Anna Zimmermann Resistenza batterica 2012/2013. Liceo Cantonale Lugano 1 Biomedicina: parassitologia, microbiologia e genetica. Resistenza Batterica



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Liceo Cantonale Lugano 1 Biomedicina: parassitologia, microbiologia e genetica Resistenza Batterica Lavoro di maturità di: Anna Zimmermann Docente responsabile: Vania Della Chiesa 2012/2013 1

Abstract In questo lavoro si approfondisce il tema della resistenza batterica agli antibiotici β-lattamici, argomento particolarmente attuale poiché essa si è sviluppata negli ultimi decenni e causa serie difficoltà nel campo medico. Lo sviluppo di resistenze batteriche rende gli antibiotici inefficaci, mettendo così a rischio la vita umana. Nel lavoro sono approfonditi alcuni aspetti teorici dei batteri, degli antibiotici β-lattamici (penicilline e cefalosporine) e della resistenza batterica. Sperimentalmente sono stati ricercati i geni della resistenza ai β- lattamici che determinano la produzione di ESBL (mutazioni dei geni TEM, SHV e OXA e il gene CTX-M) in ceppi batterici della famiglia degli enterobatteri isolati da diversi ambienti (Lago Cadagno, acque del fiume Ticino, prima e dopo il depuratore di Giubiasco, e acque di scarico dell ospedale San Giovanni di Bellinzona). Nel dettaglio 38 ceppi batterici, selezionati da 250 ceppi di partenza tramite un test selettivo per individuare potenziali batteri ESBL, sono stati analizzati con antibiogrammi alla ricerca del fenotipo ESBL, che si manifesta con una sinergia tra i tre antibiotici Augmentin (AMC), Ceftriaxone (CRO), Cefotaxima (CTX) e con la sensibilità alla Cefoxitina (FOX). Per la ricerca di specifici geni di resistenza sono stati estratti i plasmidi dai 38 ceppi, sono state ampliate specifiche sequenze tramite PCR ed evidenziate mediante l elettroforesi sul gel. Questa procedura ha permesso di confermare la capacità di produrre enzimi ESBL per alcuni ceppi, assieme al test dell antibiogramma e all esame selettivo, in quanto per definire con certezza questo fenotipo è necessario eseguire più test. I risultati ottenuti nella parte pratica mostrano che, dei 38 ceppi selezionati dai 250 prelevati dagli ambienti, solo 4 risultano produttori di ESBL. Per questi ceppi sono stati trovati i seguenti geni di resistenza: 1 gene CTX-M,1 gene OXA, 2 geni SHV e 1 gene TEM. 2

Sommario 1. Introduzione... 5 1.1 Premessa... 5 1.2 Obiettivi... 5 1.3 Ipotesi... 6 1.3.1 Ipotesi 1... 6 1.3.2 Ipotesi 2... 6 2. Svolgimento teorico... 7 2.1 I Batteri... 7 2.1.1 Informazioni generali... 7 2.1.2 La cellula batterica... 8 2.1.2.1 Il citoplasma... 8 2.1.2.2 Involucro cellulare... 8 2.1.2.3 Appendici facoltative... 9 2.1.3 Modalità di scambio genetico... 9 2.1.4 I batteri e l uomo... 10 2.1.5 I batteri coliformi (Enterobatteri)... 10 2.2 Gli antibiotici... 10 2.2.1 Cosa sono gli antibiotici [1]... 10 2.2.2 I differenti tipi di antibiotici e le loro modalità d azione [1,2]... 11 2.2.3 I β- lattamici [6]... 11 2.3 La resistenza agli antibiotici... 12 2.3.1 Che cosa è la resistenza agli antibiotici [1]... 12 2.3.2 Cosa determina lo sviluppo della resistenza [1]... 12 2.3.3 I tipi di resistenza [9]... 13 2.3.4 Le β- lattamasi di tipo ESBL [6]... 13 3. Svolgimento pratico... 14 3.1 Materiale... 14 3.2 Procedimento... 16 3.2.1 Preparazione dei 38 ceppi all antibiogramma e antibiogramma... 16 3.2.2 Estrazione di DNA totale dal ceppo di controllo 23/07 + ESBL... 19 3.2.3 Estrazione dei plasmidi dai 38 ceppi d interesse... 19 3.2.4 Preparazione dei campioni alla PCR e PCR per i geni TEM, SHV, CTX- M e OXA... 20 3

