Città e Campagna in Età Sveva



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Società di Storia Patria per la Puglia Convegni XXIII Città e Campagna in Età Sveva Atti delle Giornate di studio sull Età Sveva - I Edizione (Oria, 29-30 novembre 2008) a cura di Luigi Neglia Bari 2012

Luisa Derosa Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria Ai lati del portale d ingresso del Palazzo vescovile di Oria, inseriti negli stipiti, sono collocati due leoni in marmo, affiancati da due colonne di granito con capitelli antichi (figg. 1-2). Nell edificio di maggiore rappresentanza del clero oritano, progettato dall arcivescovo Giovanni Carlo Bovio 1 e ristrutturato nel secolo XVIII da Alessandro Maria Kalefati 2, furono raccolti, nel cortile, anche alcuni reperti che Figg. 1-2. Oria, episcopio, portale d ingresso (lati destro e sinistro): leoni stilofori. 1 Portavoce dei nuovi orientamenti religiosi promossi dal Concilio di Trento, cui prese parte attiva, ma anche raffinato intellettuale, interlocutore ed amico del grande letterato umanista di origine oritana Quinto Mario Corrado. Si veda D. Palazzo (a cura di), Quinto Mario Corrado. Umanista salentino del Cinquecento, Galatina 1978; I. Pecoraio, Il riuso progettato nelle architetture salentine di età moderna. Problemi di lettura e d interpretazione, in Il reimpiego in architettura: recupero, trasformazione, uso, a cura di J.F. Bernard, P. Bernardi, D. Esposito, Atti del Convegno (Roma, 8-10 novembre 2007), Collection de l École Française de Rome 4189, Roma 2008, pp. 177-200, in part. p. 184. 2 Sull attività di questo insigne vescovo si veda il profilo che emerge da N. Cortese, Il Museo Archeologico di Oria e Mons. Kalefati, in «Napoli Nobilissima», vol.ii, nn. 1-2 (1921), pp. 95-96; si veda anche G. Papatodero, Della fortuna di Oria città in Provincia d Otranto nel Regno di Napoli dal principio della sua fondazione fino ai tempi ne quali fu ai romani soggetta, Dissertazione I, Napoli 1856 2.

142 Luisa Derosa vanno dall età romana fino al medioevo: essi, ancora oggi, costituiscono una sorta di museo all aperto che raccoglie le memorie più significative del passato della città e della sua antica cattedrale 3. Alcuni di questi frammenti furono rinvenuti durante i lavori di costruzione del nuovo episcopio; altri, come riporta un documento conservato nell Archivio Vescovile 4, pare, invece, che derivino dalla cattedrale romanica, ricostruita in forme barocche dall architetto napoletano Giustino Lombardi dopo che il terremoto del 1743 aveva definitivamente compromesso l aspetto dell antico tempio 5. La maggior parte di queste opere fu resa nota, per la prima volta, nella mostra del 1975 Puglia XI secolo 6. Oltre ai leoni, si conservano capitelli corinzi, tardo-antichi e bizantini, riscalpellati in epoca medievale ed eseguiti riutilizzando marmi antichi 7. I due leoni in marmo possono annoverarsi tra i più antichi esemplari di stilofori conosciuti in Puglia 8. Le loro peculiarità stilistiche e formali consentono di avanzare alcune riflessioni sul periodo in cui furono realizzati e sul significato che ebbero nell assetto della chiesa medievale oritana 9. Purtroppo molto rovinati, nella parte posteriore più conservata presentano zampe dagli artigli grandi e minacciosi, lunghe code passanti, folte criniere realizzate a grandi ciocche (fig. 3). Il leone di sinistra regge tra le zampe anteriori una preda - non è chiaro, dato il grado di consunzione del marmo, se umana o animale (fig.4). L atteggiamento del capo, afferrato saldamente, come si intuisce, tra gli artigli del leone, 3 P. Belli D Elia, Puglia XI secolo, Bari 1987, pp. 131-132. 4 Cenni storici riguardo la proprietà dei marmi esistenti nell atrio vescovile di Oria, ms. s. segn. 5 A. Della Monaca, Memoria historica dell antichissima e fedelissima città di Brindisi, Lecce 1674; di recente M. Cazzato, Settecento inedito tra Napoli e Salento, in «Bollettino Storico di Terra d Otranto», 7 (1997), pp.17-19. 6 Belli D Elia, Puglia XI secolo cit., p.132. 7 Ivi ed, inoltre, G. Lepore, Capitello corinzio troncoconico (scheda n. 33), Capitello corinzio (scheda n. 34), Capitello composito (scheda n. 35), in Rilavorazione dell antico nel Medioevo, a cura di M. D Onofrio, Roma 2003, pp. 95-98. 8 L. Derosa, Acroteri e stilofori pugliesi: alcune riflessioni a margine della cosiddetta questione lombarda in Arte lombarda, Atti del IV Convegno Internazionale di Studi (Parma, 26-29 settembre 2001), a cura di A. C. Quintavalle, [I Convegni di Parma, 4], Milano 2003, pp. 565-570. 9 Già oggetto di indagine in un mio precedente intervento a Parma (cfr. nota precedente), da cui sono riprese alcune riflessioni.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 143 Fig. 3. Oria, episcopio: leone stiloforo (particolare). Fig. 4. Oria, episcopio: leone stiloforo.

