ESPRESSIONE DEGLI AROMI TIOLICI NEI VINI



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ESPRESSIONE DEGLI AROMI TIOLICI NEI VINI LAVORI REALIZZATI PRESSO IL CENTRO DI INNOVAZIONE DELLA FILERA VITIVINICOLA ERNESTO DEL GIUDICE U.O.S. 35 MARSALA 1

INTRODUZIONE L aroma del vino è dovuto alla presenza di alcune centinaia di molecole appartenenti a diverse classi chimiche che ne costituiscono la frazione volatile. Il contributo di tali componenti alla gradevolezza dell aroma di un vino dipende sia dalla loro natura che dalla loro concentrazione. Le soglie olfattive di tali composti possono differire notevolmente; pertanto, alcuni composti presenti in tracce possono svolgere un ruolo chiave nell espressione dell aroma di un vino, mentre altri, seppure più abbondanti, possono intervenire in misura minore. Il contributo di ogni molecola volatile all aroma del vino dipende, inoltre, dalla sua struttura e quindi dalla sua natura chimica. La complessità dell aroma del vino e le difficoltà del suo studio sono conseguenza della diversità dei meccanismi che intervengono nella sua genesi. Fra questi sono da segnalare: a. il metabolismo dell uva, che è influenzato dalla varietà, ma anche dal terreno, dal clima e dalle pratiche viticole; b. i fenomeni biochimici prefermentativi (ossidazione, idrolisi), che scattano al momento della pigiatura e durante la macerazione; c. i metabolismi dei microrganismi che conducono le fermentazioni alcolica e malolattica; d. le reazioni chimiche ed enzimatiche postfermentative che intervengono durante la conservazione del vino e durante il suo invecchiamento in bottiglia. Fra tutti i costituenti dell aroma, i composti odorosi che provengono dall uva giocano un ruolo determinante nella qualità e nella tipicità dei vini di cui costituiscono l aroma varietale. Si osserva, inoltre, che, mentre il loro profilo qualitativo è sotto il controllo varietale, il loro contenuto è influenzato in modo sensibile dall ambiente e dalle condizioni climatiche. L aroma varietale, a parte le varietà denominate aromatiche, come i moscati, che danno mosti dotati di aroma simile a quello dei vini, può non essere percepibile direttamente nelle uve e nei vini. La nozione di precursore d aroma, forme inodori dei composti odorosi dell uva, responsabili dell aroma varietale dei vini, riveste una grande importanza in enologia. Il percorso di affermazione commerciale, di vini ottenuti da vitigni autoctoni, prevede l individuazione di caratteri distintivi, indispensabili per la identificazione varietale e per la valorizzazione e tutela del prodotto. I composti correlati con l aroma (Versini, 1991; Di Stefano, 1996), oltre ad influenzare la qualità dei vini, risultano determinanti nel definire l impronta varietale. Il vitigno Grillo, tipico della Sicilia occidentale, in alcune nuove 2

esperienze di vinificazione, ha rilevato aromi riconducibili ai descrittori pesca, buccia di pompelmo, da associare ad aromi della classe dei tioli varietali; di conseguenza, si è indirizzato lo studio alla vinificazione in condizioni di riduzione, le uniche che consentono di difendere tali sostanze, dall ossidazione indotta dal contatto con l aria e dall azione delle polifenolossidasi dell uva o della Botrytis cinerea. 1. AROMI DELLE UVE E DEI VINI. Le sostanze odorose si possono distinguere in più gruppi: a) Aromi varietali o primari. Sono sostanze presenti nell uva che presentano note olfattive caratteristiche. Appartengono a questa classe i terpeni, i norisoprenoidi, i benzenoidi, gli alcanoli, le pirazine, i tioli e gli aromi di vite americane. Di questi aromi allo stato libero esistono solo le pirazine e quelle delle vite americane. Nelle uve non aromatiche le prime quattro sostanze sono contenute nell uva come glicosidi, sono cioè legate agli zuccheri (glucosio, disaccaridi); nelle aromatiche (moscati) i composti terpenici si trovano anche allo stato libero. b) Aromi prefermentativi. Sono composti che vengono generati dai trattamenti che subisce l uva dal momento della raccolta a quello dell avvio della fermentazione alcolica. Questi composti vengono generati dall attacco delle lipossigenasi agli acidi grassi insaturi delle membrane cellulari al momento dello schiacciamento dell acino. Altri composti aromatici si possono formare in questa fase per idrolisi delle forme glicosilate indotta dalle glicosidasi dell uva al momento della diffusione dalle cellule della buccia nel succo, ma questi fanno parte degli aromi varietali. I principali composti che fanno parte di questa categoria sono aldeidi e alcoli a sei atomi di carbonio esanale, trans e cis 3 esenale, trans 2 esenale, esanolo, trans e cis 3 esenolo, trans 2 esenolo, caratterizzati da un odore erbaceo molto marcato. Questi composti, generalmente, condizionano l aroma del mosto. In questo contesto si dimostrano di notevole importanza il tipo di raccolta, il trasporto, la pigiatura, il tempo e la temperatura di macerazione, il tipo e il grado di pressatura, il tipo di debourbage, il grado di ossigenazione, coadiuvanti tecnologici utilizzati, ecc. (Zironi R., 1991). c) Aromi di fermentazione o secondari. Sono i profumi che si creano durante i processi di fermentazione alcolica e malolattica e dipendono molto dal tipo di lievito utilizzato, e dalla sua attività metabolica nei riguardi di alcune sostanze gia presenti nel succo. Questi profumi sono attribuibili alla presenza di diversi composti chimici come le aldeidi, acidi grassi a corta catena, alcoli superiori, esteri e altri ancora che conferiscono al vino sentori freschi e fragranti di fiori e frutta, tipici dei 3