3.2.4.1 Preparazione dei campioni per la PCR normale per i geni CTX- M e OXA... 20 3.2.4.2 Preparazione dei campioni per la PCR multiplex per i geni TEM e SHV... 21 3.2.4.3 Amplificazione del DNA... 21 3.2.5 Preparazione dei campioni per elettroforesi su gel e elettroforesi su gel... 21 3.3 Risultati... 22 3.3.1 Risultati antibiogrammi... 22 3.3.2 Risultati della PCR per i geni TEM, SHV, CTX- M e OXA... 26 3.3.2.1 Risultati ricerca gene TEM... 26 3.3.2.2 Risultati ricerca gene CTX- M... 27 3.3.2.3 Risultati ricerca gene OXA... 28 3.3.2.4 Risultati ricerca gene SHV... 29 3.3.3 Sintesi dei risultati... 30 3.4 Discussione... 30 4. Conclusione... 32 5. Ringraziamenti... 32 6. Bibliografia... 33 4

1.1 Premessa 1. Introduzione Quando mi sono iscritta al lavoro di maturità nell ambito della biologia medica, non sapevo esattamente quale aspetto di questa materia approfondire. Il tema della biomedicina mi interessa molto, perché mi affascina sapere come il nostro corpo lavora e funziona. Esso è una macchina complessa e meravigliosa dove le diverse strutture interagiscono per mantenere una condizione di stabilità interna. Di fronte a situazioni di squilibrio, ad esempio la presenza di un organismo estraneo o l aumento della temperatura interna, il nostro organismo reagisce subito cercando di riportarci ad una condizione di equilibrio. Nelle prime lezioni i professori hanno fatto delle piccole presentazioni sui possibili argomenti che si potevano affrontare e a me hanno interessato in particolar modo gli argomenti riguardanti l immunologia, l emicrania e la resistenza batterica. Inizialmente ero intenzionata ad approfondire il tema dell immunologia, poiché mi incuriosisce molto sapere come il nostro corpo riesce a combattere e a sconfiggere i diversi agenti patogeni mediante specifici meccanismi di difesa. Discutendo con la mia docente responsabile ho però scartato questo tema siccome è un argomento molto vasto e complesso. La mia attenzione è quindi caduta sull argomento della resistenza batterica, ossia il fenomeno per cui certi antibiotici sono inefficaci nei confronti di determinati batteri. In un certo senso questo tema è collegato alla mia prima scelta, poiché nel momento in cui il nostro sistema di difesa non funziona come dovrebbe, o se il battere è troppo forte per essere neutralizzato dai nostri anticorpi o linfociti T, gli antibiotici possono salvarci la vita, a meno che i microbi non siano resistenti al farmaco. Ed è proprio sulla resistenza agli antibiotici, fenomeno in costante crescita e di cui spesso si sente parlare, che ho deciso di focalizzare il mio lavoro di maturità. 1.2 Obiettivi Mediante una prima parte teorica intendo ampliare le mie conoscenze nell ambito della resistenza batterica. Cosa sono gli antibiotici, come agiscono sui batteri, quali sono i fattori che determinano la resistenza batterica e cosa accade a livello molecolare quando un batterio diventa resistente, sono tutte questioni che intendo approfondire nella mia ricerca bibliografica. La parte sperimentale del mio lavoro di maturità, sotto proposta e supervisione della Dottoressa Demarta (collaboratrice dell Istituto Cantonale di Microbiologia di Bellinzona), ha l obiettivo di ricercare specifici geni di resistenza in ceppi batterici isolati dall ambiente. I ceppi in esame sono enterobatteri prelevati dal Lago Cadagno, dalle acque del fiume Ticino, prima e dopo il depuratore di Giubiasco, e dalle acque di scarico dell ospedale San Giovanni di Bellinzona. La presenza di questi geni può determinare la produzione di enzimi EBSL, delle β-lattamasi a spettro esteso, che rendono inefficaci la maggioranza degli antibiotici di tipo β-lattamico (folto gruppo di antibiotici che comprende ad esempio le penicilline e le cefalosporine). I geni ricercati, che conferiscono questa resistenza, sono mutazioni dei geni TEM, SHV e OXA e il gene CTX-M. I ceppi produttori di ESBL rivestono particolare importanza clinica in quanto sono diffusi negli ambienti ospedalieri e, a causa della loro multi resistenza, sono difficili da trattare [12,13]. I risultati ottenuti potranno, eventualmente, essere confrontati con quelli di un altro lavoro di maturità che ha preso in considerazione batteri clinici, cioè batteri provenienti da pazienti d ospedale [14]. Questo confronto potrebbe permettere di tracciare la distribuzione dei diversi geni di resistenza per le ESBL in differenti ambienti. 5