144 Luisa Derosa ricorda, suggestivamente, la più tarda sfinge del finestrone absidale della cattedrale barese 10. Frutto di una esecuzione rude ed essenziale, gli esemplari oritani trovano un diretto confronto nei leoni del protiro della chiesa del Santo Sepolcro a Brindisi (fig. 5), con i quali condividono il trattamento sintetico delle masse plastiche, ritagliate in maniera semplice e lineare, le zampe rigidamente, ma vigorosamente delineate, con gli spigoli fortemente accentuati. Gli esemplari brindisini, accucciati a filo Fig. 5. Brindisi, chiesa di S. Giovanni al Sepolcro, protiro. della parete e senza alcuna preda tra gli artigli, sono eseguiti entrambi in marmo proconneso e sono caratterizzati da un collo voluminoso e rotondeggiante accentuato dal movimento di rotazione delle teste, girate verso la porta dell edificio, con un atteggiamento minaccioso conferito delle grandi fauci spalancate (figg. 6-7). Il piccolo edificio brindisino, che, nella forma ad emiciclo, ricorda l Anàstasis gerosolimitana, fu realizzato probabilmente tra i secoli XI e XII, risultando, già nel 1128, tra i possessi dei Canonici regolari del Santo Sepolcro 11. Allo stesso periodo risalirebbero gli animali stilofori, 10 P. Belli D Elia, L officina barese: scultori a Bari nella seconda metà del XII secolo, in «Bollettino d Arte», 27 (1984), pp. 33-39; Ead., Un ignoto scultore barocco nella cattedrale di Bari, in I recenti restauri della Cattedrale di Bari e della trulla, a cura di E. Pellegrino, [Per la storia della chiesa di Bari. Studi e materiali, 16], Bari 1996, pp. 75-90. 11 In generale sulla problematica chiesa brindisina si veda P. Belli D Elia, Il Romanico, in La Puglia tra Bisanzio e l Occidente [Civiltà e culture in Puglia, 2], Milano 1980, pp. 175-177; Ead., La chiesa di San Giovanni al Sepolcro a Brindisi, in Puglia romanica cit., pp. 299-300; M. Untermann, Der Zentralbau im Mittelalter, Darmstadt 1989, p. 71; P. PIVA, Le copie del Santo Sepolcro nell Occidente romanico. Varianti di una relazione problematica, in Il Mediterraneo e l arte nel Medioevo, a cura di R. Cassanelli, Milano 2000, p. 110.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 145 Figg. 6-7. Brindisi, chiesa di S. Giovanni al Sepolcro, protiro: leoni stilofori.

146 Luisa Derosa anteposti alla parete settentrionale della chiesa. Un altro confronto estremamente interessante è con i leoni che sorreggono il baldacchino della chiesa di Santa Maria di Siponto, che presenta nella ricca impaginazione due altre figure zoomorfe inserite a sostegno dell archivolto (figg. 8-9). Ancorati alla fase duecentesca di trasformazione della facciata occidentale dell edificio, i due leoni mostrano, soprattutto negli occhi oblunghi dalle orbite rilevate e sottolineate da un cordoncino a rilievo (nel leone di destra, dal momento che quello di sinistra è, purtroppo, mutilo) 12 come anche negli artigli contratti con unghioni a forma di mandorla (fig. 10), caratteri più arcaici, ispirati, piuttosto, all unico leone superstite dell antica cattedra sipontina ed al capitello frammentario conservato nella Pinacoteca di Bari, ma proveniente dalla cattedrale 13. Il leone di destra è scolpito nell atto di sottomettere un gigantesco essere serpentiforme 14. La revisione cronologica della fasi di realizzazione della fabbrica sipontina, condotta in anni recenti da Pina Belli, non contraddice l ipotesi di una datazione alta dei due leoni 15. La stessa studiosa ha ipotizzato, in una breve nota, che il baldacchino del portale si possa considerare frutto di un rimontaggio tardivo, alla maniera, di pezzi e motivi rinveniente dalla redazione medievale della basilica per la quale l arcivescovo Leone aveva commissionato agli scultori Accetto e Davide la realizzazione degli arredi 16. Lo stesso tema iconografico presente a Siponto, del leone 12 Il grande frammento della testa del leone destra venne rinvenuto nel corso degli scavi degli Anni 70 del secolo scorso ed in seguito ricollocato alla meglio sul corpo mutilo. 13 Per questi confronti si rimanda a Belli D Elia, Puglia XI secolo cit., pp.64-65. Il confronto tra i leoni sipontini e quelli di Oria è stato già avanzato in Ead., Un modello in crisi: Santa Maria Maggiore di Siponto e il romanico di Capitanata, in Medioevo. I modelli, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Parma 27 settembre-1 ottobre 1999), a cura di A. C. Quintavalle, [I Convegni di Parma, 2], Milano 2002, p. 428, n. 73. 14 La foto qui pubblicata, risalente ad una decina di anni fa, mostra ancora parzialmente la testa del mostro che il leone sottomette. La fattezza di questa testa ricorda, per quanto è possibile vedere, quella dei gruppi scultorei alla base del portale della cattedrale di Trani. Nel portale sipontino anche le altre figure zoomorfe inserite in esso potrebbero essere di reimpiego. Sull analisi di questo portale ci si propone di tornare in altra sede. 15 P. Belli D Elia, La chiesa medievale, in Siponto antica, a cura di M. Mazzei, Foggia 1999, pp. 281-307, in part. pp. 301-302; Ead., Un modello in crisi cit., pp. 424-425, n. 73, p. 428. 16 Ead., Puglia XI secolo cit., pp. 56-67.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 147 Figg. 8-9. Siponto, chiesa di S. Maria: leoni stilofori.