vini giovani. (Di Stefano R., 1996). Altre sostanze possono deprimere queste sensazioni di freschezza e delicatezza degli aromi fruttati come, ad esempio, il lattato di etile o il diacetile, prodotti soprattutto dalla fermentazione malolattica, l alcol isoamilico, ecc.. Il contenuto degli aromi di fermentazione può essere molto variabile e ciò dipende da molti fattori quali: la materia da fermentare e quindi il contenuto in zuccheri delle uve, il grado di maturazione (maggiore è la quantità di zuccheri a disposizione, più elevato ed intenso risulterà il profumo) e il tenore in amminoacidi, che influisce sul contenuto finale in esteri e in alcoli superiori (Peynaud E., 1980). la natura del lievito. Ogni specie ha il suo modo particolare di trasformare gli zuccheri e di formare prodotti secondari, tanto che alcune sostanze odorose sono considerate dei markers per specifici ceppi di lievito (Villa I. et al., 1998). Le condizioni fisiche di fermentazione, in particolare temperatura e potenziale redox (in genere basse temperature diminuiscono il tenore in alcoli superiori ed aumentano il contenuto in esteri e ciò si traduce in un notevole miglioramento sensoriale). d) Aromi post fermentativi o terziari. Sono i profumi che si formano durante la maturazione e l affinamento del vino attraverso reazioni chimiche come l acetalizzazione, l esterificazione, l eterificazione e l ossidazione a carico di aldeidi, alcoli, acidi organici, tannini, ecc.. e) Aromi esogeni: aromi che il vino assorbe a contatto con l ambiente in cui si trova. 2. AROMI TIOLICI. I tioli (o mercaptani, abbreviazione dell espressione corpus mercurio aptum data ai tioalcooli per la loro caratteristica capacità di dare dei precipitati poco solubili con i sali di mercurio) sono composti organici assimilabili ad alcoli in cui l atomo di ossigeno è stato sostituito da un atomo di zolfo. I composti solforati di tipo tiolico sono, generalmente, considerati responsabili di difetti olfattivi. La loro importanza nella formazione dell aroma di certi frutti è, tuttavia, ben nota. Ad esempio, certi tioli partecipano all aroma caratteristico di frutti quali il cassis (Rigaud et al., 1986), il pompelmo (Demole et al., 1982), il frutto della passione (Engel e Tressl, 1991) e la guava (Idstein e Schreir, 1985; Bassols e Demole, 1994). Due mercaptani, il 3 mercaptoproprionato di etile e il 2 mercaptoproprionato di etile, sono stati identificati nell aroma di uve di Vitis labrusca, varietà Concord. Diversi tioli molto odorosi sono stati identificati nei vini da uve Sauvignon. Questi possiedono aromi caratteristici le cui differenti note, erbacee e fruttate, ricordano il peperone verde, il bosso, la ginestra, il pompelmo, il frutto della passione, il 4

fumo. La prima sostanza scoperta quale componente caratteristico dell aroma dei vini Sauvignon è stata il 4 mercapto 4 metil pentan 2 one 4MMP (Darriet et al, 1993;Darriet, 1993; Darriet et al., 1995), che possiede un odore marcato di bosso e di ginestra ed è estremamente odoroso. La sua soglia di percezione è di 0,8 ng/l in soluzione modello. Il ruolo sensoriale di questo composto è innegabile in quanto il suo tenore nei vini Sauvignon tipici (Bouchilloux et al., 1996) può raggiungere 40 ng/l. Diversi altri tioli odorosi sono stati in seguito identificati nei vini Sauvignon. Essi sono: l acetato di 3 mercaptoesan 1 olo (Tominaga et al.,1996), il 4 mercapto 4 metilpentan 2 olo, il 3 mercaptoesan 1 olo e il 3 mercapto 3 metilbutan 1 olo (Tominaga et al., 1998a). L acetato del 3 mercaptoesan 1 olo (3MHA) possiede un aroma complesso di bosso, insieme a note di buccia di pompelmo e di frutto della passione. La sua soglia di percezione è di 4,2 ng/l, ma certi vini Sauvignon ne possono contenere diverse centinaia di ng/l. Nel corso della conservazione si idrolizza generando 3 mercaptoesan 1 olo (3MH). Questo ricorda l aroma di pompelmo e del frutto della passione, in cui, come l acetato, è stato identificato. La sua soglia di percezione è dell ordine di 60 ng/l, ma è presente nei vini Sauvignon a tenori di diverse centinaia di ng/l e, a volte, di µg/l. Il ruolo sensoriale del 4 mercapto 4 metilpentan 2 olo (4MMPOH), che ha odore di buccia di agrumi, è più limitato. Il suo tenore nei vini supera raramente la sua soglia di percezione (55 ng/l) che, tuttavia, può essere raggiunta in qualche vino. Il 3 mercapto 3 metilbutan 1 olo (3MBH), che ha odore di pere cotte, è molto meno odoroso; la sua soglia di percezione è di 1500 ng/l. Dato che questi tioli volatili, verosimilmente, intervengono anche nell aroma di altre varietà, s impone uno studio esaustivo sul loro contributo all aroma varietale dei differenti tipi di vini. Grazie a numerosi lavori effettuati applicando la gascromatografia accoppiata con diversi sistemi fisici di rilevazione (FID, FPD, MS) è stato possibile studiare questi composti. Per riconoscere le sostanze odorose separate si è poi ricorso all abbinamento della gascromatografia con l olfattometria, sfruttando la sensibilità dell olfatto umano. Si sono così ottenuti degli aromagrammi che si possono confrontare con i cromatogrammi forniti dai rilevatori strumentali. Si è cercato quindi, con successivi test, di determinare la famiglia chimica di appartenenza dei composti responsabili di questi aromi. Inizialmente si è constatato che l aggiunta di rame ad un vino Sauvignon induce, nell arco di qualche minuto, la perdita totale della maggior parte delle sue note aromatiche tipiche. Questo ha fatto supporre che i costituenti responsabili dell aroma varietale di Sauvignon fossero dei composti solforati dotati di una funzione tiolica con la quale il rame può formare dei 5

solfuri insolubili. Si tratta dunque di molecole appartenenti alla famiglia dei mercaptani, non mercaptani maleodoranti responsabili di difetti, ma mercaptani positivi con odori di frutti. Una dimostrazione rigorosa di questa ipotesi è stata ottenuta utilizzando un reattivo specifico per i tioli, il p idrossimercurobenzoato (phmb). Questo composto reagisce con i tioli in una reazione di combinazione che è reversibile per aggiunta in eccesso di un tiolo, come la cisteina. L addizione di questo reattivo nel vino porta alla scomparsa oltre che delle note aromatiche di bosso anche delle note aromatiche del frutto della passione e di pompelmo. Queste esperienze portarono all ipotesi della presenza di altri tioli volatili, oltre al 4MMP, responsabili del suddetto aroma fruttato dei vini. Per identificare e dosare questi differenti aromi è stato messo a punto un metodo specifico di estrazione dei tioli volatili dal vino. Il metodo prevede l estrazione dei composti volatili totali con diclorometano e la successiva estrazione dei tioli volatili contenuti nella fase organica con una soluzione acquosa di p HMB. I complessi p HMB tioli sono purificati per passaggio della soluzione acquosa su resina anionica tipo Dowex (Tominaga et al., 1998b). Essi vengono fissati alla resina attraverso la funzione carbossilica del p HMB. Evidentemente, anche gli altri composti con carica negativa presenti nella soluzione acquosa di p HMB, ad es. gli acidi grassi, sono fissati dalla resina. I contaminati non carichi o dotati di carica positiva sono eliminati per lavaggio della colonna con un particolare tampone. Dopo lavaggio della colonna, l eluizione selettiva dei tioli volatili è realizzata per percolazione di una soluzione di cisteina. L estratto dei vini ottenuto con questo metodo è analizzato per GC FDP su colonna BP 20. Grazie a questo metodo il contributo all aroma dei vini Sauvignon dei diversi tioli volatili identificati è stato definito. Inoltre sono state determinate le soglie di percezione olfattiva in soluzione modello attraverso il test di degustazione triangolare, i tenori nei vini per GC FDP/MS e gli indici aromatici (concentrazione dell aroma nel vino/soglia di percezione), (Tab.2 e Tab.3 in appendice). I mosti Sauvignon, come quelli di molte delle varietà a sapore relativamente semplice, sono poco odorosi; l aroma caratteristico del vitigno appare, tuttavia, durante la fermentazione alcolica. Peynaud (1980) aveva chiaramente previsto l esistenza di precursori d aroma nei mosti Sauvignon e si esprimeva in questi termini: quando si mastica un acino dorato a buccia spessa di uva Sauvignon, se ne avverte l aroma particolare, sebbene poco intenso. Anche il succo appena prodotto è poco odoroso e, in un primo tempo, l aroma che si percepisce quando lo si assaggia è modesto. È venti o trenta secondi dopo averlo deglutito che bruscamente appare nella cavità retronasale, una esplosione di profumi di Sauvignon si 6

