ISTITUZIONI DI MATEMATICA I. (prof. M.P.Cavaliere) SPAZI VETTORIALI SU R



Documenti analoghi
2.1 Definizione di applicazione lineare. Siano V e W due spazi vettoriali su R. Un applicazione

Parte 2. Determinante e matrice inversa

Applicazioni lineari

STRUTTURE ALGEBRICHE

Parte 6. Applicazioni lineari

ESERCIZI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA

Esercizi su lineare indipendenza e generatori

4. Operazioni elementari per righe e colonne

Parte 3. Rango e teorema di Rouché-Capelli

APPLICAZIONI LINEARI

x 1 + x 2 3x 4 = 0 x1 + x 2 + x 3 = 0 x 1 + x 2 3x 4 = 0.

Dimensione di uno Spazio vettoriale

Algebra Lineare e Geometria

LEZIONE 16. Proposizione Siano V e W spazi vettoriali su k = R, C. Se f: V W

APPLICAZIONI LINEARI

ESERCIZI APPLICAZIONI LINEARI

LEZIONE 17. B : kn k m.

LE FIBRE DI UNA APPLICAZIONE LINEARE

MATRICI E DETERMINANTI

Lezione 9: Cambio di base

Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

Lezioni di Algebra Lineare III. Applicazioni lineari e matrici Struttura algebrica delle soluzioni dei sistemi lineari

LEZIONE 23. Esempio Si consideri la matrice (si veda l Esempio ) A =

Anello commutativo. Un anello è commutativo se il prodotto è commutativo.

LEZIONE 14. a 1,1 v 1 + a 1,2 v 2 + a 1,3 v a 1,n 1 v n 1 + a 1,n v n = w 1

1 Applicazioni Lineari tra Spazi Vettoriali

Matematica B - a.a 2006/07 p. 1

RICHIAMI SULLE MATRICI. Una matrice di m righe e n colonne è rappresentata come

LE FUNZIONI A DUE VARIABILI

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria - Edile ed Edile-Architettura

Lezione 6 Nucleo, Immagine e Teorema della Dimensione. 1 Definizione di Nucleo e Immagine

3 Applicazioni lineari e matrici

Per lo svolgimento del corso risulta particolarmente utile considerare l insieme

MATEMATICA. { 2 x =12 y 3 y +8 x =0, si pone il problema di trovare, se esistono, un numero x ed un numero y che risolvano entrambe le equazioni.

Rango: Rouchè-Capelli, dimensione e basi di spazi vettoriali.

1. PRIME PROPRIETÀ 2

APPUNTI DI MATEMATICA LE FRAZIONI ALGEBRICHE ALESSANDRO BOCCONI

15 febbraio Soluzione esame di geometria - 12 crediti Ingegneria gestionale - a.a COGNOME... NOME... N. MATRICOLA...

Diagonalizzazione di matrici e applicazioni lineari

Matrice rappresent. Base ker e img. Rappresentazione cartesiana ker(f) + im(f).

f(x, y, z) = (x + ky + z, x y + 2z, x + y z) f(x, y, z) = (x + 2y z, x + y z, x + 2y) F (f(x)) = (f(0), f(1), f(2))

Appunti di Algebra Lineare

CORSO DI LAUREA INF TWM ANNO DI IMMATRICOLAZIONE MATRICOLA

Iniziamo con un esercizio sul massimo comun divisore: Esercizio 1. Sia d = G.C.D.(a, b), allora:

Rette e piani con le matrici e i determinanti

Siano V e W due spazi vettoriali. La definizione seguente é è tra quelle basilari per il corso di Matematica B. L : V W

ALGEBRA: LEZIONI DAL 13 OTTOBRE AL 3 NOVEMBRE

Corso di Matematica per la Chimica

Grandezze scalari e vettoriali

FUNZIONI ELEMENTARI - ESERCIZI SVOLTI

Equazioni alle differenze finite (cenni).

Spazi lineari - PARTE II - Felice Iavernaro. Dipartimento di Matematica Università di Bari. 9 e 16 Marzo 2007

Prodotto elemento per elemento, NON righe per colonne Unione: M R S

1 Serie di Taylor di una funzione

Appunti sul corso di Complementi di Matematica - prof. B.Bacchelli Equazioni differenziali lineari omogenee a coefficienti costanti.

Tutorato di GE110. Universitá degli Studi Roma Tre - Corso di Laurea in Matematica

I Numeri Complessi. Si verifica facilmente che, per l operazione di somma in definita dalla (1), valgono le seguenti

Esempi di funzione. Scheda Tre

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA.

RETTE, PIANI, SFERE, CIRCONFERENZE

4. Operazioni binarie, gruppi e campi.

10. Insiemi non misurabili secondo Lebesgue.

3 GRAFICI DI FUNZIONI

Lezioni di Geometria e Algebra. Fulvio Bisi, Francesco Bonsante, Sonia Brivio

Corrispondenze e funzioni

ELEMENTI DI ALGEBRA LINEARE E GEOMETRIA Corso di Laurea Ingegneria Edile-Architettura

Prodotto libero di gruppi

Esponenziali elogaritmi

Ottimizazione vincolata

G. Pareschi ALGEBRE DI BOOLE. 1. Algebre di Boole

(V) (FX) Z 6 è un campo rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto.

Lezioni del corso di Geometria e Algebra. prof. Michele Mulazzani dott. Alessia Cattabriga

Chiusura lineare. N.B. A può essere indifferentemente un insieme, finito o no, o un sistema. Es.1. Es.2

CONTINUITÀ E DERIVABILITÀ Esercizi proposti. 1. Determinare lim M(sinx) (M(t) denota la mantissa di t)

Teoria degli insiemi

09 - Funzioni reali di due variabili reali

Federico Lastaria. Analisi e Geometria 2. Matrici simmetriche. Il teorema spettrale. 1/24

APPLICAZIONI LINEARI. B si definisce surriettiva. 9 quando ogni elemento di. B risulta IMMAGINE di. almeno un elemento di A.

Prova scritta di Geometria 2 Prof. M. Boratynski

CAPITOLO 16 SUCCESSIONI E SERIE DI FUNZIONI

Matematica 1 - Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica

Esercizi svolti sui numeri complessi

Capitolo I STRUTTURE ALGEBRICHE ELEMENTARI

1 Insiemi e terminologia

CONI, CILINDRI, SUPERFICI DI ROTAZIONE

Algebra e Geometria. Ingegneria Meccanica e dei Materiali Sez (2) Ingegneria dell Automazione Industriale Sez (2)

4 Quarta lezione: Spazi di Banach e funzionali lineari. Spazio duale

Lezione 1. Gli Insiemi. La nozione di insieme viene spesso utilizzata nella vita di tutti i giorni; si parla dell insieme:

19. Inclusioni tra spazi L p.

( x) ( x) 0. Equazioni irrazionali

Lezioni di Matematica 1 - I modulo

MATEMATICA p = 4/6 = 2/3; q = 1-2/3 = 1/3. La risposta corretta è quindi la E).