148 Luisa Derosa che atterra un essere serpentiforme, compare anche in uno dei due leoni conservati nel Museo Provinciale di Lecce (figg. 11-12). Entrambi per dimensioni potrebbero far parte del protiro di un portale 17. Visibili sono gli incavi per l inserimento delle colonne, ricavati sul lato interno del corpo, Fig. 10. Siponto, chiesa di S. Maria: leone stiloforo (particolare). come nella Porta dei Leoni della basilica nicolaiana 18. Di provenienza sconosciuta, ma ipoteticamente riferiti all antica cattedrale leccese, distrutta nel 1230 19, i due leoni, pur mostrando differenze nello stile e nelle dimensioni 20, condividono con le altre opere finora prese in considerazione il vigoroso senso di resa delle parti anatomiche, scolpite con rudezza e sinteticità con l intento di trasmettere il senso di forza e vigore degli animali, terribili guardiani nell atto di sottomettere prede umane (Oria) o animali (Siponto, Lecce) 21. I leoni di Oria ed i loro parenti pugliesi fanno parte di quelle Figg. 11-12. Lecce, Museo Provinciale S. Castromediano : leoni stilofori. 17 T. Garton, Early romanesque sculptures in Apulia, New York-London 1984, pp. 310-311. 18 L altro leone stringe, invece, tra le zampe anteriori un capro. Per l interpretazione di questo elemento si rimanda a L. Derosa, La stagione del romanico: Leoni stilofori, (scheda III. 14) in Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento, Catalogo della mostra a cura di F. Abbate, Roma 2010, pp. 138-139. 19 A. Pepe, La cultura architettonica fra età normanna e aragonese, in Storia di Lecce dai Bizantini agli Aragonesi, a cura di B. Vetere, Roma-Bari 1993, p. 624. 20 Derosa, La stagione del romanico: Leoni stilofori cit., pp. 138-139. 21 Ivi.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 149 particolari strutture architettoniche anteposte ai portali, chiamate protiri, sulla cui origine e sviluppo si è molto discusso in sede critica, sostanzialmente attribuendo all area padano-emiliana la maggiore diffusione ed elaborazione del tema 22. La presenza dei leoni, sin dall antichità associati all idea di regalità e giustizia, è stata interpretata, in chiave gregoriana, come esternazione di un potere connesso alla Chiesa ed ai suoi vescovi che, di volta in volta, si arricchisce di valenze più complesse coerentemente con la dimensione simbolica medievale 23. La precoce affermazione di questo elemento in Puglia, la sua formulazione architettonica sostanzialmente diversa rispetto ai modelli padano-emiliani, generalmente definiti lombardi 24, e la quantità elevata di esempi e testimonianze superstiti hanno di recente stimolato un processo di riflessione e revisione critica del problema, dal quale emerge il carattere singolare ed autonomo della produzione pugliese 22 L uso dello stiloforo, con i leoni posti di fianco a reggere gli stipiti di un archivolto, appare già in alcuni manoscritti miniati, spia di una diffusione del motivo da antica data. Una delle più antiche testimonianze si trova in un manoscritto merovingio dell VIII secolo, le Questiones in Heptateuchum di sant Agostino, della Biblioteca Nazionale di Parigi, a proposito del quale sono stati visti nessi con la miniatura insulare e, a partire dall epoca carolingia, con le decorazioni delle tavole dei canoni. Non è chiaro se tali modelli abbiano segnato l atto di nascita del tema dello stiloforo nel campo della scultura monumentale o, al contrario, siano solo spia di un motivo comunque diffuso da tempo, legato alla figura del leone ed alla sua immagine cristologica, che, a partire dalla riforma gregoriana, viene adottato, arricchito di più valenze simboliche, anche in ambito scultoreo. F. Gandolfo, Il protiro lombardo : un ipotesi di formazione, in «Storia dell arte», 34 (1978), pp. 211-220; C. Verzar Bornestein, Matilda of Canossa, Papal Rome and the Earliest Italian Porch Portals, in Romanico Padano Romanico Europeo, Atti del Convegno internazionale di Studi (Modena-Parma 1977), a cura di A. C. Quintavalle, Parma 1982, pp. 143-158; F. Gandolfo, Il protiro romanico: nuove prospettive di interpretazione, in «Arte Medievale», 2 (1984), pp. 67-77; Id., s.v. Protiro, in Enciclopedia dell Arte medievale, VIII, Roma 1997, pp. 755-759. 23 W. Deonna, Les lions attachés à la colonna, in Mélanges d Archéologie et d Histoire Charles Picard, Paris 1949, pp. 289-308; Id., Salva me de ore leonis. A propos de quelques chapiteaux romans de la cathédrale Saint-Pierre a Genèva, in «Revue belge de philologie et d histoire», 28, s.d., pp. 479-511; Gandolfo, Il protiro romanico: nuove prospettive di interpretazione cit.; M. Angheben, Les animaux stylophores des eglises romanes apuliennes. Étude iconographique, in «Revue du Centre International d Études Romanes», 2000, pp. 251-290, ripreso in «Arte Medievale», I (2002), 2, pp. 97-117. 24 Già P. Toesca (Il Medioevo, vol. II, Torino 1965, p. 675) ebbe ad osservare che in Puglia sembra non restare che la proiezione piana del protiro: un inquadratura della porta e della lunetta.