può allora affermare che la vinificazione riveli l aroma primario nascosto nel frutto. Il vino presenta un aroma varietale più intenso di quello dell uva, la fermentazione agisce come rivelatore d aroma e libera i principi odorosi dell uva. Precedenti lavori (Darriet,1993) hanno chiaramente mostrato che il 4MMP non può essere liberato dai suoi precursori ad opera delle stesse glicosidasi in grado di idrolizzare gli eterosidi precursori degli alcoli monoterpenici e di certi derivati norisoprenoidi che intervengono nell aroma dei vitigni Moscati, classi di precursori di aroma ben note grazie ai lavori di Cordonnier e Bayonove (1974), Williams et al.(1982), Gunata et al. (1999, 1990), Strauss et al. (1988). Il precursore del 4MMP pertanto non è un eteroside. Fra le attività enzimatiche capaci di determinare la rottura di un legame carbonio zolfo liberando un tiolo, la β liasi degli S coniugati alla cisteina (EC4.4.1.13) è stata ritenuta l enzima più probabile. Questo enzima prodotto da un batterio intestinale (Eubacterium limosum) (Larsen 1985;Larsen e Stevens), catalizza la rottura del legame tioetere di numerosi S coniugati (S alchil e S aril) della cisteina liberando oltre a un mercaptano, ione ammonio e acido piruvico. È ora assodato che il 3 mercaptoesan 1 olo, il 4 metil 4 mercapto 2 one, il 4 metil 4mercaptopentan 2 olo, esistono nel mosto sotto forma di derivati S coniugati della cisterna: S (3 esan 1 olo) cisteina, S 4(4metilpentan 2 one) cisteina, S (4metilpentan 2 olo) cisteina, S (3 metilbutan 1 olo) cisteina (Darriet et al., 1993; Tominaga et al., 1995a e b). L estratto bruto e non volatile di precursori d aroma solforati (EBPAS) del succo di Sauvignon, preparato per percolazione su colonna di fase C18 e eluizione con etanolo è sottoposto all azione di un omogenato cellulare di Eubacterium limosum. Dopo incubazione per 15 min. a 30 C, un forte odore che ricorda gli aromi di Sauvignon, si sviluppa nel mezzo. In presenza di omogenato batterico inattivato col calore nessun tiolo viene liberato (Tominaga et al. 1995a,b). Tenuto conto della specificità della β liasi presente nel preparato batterico si può ipotizzare che i precursori di questi tioli siano S coniugati alla cisteina. L identificazione diretta degli S coniugati alla cisteina è stata effettuata come segue. L EBPAS contenente i precursori d aroma solforati da identificare, sono stati purificati per percolazione su una colonna di Chelating Sepharose 4B che ha la proprietà di fissare certi amminoacidi per mezzo del rame chelato (Belew e Porath, 1990). La frazione ritenuta è stata fluita con HCl (50mM). Dopo evaporazione a secco dell eluato, estrazione del residuo con etanolo ed evaporazione a secco, gli estratti dei precursori d aroma purificati, sono analizzati per GC MS sotto forma di trimetilsilil derivati. Questa analisi permette di identificare le strutture dei precursori volatili: S 4 (metilpentan 2 one) 7

L cisteina, S 4 (metilpentan 2 olo) L cisteina, S 3 (esan 1 olo) L cisteina (Tominaga et al., 1998c). Adesso si conosce la trasformazione dei precursori S coniugati alla cisteina da parte dei lieviti: i precursori sono trasportati dentro la cellula del lievito ove vengono parzialmente trasformati in tioli grazie ad una reazione di α β eliminazione (reazione della β liasi), quindi l aroma viene escreto dalla cellula e diviene olfattivamente attivo; una parte è persa in quanto sfruttata diversamente dal lievito. L identificazione di un precursore cisteinilderivato del 3MH nelle uve Sauvignon ha indotto a verificare la sua esistenza nel frutto della passione. Si è trovato che questo frutto ne contiene tenori elevati (Engel e Tressl, 1991). Anche la presenza di un S coniugato alla cisteina, l S 3 (esan 1 olo) L cisteina è stata messa in evidenza in questo frutto (Tominaga et al., 2000b). Pertanto, gli S coniugati alla cisteina costituiscono una nuova famiglia di precursori d aroma dei frutti. 3. EVOLUZIONE DEGLI AROMI VARIETALI DURANTE LA CONSERVAZIONE DEL VINO. Il contenuto aromatico di fermentazione viene completamente rimaneggiato nel corso dell invecchiamento; in particolare i gruppi di componenti più numerosi, alcoli, aldeidi, esteri ed acidi organici, subiscono importanti modificazioni nel senso di un aumento o di una diminuzione della concentrazione. Per quanto riguarda gli alcoli, essi sono coinvolti in diversi tipi di reazione: ossidazioni, esterificazione o quali prodotti derivanti da idrolisi di esteri. Queste modificazioni non sono marcate e differenti temperature di conservazione non determinano spiccati aumenti o diminuzioni nella concentrazione di tali alcoli. Alcoli molto volatili sono gli alcoli terpenici; la conservazione in bottiglia può determinare naturali modifiche nel contenuto aromatico. Prove di conservazione, di ossidazione e di invecchiamento veloce non hanno prodotto soltanto i rispettivi ossidi, derivati del pirano e del furano, ma hanno mostrato anche la comparsa di un altro composto ciclico, l αterpineolo, che determina la perdita del tipico aroma fruttato e floreale. Le aldeidi, il cui contenuto è elevato nei vini di tipo ossidato, si ritrovano in modeste quantità nei vini naturali, e la loro presenza è promossa dall intervento indiretto dell ossigeno. In genere, durante la conservazione e l invecchiamento, il contenuto in aldeidi aumenta qualora vi sia stato anche un minimo contatto con l aria; tra l altro questi composti hanno una bassa soglia olfattiva. Dopo aver raggiunto un massimo di concentrazione compatibile con il tenore in ossigeno ed in polifenoli ossidabili, il contenuto in aldeidi totali subisce una leggera diminuzione. Questo si verifica in seguito all instaurarsi di alcune reazioni di 8