GEOMETRIA I Corso di Geometria I (seconda parte)

Rette e curve, piani e superfici

Applicazioni lineari

Funzioni. Funzioni /2

Complementi di Analisi per Informatica *** Capitolo 2. Numeri Complessi. e Circuiti Elettrici. a Corrente Alternata. Sergio Benenti 7 settembre 2013

a) Il campo di esistenza di f(x) è dato da 2x 0, ovvero x 0. Il grafico di f(x) è quello di una iperbole -1 1

Il concetto di valore medio in generale

Matematica e Statistica

Transcript:

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I (prof MPCavaliere) SPAZI VETTORIALI SU R Abbiamo visto parlando dei numeri complessi che i punti P del piano possono essere determinati da coppie di numeri reali, se è dato un sistema di coordinate cartesiane (o con la distanza dall origine O e l angolo formato dalla retta OP con l asse x se usiamo le coordinate polari) Nello spazio possiamo dare un punto usando una terna ordinata di numeri (x, y, z) Se poi ci serve indicare anche il tempo possiamo aggiungere una quarta coordinata t e cosí via In fisica non ci sono soltanto grandezze scalari, cioè rappresentate da un numero (lunghezza,temperatura etc), ma anche altre che richiedono anche una direzione e un verso e che si dicono vettoriali Per esempio se mi sposto tra un punto P e un altro Q non basta dire di quanto mi sposto, ma anche che vado nella direzione della retta per i due punti e se mi sposto da P a Q o in verso opposto Si denota (Q P) il vettore applicato in P la cui lunghezza P Q detta modulo è la distanza di P da Q ( (x Q x P ) 2 + (y Q y P ) 2 + (z Q z P ) 2 se siamo nello spazio), la direzione è quella della retta per i due punti e il verso da P a Q: Se v è un vettore di modulo 1, allora v sarà detto versore Se poi identifichiamo tutti i vettori che hanno stessa direzione (cioè su rette parallele) stesso modulo e stesso verso) possiamo scegliere come rappresentante di tutti questi vettori equivalenti quello applicato nell origine e considerare cosí quello che si chiama vettore libero Per i nostri scopi sarà piú utile considerare i vettori liberi (per cambiare punto di applicazione basta poi spostare l origine) Allora un vettore v = (P O) è dato semplicemente quando si conoscono le coordinate del punto P, quindi possiamo associare ai vettori nello spazio le terne di numeri reali con una funzione bigettiva I vettori si sommano con la regola del parallelogramma, il che equivale a sommare le coppie o terne di numeri componente per componente Un vettore che ha la stessa direzione di v ma ha lunghezza λ volte quella di v si ottiene moltiplicando per λ la terna che definisce v Tale operazione si dice moltiplicazione esterna Con queste due operazioni definite componente per componente nel modo seguente: Q P (x 1,,x n ) + (y 1,,y n ) = (x 1 + y 1,,x n + y n ) a(x 1,,x n ) = (ax 1,,ax n ) R 3 e piú in generale R n costituisce uno spazio vettoriale V su R Le operazioni sono caratterizzate dalle seguenti condizioni: a) (v 1 + v 2 ) + v 3 = v 1 + (v 2 + v 3 ) (associativa); b) v 1 + v 2 = v 2 + v 1 (commutativa) c) Detto 0 il vettore che ha tutte le componenti nulle si ha 0 + V = v + 0 = v 1

2 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I d) Per ogni vettore v V esiste l opposto ( v) tale che v + ( v) = 0 e) a(v 1 + v 2 ) = av 1 + av 2, per ogni a K e per ogni v 1,v 2 V f) (a + b)v = av + bv, per ogni a, b K e per ogni v V g) a(bv) = b(av) = (ab)v per ogni a, b K e per ogni v V h) 1v = v per ogni v V Gli elementi di uno spazio vettoriale V saranno detti vettori mentre gli elementi di R saranno detti scalari Proprietà aritmetiche negli spazi vettoriali: a) 0v = 0, per ogni v V b) a0 = 0 per ogni a K c)( 1)v = v per ogni v V Osservazione: L insieme F = {f : R R} delle funzioni di R in R con le operazioni cosí definite: (f + g)(x) = f(x) + g(x) e (af)(x) = af(x) è uno spazio vettoriale su R perchè le operazioni soddisfano le proprietà elencate Pure C è uno spazio vettoriale su R dove la somma è quella usuale e il prodotto esterno per elementi di R è il prodotto definito in C (infatti R C) Un altro esempio di spazio vettoriale reale sono i polinomi a coefficienti reali R[X] con la somma già definita e la moltiplicazione esterna cf(x) = ca 0 + ca 1 X + ca 2 X 2 + + ca n X n Prodotto scalare in R n Dati due vettori v = (x 1,x 2,,x n ) e w = (y 1,y 2,,y n ), si definisce prodotto scalare di v e w il numero reale v w = x 1 y 1 + + x n y n Il nome viene dal fatto che è un prodotto di vettori che dà come risultato uno scalare L importanza geometrica del prodotto cosí definito viene evdenziata dal seguente teorema: Teorema di rappresentazione del prodotto scalare Sia θ l angolo compreso tra i due vettori (0 θ π) Allora v w = v w cosθ Dimostrazione Proviamo il teorema solo nel caso n = 2, ma la prova può essere estesa a ogni n, considerando il piano su cui giacciono i due vettori Se α e β sono gli angoli formati con l asse x rispettivamente da v e w (e quindi θ = β α oppure θ = α β) possiamo esprimere le coordinate di v e w nella forma v = ( v cosα, v senα), w = ( w cosβ, w senβ), risulta allora, tenendo conto della formula del coseno della differenza di angoli, v w = v w (cosβcosα + senβsenα) = v w cosθ Questo teorema dà un informazione geometrica molto importante: infatti se v e w sono vettori non nulli si ha: v w = 0 cosθ = 0 θ = π 2 + kπ v w Osservazione: La proiezione ortogonale di un vettore v su un vettore w è tw = v w w w w Infatti se u w è tale che tw + u = v, si ha v = (tw + u) w = tw 2 + u w = tw 2 e quindi t = v w w 2

Proprietà del prodotto scalare 1 commutativa: v w = w v 2 distributiva: (v 1 + v 2 ) w = v 1 w + v 2 w 3 a(v w) = av w = v aw 4 v v = v 2 0 e vale l uguaglianza se e solo se v = 0 Le verifiche sono lasciate per esercizio Vale inoltre: ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 3 Disuguaglianza di Cauchy Schwarz: v w v w Essa è immediata conseguenza del teorema di rappresentazione del prodotto scalare, ma si può anche provare in maniera algebrica usando solo le proprietà precedenti Usando il prodotto scalare si prova anche la Disuguaglianza triangolare: v 1 + v 2 v 1 + v 2 infatti ( v 1 + v 2 ) 2 = (v 1 + v 2 ) (v 1 + v 2 ) = v 11 + 2v 12 + v 22 v 1 2 + 2 v 1 v 2 + v 2 2 = ( v 1 + v 2 ) 2 e estraendo le radici si ha la tesi Sottospazi Un sottoinsieme W dello spazio vettoriale V si dirà un sottospazio vettoriale di V se W è uno spazio vettoriale rispetto alle operazioni indotte su W da quelle di V Ciò significa che v 1 + v 2 W v 1,v 2 W e av W a R, v W o equivalentemente av 1 + bv 2 W a, b R, v 1,v 2 W Vedremo che geometricamente i sottospazi di R 2 sono le rette per l origine e quelli di R 3 sono le rette e i piani per l origine Abbiamo già visto che le funzioni continue e le funzioni derivabili sono sottospazi dello spazio delle funzioni Esercizi: 1 Dire quali dei seguenti sottoinsiemi di R 2 sono sottospazi vettoriali: W = {(x, y) R 2 x 2 = y 2 } Z = {(x, y) R 2 x = πy} 2 Dire quali dei seguenti sottoinsiemi di R 3 sono sottospazi vettoriali: V 1 = {(x, y,z) x + y + z 1 = 0} V 2 = {(x, y,z) x + y + z = 0} V 3 = {(x, y,z) xz = 0} V 4 = {(t,t, t) t R} V 5 = {(t, t 2, t 3 ) t R} V 6 = {(a,0, 0) a R} V 7 = {(a,1,1) a R} V 8 = {(a,a + c, c) a, c R} V 9 = {(a,a + c + 1, c) a,c R} 3 Dire quali dei seguenti sottoinsiemi sono sottospazi di F = {f : R R} : (a) {f : R R f(3) = 0}; (b) {f : R R f(3) = 3}; (c) {f : R R f(0) + 2f(1) = 0}; (d) {f : R R f(x + 2kπ) = f(x),k N}; (e) {f : R R f(x) = f( x)} 4 Siano u,v vettori non nulli di un R-spazio vettoriale V e sia U = {w V w=cu + v,c R} Provare che U è un sottospazio vettoriale di V se e solo se v è proporzionale a u 5 Sia V un sottospazio di R n Provare che l insieme V = {u R n u v = 0 v V } è un sottospazio di R n Tale sottospazio si dice ortogonale di V