1.3 Ipotesi 1.3.1 Ipotesi 1 Per quanto concerne il fenomeno della resistenza, mi aspetto che sia più frequente nei batteri provenienti da ambienti in cui vi è maggior presenza di antibiotici. Ipotizzo questo risultato in quanto il DNA è soggetto a mutazioni spontanee (si calcola 1 mutazione ogni 1'000'000 scissioni), che possono anche determinare lo sviluppo di resistenze agli antibiotici. I batteri resistenti, a contatto con gli antibiotici, ne sono selezionati positivamente e hanno così la possibilità di riprodursi e di diffondersi. Questi batteri possono trasmettere i geni della resistenza ad altri batteri, tramite plasmidi, diffondendo così ulteriormente il fenomeno della resistenza batterica [11]. I batteri in esame provengono dal lago Cadagno, dalle acque di scarico dell Ospedale San Giovanni di Bellinzona e dalle acque del fiume Ticino, prima e dopo il Depuratore di Giubiasco. Per i batteri provenienti dal Lago Cadagno e dalle acque prelevate dopo il Depuratore di Giubiasco, mi aspetto di riscontrare un livello di resistenza minore rispetto a quello dei batteri isolati dagli altri due ambienti. Il primo ambiente è un lago naturale di alta montagna e dunque essenzialmente puro e privo di antibiotici. Nelle acque in uscita dal depuratore non dovrebbero essere presenti batteri, in quanto vi vengono effettuati trattamenti meccanici, quali la decantazione e la filtrazione, per eliminare ogni contaminazione batterica [8]. A tal fine non vi è impiego di antibiotici. Presumo invece che nelle acque di scarico dell ospedale e nelle acque prelevate dal fiume prima della stazione di depurazione, la resistenza batterica sia molto più frequente. Nel primo caso mi aspetto più batteri resistenti, perché all ospedale si adoperano molto gli antibiotici. Nel secondo caso mi aspetto lo stesso risultato, perché la stazione di depurazione è il luogo dove tutte le acque fognarie affluiscono, tra cui le acque dello scarico dell ospedale, di case farmaceutiche e di case private, e questi sono tutti luoghi in cui vi è, o vi può essere, utilizzo di antibiotici [4]. 1.3.2 Ipotesi 2 Dal confronto dei risultati relativi alla frequenza di specifici geni di resistenza per le ESBL in ceppi clinici rispettivamente ambientali, mi aspetto delle differenze. Le diverse condizioni ambientali possono esercitare delle pressioni selettive sui batteri, favorendo quelli meglio adattati. I diversi geni di resistenza possono determinare caratteristiche differenti, che possono favorire o sfavorire la vita dei batteri nei diversi ambienti. L organismo umano è un ambiente diverso da quello delle acque libere (laghi e fiumi); ad esempio nel nostro organismo i batteri sono confrontati con il sistema immunitario, mentre in natura i batteri sono confrontati con altri fattori come le variazioni di temperatura. Le diverse caratteristiche ambientali possono quindi selezionare batteri con diversi geni di resistenza [10]. 6

2.1 I Batteri 2. Svolgimento teorico 2.1.1 Informazioni generali I batteri appartengono al dominio Prokaryota (procarioti), che comprende i due regni Eubacteria (eubatteri) e Archaebacteria (archibatteri) 1. Tutti i procarioti sono organismi unicellulari, che presentano una cellula meno complessa di quella degli eucarioti e di dimensioni minori. Gli archibatteri sono caratterizzati dal fatto che riescono a sopravvivere negli ambienti più estremi, ad esempio negli ambienti molto caldi, o molto acidi, dove le condizioni impediscono lo sviluppo di altre forme di vita. Comprendono i metanobatteri, gli alobatteri e i termoacidofili [11]. Gli eubatteri, che rappresentano la maggior parte dei procarioti, colonizzano ambienti più ospitali e comprendono i cianobatteri (capaci di fotosintesi) e i batteri (vedi schema 1). Schema 1 Illustra la suddivisione del dominio procarioti 1 Classificazione di Cavalier-Smith, 2004 [11] 7