riduzione o di ossidazione o, più verosimilmente, per il sopravvento di reazioni di acetalizzazione che interessano le aldeidi. Queste reazioni includono l addizione, in mezzo alcolico e a ph acido, di una molecola di alcol al gruppo carbonilico, con formazione di un semiacetale, un intermedio instabile che reagisce con una seconda molecola di alcol per formare un acetale. Tali composti, molto volatili, dal profumo molto gradevole e con soglie olfattive molto basse contribuiscono alle note di etereo di molti vini invecchiati. Gli acidi sono forse il gruppo di componenti volatili che meno influenzano il bouquet d invecchiamento, pur potendo risultare da reazioni di idrolisi, di ossidazione o intervenire in reazioni di esterificazione. Durante l invecchiamento si ha un aumento nel contenuto in acido acetico, che può risultare dall ossidazione dell etanolo o dall idrolisi di esteri acetici. La concentrazione di altri acidi a media catena, quali l esanoico e l ottanoico, non mostra significativi cambiamenti. Per quanto riguarda gli esteri, a parte le trascurabili quantità presenti nell uva, essi si formano nel vino principalmente per opera dei lieviti durante la fermentazione alcolica. Si ritrovano nel vino in concentrazioni maggiori o minori rispetto a quelle prevedibili in base alle relative costanti di equilibrio. All interno del vino si verifica la tendenza a ristabilire detto equilibrio, attraverso reazioni di idrolisi e di esterificazione, ma questo alle normali temperature e ph avviene molto lentamente; di fatto l equilibrio non è mai raggiunto, nemmeno dopo diversi anni di conservazione. 4. VINIFICAZIONI CON PROTEZIONE DEL MOSTO DALLE OSSIDAZIONI PER LA DIFESA DEGLI AROMI TIOLICI. Fatta eccezione per alcuni vini speciali del tipo rancio, i cui caratteri gustativi particolari risultano da un intensa ossidazione nel corso dell elaborazione, i vini bianchi sono ottenuti al riparo più o meno completo dell ossigeno, o del tutto o in parte limitando i fenomeni ossidativi nel corso della vinificazione e della maturazione. Queste precauzioni sono dettate dalla necessità di proteggere gli aromi fruttati dei vini giovani e di evitare l imbrunimento del colore. Esse mirano anche a favorire lo sviluppo ulteriore del bouquet di riduzione nel corso dell invecchiamento in bottiglia. Se la necessità di proteggere il vino bianco dall ossigeno dopo la fermentazione è largamente ammessa, quella di evitare ogni ossidazione del mosto non è unanimemente condivisa, ad eccezione di varietà come il Sauvignon o altre il cui aroma è imputabile a composti solforati varietali, per i quali l ossidazione o anche l assenza di protezione contro l ossidazione dei mosti esercita un effetto depressivo sulle note aromatiche riferibili a questi composti. 9

Il consumo di ossigeno nel mosto è essenzialmente dovuto all ossidazione enzimatica dei composti fenolici. Intervengono, sul consumo di questo elemento, due ossidasi: la tirosinasi dell uva sana e la laccasi di Botrytis cinerea che troviamo solo nei mosti di uve ammuffite. La tirosinasi, nel mosto, ha per substrato pressoché esclusivo, gli acidi cinnamici e i loro esteri con l acido tartarico (acido caftarico e cutarico). Essa trasforma l acido caftarico in chinone e in ragione dell attività cresolasica dell enzima, l acido cutarico dà lo stesso chinone dell acido caftarico. Queste reazioni di ossidazione sono estremamente rapide e causano l ossidazione e l imbrunimento del mosto nelle prime fasi della vinificazione in bianco. Il fattore che determina la velocità di queste reazioni risulta il consumo dell ossigeno. La capacità dei mosti di consumare ossigeno varia notevolmente e dipende dal contenuto iniziale di acidi idrossicinnamici e dalle sostanze ossidabili (glutatione ridotto e flavonoidi); in particolare la cinetica delle reazioni dipende dal rapporto molare tra acidi idrossicinnamici e glutatione. Le tecniche di iperossigenazione del mosto hanno come obiettivo l abbattimento del tenore delle sostanze che parteciperebbero nel vino alle reazioni di ossidazione. Fra i composti che appartengono a questa classe, i flavani sono quelli che generano durante la conservazione del vino gusti amari, sensazioni tanniche e instabilità sensoriale. Si può affermare che le tecniche ossidative sono volte a stabilizzare il vino attraverso la sottrazione dal mosto dei composti causa di instabilità, a scapito però della qualità varietale del vino. È una scelta giustificata particolarmente per prodotti fortemente marcati dalla tecnologia e dagli aromi secondari prodotti durante l affinamento, quali vini spumanti, liquorosi o affinati in barrique. Se si vuole invece privilegiare ed esaltare i caratteri varietali del vitigno bisogna proteggere il mosto dall ossigeno, mantenendo il più possibile ciò che ritroviamo nel mosto dopo che quest ultimo si è arricchito di componenti utili, sotto l aspetto organolettico, ceduti principalmente dal contatto più o meno prolungato con le bucce. La liberazione degli aromi tiolici dai suoi precursori è promossa per via chimica dall acido ascorbico, e durante la fermentazione dal lievito. Gli altri fattori importanti sono il rame, che deve essere inferiore a 2,5 mg/l nel mosto, ed il grado di protezione dall ossigeno, dal momento che i tioli liberati durante la fermentazione reagiscono preferenzialmente con i chinoni residui nel mosto (Darriet, 1994). Quindi nella vinificazione con protezione del mosto dalle ossidazioni per la difesa degli aromi tiolici bisogna: 1) evitare il contatto con l aria e gli agenti ossidanti: il mosto ed il vino devono essere mantenuti ben protetti dall aria per prevenire la dissoluzione dell ossigeno. Le vasche 10

