particolare, sui limiti del "principio di onnicomprensività" sui cui si fonda la determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione, ma anche il giudice di legittimità ha riconosciuto la non imponibilità del rimborso del canone telefonico ai dipendenti impegnati in turni periodici di reperibilità. Secondo la Corte, non emerge un compenso avente natura retributiva nel caso in cui l'utilizzazione di un servizio sia richiesto ed offerto nell'interesse proprio del datore di lavoro, non tanto per consentire, strumentalmente, al lavoratore l'adempimento della prestazione, quanto, piuttosto, per realizzare gli obiettivi aziendali, dove la concreta attuazione della prestazione, per la sua efficienza, necessita della convergente disponibilità di uno specifico fattore di produzione, ossia dello strumento di telefonia fissa. La Corte, inoltre, prosegue affermando che "il lavoratore non potrebbe adempiere all'obbligazione contrattuale utilizzando, per il pagamento del canone e dunque per mantenere attiva la linea telefonica, le sole somme corrispondenti alle percentuali dei giorni di reperibilità nel mese, perché o il lavoratore paga l'intero canone, ed allora avrà la linea telefonica attiva sempre, dunque anche nei giorni di reperibilità, oppure non lo paga, ed allora non la avrà mai, nemmeno nei giorni di reperibilità: tertium non datur". Secondo l azienda questo ultimo brano è particolarmente interessante in quanto tratta proprio una fattispecie di utilizzo promiscuo di beni e servizi di spettanza del dipendente a fronte, però, di un concorrente (se non prevalente) interesse del datore di lavoro. La prassi e la giurisprudenza citata sono indicative di una significativa apertura verso il riconoscimento

Pagina 4 della non imponibilità dei rimborsi di costi necessari per consentire al dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa. Tali costi, invero: - possono essere sostenuti direttamente dal datore di lavoro (es. attrezzature d'ufficio, computer, impianti di telecomunicazione); -possono essere sostenuti direttamente dal dipendente, e quindi rimborsati dal datore di lavoro; fra questi sono compresi quelli connessi alla specifica modalità di svolgimento della prestazione (come nel caso del cosiddetto lavoro a distanza). In considerazione di ciò, è quindi fondato ritenere che le spese rimborsate al dipendente in attuazione della nuova modalità di fruizione del servizio di telefonia mobile (rimborso forfettario del 50%) siano, quanto meno in linea di principio, da escludere dalla base imponibile del reddito di lavoro dipendente. E' evidente che l'ipotesi del rimborso sulla base di un resoconto di spesa analitico è sicuramente la più aderente al dettato normativo. Tale rigore, tuttavia, rischia di essere puramente teorico, in quanto di difficile, se non impossibile, applicazione sotto il profilo pratico. Non si può infatti omettere di rilevare che la forma tariffaria più utilizzata sul mercato è quella del pagamento fisso periodico (c.d. tariffa "flat"), il che rende ancora più complessa (rispetto ad una tariffa c.d. "a consumo") una precisa ripartizione dei costi fra utilizzo privato e per esigenze di lavoro. Con una tale forma tariffaria (che prescinde dalla durata delle telefonate), l'unico criterio ragionevole (ma comunque sempre approssimativo) di demarcazione non può che essere costituito dal numero delle telefonate. Se poi aggiungiamo un'ulteriore variabile, costituita dal fatto che la tariffa può essere mista ("flat" fino ad un certo numero di telefonate e/o di traffico dati e variabile per l'eccedenza) ci si rende conto non solo della difficoltà di individuare un valido criterio che consenta di distinguere analiticamente la finalità delle telefonate, ma soprattutto l'estrema complicazione operativa. E non si è accennato alla connessione Internet e al relativo traffico di dati, anche questa suscettibile di utilizzo ambivalente (aziendale e privato).il telefono rientra fra gli strumenti necessari per lo svolgimento dell'attività lavorativa, ragion per cui, il rimborso da parte del datore di lavoro di un importo corrispondente al 50% delle spese d'uso dei telefono (traffico, canone, tassa di concessione governativa e Iva) sostenute dal dipendente, dovrebbe ragionevolmente essere considerato quale ristoro di un onere necessario per l'espletamento