4 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Intersezione e somma Se W e Z sono due sottospazi di V allora W Z è un sottospazio di V (la prova, molto facile, è lasciata per esercizio) Invece l unione di due sottospazi W e Z di V è un sottospazio di V se e solo se i due sottospazi sono uno contenuto nell altro e quindi l unione coincide col piú grande Infatti se W / Z e Z / W esistono in W Z un elemento w W,w / Z e un elemento z Z,z / W, la cui somma w + z / W Z (altrimenti, se w + z W si avrebbe che anche z ci sta e analogamente se w + z Z, w starebbe in Z) Dati due sottospazi W e Z di V definiamo allora somma di W e di Z l insieme W + Z := {w + z w W,z Z} (1) Provare che W + Z W Z; (2) provare che W + Z è un sottospazio di V ; (3) provare che W + Z è il piú piccolo sottospazio di V che contiene W e Z e quindi W Z Se W 1,,W n è un insieme finito di sottospazi di V possiamo definire induttivamente W 1 + + W n ; si ha che W 1 + + W n è l insieme dei vettori che si possono scrivere w 1 + + w n con w i W i per ogni i = 1,, n Generatori, elementi linearmente indipendenti, basi Se v è un vettore di V denotiamo con < v > l insieme {av a R} È facile vedere che < v > è un sottospazio vettoriale di V che chiameremo il sottospazio generato da v Se v 1,, v n V indicheremo con < v 1,,v n > lo spazio < v 1 > + + < v n > e lo chiameremo il sottospazio generato da v 1,,v n Gli elementi di tale sottospazio sono i vettori del tipo a 1 v 1 + + a n v n al variare di a 1,,a n R Un tale vettore sarà detto una combinazione lineare di v 1,,v n e gli scalari a 1,,a n sono detti i coefficienti della combinazione lineare Se i vettori v 1,,v n V sono tali che < v 1,, v n >= V diremo che v 1,,v n V sono un sistema di generatori per V Ciò significa che ogni vettore v V si può scrivere come una combinazione lineare di v 1,, v n Per esempio tutti i vettori (x, y) del piano possiamo scriverli come combinazione lineare dei versori (cioè vettori di modulo 1) degli assi: (1,0) e (0,1) Diciamo che uno spazio vettoriale è finitamente generato se ha un sistema di generatori costituito da un numero finito di elementi (esistono anche spazi vettoriali non finitamente generati, per esempio lo spazio vettoriale di tutte le funzioni di R in R, ma noi considereremo per lo piú quelli con un numero finito di generatori) Osservazione: Se V = < v 1,,v n > e W = < w 1,,w r >, allora V W se e solo se v i W per ogni i = 1,,n In particolare V = W se e solo se v i W per ogni i = 1,,n e w i V per ogni i = 1,,r Diciamo che i vettori v 1,,v n V sono linearmente indipendenti se nessuno di essi sta nello spazio generato dai rimanenti o equivalentemente se a 1 v 1 + + a n v n = 0 = a 1 = a 2 = = a n = 0

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 5 Ciò significa che una combinazione lineare di v 1,, v n è nulla solo quando tutti i coefficienti della combinazione lineare sono nulli Una base per lo spazio vettoriale V è un insieme di vettori v 1,,v n V tali che a) v 1,, v n sono linearmente indipendenti b) < v 1,,v n >= V, ossia v 1,,v n sono generatori per V Esempi: 1 Una base per lo spazio vettoriale R n è la cosiddetta base canonica di R n che è l insieme degli n vettori e 1 := (1,,0), e 2 := (0, 1,,0),, e n := (0,,1) 2 I vettori (1,1),(1, 2),(1,3) generano R 2, ma non sono una base 3 I vettori (1,1,0),(1,2,0) sono linearmente indipendenti, ma non sono una base di R 3 ; sono tuttavia una base del sottospazio W = {(x,y, 0) R 3 } 4 R[X] ha su R una base infinita costituita dagli elementi 1,X,X 2,,X n, cioè {X n n N } 5 Le funzioni polinomiali f n (x) = x n, n N sono un insieme infinito di vettori linearmente indipendenti di F = {f : R R}, ma non sono una base perché per esempio la funzione sen(x) non si scrive come loro combinazione lineare e quindi non sono un insieme di generatori Esercizi: 1 Determinare una base per ogni sottospazio visto negli esercizi precedenti 2 Determinare una base del sottospazio W = {(x, y,z,t) x + y = z t = 0} di R 4 3 Sia W il sottospazio di R 3 generato da (1,2, 1) e (1,2,3); dire quali dei seguenti vettori stanno in W: (1, 1, 1), (0,0,1), (3, 2,1), (2,4,2) 4 Esiste una base di R 3 contenente i vettori (1,2, 1) e ( 2, 4,2)? 5 Siano u = (1,1,3) e V = (2, 4,0) Dire quali dei seguenti vettori sono combinazione lineare di u e v: (3, 5,3), (4,2,6),(1,5,6),(0, 0,0) 6 Sia V un K-spazio vettoriale Provare che se u, v, w sono vettori di V linearmente indipendenti su K, allora anche u + v,u + w,v + w lo sono, mentre u + v,v + w, v w sono linearmente dipendenti 7 Siano V lo spazio vettoriale reale delle funzioni di R in R e W il sottospazio generato dalle funzioni senx e cosx Provare che senx e cosx sono una base di W e che la funzione sen (x + π 3 ) sta in W 8 Sia V = {f : R R} Dire quali dei seguenti insiemi di vettori di V sono linearmente dipendenti: (a) 2,4sen 2 x,cos 2 (b) x,cosx (c) 1,senx, sen2x (d) cos2x, sen 2 x, cos 2 x (e) (1 + x) 2,x 2 + 2x, 3 (f) 0,x,x 2

6 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 9 Sia V lo spazio generato da sen 2 x e cos 2 x Dire quali delle seguenti funzioni appartengono a V : cos2x,3 + x 2, 1, senx 10 Dire se sono linearmente indipendenti i seguenti insiemi di vettori: (a) {(0,1, 1)} in R 3 su R (b) {1,senx, cosx, sen2x} in {f : R R} su R (c) {1,x + 1,x 2 + 2,x 3 + 3,, x n + n} in {f : R R} su R (d) {f : R R f(0) = f(1) = 0} in {f : R R} (e) {(x, y,z,t) R 4 x + y = z t = 0} in R 4 su R Dire inoltre se tali insiemi sono sottospazi e in caso contrario determinare i sottospazi generati 11 Dati i vettori u 1 = (0,0,1), u 2 = (1, 1,2), u 3 = ( 2,2,4) di R 3 : (a) dire perché u 1,u 2,u 3 sono linearmente dipendenti; (b) è vero che ognuno dei vettori u i (i = 1,2,3) è combinazione lineare dei rimanenti? (c) se v = (2,4,758), i vettori v,u 1,u 3 sono indipendenti? 12 Siano u = (1,2, 2), v = (2,0,1), w = (1, 2,3) vettori di R 3 : (a) determinare una base di V =< u, v, w > ; (b) determinare un sistema di generatori di V che non sia una base; (c) provare che (3,2, 0) / V e (0, 4,5) V ; (d) determinare tutti i modi possibili di scrivere (0, 4, 5) come combinazione lineare di u,v, w 13 Sia {u,v,w} una base di uno spazio vettoriale V Provare che {u, u + v, u + v + w} è base di V 14 Determinare una base dei seguenti spazi vettoriali: (a) {(x, y,z,t) R 4 3x + y + z + t = 5x y + z t = 0} (b) {(x, y,z,t) R 4 x 4y + 3z t = 2x 8y + 6z 2t = 0} (c) {(a, b, c) R 3 b = a + c} (d) {(a, b, c, d) R 4 d = 0} (e) {(x, y,z,t) R 4 t = x + y,z = x y} (f) {(a, b, c, d) R 4 a = b = c = d} (g) {(x, y,z) R 3 x + y z = 2x y + 2z = x + z = 0} (h) {(x, y,z) R 3 2x + y + 3z = x + 5z = y + z = 0} (i) < u = (1,1,0), v = (2, 1,4), w = (1, 2,4) > 15 Siano u 1,u 2,u 3 vettori linearmente indipendenti di un k-spazio vettoriale U Per quali c k i vettori u 1 + cu 2,u 2 + cu 3,u 1 + cu 3 sono linearmente indipendenti? 16 Siano V =< (1,2,1), ( 1, 0,3), (1,4,5) > e W = {(x,y, z) R 3 x y + z = 0} Determinare una base di V, una di W e una di V W 17 Sia V = {(x,y, z,t) R 4 x y + z t = 2x + 3y z + 2t = 5y 3z + 4t = 0} Determinare una base di V Proposizione Se v 1,,v n sono una base di V allora ogni vettore v V si scrive in modo unico come combinazione lineare di v 1,,v n Dimostrazione Se v = a 1 v 1 + +a n v n e v = b 1 v 1 + +b n v n, allora a 1 v 1 + +a n v n = b 1 v 1 + +b n v n da cui (a 1 b 1 )v 1 + +(a n b n )v n = 0 e poiché v 1,, v n sono una base di V e quindi linearmente indipendenti, si ha a 1 = b 1 a n = b n È facile dimostrare il seguente risultato