150 Luisa Derosa rispetto ad altre aree regionali 25. Nell ambito della scultura monumentale pugliese, gli animali stilofori appaiono per la prima volta nel più antico cantiere della chiesa di S. Nicola a Bari, risalente alla fine del secolo XI, ma non inseriti in un portale, bensì nella monumentale finestra absidale (fig. 13), insieme con altre mensole figurate con funzione di blocchi d imposta per l archivolto. Nel suo insieme quest opera mostra il grande livello di maturazione a cui erano giunti i lapicidi pugliesi, probabilmente rielaborando esperienze Fig. 13. Bari, basilica di S. pregresse che, già a partire dai primi decenni Nicola, finestra absidale. del secolo XI, avevano caratterizzato l intera regione 26. L influenza 25 Angheben, Les animaux stylophores cit.; Derosa, Acroteri e stilofori pugliesi cit. In generale, nella storia degli studi più recenti, la genesi del tema del protiro è stata attribuita all area orientale (Armenia e Georgia) con una diffusione in Italia nell Altomedioevo, come testimonia la presenza del protiro nella basilica dei SS. Martiri a Cimitile (fine IX - inizi X secolo) ed in alcune chiese romane, come San Clemente, Santa Prassede, San Cosimato, dove la struttura, pur dovendosi riferire ad interventi edilizi dei secoli XI e XII, riflette forme più antiche, come quelle testimoniate sin dal IX secolo al centro della fronte del portico addossato alla facciata di San Pietro. In epoca medievale, secondo tali studi, fu però sempre in area padano-emiliana che il protiro acquistò una stabile presenza nella decorazione degli ingressi delle cattedrali, divenendo un elemento fondamentale nella struttura architettonica delle facciate, a partire dal protiro collocato sulla facciata della cattedrale di Modena, iniziata a costruire dal 1099. La diffusione, poi, del tema in una serie di edifici attribuiti alla scuola degli scultori Wiligelmo e Nicolò, come la porta dello Zodiaco alla Sacra di San Michele, la porta dei Principi sempre nella cattedrale di Modena, il più antico portale della cattedrale di Cremona, i portali laterali della cattedrale di Piacenza, è stata associata alla diffusione di tale tema in territori legati al patronato di Matilde di Canossa o, comunque, alla committenza di vescovi e abati alleati della Chiesa di Roma. Molto meno indagata l Italia meridionale, ad eccezione del duomo di Salerno, uno dei monumenti chiave della Riforma gregoriana nel secolo XI. Cfr. F. Gandolfo, s.v. Protiro cit. 26 Mi riferisco, soprattutto, al rapporto esistente tra i leoni stilofori ed i leoni usati come sostegno delle cattedre vescovili. Ricordiamo che il più antico esempio presente in Puglia è il leone della perduta cattedra di Siponto, eseguito entro il 1050, anno di morte del vescovo Leone che ne fu il committente. La cattedra sipontina costituisce anche l esempio più antico di una concezione, che si diffonde nel corso del secolo XI, di attribuire ai troni vescovili caratteri tipici del potere laico, segnando l abbandono

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 151 del finestrone absidale di S. Nicola sulla struttura dei protiri è nel motivo, del tutto originale, dello stiloforo inserito nella parete muraria ad una certa distanza dal suolo, che determina una ridotta sporgenza dell intera struttura rispetto alla parete stessa, come si osserva in tutti i protiri nicolaiani e Fig. 14. Parigi, Bibliothèque National, disegno (autore: Aubin-Louis Millin). negli edifici da esso dipendenti, come la cattedrale di Bitonto 27. Tale schema, che assume il valore di una semplice riquadratura di porte e lunette, finirà col prevalere tra i secoli XII e XIII nell intera regione fino all area materana. È probabile che una struttura simile a quella dei protiri di S. Nicola fosse anche presente nella cattedrale di Brindisi, come si vede in un disegno di Aubin - Louis Millin - già reso noto nel 1974 da Nancy Rash- Fabbri e stranamente passato sotto silenzio. Si tratta di un interessante quadrupede purtroppo mutilo del capo (fig.14), ma che a giudicare dalla forma delle zampe potrebbe essere un bovide (unico esempio di una ripresa in Puglia del tema dei buoi stilofori di San Nicola) con l imposta di una colonnina esagonale sul dorso ed un blocco lapideo con un iscrizione in greco - segno del suo riutilizzo - che ne permetteva l aggancio nel muro 28. Diverso è, invece, il caso della chiesa del Santo Sepolcro a del repertorio decorativo cristiano tipico del periodo dell alto Medioevo, con l intento di evidenziare il valore laico e civile del potere vescovile. Su questi temi si veda Belli D Elia, Puglia XI secolo cit., pp. 64-65; F. Gandolfo, s.v. Cattedra, in Enciclopedia dell Arte Medievale, IV, Roma, pp. 496-505, in part. pp. 500-501. 27 Sui rapporti tra i protiri di S. Nicola e quello della cattedrale di Modena si rimanda ad Angheben, Les animaux stylophores cit., pp. 253 e ss., con ampi riferimenti bibliografici. 28 N. Rash-Fabbri, A Drawing in the Bibliothè que Nationale and the Romanesque Mosaic Floor in Brindisi, in «Gesta», 13, 1974, pp. 5-14, in part. p. 13, n. 3. Sui disegni di Millin, oggetto in questi ultimi anni di nuovo interesse, si veda A. Iacobini, Barisanus me fecit. Nuovi documenti sull officina di Barisano da Trani, in Medioevo: le officine, Atti del Convegno internazionale di studi (Parma, 22-27 settembre 2009), a cura di A.C. Quintavalle, [I Convegni di Parma, 12], Milano 2010, pp. 190-206, in part. n.28, p. 204.