Pagina 5 della prestazione lavorativa. Sarebbe invero poco razionale che una "entrata", nella quale risulti assente l'esistenza di un reddito, divenisse imponibile solo perché conseguita nel contesto di un rapporto di lavoro. Infine l istante cita una pronuncia della Cassazione (Cass., civ. Sez. I, 26 maggio 1999, n. 5081), secondo la quale, la forfetizzazione del rimborso effettuato a favore di dipendenti incaricati di funzioni ispettive non appare in contrasto con la determinazione dei reddito di lavoro dipendente, in quanto la soluzione adottata dal datore di lavoro trae la sua origine dalla esigenza di semplificare il controllo dell'inerenza, senza tuttavia incidere sul carattere risarcitorio dei rimborso stesso. Concludendo, il rimborso al dipendente di un importo pari al 50% delle spese sostenute da quest'ultimo per il servizio di telefonia mobile (e connessione internet) in relazione a comprovate esigenze aziendali, può ritenersi escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente. Abbiamo riportato ovvero citato il ragionamento dell azienda che ha proposto l interpello perché rappresenta molto spesso ragionamenti che si fanno nelle aziende. Probabilmente se si fosse trattato del viceversa ovvero che il dipendente avesse rimborsato al datore di lavoro in maniera forfettaria il 50% (ovvero 30 o 40%) dei costi il ragionamento per l unico telefono avrebbe potuto avere delle ragioni più solide e avrebbe forse permesso un utilizzo unico del telefono, fatti ovviamente salvi i problemi della privacy e dell identificazione dei dati del dipendente che accedeva al telefono per motivi personali. Ribaltando il ragionamento invece (bene del dipendente utilizzato per lavoro) ci troviamo di fronte a tutte le problematiche che si possono applicare anche ad altri benefit (uno per tutte la macchina personale usata per motivi di lavoro). Proprio su questi ragionamenti si sviluppa il ragionamento dell agenzia delle Entrate che afferma che i redditi di lavoro dipendente di cui all'articolo 49 del TUIR, sono disciplinati, ai sensi del successivo articolo 51, comma 1, dal principio di onnicomprensività, in applicazione del quale ". tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro" costituiscono reddito imponibile per il dipendente. In generale, quindi, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest'ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto, per le trasferte e i trasferimenti e noi aggiungeremmo anche il rimborso Kilometrico. In relazione

Pagina 6 alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese in generali richiamati dall azienda istante, la risoluzione fa presente che l'amministrazione Finanziaria con circolare n. 326 del 1997 ha ritenuto, in generale che "possano essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa, ad esempio per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc.". Per quanto poi riguarda il lavoro a distanza ovvero il telelavoro relativamente ai rimborsi documentati delle spese sostenute con risoluzione del 7 dicembre 2007, n. 357/E, richiamata dall'istante, si è ritenuto "che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l'attività lavorativa", per questo si è precisato che il rimborso documentato dei costi relativi ai collegamenti telefonici configura "l'ipotesi considerata dalla citata circolare n. 326 del 1997 di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente." e, come tali, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Un elemento assolutamente importante in questo ragionamento da considerare è quando la stessa risoluzione afferma che in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell'ipotesi in cui tale criterio forfetario sia stato previsto dal legislatore, e che laddove, invece, il legislatore non abbia indicato tale criterio forfetario, i costi sostenuti dal dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, accertabili attraverso documenti probanti (e aggiungiamo con le modalità ed indicazioni più volte indicate dall Amministrazione finanziaria), al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. La conseguenza è assolutamente ovvia e quindi l Agenzia è dell'avviso che la parte di costo relativo al servizio di telefonia e al traffico dati che la società istante rimborsa al dipendente sulla base di un criterio forfetario, non supportato da elementi e parametri oggettivi (es. numero e/o durata delle telefonate, ecc.), nel silenzio del legislatore al riguardo, non possa essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e ancor più l Agenzia

Pagina 7 rileva che non emerge neanche il costo rimborsato riguardo il servizio di telefonia utilizzato nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, atteso che la stessa società istante afferma che tale rimborso è determinato forfetariamente per venire incontro alle esigenze dei dipendenti della istante ai quali, in tal modo, verrebbe consentito "un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili.. e offerte dalla tecnologia presente sul mercato". Il collegamento tra l'uso del cellulare e l'interesse del datore di lavoro è inoltre dubbio in quanto il contratto relativo al servizio di telefonia e traffico dati è stipulato dal dipendente con il gestore da lui scelto, e non dal datore di lavoro che, limitandosi a concorrere al sostenimento dei costi, rimarrebbe estraneo al rapporto negoziale istaurato con il gestore telefonico. Ancora e per finire l Agenzia non ritiene pertinente alla fattispecie rappresentata il riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 10367 del 2004, che ha riconosciuto la non imponibilità, ai fini previdenziali, del rimborso erogato dall'enel ai propri dipendenti per l'intera spesa da questi ultimi sostenuta per il canone telefonico. Qui il giudice di legittimità ha motivato l'esclusione da contribuzione del citato rimborso, in ragione delle peculiarità della prestazione lavorativa caratterizzata dall'obbligo di reperibilità, circostanza questa che non emerge nella fattispecie rappresentata dalla società istante che, inoltre, non indica i lavoratori destinatari del rimborso. Così infine l Agenzia ritiene che il rimborso del 50 per cento dei costi sostenuti dai propri dipendenti per l'utilizzo del telefono cellulare, rilevino fiscalmente nei confronti di questi ultimi ai sensi dell'articolo 51, comma 1 del TUIR.