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 7 Lemma di scambio Se v 1,, v n sono una base di V e w / < v 2,,v n > allora w, v 2,, v n sono una base di V Dimostrazione Se w = a 1 v 1 + + a n v n si ha a 1 0 perché w / < v 2,,v n > Allora v 1 = 1 a 1 (w a 2 v 2 a n v n ) sta in < w, v 2,,v n > e per l osservazione precedente V =< w,v 2,,v n > Inoltre w,v 2,,v n sono linearmente indipendenti perché se b 1 w+b 2 v 2 + +b n v n = 0 dev essere b 1 = 0, altrimenti w < v 2,,v n > e quindi anche b 2 = = b n = 0 perché v 2,,v n sono linearmente indipendenti in quanto parte di una base Si ha allora il seguente teorema di cui omettiamo la dimostrazione Teorema di equipotenza delle basi Due basi di uno spazio vettoriale V sono formate dallo stesso numero di vettori Se V è uno spazio che ha una base, allora si è visto che tutte le basi hanno lo stesso numero di vettori Tale numero intero si dirà la dimensione di V e si scriverà dim(v ) Per esempio dim(r n ) = n mentre F = {f : R R} ha dimensione infinita Ci chiediamo ora quando uno spazio vettoriale ha una base Teorema di estrazione-completamento di una base Se V =< v 1,, v n > e ad esempio v 1,,v k sono linearmente indipendenti allora si può estrarre una base da v 1,, v n V che contiene v 1,,v k La strategia è la seguente: si guarda se v k+1 < v 1,, v k > Se no lo si mantiene, se sí lo si cancella Procedendo in tale modo si arriva alla conclusione Come conseguenza si prova che : Teorema Ogni spazio vettoriale che è finitamente generato ha una base Come ulteriore applicazione del precedente teorema, si prova il Teorema di completamento di una base Se v 1,,v k sono vettori linearmente indipendenti nello spazio vettoriale V finitamente generato, allora si possono trovare vettori v k+1,,v n V tali che v 1,,v n sia una base di V Ne derivano i seguenti risultati : Corollario 1 Se dim(v ) = n e s > n, allora s vettori in V sono sempre linearmente dipendenti Corollario 2 Ogni sottospazio W di uno spazio finitamente generato V è finitamente generato e quindi ammette una base Inoltre si ha e vale l uguale se e solo se W = V dim(w) dim(v ) Corollario 3 Se dim(v ) = n, allora n vettori in V linearmente indipendenti sono una base

8 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Corollario 4 Se dim(v ) = n, allora n generatori di V sono una base Osservazione: Se W e Z sono due sottospazi di V allora: dim(w + Z) = dimw + dimz dim(w Z) La prova è lasciata per esercizio (suggerimento: si sceglie una base dell intersezione e la si completa a una base di W e a una di Z) Esercizi: 1 Sia V = < (2,0,1),( 1,3,1),(1,3,2), (4,0, 2) > Determinare: (a) una base di V e completarla a una base di R 3 ; (b) un sottospazio W di dimensione 2 di R 3 tale che V W = < (2, 0,1) > 2 Sia V = {(x,y,z,t) R 4 x + y z + 2t = 2x + 3y + z t = 0} e sia W = {(x, y,z, t) R 4 x 2y + z + 3t = 0} Determinare: (a) una base di V W; (b) una base di V + W 4 Siano V = {(x, y,z) R 3 x + y 2z = 0} e sia u = (1,0,0) (a) è vero che V + < u >= R 3? (b) determinare un sottospazio proprio W di R 3 tale che V + W = R 3 5 Siano V = {(x,y,z,t) R 4 2x y+z t = 0} e W =< (1, 2, 1, 0,(2, 0,1,1), (1,2, 0,0) > Determinare dim V+W e una una base di V + W Applicazioni lineari D ora in poi supporremo che tutti gli spazi vettoriali considerati abbiano dimensione finita Se V e W sono spazi vettoriali su R diciamo che una applicazione f : V W è lineare ( oppure che è un omomorfismo di spazi vettoriali) se rispetta le operazioni, cioè se sono verificate le seguenti proprietà a) f(v 1 + v 2 ) = f(v 1 ) + f(v 2 ), v 1, v 2 V b) f(av) = af(v), a R, v V o equivalentemente se f(av 1 + bv 2 ) = af(v 1 ) + bf(v 2 ), v 1,v 2 V e a, b R Si vede facilmente che: a) f(0) = 0 b) f( v) = f(v), v V Esempi: 1 L applicazione nulla è sicuramente lineare e se W = V l applicazione identica è sicuramente lineare 2 f : R 2 R 2 definita da f(a,b) = (a,b 2 ) non è lineare

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 9 3 f : R 2 R 2 definita da f(a,b) = (a + 1,b 2) non è lineare 4 f : R 2 R 2 definita da f(a,b) = (2a + 3b, a b) è lineare Data f : V W abbiamo già definito l immagine di f come l insieme: Imf = f(v ) = {w W v V, f(v) = w} Se f è lineare, Imf è un sottospazio di W (infatti comunque si scelgano due elementi f(v),f(u) in Imf si ha af(v) + bf(u) = f(av + bu) Imf) Ricordiamo che f è surgettiva se e solo se Imf = W Dal precedente Corollario 2 segue allora che f è surgettiva se e solo se dimimf = dimw Imf è generata dall immagine di una base v 1,,v n di V, infatti se v = a 1 v 1 + +a n v n allora f(v) = a 1 f(v 1 ) + + a n f(v n ), quindi dimimf min{dimv, dimw} Ogni volta che sono date le immagini di una base di V allora l applicazione lineare f è univocamente determinata Se f : V W è lineare definiamo nucleo di f, l insieme dei vettori controimmagine di zero: kerf = f 1 (0) = {v V f(v) = 0} È chiaro che 0 Kerf e che Kerf è un sottospazio vettoriale di V Teorema l applicazione lineare f : V W è iniettiva se e solo se Kerf = {0} Dimostrazione Se f è iniettiva allora Kerf = {0}, altrimenti due elementi distinti avrebbero immagine 0 Viceversa se Kerf = {0} e se f(v) = f(u), allora 0 = f(v) f(u) = f(v u) e quindi v u Kerf = {0}, da cui v = u e quindi f è iniettiva Proposizione Se f : V W è lineare e se w W e v V sono tali che f(v) = w allora: f 1 (w) = v + Kerf = {v + u u Kerf} Dimostrazione f 1 (w) v+kerf Infatti f(v+u) = f(v)+f(u) = w+0 = w u Kerf Viceversa se z f 1 (w) allora f(z) = w, cioè f(z) = f(v), allora 0 = f(z) f(v) = f(z v) e quindi z v = u Kerf, da cui z = v + u e quindi f 1 (w) v + Kerf Un importante risultato che lega il nucleo e l immagine di una applicazione lineare è il seguente Teorema di nullità e del rango Se f : V W è lineare allora vale: dim(v ) = dim(kerf) + dim(imf) Dimostrazione Sia v 1,,v r una base di Kerf Possiamo completarla con v r+1,, v n a una base di V, la cui immagine genera Imf, ma f(v 1 ) = f(v 2 ) = = f(v r ) = 0, e quindi f(v r+1 ),,f(v n ) generano Imf; proviamo che sono anche linearmente indipendenti Infatti se n j=r+1 b jf(v j ) = 0, allora f( n j=r+1 b jv j ) = 0 e quindi n j=r+1 b jv j Kerf, n cioè j=r+1 b jv j = r i=1 a iv i, da cui portando tutto a primo membro si ottiene una combinazione lineare nulla della base di V e quindi tutti i coefficienti a i e b j sono nulli, come volevasi dimostrare Cosí f(v r+1 ),,f(v n ) sono una base di Imf e quindi dim(imf) = n r = dim(v ) dim(kerf) Vedremo che la dimensione di Imf è il rango della matrice associata, questo spiega il nome del teorema (nullità viene dal Kerf) Come immediata conseguenza abbiamo