152 Luisa Derosa Brindisi, che presenta un protiro fortemente aggettante, massiccio ed arcaico, che non trova altri confronti in quegli anni in Puglia (fig. 15). Una struttura analoga si ritrova, invece, nel Katholikòn di Apollonia, in Albania, dove, al momento dell arrivo dei Benedettini, sono realizzati capitelli a stampella che presentano puntuali riferimenti nella plastica pugliese del secolo XI, tra Brindisi, Conversano, Bari e Canosa 29. L esistenza a Brindisi di uno schema così diverso da quello nicolaiano (il cui portale principale, per gli ornati, funge, invece, da Fig. 15. Bari, basilica di S. Nicola, portale principale (particolare). modello per lo stesso portale brindisino 30 ) lascia supporre che tra i secoli XI e XII tale tema fosse ampiamente attestato in Puglia secondo modelli differenti presenti già da tempo nella regione. Un protiro realizzato interamente in muratura e fortemente aggettante dal filo della parete è visibile, per esempio, sul lato settentrionale della chiesa longobarda di Seppannibale a Fasano, datata verso la fine dell ottavo secolo. In tale edificio, che, per essersi fortunosamente conservato, riveste una grande importanza per la storia artistica della Puglia, fa la sua comparsa per la prima volta anche il tema 29 H.e H. Buschhausen, Die Marienkirche von Apollonia in Albanien. Byzantiner, Normannen und Serben im Kampf um die Via Egnatia, Wien 1976; si veda, in generale, anche Progetto Durrës. L indagine dei Beni Culturali albanesi dell antichità e del medioevo: tradizioni di studio a confronto, Atti del primo incontro scientifico (Parma- Udine, 19-20 aprile 2002), a cura di M. Buora, S. Santoro [Antichità Altoadriatiche, 53], Trieste 2003. 30 Belli D Elia, Il Romanico cit., pp. 175-177; Ead., La chiesa di San Giovanni al Sepolcro a Brindisi, in Puglia romanica cit., pp. 299-300.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 153 della chiesa a cupola con semibotti laterali, soluzione architettonica che, in forme più mature, sarà adottata in numerose chiese prevalentemente di ambito benedettino, a partire dalla fine del secolo XI 31. I leoni oritani acquistano ulteriore importanza se analizzati in rapporto alla storia della cattedrale. Le problematiche vicende di questo edificio si possono chiarire solo alla luce degli avvenimenti pregressi e delle relazioni tra l episcopio di Oria e quello di Brindisi, del quale il primo, secondo la maggior parte degli storici, avrebbe assunto le funzioni ed il titolo 32. Secondo una lunga tradizione storiografica, per ragioni legate all insicurezza dei luoghi, allo spopolamento seguito all invasione longobarda ed alle incursioni saracene, i presuli brindisini si sarebbero trasferiti nella vicina Oria, città che, situata sulle ultime propaggini delle Murge, in una posizione da cui dominava pienamente l istmo tra i due mari, costituiva un territorio meglio difendibile. La piccola cittadina pugliese, ben servita dalla viabilità, divenne una sorta d avamposto territoriale proiettato verso Bisanzio e, grazie all elevazione al rango vescovile, che ne sancì il definitivo ruolo urbano, un elemento cardine del territorio circostante. La Chiesa ed i suoi pastori incarnarono, da quel momento in poi, il sentimento di appartenenza della comunità alla nuova dimensione cittadina 33. Mentre dalla fine 31 G. Bertelli, Cultura longobarda nella Puglia altomedievale: il Tempietto di Seppannibale presso Fasano, Bari 1994; Ead., Il Tempietto di Seppannibale nei pressi di Fasano, in Puglia preromanica [Patrimonio Artistico Italiano], Milano-Bari 2004, pp. 121-138; Masseria Seppannibale Grande in agro di Fasano (BR), a cura di G. Bertelli e G. Lepore, [Marenostrum. Arte. Storia. Archeologia, 1], Bari 2011. Lo stesso tema della mensola inserita tra la colonna e l archivolto trova testimonianza, in una forma ancora precoce, in opere legate alla tradizione longobarda. Nella cattedrale di Vieste sulla parete settentrionale il sopravvissuto portale medievale mostra, all altezza dell imposta dell arco, due protomi leonine aggettanti dal muro, antenate dei tanti acroteri romanici che, di lì a poco, popoleranno le facciate delle chiese della regione. Si veda Derosa, Acroteri e stilofori pugliesi cit., pp. 565-567. 32 F.A. Errico, Cenni storici sulla città di Oria e del suo insigne vescovado, Napoli 1906, pp.149-150; R. Jurlaro, Dell origine del rito greco nella chiesa di Brindisi [Brindisi nell Alto medioevo], Galatina 1974, in part. pp. 123-163; G. D Amico, La citta di Oria nella Longobardia inferiore, Oria 1990. 33 Sulla cronotassi brindisina ed oritana si rimanda a Italia pontificia 9, a cura di W. Holtzmann, Hildesheim 1986 (I ed. Berlin 1962), pp. 381-382; si veda, inoltre, C. D. Fonseca, Particolarismo Istituzionale e organizzazione ecclesiastica del Mezzogiorno medievale, Galatina 1987, pp. 82; 87-88. La città di Oria, importante centro messapico, conquistato nell 836 da Ludovico II