2.1.2 La cellula batterica Le cellule batteriche presentano le seguenti strutture (vedi figura 1): citoplasma: contenente il cromosoma, i ribosomi e a volte i plasmidi; involucro cellulare: costituito dalla membrana cellulare, dalla parete cellulare e a volte da una capsula esterna; appendici facoltative: pili e flagelli. Figura 1 Rappresentazione della cellula batterica [3] 2.1.2.1 Il citoplasma La caratteristica principale dei batteri è di avere il DNA libero nel citoplasma, cioè non racchiuso all interno di una membrana nucleare [10]. Il materiale genetico di un battere è costituito da un unico cromosoma, che possiede all incirca 3000 geni, che possono venir letti in entrambe le direzioni [10,3]. Questi microorganismi possono presentare nel loro citoplasma anche dei plasmidi, cioè delle piccole molecole circolari di DNA separate dal cromosoma. Sui plasmidi sono generalmente codificate, oltre alle istruzioni genetiche per la loro replicazione autonoma, delle informazioni facoltative per la vita dei batteri. Ne esistono di vari tipi, tra cui i plasmidi R, che possono conferire resistenza a determinati antibiotici (vedi cap. 2.3) [3]. I plasmidi possono essere trasferiti da un batterio all altro attraverso il processo di coniugazione (vedi cap. 2.1.3). La cellula procariota non presenta organuli nel citoplasma ad eccezione dei ribosomi, che hanno la funzione di sintetizzare le proteine. 2.1.2.2 Involucro cellulare La cellula batterica ha una struttura esterna complessa, che può essere costituita da tre involucri. Il più esterno è la capsula, che facilita l adesione ad altre cellule e che può proteggere i batteri patogeni dalle difese immunitarie dell organismo ospite. La capsula è una struttura facoltativa. Il secondo è la parete cellulare, che svolge delle funzioni molto importanti quali mantenere la forma della cellula batterica, impedirne la lisi in caso di esposizione ad un ambiente ipotonico e fornirle protezione [3]. In base alla composizione chimica della parete si possono distinguere gli eubatteri dagli archibatteri. I primi hanno la parete cellulare composta da una sostanza particolare chiamata peptidoglicano, mentre gli archibatteri ne sono privi. Sempre in base alla composizione della parete cellulare, i batteri vengono suddivisi in batteri Gram positivi (Gram +) e Gram negativi (Gram -). Sostanzialmente i batteri Gram positivi hanno una parete cellulare molto semplice con uno strato spesso di peptidoglicano. I Gram negativi hanno una parete più complessa, 8

costituita da un sottile strato di peptidoglicano e uno strato di fosfolipidi, che costituisce un rivestimento semipermeabile.i Figura 2 Fotografia di colonie batteriche sottoposte alla colorazione di Gram. Nell immagine si possono vedere le due colorazioni: blu- violetto per i Gram + e rosso per i Gram - (ICM) a delle proteine di superficie, sostanze presenti nell ambiente esterno [11]. nomi Gram positivo e Gram negativo derivano dal fatto che le pareti dei due tipi di batteri reagiscono diversamente a contatto con un colorante. A contatto con questa sostanza, i batteri Gram positivi si colorano di blu-violetto, mentre quelli negativi di rosso (colorazione di Gram, vedi figura 2). I batteri Gram negativi sono più pericolosi per l uomo, perché lo strato di fosfolipidi semipermeabile nella parete cellulare ostacola l ingresso degli antibiotici nei batteri (vedi cap. 2.3.2) [3]. La terza struttura è la membrana cellulare, presente in tutte le cellule dei viventi. Le funzioni della membrana cellulare sono contenere e delimitare il citoplasma, proteggere il contenuto della cellula, regolare l entrata e l uscita delle sostanze grazie alla sua permeabilità selettiva, conferire stabilità alla cellula e riconoscere, grazie 2.1.2.3 Appendici facoltative I pili sono delle appendici che permettono ai procarioti di attaccarsi gli uni agli altri, o di aderire a superfici esterne, ad esempio a rocce o a pareti intestinali. Inoltre ci sono dei pili, detti pili sessuali, necessari per attuare la coniugazione (vedi cap. 2.1.3). Questi ultimi presentano una lunghezza maggiore rispetto agli altri. Un altro tipo particolare di appendici sono i flagelli, il cui compito è di consentire lo spostamento alla cellula batterica. Essi sono più lunghi dei pili sessuali [3]. 2.1.3 Modalità di scambio genetico I batteri hanno tre modi per scambiarsi materiale genetico. Il primo è la trasformazione, dove il battere acquisisce un frammento di DNA estraneo dal liquido che lo circonda. Il secondo metodo è la trasduzione; in questo caso è necessario l intervento di un batteriofago, che ingloba casualmente un frammento di DNA batterico nel suo DNA durante un infezione. Quando il batteriofago infetta un altro batterio, il frammento di DNA assunto dall infezione precedente, viene introdotto nella cellula ospite. L ultima tecnica di trasferimento di materiale genetico è la coniugazione, che comporta lo scambio di plasmidi tra batteri. La coniugazione prevede che la cellula batterica donatrice, attraverso dei pili sessuali, riesca ad attaccarsi alla cellula batterica ricevente. Dal momento in cui le due cellule si sono unite, gli strati esterni si fondono creando un ponte citoplasmatico, attraverso il quale il DNA della cellula donatrice passerà, una volta duplicato, alla ricevente. Il meccanismo che fa in modo che i frammenti di DNA estraneo si integrino nel DNA del battere è simile al crossing-over, che avviene tra i cromosomi eucarioti: la parte del DNA che il battere ha ricevuto sostituisce una parte del suo DNA [3]. 9