10 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Corollario Se f : V V è lineare, allora f è iniettiva f è surgettiva f è bigettiva Un applicazione lineare bigettiva si dice anche isomorfismo di spazi vettoriali Due spazi vettoriali su uno stesso corpo K sono isomorfi se e solo se hanno la stessa dimensione; quindi ogni spazio vettoriale di dimensione n è isomorfo a K n Esercizi: 1 Sia φ k : R 2 R 2 l applicazione lineare definita da φ(1, 1) = (1, k),φ(1,2) = (1,1) (a) Per quali valori k R φ k è bigettiva? (b) È possibile scegliere k in modo che (0,1) Kerφ k? (c) È possibile scegliere k in modo che (2, 1) Kerφ k? 2 Sia φ : R 3 R 4 l applicazione lineare definita da φ(x, y,z) = (x + y,x + y + z,0, z) (a) Determinare una base di Imφ e una di Kerφ (b) Scrivere la matrice associata a φ rispetto alle basi canoniche (c) È possibile definire un applicazione lineare ψ : R4 R 3 tale che Ker(ψ φ) sia il sottospazio generato da (1, 1, 0), (1, 0, 0)? 3 Siano V = {(x, y,z,t) R 4 x + y = z 2t = 0} e W = {(x, y,z,t) R 4 x = y + z 2t} (a) Determinare V W (b) Esiste un applicazione lineare surgettiva V W? (c) Esiste un applicazione lineare surgettiva W V? 4 Sia V il sottospazio di R 3 generato dai vettori (1, 1, 1) e ( 1,1, 1) (a) Calcolare dimv (b) Quante sono le trasformazioni lineari φ : R 3 V tali che φ(1,0,0) = (1, 1,1), φ(0,1,0) = ( 1,1, 1) e Kerφ sia generato da (1,1,0),(0,0,1)? 5 Sia V = {(x,y,z,t) R 4 x + y = z + t} (a) Determinare dimv (b) Dire se il vettore (1, 1, 1, 1) può essere completato a una base di V (c) Determinare un sottospazio proprio e non nullo di V (d) Definire un applicazione lineare ψ : R 4 R 3 tale che Kerψ = V 6 Siano V e W i sottospazi di R 4 generati rispettivamente da {(1,1,0,1),( 1,0,1,1)} e da {(0, 1,1,1), ( 1, 0,1, 1)} (a) Determinare una base di V W (b) Definire un applicazione lineare φ : R 4 R 4 tale che φ(v ) W 7 Esiste un applicazione lineare φ : R 3 R 3 tale che φ(1,0, 1) = (2, 0,0), φ(0, 1,0) = (1,1,1) e φ(1, 1,1) = (3,1,1)? Esiste un applicazione lineare ψ : R 3 R 3 tale che ψ(1,0,1) = (2,0,0), ψ(0, 1, 0) = (1, 1,1) e ψ(1,1,1) = (0,0,0)? 8 Sia φ : R 2 R 3 l applicazione lineare definita da φ(x, y) = (x + y,x + y,2y) (a) Determinare la dimensione e una base di Kerφ (b) Determinare φ 1 (1,1,1) e provare che non è sottospazio di R 2 (c) Scrivere la matrice associata a φ mediante le basi canoniche

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 11 9 Sia φ l applicazione lineare φ : R 3 R 3 definita da φ(1,0, 0) = (1, 2,3), φ(0, 1,0) = (4,5,6) e φ(0, 0,1) = (7,8,9) (a) Determinare una base di Imφ; (b) calcolare dimkerφ e determinarne una base; (c) determinare φ(1, 2, 3), φ(2, 1, 3) e φ(1, 1, 1); (d) determinare φ 1 (1,0,0), φ 1 (1, 2, 3), φ 1 (2,1,3) e φ 1 (1,1,1) Applicazioni lineari e sistemi Quanto visto sopra ci darà informazioni per la risoluzione dei sistemi lineari Per ora osserviamo che dato il sistema lineare omogeneo a 11 x 1 + a 12 x 2 + + a 1n x n = 0 a 21 x 1 + a 22 x 2 + + a 2n x n = 0 a m1 x 1 + a m2 x 2 + + a mn x n = 0 se il numero n di incognite è maggiore del numero m di equazioni, allora il sistema ha una soluzione non banale (s 1,, s n ) (0,,0) Infatti le soluzioni del sistema costituiscono il nucleo dell applicazione lineare R n f R m (x 1,,x n ) (a 11 x 1 ++a 1n x n,,a m1 x 1 ++a mn x n ) ora dim(imf) m < n e quindi dal teorema precedente segue dim(kerf) > 0 Notiamo che se v = (x 1,, x n ) è una soluzione, anche av lo è per ogni a R; quindi se c è una soluzione non banale (cioè diversa da zero), ce ne sono infinite Le infinite soluzioni dipenderanno da tanti parametri quant è la dimensione di kerf, quindi da n dimimf parametri Analogamente risolvere il sistema lineare non omogeneo a 11 x 1 + a 12 x 2 + + a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x 2 + + a 2n x n = b 2 a m1 x 1 + a m2 x 2 + + a mn x n = b m equivale a determinare f 1 (b 1,,b m ) dove f è l applicazione lineare definita sopra Quindi il sistema avrà soluzione se e solo se (b 1,, b m ) Imf o equivalentemente se (b 1,,b m ) è combinazione lineare delle immagini della base canonica, cioè dei vettori f(1,,0) = (a 11,a 21,,a m1 ), f(0,1,,0) = (a 12,a 22,,a m2 ),, f(0,,1) = (a 1n, a 2n,,a mn ) Inoltre poiché per trovare la controimmagine di un vettore basta aggiungere gli elementi del nucleo a un elemento particolare la cui immagine è il vettore dato, per risolvere il sistema non omogeneo basta trovare una soluzione particolare e aggiungerla a tutte le soluzioni del sistema omogeneo