154 Luisa Derosa del sesto secolo la cronotassi episcopale brindisina si interrompe 34 e le reliquie del primo e santo vescovo della città, Leucio, prendono altre vie 35, Oria comincia il suo percorso di ascesa coronato dall elezione al soglio vescovile di Teodosio. Personaggio chiave nello sviluppo dell episcopato oritano per il ruolo chiave che svolse negli anni 80 del IX secolo nel conflitto politico ed ecclesiastico tra la Chiesa di Roma, di cui fu portavoce e difensore, e quella greca 36, Teodosio fece giungere ad Oria, grazie agli amichevoli rapporti con Stefano V, le reliquie dei martiri romani Daria e Crisante, deposte in una chiesa costruita in loro onore 37 ed introdusse nella città il culto del santo eremita egiziano Barsanofrio, a cui dedicò un altro edificio. Riuscì ad ottenere, inoltre, sempre in virtù di un rapporto privilegiato con il vescovo beneventano, una parte delle reliquie di San Leucio deposte apud Brundusium loco pristino 38. L attivissimo vescovo rafforzò così, attraverso la memoria reliquiale, il legame tra l autorità ecclesiastica e l organismo sociale 39. Secondo alcune iscrizioni visibili fino al secolo XVIII, sarebbe stato lo stesso Teodosio a costruire la cattedrale sul sito dell attuale e passato poi ai Bizantini, come Brindisi, fu attaccata varie volte da bande di saraceni, almeno fino a tutto il decimo secolo: V. Von Falkenhausen, Taranto in epoca bizantina, in «Studi Medievali», IX, 1968, pp. 133-166; R. Licinio, Castelli medievali. Puglia e Basilicata: dai Normanni a Federico II e Carlo I d Angiò, n.ed., Bari 2010, pp. 29-30. Sulla viabilità si rimanda a G. Lepore, Oria e il suo territorio nell Altomedioevo. Fonti storiche ed evidenze archeologiche, Oria 2004, pp. 9-50 con bibliografia precedente. 34 Esistono due lettere di Papa Gregorio Magno, risalenti rispettivamente al 595 ed al 601, in cui Pietro, vescovo di Otranto, viene incaricato di svolgere mansioni di presule della vicina Brindisi. Cfr. Gregorio Magno, Registrum Epistularum, in Monumenta Germaniae Historica, ed. P. Ewald e L.M. Hartmann, Belino 1892-99, I, VI, n. 21, 62. 35 Su questo argomento e sul suo significato si rimanda a R. Alaggio, Brindisi medievale. Natura Santi e Sovrani in una città di frontiera, Napoli 2009, pp. 109-134. 36 In generale, si veda V. Von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell Italia meridionale dal IX all XI secolo, Bari 1978; J. M. Martin, La Pouille du VIe au XIIe siècle, Roma 1993, pp. 591-592; 630-632. 37 M. Falla Castelfranchi, Note preliminari su Oria nel IX secolo, in Atti del VI Congresso di Archeologia Cristiana (Pesaro-Ancona, 19-23 settembre 1983), Firenze 1986, pp. 113-125; G. Bertelli, Arte bizantina nel Salento. Architettura e scultura (secc. IX-XIII), in Ad Ovest di Bisanzio. Il Salento medievale, Atti del Seminario Internazionale di Studio (Martano, 29-30 aprile 1988), a cura di B. Vetere, Galatina 1990, pp. 219-222. 38 Alaggio, Brindisi medievale cit., p. 122. 39 Su questi problemi si rimanda a H. C. Peyer, Città e santi patroni nell Italia medievale, Firenze 1998.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 155 fortezza 40. Questa chiesa, per lungo tempo, è stata erroneamente identificata con quella dei Santi Crisante e Daria, ancora esistente nell angolo sud-orientale del castello 41. La nuova cattedrale, dedicata a Santa Maria secondo un documento dell 885, sarebbe stata distrutta nel 977 da mercenari saraceni e ricostruita da Giovanni, in carica dal 995 al 1038. Un iscrizione, riportata da uno storico oritano ai primi del Novecento, ne documentava la ricostruzione 42. L attuale cattedrale, nella sua versione medievale, sarebbe stata, invece, costruita, secondo la stessa tradizione, dietro pressione dell imperatore svevo, il quale, volendo edificare il castello sull acropoli, avrebbe effettuato una permuta con l arcivescovo Pellegrino I (1216-1225), trasferendogli i terreni su cui oggi sorge l edificio 43. Si tratta, molto verosimilmente, di un ipotesi priva di fondamento, dal momento che, sia a livello archeologico sia a livello di testimonianze scultoree rimasteci, non esistono tracce di opere duecentesche 44. L idea di un chiesa costruita ai tempi del grande svevo potrebbe essere nata con l intento di nobilitare la memoria della fondazione di un nuovo edificio in un diverso luogo della città 45. Le 40 Non mi risulta che siano stati resi noti i risultati delle indagini archeologiche condotte in questi ultimi anni nell area del castello stesso. Su precedenti interventi nella città si veda Oria, Pagine di scavo, a cura di G. A. Maruggi, Oria 1993. 41 C. Ceschi, Il castello di Oria e il suo restauro, in «Iapigia», V (1934), pp. 29-55; sulle questioni relative all identificazione della prima cattedrale si rimanda a Lepore, Oria e il suo territorio cit., pp. 36ss. ed, inoltre, alle varie schede in Bertelli (a cura di), Puglia preromanica cit., pp. 139-145; 251. 42 L iscrizione, apposta su una colonna marmorea conservata nel cortile dell episcopio ed oggi perduta, riportava JOANNES GRATIA DEI ARCHIEPISCOPUS ET PROTOCATHEDRA: Errico, Cenni storici cit., pp.149-150; sul vescovo Giovanni si veda, inoltre, Lepore, Oria e il suo territorio cit., p. 94. 43 La leggenda della ricostruzione della nuova cattedrale sotto Federico II risale a D. Albanese, Istoria della Antichità d Oria della Provincia di Terra d Otranto, a. 1680, testo del 1680 pervenutoci in una copia del 1841, conservata nella Biblioteca Provinciale di Taranto. 