utilizzate devono quindi permettere la creazione di una barriera efficace. L acciaio è l unico materiale che offre sufficienti garanzie; le vasche devono restare costantemente piene e le guarnizioni devono essere in buono stato per evitare l ingresso di ossigeno. In generale l area di contatto alla superficie del liquido deve essere minimizzata in ogni fase e ricoperta di gas inerte (azoto, anidride carbonica o argon). Importante anche ridurre al minimo le movimentazioni del vino (travasi, trasferimenti ecc.) per ridurre i rischi di contatto con l aria. Tutte le attrezzature utilizzate devono essere ermeticamente chiuse per evitare l incorporazione di aria durante l operazione. L imbottigliamento è una fase delicata dove è necessario prevenire il contatto con l aria; importante anche la scelta del tipo di chiusura o del materiale di confezionamento (nel caso di bag in box) che deve garantire un minimo o nullo passaggio di ossigeno. L operazione di riempimento e tappatura delle bottiglie deve garantire un assorbimento di ossigeno inferiore a 0,2 0,3 mg/l. Gli australiani, sulla base di ricerche condotte su vini in iper riduzione, preferiscono sistemi di chiusura con il tappo a vite che garantiscono maggior tenuta. I tappi sintetici hanno fatto rilevare cessioni di 0,01 ml/giorno, che sono considerati valori a rischio per questi vini, mentre i tappi in sughero hanno dato arricchimenti di ossigeno molto variabili, in funzione della provenienza del sughero e dei trattamenti subiti. Anche se la maggiore causa di ossidazione è il contatto con l aria, ci sono numerosi materiali di comune uso in cantina che possono entrare in contatto con il vino provocando ossidazioni significative. Il contatto con residui di cloro, ozono e perossido deve essere evitato accuratamente nella vinificazione in riduzione. Tra questi ossidanti il più pericoloso è l idrogeno perossido che può essere utilizzato per il lavaggio dei tappi di sughero, anche se tale evento oggi è abbastanza raro grazie agli sforzi compiuti dai sugherifici per il miglioramento delle tecniche di lavaggio. Se l ossigeno entra in soluzione nel vino, può essere rimosso facendo gorgogliare nello stesso un gas inerte (sparging): se l operazione è effettuata tempestivamente dopo il contatto con l ossigeno, questo può evitare l innescarsi delle reazioni ossidative ed evitare danni al vino. L ossigeno in soluzione diffonde nelle bolle di gas e viene trasportato alla superficie per essere poi disperso nell atmosfera. 2) rimuovere i catalizzatori d ossidazione: diverse sostanze possono aumentare la velocità di reazione tra l ossigeno ed i composti sensibili del vino; la loro rimozione può quindi essere utile nella gestione del processo in riduzione. Gli enzimi come la polifenol ossidasi e la laccasi sono i catalizzatori più forti. La polifenol ossidasi può essere controllata con l aggiunta di anidride solforosa. La laccasi richiede invece trattamenti termici: 70 C per 30 secondi possono essere sufficienti ad inattivare la laccasi senza compromettere la qualità del mosto. Il ruolo dei metalli come catalizzatori delle ossidazioni non è pienamente 11

compreso. Si sospetta che il rame ed il ferro possano aumentare le reazioni di ossidazione in certe condizioni. Il rame è uno strumento importante nella rimozione dell idrogeno solforato nella vinificazione in riduzione e la sua aggiunta deve essere quindi dosata accuratamente. L impiego di materiali inerti come l acciaio per le superfici a contatto con il vino serve ad evitare la contaminazione accidentale con rame e ferro. 3) aggiungere antiossidanti: la solforosa è l antiossidante più diffuso e viene ampiamente utilizzato nella vinificazione in riduzione. Essa reagisce con l ossigeno formando solfato. L acido ascorbico ed il suo isomero ottico, acido eritorbico, hanno anch essi la capacità di reagire con l ossigeno formando perossido d idrogeno che può a sua volta reagire con l anidride solforosa ed ossigeno. La funzione dell acido ascorbico è quindi quella di rendere più rapida l azione dell anidride solforosa, ma ne è fortemente sconsigliato l impiego in assenza di dosi adeguate di SO 2. Anche il tannino può perdere elettroni agendo da riducente e reagire con l ossigeno. Tuttavia, in paesi come l Australia e Nuova Zelanda dove la vinificazione in riduzione è molto praticata, il suo impiego come antiossidante non è diffuso. Nella fase di raccolta e ammostamento viene di solito aggiunta l SO 2 in dosi che vanno da 5 a 10 g/hl anche se alcuni tecnici australiani consigliano 20 g/hl, per arrivare ad avere sul mosto 50 ppm di SO 2 totale. L acido ascorbico può essere addizionato sull uva in vigneto o alla pigiatura. Le dosi tipiche aggiunte si aggirano tra 3 e 5 g/hl. È essenziale che sia presente SO 2 libera quando si aggiunge l acido ascorbico, in quanto il solo acido ascorbico riduce inizialmente il potenziale redox, ma in seguito agisce nel vino come pro ossidante. Si può inoltre dosare ghiaccio secco in pellet da distribuire sul primo strato di uva, per contrastare maggiormente le ossidazioni e ridurre la temperatura sul mosto di fondo, formatosi dallo schiacciamento delle uve. Nella fase di pressatura il riempimento della pressa può avvenire con gli scarichi del mosto chiusi, saturando preventivamente la pressa con gas inerte (preferibilmente CO 2 ). Inoltre per essere sicuri di avere un ridotto tenore fenolico, per i prodotti di gamma medio alta vengono utilizzati solo il mosto fiore e le pressature molto soffici (fino a 0,5 bar). Il mosto sgrondato dalla pressa deve essere sempre protetto dall aria mediante impiego di gas inerte nell atmosfera sovrastante, nel contenitore di raccolta sottostante la pressa, e nei contenitori in cui sosterà il prodotto prima della fermentazione. In fase di affinamento il dosaggio di SO 2 può avvenire per inezione in linea nel trasferimento del vino al serbatoio; la quantità di SO 2 libera deve essere di 25 30 mg/l e contestualmente dobbiamo dosare l acido ascorbico in dose di 20 40 mg/l. È bene dosare l acido ascorbico ad ogni movimento del vino facendo sempre attenzione ad avere i livelli di SO 2 sopraccitati. 12