12 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Esercizi: 1 Risolvere il sistema x + y + z + 2t = 2 x t = 1 y + 2z = 0 determinando tutte le soluzioni del sistema omogeneo e aggiungendovi una soluzione particolare di quello non omogeneo 2 Sia V = {(a,b, a + b,a + b + c) R 4 a,b, c R} Determinare un sistema lineare omogeneo avente V come spazio delle soluzioni MATRICI Siano V e W due spazi vettoriali su R, tali che dim(v ) = n e dim(w) = m Sia poi f : V W un applicazione lineare Fissiamo una base E = {v 1,,v n } di V e una base F = {w 1,,w m } di W Allora per ogni i = 1,,n il vettore f(v i ) è un vettore di W e quindi si potrà scrivere f(v i ) = a 1i w 1 + + a mi w m = In tal modo resta determinata la matrice (a ij ) = m a ji w j j=1 a 11 a 12 a 1n a 21 a 22 a 2n a m1 a m2 a mn di tipo m n (cioè a m righe e n colonne) ad elementi (o entrate) in R che chiameremo la matrice associata a f mediante le basi E e F e che indicheremo con M EF (f) Osserviamo che se f : V W è una applicazione lineare e {v 1,,v n } una base di V, per ogni v V possiamo scrivere in modo unico v = λ 1 v 1 + +λ n v n = n i=1 λ iv i, e quindi f(v) = λ 1 f(v 1 ) + + λ n f(v n ) = n λ i f(v i ) i=1 Quindi la f è completamente determinata quando si conoscano i trasformati di una base di V In genere considereremo f : R n R m e come basi su R fisseremo le basi canoniche Dati gli spazi vettoriali V e W su K e fissate le basi E = {v 1,,v n } di V e F = {w 1,,w m } di W, indichiamo con Hom(V,W) l insieme delle applicazioni lineari di V in W (il nome viene dal fatto che le applicazioni lineari sono dette anche omomrfismi di spazi vettoriali) Se f, g Hom(V,W) e α R definiamo (f + g) : V W (αf) : V W ponendo (f + g)(v) := f(v) + g(v) (αf)(v) := αf(v) per ogni v V È facile dimostrare che f + g e αf sono lineari e che, con tali operazioni, Hom(V, W) è un R-spazio vettoriale Definiamo anche sull insieme M mn (R) delle matrici m n a coefficienti in R una somma: (a ij ) + (b ij ) = (a ij + b ij )

e una moltiplicazione esterna: ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 13 c(a ij ) = (ca ij ) Allora M mn (R) risulta un R-spazio vettoriale e l applicazione φ : Hom(V,W) M mn (R) definita ponendo φ(f) := M EF (f) è lineare e bigettiva, cioè è un isomorfismo di spazi vettoriali Infatti valgono le seguenti relazioni: M EF (f + g) = M EF (f) + M EF (g) M EF (αf) = αm EF (f) Siano dati ora tre spazi vettoriali V, W e Z su R e due applicazioni lineari V f W g Z Se E, F e G sono basi di V, W e Z ci possiamo chiedere come siano legate la matrice M EG (g f) associata all applicazione lineare composta g f e le matrici M FG (g), M EF (f) associate a g e f Abbiamo bisogno di definire un prodotto tra matrici in modo che la matrice prodotto sia quella associata all applicazione composta Siano A e B due matrici tali che il numero delle colonne di A sia uguale al numero delle righe di B Ad esempio sia A di tipo n m e B di tipo m p Sia A := (a ij ) e B := (b ij ) Definiamo allora il prodotto AB come la matrice C = (c ij ) ove si ponga c ij := a i1 b 1j + + a im b mj = m a ik b kj In altre parole al posto ij della matrice prodotto AB si mette il prodotto scalare tra la riga i-esima di A e la colonna j-esima di B Per questa ragione tale prodotto si dice il prodotto righe per colonne di A con B Fissate E, F e G, risulta M EG (g f) = M F G (g)m EF (f) Notiamo che il prodotto righe per colonne che abbiamo sopra definito non è commutativo quando, come nel caso di matrici n n, è possibile calcolare AB e BA (nel caso di una matrice A di tipo m n e una B di tipo n m si ha che AB è di tipo m m mentre BA è di tipo n n e quindi sono necessariamente diverse) ( ) ( ) 1 2 1 0 Esempio Date le matrici due righe e due colonne A = e B = risulta ( ) ( ) 0 2 ( 1 ) 1 1 1 + 2 ( 1) 1 0 + 2 1 1 2 1 2 AB = = mentre BA = 0 1 + 2 ( 1) 0 0 + 2 1 2 2 1 0 Limitiamoci per il momento al caso di matrici quadrate n n ad elementi in R che denoteremo M n (R) Allora il prodotto sopra definito gode delle seguenti proprietà: a) Proprietà associativa b) Esistenza di un elemento neutro, ossia tale che AI = IA = A, A M n (R) Questo è la matrice che chiameremo matrice identica 1 0 0 0 1 0 I = 0 0 1 Inoltre vale la proprietà distributiva della somma rispetto al prodotto Osserviamo ( ) che il prodotto ( di) due matrici non( nulle può ) essere nullo, per esempio date 1 1 1 3 0 0 A = e B = risulta AB = ; in tal caso tali matrici si dicono 2 2 1 3 0 0 zerodivisori Quindi in M n (R) non tutte le matrici quadrate sono invertibili, perché gli elementi invertibili non sono mai zerodivisori, infatti se AB = 0 e A 0 è invertibile, moltiplicando AB = 0 per A 1 si ha A 1 (AB) = A 1 0 = 0; allora (A 1 A)B = 0 e quindi IB = B = 0 k=1

14 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Se A e B sono matrici invertibili si ha B 1 A 1 AB = ABB 1 A 1 = I e quindi anche AB è invertibile e vale la formula (AB) 1 = B 1 A 1 Ciò significa che l insieme delle matrici invertibili di M n (R), insieme che denoteremo con Gl n (R), è chiuso rispetto al prodotto e inoltre verifica le proprietà seguenti: a) Il prodotto gode della proprietà associativa b) Esiste un elemento neutro rispetto al prodotto c) Ogni elemento ha un inverso Per ogni matrice A = (a ij ) M mn (R), definiamo la trasposta di A e la indichiamo con t A la matrice che al posto ij ha a ji è chiaro che t A è la matrice che si ottiene da A scambiando le righe con le colonne Proprietà della trasposta: a) t (A + B) = t A + t B b) t (AB) = t B t A c) t (αa) = α t A d) Se A Gl n (R), allora t A Gl n (R) e si ha: ( t A) 1 = t (A 1 ) Una matrice si dice simmetrica se A = t A Supponiamo ora di avere una applicazione lineare f : V V Osserviamo che se f è un isomorfismo allora è iniettiva e surgettiva; quindi esiste una applicazione g : V V tale che f g = g f = id È facile provare che tale g è a sua volta una applicazione lineare Se A = (a ij ) M mn (R), indichiamo con A 1 := (a 11,a 12,,a 1n ) il vettore di R n formato con la prima riga di A Analogamente per A 2,,A m Il sottospazio di R n generato da A 1,, A m si dice lo spazio delle righe di A Allo stesso modo si definisce lo spazio delle colonne di A come il sottospazio di R m generato dai vettori A (1),, A (n), ove A (1) := (a 11,a 21,,a m1 ) e analogamente per A (2),,A (n) Con queste notazioni chiameremo caratteristica per colonne di A e la indicheremo con ρ c (A) la dimensione dello spazio delle colonne di A, mentre chiameremo caratteristica per righe di A e la indicheremo con ρ r (A) la dimensione dello spazio delle righe di A Il seguente teorema è evidente nel caso in cui W sia R n e F la base canonica, perché in tal caso le colonne della matrice sono proprio le immagini della base Teorema Se f : V W è una applicazione lineare, E e F sono basi di V e W e A = M EF (f), allora ρ c (A) = dim(im(f)) Non è difficile provare inoltre che: Teorema Se A M mn (R) e B Gl n (R), C Gl m (R) allora ρ c (A) = ρ c (CAB) Se poi V = W si ha: Teorema Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su R e siano E e F due basi di V Se f : V V è una applicazione lineare e A = M EF (f), sono fatti equivalenti: 1 f è iniettiva 2 f è surgettiva 3 f è un isomorfismo 4 A è invertibile 5 Esiste una matrice B M n (R) tale che AB = I 6 Esiste una matrice C M n (R) tale che CA = I 7 ρ c (A) = n 8 ρ r (A) = n L equivalenza tra le prime tre affermazioni l abbiamo già vista come corollario del teorema di nullità, l equivalenza di queste con le tre successive segue dall isomorfismo tra matrici