44 Di difficile interpretazione, considerati gli interventi pregressi, le strutture murarie dei sotteranei dell attuale cattedrale, corrispondenti agli ambienti, un tempo, destinati a sepolcreto della confraternita della chiesa. Si tratta, comunque, di strutture che andrebbero ulteriormente indagate; in mancanza di interventi archeologici, bisognerebbe condurre un analisi stratigrafica degli elevati che, considerando le antiche testimonianze documentarie, possa far luce sulle vicende della precedente chiesa. Fino ad oggi, la migliore sintesi di queste vicende è in Lepore, Oria e il suo territorio cit., pp. 107-110. 45 L Albanese riporta la notizia di un rifacimento della chiesa ad opera di un Gualtiero di Brienne: R. Jurlaro, Epigrafi medievali brindisine, in «Studi Salentini», XXXI-

156 Luisa Derosa uniche testimonianze in nostro possesso ci indirizzano, piuttosto, verso una cronologia più alta, riferibile grossomodo ai secoli XI-XII. È probabile che, come in numerosi altri centri del Mezzogiorno, sia stato con la conquista normanna che Oria fu dotata di una nuova cattedrale e la diocesi poté riprendere definitivamente le sue caratteristiche latine 46. Su una colonna di marmo visibile nel cortile dell episcopio si legge, infatti, la seguente iscrizione: MEMENTO / DOMINE FAMULI / TUI ROGERII / MORAVILLAE / ET UXORIS / EIUS ROGAIE / AMEN 47. Un Rogerius de Moravilla compare come firmatario in un documento del 1113 relativo ad una donazione al convento di S. Lorenzo di Aversa 48. Rosario Jurlaro, cui va il merito di avere per primo pubblicato l iscrizione, riprendendo la descrizione dell Albanese, riporta la notizia che la colonna era collocata nella cattedrale 49, consentendo di ipotizzare che, in quegli anni, si procedeva alla costruzione del tempio. Anche i frammenti scultorei conservati nel cortile dell episcopio, come gli stessi leoni stilofori, ci orientano in tal senso. Tra questi è una mensola in calcare (fig. 16), decorata sui due lati da una croce con quattro foglie lanceolate e sulla fronte da un alberello stilizzato che si diparte da un curioso motivo a squame con forellini, confrontato dalla Belli D Elia con quello presente su un frammento di archivolto nel Museo Provinciale di Brindisi, proveniente dalla chiesa di S. Benedetto, e su un capitello a stampella nel chiostro della stessa XXXII, 1968, pp. 268-269. È probabile, invece, che la chiesa avesse riportato dei danni in conseguenza della rivolta antisveva ad opera di Tommaso d Oria narrata da N. Jamsilla, De rebus gestis Friderici II imperatoris eiusque filiorum Conradi et Manfredi Apuliae et Siciliae regum in G. De Re, Cronisti e scrittori sincroni napoletani, vol. II, Napoli 1868, pp. 167, 175; su tali vicende si veda, inoltre, P. F. Palumbo, Terra D Otranto dagli Svevi agli Angioini e l assedio di Gallipoli, in «Archivio Storico Pugliese», XI, 1958, p. 63; E. Pispisa, Il Regno di Manfredi. Proposte di interpretazione, Messina 1991. 46 Ricordiamo che Oria fece parte, insieme con Taranto, Otranto, Gallipoli ed alla contea di Conversano, dei possedimenti pugliesi di Boemondo: Licinio, Castelli medievali cit., p. 75. 47 L iscrizione fu pubblicata per la prima volta in R. Jurlaro, Epigrafi medievali brindisine cit., pp. 231-277. 48 L. R. Menager, Inventaire des familles normandes et franques emigreé en Italie Méridionale et en Sicilie (XI-XII siècles), in Roberto il Guiscardo e il suo tempo, Atti delle Prime Giornate normanno-sveve (Bari, 28-29 maggio 1973), Bari 1975, p. 405. 49 Cfr. nota 41.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 157 chiesa 50. Un altro frammento è un magnifico esemplare di capitello composito in marmo lunese con teste di ariete ricavate dalle volute angolari (fig. 17). Un analogo esemplare proveniente dalla cattedrale si conserva nel Museo di Canosa. Parzialmente rilavorato, ma non finito, condivide con uno dei capitelli della cattedrale di Taranto il tema delle volute angolari trasformate in teste d ariete. Lo stesso motivo appare anche nei capitelli che fiancheggiano il finestrone absidale della chiesa di S. Nicola a Bari. Un altro capitello corinzio, reimpiegato più volte ed utilizzato come acquasantiera, è riscolpito con alcune vivaci figure, tra le quali un arciere a cavallo intento a cacciare con l arco un uccello appollaiato (fig. Fig. 16. Oria, episcopio, mensola. Fig. 17. Oria, episcopio, capitello (particolare). 18), disposte quasi disordinatamente solo su un lato, in corrispondenza del terzo giro di foglie. Nei soggetti raffigurati, alcuni particolari, come il mantello svolazzante e la bardatura del cavallo, farebbero pensare ad una datazione entro gli anni 20 del secolo XII, confermando l esistenza di una fase sicuramente normanna della maggiore chiesa oritana. Altri due capitelli conservati nel cortile possono essere datati tra i secoli 50 P. Belli D Elia, Sculture medievali nel Museo Provinciale di Brindisi, in «Amministrazione e politica», 6 (1973), p. 699, fig. 8; Ead., Puglia XI secolo cit., p.132.