L acido ascorbico permette di prevenire l effetto pinking che si manifesta con una colorazione rosa del vino bianco a seguito di contatto con l ossigeno. 4) gestire la temperatura: la temperatura del mosto e del vino influisce sulla velocità e sulla quantità di ossigeno che passa in soluzione e sulla velocità a cui avvengono le reazioni di ossidazione. A basse temperature, il mosto ed il vino si saturano con maggiori quantità di ossigeno. Tuttavia, la velocità di reazione tra l ossigeno ed i componenti sensibili del vino è di molto inferiore che ad alte temperature. L uva raccolta a mano può essere raffreddata in camere frigorifere prima della pigiatura o della pressatura delle uve intere. Più di frequente, il mosto è raffreddato usando uno scambiatore a fascio tubiero nel passaggio tra la pigiatrice e la pressa. Col raffreddamento si raggiunge la temperatura desiderata di 5 10 C. Anche la vendemmia meccanica notturna aiuta ad abbassare la temperatura di uva e mosto ed il carico nel sistema di raffreddamento della cantina. Da una recente ricerca si è dimostrato che, contrariamente a quanto solitamente si immagina non è la bassa temperatura di fermentazione che favorisce lo sviluppo degli aromi Sauvignon. Le basse temperature favoriscono lo sviluppo di aromi fermentativi, ma non la tipicità del Sauvignon. 5) ruolo del ceppo di lievito: la fermentazione è la fase del processo di vinificazione maggiormente in riduzione. I lieviti consumano l ossigeno e l anidride carbonica prodotta fornisce una naturale copertura di gas inerte. Tuttavia, ci sono alcune regole fondamentali per assicurare che lo stile di vino in riduzione sia mantenuto durante la fermentazione. I ceppi di lievito usati per i vini in riduzione sono in genere neutri. Lieviti che producono in fermentazione alti quantitativi di esteri non sono apprezzati, dal momento che possono dominare sugli aromi varietali che lo stile cerca di conservare. Vi è invece interesse per l uso di lieviti in grado di liberare i precursori aromatici dell uva durante fermentazione. Esistono ceppi appartenenti alla specie Saccharomyces bayanus, criofili, molto più attivi dei S.cerevisiae nell attivazione di aromi di Sauvignon. Per contro però i lieviti di questa specie producono anche molti aromi fermentativi che mascherano ed alterano la tipicità stessa del Sauvignon. Ecco dunque aprirsi nuove possibilità facendo ricorso all ibridazione del S. cerevisiae con il S. bayanus (ibridi tra queste specie esistono anche in natura) nell intento di preservare i caratteri più utili. Il tempo che trascorre prima che nel mosto cominci la fermentazione è abbastanza critico per la conservazione dei caratteri aromatici e la prevenzione dagli effetti del contatto con l ossigeno. In Australia, le cantine preparano delle colture liquide per avere una partenza veramente rapida della fermentazione. Il mosto è integrato con azoto assimilabile dal lievito, abitualmente tramite aggiunte di fosfato ammonico (DAP), e con vitamine. La coltura è fortemente aerata per ottenere un alto 13

numero di cellule di lievito. L inizio della fermentazione è in genere molto rapido. Nella coltura liquida di solito viene prodotta un po di acetaldeide, che può aiutare a combinare la SO 2 libera nel mosto e ridurre l inibizione del lievito. L aerazione della coltura di lievito può sembrare contraria ai principi della vinificazione in riduzione, viceversa è un fattore importante per il successo di questa tecnica. La fermentazione dei vini in riduzione è condotta a temperature anche inferiori a 15 C. Fermentazioni prolungate (stentate) o bloccate possono contribuire alla comparsa di caratteri non desiderati nei vini realizzati con la tecnica in riduzione. Quando si preparano vini in riduzione si preferisce non cercare di favorire l attività del lievito durante la fermentazione tramite aerazione. L alto livello di steroli determinato dalla forte aerazione effettuata nella coltura liquida di lievito consente in genere di completare la fermentazione, benché l ambiente, durante la fermentazione rappresenti una sfida per il lievito. 6) controllo e misura di marker di processo: è opportuno rilevare lo stato di ossidazione del vino individuando opportuni marker di processo. Il potenziale redox è di difficile determinazione e viene quindi raramente impiegato in pratica, anche se sarebbe la misura più diretta ed adeguata. L ossigeno viene misurato di routine, sia in campioni portati in laboratorio che direttamente in vasca, utilizzando ossimetri di precisione. Gli acidi cinnamici, che sono la principale classe chimica di antiossidanti fenolici presenti nei vini bianchi, rappresentano uno strumento di indagine ideale. Secondo Vhrovsek, (1988) la concentrazione degli acidi cinnamici nella bacca (278 467 mg/l), e nel mosto completamente protetto dalle ossidazioni (135 281 mg/l), è di gran lunga superiore a quella che si osserva nei vini bianchi principalmente a causa della estrazione solo parziale di questi composti dalle bucce e delle perdite nel mosto causate da reazioni di ossidazioni enzimatica (Vrhovsek e Wendelin, 1998a e 1998b). Il lavoro di Vrhovsek (1998) fornisce anche le condizioni sperimentali per stimare con esattezza in laboratorio il contenuto di acidi cinnamici del mosto completamente protetto dalle ossidazioni, producendo un valore di riferimento assoluto da confrontare con il risultato di cantina. Quindi gli acidi caftarico e p cutarico sono i migliori marker della protezione dalle ossidazioni enzimatiche governate dalla polifenolossidasi, di cui sono il substrato preferenziale; l acido p cutarico che è fortemente localizzato nelle bucce è il miglior marker della estrazione dalle bucce, per evidenziare la effettiva protezione dalle ossidazioni ottenibile nelle frazioni di pressatura. L ossidazione enzimatica causa la rimozione preferenziale delle catechine e delle proantocianidine, per reazione redox accoppiate. Una minore ossidazione degli acidi cinnamici dovrebbe produrre anche un aumento nel vino dei tenori delle catechine e delle proantocianidine (fattore negativo). 14

Una seconda classe di composti che può essere utilizzata per verificare il grado di protezione dalle ossidazioni enzimatiche è costituita dai composti a 6 atomi di carbonio. La loro formazione è stata studiata in dettaglio nelle foglie di thè, evidenziando come essi derivino per via ossidativa, ad opera della lipossigenasi, in presenza di ossigeno, a partire dagli acidi grassi poliinsaturi alfa linoleico e linoleico (Hatanaka, 1993). Il decorso della reazione è rapidissimo, a seguito della macinazione di foglie estive di thè la formazione dei composti a C6 associati all odore verde decorre in 1 3 minuti. Nel caso dell uva i composti più rilevanti che sono riscontrabili nel vino a seguito di questo processo sono l esanolo, il cis 3 esenolo (alcol di foglia, a forte odore verde, fresco, fruttato, e soglia olfattiva di 30 µg/l) ed il trans 3 esenolo. Secondo Bayonove e coll. (1987) gli acidi poliinsaturi precursori di C6 sono presenti nell uva in quantità di circa 250 300 mg/kg, mentre quelli contenuti nei glicolipidi, ritenuti i diretti precursori, sono circa 40 mg/kg. Dato che la conversione di 15 mg dei suddetti acidi grassi insaturi basta a formare i 5 mg/l di composti a sei atomi di carbonio riscontrabili riscontrabili, in genere, nel mosto, la disponibilità del precursore non dovrebbe essere un aspetto limitante. Lo è invece la protezione dalle ossidazioni (Nicolini et al., 1996). Se la solfitazione del mosto è fatta immediatamente all uscita dalla pressa i valori di esanolo nel vino sono quasi dimezzati e quelli di cis 3 esenolo e trans 3 esenolo sono di gran lunga superiori rispetto a quelli che si ottengono se la solfitazione viene ritardata; inoltre, la solfitazione precoce con presenza di acido ascorbico e anidride solforosa riduce ulteriormente anche il tenore di trans 3 esenolo (Nicolini et al., 1996). Anche il colore del mosto è un parametro associabile al decorso delle reazioni ossidative enzimatiche e può quindi essere utilizzato per monitorare il decorso delle reazioni in fase di pressatura. In Australia è stato sviluppato un sistema per misurare direttamente l assorbanza su bottiglie non aperte di vino bianco (Skouroumounis et al., 2003). Tale sistema può essere utilizzato per comparare lo stato ossidativo di una popolazione numerosa di bottiglie in vari momenti, ed è particolarmente utile nella valutazione della bontà di una chiusura. Anche la presenza di antiossidanti come l anidride solforosa e l acido ascorbico possono essere monitorate con attenzione. Il lavoro di Peng et al. (1998) ha mostrato che l assorbanza a 420 nm (A420) viene incrementata in presenza di acido ascorbico nei vini bianchi. Tale lavoro ha portato ad una certa prudenza nell impiego dell acido ascorbico, ma nuove ricerche (AWRI) hanno tuttavia dimostrato che, anche se l A420 viene incrementata in alcuni vini bianchi dopo un contatto con l aria, la quantità globale di colore 15