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 15 e applicazioni lineari Il teorema ρ c (A) = dim(im(f)) prova l equivalenza tra 2 e 7 L equivalenza di 7 e 8 è corollario di un teorema piú generale: Teorema Per ogni matrice A M mn (R) si ha: ρ c (A) = ρ r (A) Poiché per ogni matrice A M mn (R) risulta ρ c (A) = ρ r (A), chiameremo rango o caratteristica di A tale numero intero e lo indicheremo con ρ(a) Osserviamo esplicitamente che ρ(a) = ρ( t A) Infatti si ha ρ(a) = ρ c (A) = ρ r ( t A) = ρ( t A) Determinanti Per studiare la caratteristica di una matrice quadrata A di ordine n a elementi in R e per vedere quando A è invertibile è fondamentale la nozione di determinante Ci sono varie definizioni di determinante di una matrice quadrata, tutte equivalenti Ne diamo ora una induttiva che ove il determinante è definito diversamente si chiama regola di Laplace ( o Primo Teorema di Laplace) Se n = 1, cioè se A = (a) definiamo determinante di A, denotato con det(a) o con A, il numero det(a) = a Se A è una matrice quadrata di ordine n ad elementi in R, diciamo complemento algebrico dell elemento a ij, l elemento A ij definito come ( 1) i+j per il determinante della matrice che si ottiene da A eliminando la riga i-esima e la colonna j-esima Allora se n > 2 definiamo det(a) = n a 1j A 1j ( ) a11 a Per esempio se n = 2, cioè se A = 12 dalla definizione data risulta a 21 a 22 det(a) = a 11 a 22 a 12 a 21 Si può provare che per ogni matrice quadrata A = (a ij ) e per ogni r = 1,,n si ha det(a) = j=1 n a rj A rj j=1 cioè il determinante non dipende dalla riga scelta Questo modo di esprimere il determinante di A si chiama lo sviluppo del determinante secondo la riga r-esima Analogamente abbiamo una formula per lo sviluppo del determinante secondo la colonna s-esima Precisamente si ha n det(a) = a js A js j=1 Le seguenti proprietà sono di facile verifica e sono molto utili per rendere piú agevole il calcolo del determinante, soprattutto nel caso di matrici di ordine grande: proprietà del determinante 1 Se una riga ( o una colonna) di A è nulla, allora det(a) = 0 2 det(a) = det( t A) 3 Se si scambiano in A due righe (o due colonne) il determinante cambia di segno 4 Se A ha due righe (o due colonne) eguali, det(a) = 0

16 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 5 Se allora a 11 a 1n A = a 1i + b i1 a in + b in a n1 a nn a 11 a 1n a 11 a 1n det(a) = det a 1i a in + det b i1 b in a n1 a nn a n1 a nn 6 Se moltiplichiamo una riga o una colonna di A per una costante λ R, il determinante della matrice cosí ottenuta è λdet(a) Ne segue che det(λa) = λ n det(a) 7 Se due righe (o due colonne) di A sono proporzionali, allora det(a) = 0 8 Se si aggiunge a una riga (o colonna) di A un altra riga (o colonna) moltiplicata per λ R, il determinante non cambia 9 Se si aggiunge a una riga ( o colonna) di A una combinazione linare delle rimanenti righe ( o colonne), il determinante non cambia 10 Se le righe (o le colonne) di A sono linearmente dipendenti come vettori di R n, allora det(a) = 0 11 Se la matrice A è triangolare o diagonale det(a) è il prodotto degli elementi sulla diagonale, ossia: a 11 a 1n 0 a det 22 a 2n 0 0 a nn = a 11 a nn Il calcolo di det(a) viene molto facilitato se, utilizzando le proprietà precedenti, si trasforma nel calcolo del determinante di una matrice triangolare o almeno di una matrice che ha righe con molti zeri Teorema di Binet Se A e B sono due matrici quadrate n n, si ha det(ab) = det(a)det(b) Dal teorema di Binet segue che se A è invertibile allora A A 1 = AA 1 = I = 1 e quindi A 0 e A 1 = 1 A Vediamo ora che A 0 è anche condizione sufficiente e non solo necessaria affinché A sia invertibile Occorre premettere il teorema seguente: Secondo Teorema di Laplace Per ogni matrice quadrata A se r e s sono due interi distinti si ha n n a sj A rj = 0 = a js A jr j=1 Dimostrazione Moltiplicare la riga (o colonna) s-esima per i complementi algebrici di un altra riga (o colonna) r-esima è come calcolare il determinante di una matrice ottenuta da A sostituendo alla riga (o colonna) r-esima la riga (o colonna) s-esima Risulta cosí una matrice con due righe (o colonne ) uguali e quindi ha determinante nullo j=1

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 17 Mettendo insieme questo teorema e la definizione di determinante data prima, si ha quindi: n { det(a) se s = r ( ) a sj A rj = 0 se s r j=1 Se A è una matrice quadrata diciamo aggiunta di A e denotiamo con A la matrice A = t ((A ij )) e cioè la matrice che al posto ij ha il complemento algebrico dell elemento di posto ji Dalla formula ( ) segue allora immediatamente: AA = det(a)i Ne consegue il seguente criterio di invertibilità per una matrice quadrata A Teorema Una matrice quadrata A è invertibile se e solo se det(a) 0 Infatti avevamo già notato che una matrice invertibile ha determinante non nullo, d altra parte se det(a) 0 si ha A 1 1 = det(a) A Osserviamo che det(a) = 0 la matrice A è zerodivisore Ricordiamo che se A è una matrice m n abbiamo indicato con ρ(a) la caratteristica di A, ossia la dimensione dello spazio delle righe ( o delle colonne) di A Abbiamo già visto che una matrice A M n (R) è invertibile se e solo se ρ(a) = n Possiamo allora concludere che det(a) 0 ρ(a) = n Se A è una matrice m n e t è un intero 1 t min{n, m} diciamo minore di ordine t di A il determinante di una qualunque sottomatrice quadrata di A che si ottiene fissando t righe e t colonne In particolare i minori di ordine 1 1 sono gli elementi di A e se A è una matrice quadrata n n c è un solo minore di ordine n di A ed è il det(a) Teorema di Kronecker Se A è una matrice m n consideriamo l intero t=ordine massimo di un minore non nullo di A Se esiste un minore di ordine s di A che è non nullo ma che orlato in tutti i modi possibili con l aggiunta di una riga e una colonna di A è nullo, allora si ha : ρ(a) = t = s L idea della dimostrazione è che i vettori colonna della sottomatrice quadrata corrispondente a tale minore sono linearmente indipendenti (perché tale sottomatrice è invertibile in quanto il suo determinante è non nullo e quindi l immagine dell applicazione lineare associata ha dimensione uguale all ordine della sottomatrice) Perciò anche le corrispondenti colonne lunghe della matrice A sono linearmente indipendenti Le altre colonne dipendono da queste, altrimenti troveremmo un minore non nullo di ordine maggiore Esempio: ρ 1 2 3 4 0 0 1 0 = 2, infatti 2 3 0 1 0, mentre i due minori di ordine 3 che lo 2 4 0 8 orlano sono nulli (si noti che i minori di ordine 3 sono 4, mentre orlando il minore non nullo basta considerarne 2, il teorema di Kronecker garantisce che anche gli altri due sono nulli)