2.1.4 I batteri e l uomo I batteri possono vivere liberi o in simbiosi con altri organismi. Tra i simbionti vi sono i batteri parassiti, che causano malattie agli esseri viventi che li ospitano, tra cui anche l uomo. La malattia può essere determinata da diversi fattori, ad esempio dalla produzione di sostanze che possono facilitare l'invasione dei tessuti o la capacità di aggirare i meccanismi di difesa dell'ospite. Tra queste ultime vi sono sostanze che compromettono l attività delle cellule capaci di fagocitosi (macrofagi) o che rendono i batteri non riconoscibili alle cellule deputate alla difesa. In questo modo, i batteri possono invadere e distruggere i tessuti dell organismo ospitante. Un altro fattore che rende i batteri patogeni è la secrezione di tossine, cioè di sostanze tossiche per gli altri organismi. Esistono due tipi di tossine: le esotossine, che sono proteine secrete dai batteri, e le endotossine, che sono lipopolisaccardidi del rivestimento esterno dei batteri Gram negativi [7,3]. Non tutti i batteri simbionti sono patogeni; vi sono anche delle specie innocue e altre persino utili o indispensabili all essere umano. I batteri intestinali della specie Escherichia coli, ad esempio, forniscono vitamine utili all uomo [11]. Vi sono anche batteri che sono sfruttati dall uomo. Nel settore medico, ad esempio, batteri geneticamente modificati vengono utilizzati per produrre insulina [10]. 2.1.5 I batteri coliformi (Enterobatteri) I batteri coliformi, ad esempio Escherichia coli, Citrobacter freundii e le Klebsielle, appartengono alla famiglia degli Enterobatteri (regno degli eubatteri) e sono bacilli Gram negativi. Generalmente l habitat di questa famiglia di batteri è l intestino dell uomo e degli altri animali. Alcuni di essi possono causare lievi o gravi infezioni all ospite, a dipendenza del germe e dell organo colonizzato [1]. 2.2 Gli antibiotici 2.2.1 Cosa sono gli antibiotici [1] Gli antibiotici sono sostanze naturalmente prodotte da microorganismi che si trovano nell ambiente, utili per la loro sopravvivenza. I batteri sono in competizione tra di loro e possono difendersi attraverso la produzione di queste sostanze, che hanno un azione antibatterica nei confronti di altre specie. La capacità di sintetizzare un determinato antibiotico non è una caratteristica specie specifica: uno stesso antibiotico può essere prodotto da specie diverse e microrganismi della stessa specie possono produrre uno o più antibiotici differenti. Nel settore medico, gli antibiotici sono utilizzati per uccidere i batteri patogeni, nel caso l uomo non sia in grado di eliminarli con le proprie difese naturali [2]. Questi hanno infatti delle proprietà che consentono di inibire e/o uccidere i batteri senza recare danni al nostro organismo, perché interferiscono con delle funzioni metaboliche tipiche delle cellule procariote. I batteri, indeboliti o uccisi da queste sostanze, vengono poi eliminati dal nostro sistema immunitario [1]. Gli antibiotici utilizzati nel settore medico sono prodotti in laboratorio attraverso tecnologie diverse. 10