percepibile a vista risulta inferiore. L acido ascorbico sembra quindi agire evitando nel tempo l incremento dell assorbanza a lunghezze d onda maggiori di 420 nm. 5. PROBLEMI CHE SI RISCONTRANO NELLE VINIFICAZIONI CON PROTEZIONE DEL MOSTO DALLE OSSIDAZIONI. Il primo fattore da controllare è il vigneto il quale deve sviluppare il più possibile gli aromi primari, regolando il carico produttivo in funzione dell obiettivo enologico. Si devono soprattutto evitare dannosi stress idrici nelle annate siccitose, che provocano la conseguente riduzione dell azoto assimilabile e degli amminoacidi ed un aumento dell azoto proteico. Si può indicare un valore di potenziale idrico (ψ t ) ottimale a partire da dopo l invaiatura pari a 0.65 MPa, questo in modo da indurre un rallentamento della crescita della chioma senza bloccare l attività fisiologica della pianta. Lo sviluppo di malattie e soprattutto di Botrytis cinerea deve essere evitato. Quando avviene, i grappoli attaccati non devono essere raccolti, altrimenti nel vino ritroveremo enzimi, come la laccasi, che sono forti catalizzatori di ossidazioni. L alimentazione azotata non deve essere limitante ma senza eccessi. Secondo uno studio condotto in Francia nella zona delle Graves, un vigneto (Sauvignon clone 108 su piede riparia Glorie de Montpellier con densità d impianto di 3300 ceppi/ha) concimato con 60 unità/ha di azoto, ha dato un contenuto di azoto assimilabile (APA) ottimale, quantificabile intorno a 170 mg/l, per l ottenimento di vini più aromatici. La carenza in azoto conduce ad un vino molto più ricco in composti fenolici e viceversa; un mosto povero in composti fenolici significa un mosto meno ossidabile e ciò si traduce in una migliore conservabilità del potenziale aromatico; inoltre un terreno concimato fornisce un mosto più ricco in glutatione, che comporta una maggiore protezione del potenziale aromatico, come riportato in seguito. Il rame residuo proveniente da interventi anticrittogamici sulle uve agisce poi da catalizzatore dell ossidazione, in particolare sui composti tiolici, con riflessi negativi sulle varietà che ne sono ricche. Da fine luglio in poi è molto importante fare attenzione alla distribuzione di anticrittogamici cuprici in vigna. La liberazione del 4MMP e soprattutto del 3MH, dato che il suo precursore si trova equamente distribuito tra buccia e polpa, è favorita da un contatto tra succo e buccia ed è promossa per via chimica dall acido ascorbico. La macerazione ha senso solo se la buccia è povera in polifenoli e l uva ha una buona dotazione in acidi. La vinificazione in riduzione con il solo acido ascorbico è sconsigliata in quanto l acido ascorbico in presenza di catalizzatori metallici, favorisce l attivazione dell ossigeno che viene convertito in anione superossido [ O 2 ] (Scarpa et al.,1983; Rigo et al.,1985) che tende a reagire 16

immediatamente producendo acqua ossigenata [H 2 O 2 ]. L acqua ossigenata in presenza di acido ascorbico e catalizzatori metallici, quali gli ioni ferro e rame, può inoltre generare il radicale idrossile [ OH] (Halliwell, 1996) altamente reattivo. Anche i polifenoli presenti nel vino possono agire in competizione con l anidride solforosa, in quanto sono anch essi in grado di reagire con l anione superossido generando a loro volta una specie radicalica, il semichinone [ QH], la cui presenza come radicale di elevata stabilità è stata dimostrata nel vino rosso (Rossetto et al., 2001). In presenza di ossigeno, il semichinone può andare incontro a reazioni di oligomerizzazione con complessivo effetto antiossidante (Bors, 2000), oppure ciclare attraverso una serie di reazioni radicaliche a catena (Singleton, 1987), con produzione di acqua ossigenata ed effetto pro ossidante. L acqua ossigenata generata in queste reazioni interagisce sia con i polifenoli stessi che con gli altri componenti del vino, ad esempio formando acetaldeide per ossidazione dell etanolo. Inoltre, l ossidazione dei polifenoli è autocatalitica, per cui un vino che inizia ad imbrunire tende ad accelerare il suo deterioramento (Singleton, 1987). Di conseguenza, è prassi consolidata in enologia quella di tenere sotto controllo la concentrazione dei composti polifenolici nei vini bianchi, particolarmente se a ph elevati. La loro presenza eccessiva è vista come un fatto destabilizzante che può innescare fenomeni di imbrunimento e maderizzazione durante la conservazione. Lavorare in fretta, per minimizzare i processi ossidativi, raffreddare il più velocemente possibile le uve, per rallentare le reazioni di ossidazione, sono altri due necessità proprie delle vinificazioni in riduzione. La raccolta meccanizzata è un modo per evitare ritardi e poter vendemmiare l uva a maturità ottimale. I ritardi dovuti ai riempimenti di grande presse possono essere evitati dall utilizzo di un maggior numero di unità più piccole. La centrifugazione può diminuire il tempo richiesto per la lavorazione del mosto, in confronto alle tecniche di decantazione convenzionali. La bassa temperatura di uve e mosto può inibire l azione degli enzimi pectolitici. La demolizione delle pectine è essenziale per ottenere il livello di pulizia del mosto richiesto per lo stile in riduzione. Per assicurare che l azione enzimatica avvenga prima del raffreddamento, alcuni produttori aggiungono gli enzimi pectolitici all uva vendemmiata a macchina durante la raccolta in vigneto. Ciò aumenta il tempo di azione degli enzimi, prima che la temperatura del mosto sia abbassata. La chiarifica del mosto non è indispensabile per lo status di riduzione. Tuttavia, la limpidezza del mosto è importante per mantenere la freschezza generale, la pulizia dell aroma varietale e l assenza di caratteri secondari, che sono importanti nei vini in riduzione. I mosti destinati alla vinificazione in riduzione sono generalmente molto chiarificati. Il mosto è di norma decantato a freddo o 17