18 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I SISTEMI LINEARI Sia dato il sistema lineare di m equazioni ed n incognite: a 11 x 1 + a 12 x 2 + + a 1n x n = b 1 a 21 x 1 + a 22 x 2 + + a 2n x n = b 2 (1) a m1 x 1 + a m2 x 2 + + a mn x n = b m Se indichiamo con A la matrice dei coefficienti A = (a ij ), e con x 1 b 1 x X = 2 B = x 2 x n b m il sistema si può riscrivere come una equazione matriciale AX = B Teorema di Cramer Se m = n e A è invertibile allora il sistema dato ha una e una sola soluzione: X = A 1 1 B = det(a) A B Notiamo che A B è una matrice n 1 che al posto i ha come elemento A i1 b 1 + A i2 b 2 + + A in b n = A 1i b 1 + A 2i b 2 + + A ni b n Questo è il determinante della matrice che si ottiene da A sostituendo la colonna i ma con la colonna dei termini noti Dunque si ha la seguente formula per la soluzione del sistema : a 11 a 12 b 1 a 1n a 21 a 22 b 2 a 2n det a i = 1,,n x i = n1 a n2 b n a nn det(a) Consideriamo ora un sistema lineare AX = B in m equazioni e n incognite Sia f : R n R m l applicazione lineare tale che M EF (f) = A, dove E e F sono le basi canoniche di R n e R m rispettivamente Si ha n n f(x 1,,x n ) = x i f(e i ) = x i A i = i=1 i=1 = (a 11 x 1 + a 12 x 2 + + a 1n x n,,a m1 x 1 + a m2 x 2 + + a mn x n ) Dunque il sistema dato è risolubile se e solo se (b 1,,b m ) Im(f), cioè se si può scrivere come combinazione lineare delle immagini della base canonica che sono appunto le colonne della matrice Dato il sistema AX = B diciamo matrice completa del sistema la matrice C = (A B) che si ottiene da A aggiungendo come ultima colonna la colonna dei termini noti È chiaro che C è una matrice m (n + 1) Allora (b 1,,b m ) Im(f) se e solo se l ultima colonna della matrice C è combinazione lineare delle precedenti, ovvero se la matrice C ha la stessa caratteristica di A Abbiamo cosí provato:

ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 19 Teorema di Rouchè-Capelli Il sistema AX = B ha soluzione se e solo se ρ(a) = ρ(c) Ora se il sistema AX = B è risolubile in accordo con il precedente teorema, sia r = ρ(a) = ρ(c) Allora si consideri un minore r r non nullo di A Il sistema dato è equivalente al sistema che si ottiene trascurando le equazioni che non corrispondono al minore scelto, in quanto esse sono combinazione lineare delle altre Per risolvere il sistema si può allora portare a termine noto le incognite che non corrispondono al minore scelto, ottenendo cosí un sistema r r la cui matrice dei coefficienti ha per determinante il minore non nullo scelto Otteniamo dunque un sistema di Cramer che sappiamo risolvere In tal modo si esprimeranno r delle incognite in funzione delle rimanenti n r Si dirà allora che il sistema ha n r soluzioni, nel senso che le soluzioni del sistema si ottengono attribuendo ad arbitrio valori alle incognite libere che sono appunto n r Esempi: 1 Dato il sistema x + y 2z = 1 1 1 2 x 2y + z = 2, la matrice dei coefficienti A = 1 2 1 x 5y + 4z = 3 1 5 4 ha determinante nullo Si ha r(a) = r(c) = 2 perché il minore 1 1 1 2 = 3 0 e tutti i minori che lo orlano sono nulli; allora il sistema è equivalente a { x + y = 2z + 1 x 2y = z + 2 le cui soluzioni con la regola di Cramer sono x = cioè {(z + 4 3, z + 1, z)} 2 Dato il sistema x + 2y + z t = 1 2x 2y + t = 2 3x + y + z = a 2z + 1 1 z + 2 2, y = 3 1 2z + 1 1 z + 2, z = z, 3 1 2 1 1 con a R, la matrice dei coefficienti A = 2 1 0 1 3 1 1 0 ha rango r(a) = 2 r(c) perché il minore 0 1 1 0 = 1 0 e tutti i minori di A che lo 1 1 1 orlano sono nulli; se invece lo orliamo usando la colonna B si ha 0 1 2 = 3 + a 1 0 a Quindi se a 3 il sistema non ha soluzione perché r(c) = 3 > r(a), se invece a = 3 allora il sistema è equivalente a { 2x y + t = 2 3x + y + z = 3 e portando a secondo membro x e y si ottengono 2 soluzioni (x, y,3 3x y,2 2x + y)

20 ISTITUZIONI DI MATEMATICA I Se in particolare si deve studiare il sistema omogeneo AX = 0 allora chiaramente ρ(a) = ρ(c), il che corrisponde al fatto che un tale sistema ha sempre la soluzione banale ossia la soluzione x 1 = 0, x 2 = 0,,x n = 0 In tale situazione è chiaro che, con le notazioni precedentemente introdotte, le soluzioni del sistema sono i vettori di ker(f) Sia r = ρ(a); se r = n allora il sistema ha solo la soluzione banale, se invece r < n allora lo spazio delle soluzioni del sistema ha dimensione n r e una base si può ottenere nel seguente modo Supponiamo per comodità che il minore non nullo di ordine r di A sia quello formato con le prime r righe e le prime r colonne Allora si ponga x r+1 = 1,x r+2 = 0,,x n = 0 e si risolva il corrispondente sistema di Cramer ottenendo un vettore Analogamente si ponga v 1 = (s 11,s 12,,s 1r,1,0,,0) x r+1 = 0,x r+2 = 1,x r+3 = 0,,x n = 0 e si risolva il corrispondente sistema di Cramer ottenendo un vettore v 2 = (s 21,s 22,,s 2r,0, 1, 0,,0) Procedendo cosí si ottengono gli n r vettori v 1,,v n r che costituiscono una base di ker(f), ossia una base dello spazio delle soluzioni Osserviamo che se il sistema non è omogeneo le sue soluzioni sono date da f 1 (b 1,,b m ) (dove f è l applicazione lineare associata alla matrice dei coefficienti del sistema mediante la base canonica) e, poiché la controimmagine di un elemento in un applicazione lineare si ottiene sommando a un suo particolare elemento gli elementi del nucleo, tutte le soluzioni del sistema si possono trovare aggiungendo a una sua soluzione particolare tutte le soluzioni del sistema omogeneo associato Un metodo molto importante per la soluzione di un sistema, soprattutto dal punto di vista computazionale, è il cosí detto metodo di riduzione di Gauss Dato il sistema AX = B il metodo consiste nel considerare la matrice completa A e trasformarla mediante operazioni elementari sulle righe, ossia sulle equazioni del sistema, in modo tale che il sistema che si ottiene sia equivalente al sistema dato, e inoltre sia facilmente risolubile La forma della matrice che ci si propone di ottenere è la forma echelon ( a scalini) ossia di una matrice con questa proprietà: In ogni riga il primo elemento da sinistra non nullo è un 1 al di sotto del quale, nella corrispondente colonna, ci sono solo degli 0 Una matrice in forma echelon si presenta ad esempio cosí: 1 2 3 5 2 0 0 1 4 3 0 0 0 1 2 0 0 0 0 0

Ora è chiaro che il corrispondente sistema ha soluzione immediata: ISTITUZIONI DI MATEMATICA I 21 x 1 + 2x 2 + 3x 3 + 5x 4 = 2 x 3 + 4x 4 = 3 x 4 = 2 x 4 = 2,x 3 = 3 4x 4 = 11, x 1 = 2 2x 2 3x 3 5x 4 = 2x 2 25 ossia 1 soluzioni ( 2a 25,a,11, 2), a R L algoritmo per ottenere una matrice a scalini è il seguente: scambiando tra loro le righe si fa in modo che a 11 sia non nullo; si divide la prima riga per a 11 in modo che nella nuova matrice a 11 = 1; per ogni i = 2,, n si sottrae alla riga i-esima la prima moltiplicata per a i1 e si ottiene cosí una matrice della forma 1 a 12 a 1n 0 a A = 22 a 2n 0 a n2 a nn ripetendo il procedimento a partire dalla seconda riga in modo che si abbia a 22 = 1 e tutti zeri sotto e cosí via fino all ultima riga si ottiene una matrice a scalini