2.2.2 I differenti tipi di antibiotici e le loro modalità d azione [1,2] Gli antibiotici vengono distinti principalmente in sei famiglie in base alla loro struttura chimica: le penicilline, le cefalosporine, le tetracicline, gli aminoglicosidi, i macrolidi e i fluorochinoloni. Vi sono poi altri agenti antibatterici importanti, come ad esempio la Vancomicina e l Aztreonam, che non rientrano nelle categorie sopra elencate. Come detto in precedenza, tutti gli antibiotici sono sostanze in grado di ostacolare alcune vie metaboliche tipiche dei batteri, inibendo la loro moltiplicazione (azione batteriostatica) e/o uccidendoli (azione battericida). Qui di seguito sono presentate le modalità d azione delle sei principali famiglie e dei due antibiotici Vancomicina e Aztreonam. Le penicilline: hanno azione battericida. Interferiscono selettivamente con la sintesi del peptidoglicano, componente della parete cellulare, bloccandone la produzione. Non hanno effetto se i batteri non sono in condizione di riprodursi. Le cefalosporine: hanno azione battericida. Come le penicilline, interferiscono nella produzione della parete cellulare, bloccando la sintesi di peptidoglicano. Sono più efficaci nei confronti di batteri che presentano resistenze ai β-lattamici (vedi cap. 2.2.3). Le tetracicline: hanno azione batteriostatica. Inibiscono la sintesi delle proteine batteriche legandosi alla sunbunità 30S dei ribosomi, bloccando l accesso agli amino-acil-trna. Gli aminoglicosidi: hanno azione battericida. Ostacolano la sintesi proteica dei batteri, ma a differenza delle tetracicline, si legano irreversibilmente alla subunità ribosomiale 30S nella fase successiva all attacco dell amino-acil-trna. I macrolidi: hanno azione batteriostatica e battericida. Si legano alla subunità ribosomiale 50S in modo da bloccare il processo della traslocazione durante la sintesi proteica. I fluorochinoloni: hanno azione battericida. Inibiscono la replicazione del DNA batterico interferendo con l azione della DNA-girasi. La Vancomicina: ha azione battericida. Inibisce la formazione dei fosfolipidi della parete batterica e anche la polimerizzazione del peptidoglicano. L Aztreonam: ha azione battericida. Interferisce nella sintesi del peptidoglicano, componente della parete cellulare, bloccandone la produzione. 2.2.3 I β-lattamici [6] Figura 3 Anello tetratomico azetidinico [5] I β-lattamici costituiscono un folto gruppo di antibiotici, che ostacolano la sintesi della parete cellulare dei batteri. Queste sostanze bloccano la produzione del peptidoglicano, attraverso l inibizione dell enzima transpeptidasi. In generale sono antibiotici più efficaci nei confronti dei batteri Gram positivi in quanto la loro parete cellulare non presenta il rivestimento semipermeabile presente nei Gram negativi, che ostacola l ingresso agli antibiotici. Di questo gruppo di antibiotici fanno parte le penicilline, le cefalosporine, l Aztreonam e altre sostanze. Strutturalmente gli antibiotici β-lattamici sono caratterizzati da un anello tetratomico azetidinico, chiamato anello β-lattamico (vedi figura 3). I diversi β-lattamici differiscono nella loro struttura chimica e nello spettro d azione. Qui di seguito sono approfondite alcune caratteristiche relative alle penicilline e alle cefalosporine. Le penicilline vengono classificate secondo diverse caratteristiche. Se si considera la loro origine si possono distinguere: 11

le penicilline naturali, ad esempio la Penicillina G. Quest ultima è la prima sostanza antibatterica scoperta (nel 1928 da Alexander Fleming), ed è l antibiotico naturale più usato in campo medico. È attiva contro la maggior parte dei batteri Gram positivi, e ha effetto sui ceppi Gram negativi solo se utilizzata in dosi elevate; le penicilline semisintetiche, ad esempio le meticilline, l Oxacillina, e la Cloxacillina. Sono prodotte da colture biologiche di Penicillium e modificate chimicamente. Agiscono principalmente sui batteri di tipo Gram positivi. Tra queste vi sono anche penicilline ad ampio spettro, come le ampicilline, che sono attive anche contro i batteri Gram negativi, grazie alla loro maggiore capacità di penetrazione nelle cellule batteriche [1]. Le cefalosporine sono generalmente classificate in base al loro spettro d azione. In questo caso si distinguono cefalosporine di prima, seconda, terza e quarta generazione [2]: le cefalosporine di prima generazione sono attive soprattutto nei confronti di microrganismi Gram positivi, mentre sui Gram negativi hanno un azione limitata; le cefalosporine di seconda generazione hanno un efficacia maggiore rispetto a quelle di prima generazione nei confronti di batteri Gram negativi (ad esempio Cefoxitina e Cefuroxime); le cefalosporine di terza generazione hanno un attività ancora maggiore sui batteri Gram negativi in confronto alle cefalosporine di seconda generazione (ad esempio Cefpodoxime, Cefotaxima e Ceftriaxone); le cefalosporine di quarta generazione sono efficaci sia nei confronti dei batteri Gram negativi che contro i Gram positivi (ad esempio Cefepime). Un altro farmaco β-lattamico è l acido clavulanico, che ha una modesta funzione antibatterica ma è molto efficace nel caso di batteri resistenti ai beta-lattamici. L acido clavulanico può essere usato in combinazione alle penicilline [1]. 2.3 La resistenza agli antibiotici 2.3.1 Che cosa è la resistenza agli antibiotici [1] Un battere si dice resistente quando è in grado di sopravvivere e moltiplicarsi nonostante la presenza di un antibiotico. La resistenza è stabilita in relazione alla concentrazione dell antibiotico: un microrganismo è detto resistente se una specifica concentrazione di un antibiotico è in grado di inibire o uccidere altri batteri, mentre non ha effetto sulle sue funzioni metaboliche vitali. Una tecnica che permette di riconoscere se un battere è resistente è il test dell antibiogramma (vedi cap. 3.2.1). 2.3.2 Cosa determina lo sviluppo della resistenza [1] Vi sono essenzialmente due fenomeni che possono determinare la resistenza batterica agli antibiotici. Il primo consiste in una mutazione spontanea a livello del cromosoma, che può determinare lo sviluppo di geni di resistenza. Tra i geni di resistenza vi sono ad esempio sequenze che determinano una ridotta permeabilità della parete cellulare agli antibiotici (vedi cap 2.3.3). Il secondo fenomeno consiste nel trasferimento di geni di resistenza da un battere all altro mediante 12