centrifugato fino ad un alto livello di pulizia, ma gli enologi possono anche filtrare il mosto fino a livelli di brillantezza molto spinti. Di solito si pratica una filtrazione a farina fossile, ma c è interesse nell uso della microfiltrazione tangenziale per la chiarifica del mosto. In genere, è necessario un efficace trattamento con enzimi pectolitici per ottenere gli alti livelli di pulizia richiesti. La vinificazione in riduzione presenta alcune sfide impegnative durante la fermentazione. Mentre lavoriamo con mosti estremamente chiarificati, vogliamo una fermentazione regolare e completa. Conduciamo la fermentazione a basse temperature, ma desideriamo minimizzare la formazione di solfuri. Abbiamo bassi livelli di ossigeno disciolto nei nostri mosti, ma ci proponiamo un rapido avvio di fermentazione. Questi conflitti sottolineano l importanza di un efficace gestione della fermentazione per avere successo nella produzione dei vini in riduzione. I caratteri di ridotto come idrogeno solforato H 2 S e mercaptani sono un rischio sempre presente durante la vinificazione in riduzione. Il controllo dei solfuri durante il processo è essenziale. Durante la fermentazione attiva, l H 2 S può essere efficacemente controllato con l aggiunta di azoto in forma di fosfato ammonico (DAP). Questo può essere aggiunto sia come strategia preventiva, sia in risposta alla formazione di H 2 S. Verso la fine della fermentazione, le aggiunte di azoto non sono efficaci per controllare H 2 S. Se si forma H 2 S nella fase conclusiva della fermentazione, un efficace controllo è assicurato da un aggiunta di rame al termine della fermentazione. Questa pratica comporta un rischio limitato di rame residuale nel vino. Alcuni enologi effettuano un aggiunta standard di solfato di rame (circa 0,2 mg/l) a fine fermentazione, come garanzia dell assenza di residui di solfuri (Gibson R., 2004). 18

SCOPO DEL LAVORO Scopo del lavoro è stato quello di fornire un ulteriore contributo alla conoscenza del potenziale enologico della cultivar Grillo per la produzione di vini bianchi secchi; questa varietà, impiegata tradizionalmente per la produzione dei vini Marsala caratterizzati da un affinamento ossidativo, se vinificata con tecniche che prevedono la protezione del mosto dall ossigeno ha mostrato spiccate qualità all elaborazione di vini da pasto fruttati e varietali. In particolare gli aromi sono riconducibili ai descrittori pesca e buccia di pompelmo, che si possono associare alla classe dei tioli volatili. Di conseguenza l unico stile di vinificazione in bianco che consente di preservare questi aromi è la vinificazione in riduzione. L obiettivo è la necessità di conoscere a fondo il contenuto dell acino per poter vinificare al meglio l uva, mettendo in luce le qualità e le peculiarità del vitigno e del territorio. Inoltre l esistenza di una precisa tendenza di mercato potenzialmente in grado di decretare il successo di vini caratterizzati da una forte tipicità varietale, fa si che da un punto di vista tecnologico, la messa a punto di processi di vinificazione in grado di migliorare l espressione di tali caratteri di tipicità costituisca un aspetto di particolare interesse per la moderna tecnica enologica. 19

MATERIALI E METODI L uva Grillo, vinificata nel corso di questo studio, proveniva da un vigneto sito nel territorio di Marsala (prov. di Trapani) in località Birgi. Si tratta di un terrazzo marino a 5 m.s.m., con tessitura franco sabbiosa, a reazione sub acida negli orizzonti superiori e debolmente alcalina negli orizzonti inferiori. Il vigneto è allevato a controspalliera con sistema di potatura a Guyot e un carico di 12 15 gemme/ceppo, e con una densità d impianto di 4.000 piante/ha corrispondente ad un sesto d impianto di 2.5x1. Il portinnesto utilizzato è il 420A. Sono state condotte due vinificazioni, una in riduzione con ghiaccio secco (Prova) e l altra seguendo il protocollo di vinificazione in riduzione tradizionale (Testimone). L uva è stata raccolta il 17 settembre, in cassette di plastica da 10 12 Kg e messa in cella frigo per circa 30 ore raggiungendo la temperatura di 8 C. Successivamente la partita d uva è stata suddivisa in due lotti, che sono stati lavorati sulla stessa linea, uno di seguito all altro nel seguente modo: 1.Prova: l uva è stata diraspata, pigiata e pompata dentro un serbatoio coibentato dove è stata tenuta per 24 ore alla temperatura massima di 10 C. Sul fondo del serbatoio sono stati posti 3 Kg di ghiaccio secco, sull uva all uscita della pigiatrice sono stati aggiunti 15 g/qle di acido ascorbico e gli enzimi di macerazione e chiarifica. Dopo il pigiato è passato in pressa dove è stato aggiunto del ghiaccio secco e si è avviata la pressatura ad una pressione max di 0,2 bar. Il mosto è stato trasferito in un serbatoio e mantenuto ad una temperatura inferiore a 10 C. Il mosto pulito è stato travasato e separato dalle bourbes, avviato nel vinificatore dove sono stati aggiunti 160 gr/hl di acido tartarico, 20 gr/hl di attivante (prevalentemente, azoto ammoniacale) ed eseguito l inoculo utilizzando 20gr/hl di lievito secco attivo. A 3 e 8 gradi alcolici è stato fatto un rimontaggio di 1/3 della massa con aggiunta di 20 gr/hl di attivante. 2.Testimone: questo differisce per il tempo di criomacerazione prefermentativa, che è stato di 3 h, l uso del metabisolfito di potassio, 10 gr/qle, invece che ghiaccio secco, ed infine nel non aver eseguito i rimontaggi durante l aggiunta degli attivanti. A fine fermentazione, entrambi i vini, sono stati lasciati sulle lies per un mese, dopo il quale sono stati presi i campioni che successivamente sono stati analizzati. Al fine di valutare eventuali differenze, dopo 6 mesi di conservazione in bottiglia, i vini sono stati sottoposti a valutazione sensoriale effettuando due test discriminanti qualitativi, il duo trio test ed il test di preferenza. In quest ultimo si è chiesto di motivare la preferenza. Nel Duo Trio test sono presenti tre campioni, due dei quali identici e uno 20