158 Luisa Derosa XI e XII per i segni di rilavorazione, anche in questi casi mai conclusa 51. La presenza di queste opere nello stesso cortile, a pochi passi dalla chiesa, lascia pensare che tutti i pezzi provengano da lì e che la loro sistemazione sia avvenuta ai tempi di mons. Kalefati, quando Fig. 18. Oria, episcopio, capitello (particolare). già erano stati avviati i lavori per il nuovo edificio. Nell attuale chiesa, pur mancando qualsiasi testimonianza anteriore al secolo XVIII, è stato rinvenuto, unico caso a mia conoscenza, un capitello con una testina umana frammentaria, anch essa databile al secolo XII 52. L elemento che contraddistingue tutte queste opere e le accomuna agli stessi leoni è il modo in cui sono state rilavorate. Ogni frammento è eseguito con l uso di materali antichi, anche pregiati, ma in modo abbastanza approssimativo ed incompleto. Gli stessi leoni, come altri frammenti dell Episcopio, mostrano tracce di non finito. Si osservi sia nell esemplare di destra che in quello di sinistra (figg. 1-2) il petto dell animale non definito da alcuna sagomatura, ed appare ancora ben evidente l imponente blocco marmoreo riutilizzato. Le spiegazioni possono essere varie. Non potremo mai sapere se queste opere siano state lavorazioni di cantiere, scartate perché danneggiate; ma, trattandosi degli unici esemplari medievali conservatisi, nulla impedisce di considerarli, al contrario, messi in opera all interno del rinnovato tempio oritano. Osservando alcune rilavorazioni precedenti la fase medievale dei secoli XI-XII, si potrebbe anche pensare che le maestranze abbiano avuto a disposizione materiali da riutilizzare di scarsa qualità, capitelli non finiti e già abbandonati in fase di lavorazione, anche se, all interno del territorio oritano, altre testimonianze di opere antiche mostrano, al contrario, un buon livello di fattura. Un ulteriore spiegazione si potrebbe individuare nella necessità, 51 Si vedano le relative schede in Lepore, Oria e il suo territorio cit., pp. 18-23. 52 Ivi, p. 23; inoltre, Ead., Rilavorazione dell antico nel Medioevo cit., pp. 95-98.

Ipotesi sul protiro della cattedrale medievale di Oria 159 a cantiere ormai avviato, di concludere in brevissimo tempo l impresa già avviata. Nel tentativo di formulare un ipotesi ragionevole, bisogna rivolgersi ai documenti. Il primo, tra quelli rimastici, che mi sembra molto significativo è una memoria seicentesca in cui si descrive la chiesa medievale 53 : la Chiesa Cathedrale Ha una porta di marmo finissimo con un arco trave tutto di un pezzo di più di dieci in dodeci palmi lungo.affrigiata e sfogliata à lavoro la Cozza di fore pur di marmo con quattro colonne di Porfido finissimo di fora, e due appoggiate su due Leoni di marmo, e vi si sale nel pavimento con cinque gradi di marmo. La nave della detta Chiesa trà le Ale stà posto su 14 colonne di marmo, sette per banda e su di dette colonne con basi e capitelli affringiati, e sfogliati pur di marmo.et alla porta di Tramontana pur altro lavoro di colonne, e leoni di marmo 54. Nell edificio, ricco di marmi e pezzi antichi, era, dunque, presente anche un altro protiro, sempre sostenuto da leoni 55. Ma le cartae ci danno anche altri indizi. Sappiamo che la situazione del vescovado di Oria si intreccia, all indomani della conquista normanna, con quella di Goffredo, conte di Conversano, un personaggio di primissimo piano nella nobiltà. Figlio di Beatrice, sorella del Guiscardo, Goffredo inizia la sua avventura in Puglia all ombra dello zio, il duca Umfredo. A lui tocca la contea di Conversano, ma, essendo personaggio assai ambizioso, conquista Nardò, quindi Montepeloso, poi Monopoli, estendendo la sua influenza fino a Brindisi ed infine, nel 1080, a Matera (già assegnata, all indomani della Conquista, al fratello maggiore Roberto di Montescaglioso). Due anni dopo pone sotto assedio la città di Oria, 53 Il testo, ad opera di Mario Matarrelli Pagano, dal titolo Raccolta di Notizie Patrie dell antica città di Oria nella Messapia, fu scritto, molto probabilmente, tra la fine del secolo XVI e l inizio del successivo. Si sono conservate due copie manoscritte: la più antica presso la Biblioteca De Leo di Brindisi e la più recente, compilata intorno alla metà del secolo XIX, presso la Biblioteca comunale di Oria. Quest ultima è stata pubblicata nel 1976 da Eugenio Travaglini (cfr. nota successiva). 54 M. Matarrelli Pagano, Raccolta di Notizie Patrie dell antica città di Oria nella Messapia, a cura di E. Travaglini, Oria 1976, p. 72. 55 Un altra importante testimonianza è rappresentata dalla pianta del Centonze, risalente al 1642, che mostra un edificio a tre navate prospiciente la piazza con due protiri, uno in facciata e uno sul lato nord. La pianta, conservata nell Archivio di Stato di Napoli, è stata pubblicata da G. Martucci, Carte topografiche di Francavilla, Oria e Casalnuovo del 1643, Francavilla Fontana 1986, e riprodotta in Lepore, Oria e il suo territorio cit., p. 46, fig. 12.