coniugazione o, meno frequentemente, via trasduzione. Il trasferimento della resistenza tra due batteri è facilitato dal fatto che alcuni geni di resistenza sono localizzati su trasposoni 2. 2.3.3 I tipi di resistenza [9] La resistenza agli antibiotici è conferita da geni di resistenza attraverso diversi meccanismi, ad esempio: l alterazione della permeabilità della parete cellulare. Una permeabilità minore della parete cellulare può limitare o impedire l accesso dell antibiotico al suo interno e rendere così il battere insensibile al farmaco [5]; l aumentato efflusso. L antibiotico penetrato nella cellula batterica può essere allontanato attraverso sistemi di efflusso che determinano l espulsione del farmaco; la ridotta affinità per il bersaglio. L alterazione del bersaglio dell antibiotico, ad esempio una sua modifica enzimatica, può far si che questo non venga più riconosciuto dal farmaco. Ad esempio, la DNA girasi è il bersaglio di alcuni antibiotici chiamati chinoloni; la modifica di un unico amminoacido in questa proteina determina la resistenza a questa famiglia di antibiotici; la produzione di enzimi inattivanti l antibiotico. Questi enzimi hanno la capacità di modificare chimicamente determinati legami presenti nelle molecole di uno o più antibiotici, annullandone l effetto. 2.3.4 Le β-lattamasi di tipo ESBL 3 [6] Tra gli enzimi che determinano la resistenza agli antibiotici vi sono le β-lattamasi. Le β-lattamasi sono delle proteine in grado di inattivare antibiotici di tipo β lattamico, idrolizzando il legame amidico dell anello β-lattamico (spezzandone cioè il legame C-N). Questi enzimi possono essere ad ampio spettro, quindi attivi contro molti β-lattamici, o essere più specifici, ed agire solo nei confronti di alcuni di essi. Le ESBL sono enzimi in grado di inattivare diversi β lattamici, tra cui le penicilline, le cefalosporine di II e III generazione e l Aztreonam. Le ESBL sono enzimi inibitore-sensibili, cioè enzimi che possono essere inibiti dalla presenza di sostanze specifiche. Un inibitore delle ESBL è ad esempio l acido clavulanico. I geni più frequenti, che codificano per questi enzimi, sono delle mutazioni dei geni TEM, SHV e il gene CTX-M. Per i primi due geni esistono più di 100 varianti date da diverse mutazioni, che generalmente sono localizzate sui plasmidi. Le varianti dei geni SHV e TEM possono essere presenti anche sul cromosoma. Per il gene CTX-M si conoscono solo 30 varianti, localizzate sia su plasmidi che sul cromosoma. Ci sono altri geni che conferiscono questa resistenza, ma sono meno frequenti, ad esempio le mutazioni del gene OXA. Anche questi geni possono trovarsi sia sui plasmidi che sul cromosoma. Il fatto che questi geni siano presenti sui plasmidi, ne facilita il trasferimento tra ceppi batterici. Vi sono altri batteri che possono presentare questo tipo di resistenza ad ampio spettro, ma essa è maggiormente diffusa nella famiglia degli Enterobatteri. I ceppi ESBL sono molto diffusi nell ambiente ospedaliero, soprattutto in batteri patogeni come le Klebsielle. La presenza di queste resistenze rende difficile l eliminazione dei patogeni, in quanto restano pochi antibiotici efficaci. Uno di questi è la Vancomicina, attualmente molto importante nel settore medico, poiché è in grado di uccidere ceppi resistenti ai β-lattamici. A causa della loro importanza clinica, i batteri produttori di ESBL sono oggetto di approfondimento scientifico, ad esempio all Istituto Cantonale di Microbiologia a Bellinzona (ICM) [13]. 2 Si tratta di elementi genetici che possono spostarsi nel genoma di un organismo; nel caso dei batteri in diverse posizioni nel cromosoma o su plasmidi [10]. 3 -lattamasi a spettro esteso 13

3. Svolgimento pratico 3.1 Materiale Agar Sangue (Dickinson, PA-254005.04) Terreno per antibiogrammi (Mueller Hiton agar, BioMérieux, CM 51860) Anse sterili (Sarstedt, 86.1562.050) Becco Bunsen Autoclave Tryptic Soy Broth o TSB (OXOID, CM 0129) NaCl (Fluka, 71376) Micropipette Gilson Strumento per misurare la torbidità in Mcfarland Soluzione standard 0.5 Mcfarland Vortex (Genie2, G560E) Bastoncini di ovatta (Hartmann, 967 936/9) Stampigliatore Pinzette Dischetti di antibiotici con Ampicillina, Cefoxitina, Cefuroxima, Cefpodoxima, Augmentin, Ceftriaxone, Cefotaxima, Aztreonam, Cefepime (Becton, Dickinson) InstaGene Matrix (Biorad, 732-6030) Tubetti Eppendorf Centrifuga (Eppendorf, 5417 R) Frigorifero Nucleo Bond PC20 (Macherey-nagel, 740571.100) Isopropanolo Etanolo Acqua Primers CTX-f, CTX-r, OXA-r, OXA-f, SHV-r, SHV-f, TEM-c, TEM-h (Microsynth) Master Mix (Qiagen, 201443) Termocycler Veriti (AB Prism, 9902) Cappa UV Agarosio (Eurobio, GEPAGA0764) TBE (Fluka, 93349) Acido Borico (Fluka, 15663 / B0252) EDTA (Fluka, 03677) Gel Red (Biotium) Loading Buffer Marker Peso molecolare (Roche,11721933001) Microonde Pettini Lampada UV Ceppi batterici: 38 ceppi batterici ambientali e ceppo 23/07 + ESBL 14

I 38 ceppi utilizzati (vedi tabella 1) sono batteri coliformi isolati da quattro diversi ambienti (Lago Cadagno, acque di scarico dell Ospedale San Giovanni, acque del fiume Ticino prima e dopo il depuratore di Giubiasco). Questi sono stati selezionati da 250 organismi inizialmente campionati, attraverso un terriccio per far crescere e riprodurre solamente i microorganismi potenzialmente produttori di ESBL 4. Provenienza Battere Ceppo HWW-OSG E. coli 5 55SG-CF HWW-OSG E. coli 56SG-CF HWW-OSG E. coli 58SG-CF HWW-OSG C. freundii 6 66SG-CF HWW-OSG E. cloacae 7 67SG-CF HWW-OSG E. coli 80SG-CF HWW-OSG E. coli 85SG-CF AS-DG C. freundii 106DG-CF AS-DG C. freundii 108DG-CF AS-DG E. cloacae 109DG-CF AS-DG E. coli 110DG-CF AS-DG E. cloacae 115DG-CF AS-DG E. cloacae 117DG-CF AS-DG E. cloacae 120DG-CF AS-DG K. pneumonia 8 122DG-CF AS-DG E. cloacae 123DG-CF AS-DG E. cloacae 124DG-CF AS-DG E. cloacae 125DG-CF AS-DG C. freundii 126DG-CF AS-DG E. coli 130DG-CF AS-DG E. coli 131DG-CF AS-DG E. coli 133DG-CF AS-DG E. coli 135DG-CF AS-DG K. oxytoca 9 136DG-CF AS-DG E. cloacae 141DG-CF AS-DG E. cloacae 143DG-CF AS-DG C. f reundii 147DG-CF AS-DG K. oxytoca 150DG-CF SW-TicR-FDD E. cloacae 157FDD-CF SW-TicR-FDD C. freundii 162FDD-CF SW-TicR-FDD E. coli 172FDD-CF SW-TicR-FDD C. freundii 183FDD-CF SW-TicR-FDD C. freundii 185FDD-CF SW-TicR-FDD E. coli 189FDD-CF LEGENDA: HWW: Hospital Waste Water AS: Activated Sludge SW: Superficial Water TicR: Ticino River LC: Lago Cadagno FDD: Fiume Dopo Depuratore di Giubiasco DG: fiume prima Depuratore di Giubiasco OSG: Ospedale San Giovanni 4 La selezione è stata effettuata attraverso piastre cromogene per la selezione di batteri ESBL (chromid ESBL, Biomerieux, Ref 43481). Le piastre contengono un antibiotico -lattamico che, se degradato dalle ESBL, cambia colore. La selezione è stata effettuata dall équipe dell ICM. 5 Escherichia coli 6 Citrobacter freundii 7 Enterobacter cloacae 8 Klebsiella pneumoniae 9 Klebsiella oxytoca 15

SW-TicR-FDD C. f reundii 197FDD-CF SW-LC E. coli 213LC-CF SW-LC E. cloacae 248LC-CF Tabella 1 Illustra la provenienza, la specie e il nome dei ceppi batterici ambientali analizzati nell esperimento Il ceppo 23/07 + ESBL, che è stato testato in precedenza dall équipe dell ICM, è produttore di ESBL e contiene tre geni caratteristici della resistenza ricercata. 3.2 Procedimento L identificazione di batteri con geni per le ESBL avviene tramite diversi esperimenti: la crescita di batteri su terreno selettivo (eseguito in precedenza per la selezione dei 38 ceppi), l antibiogramma (ricerca di sinergie), la PCR ( ricerca di geni di resistenza) e il sequenziamento dei geni di resistenza (non eseguito in questo lavoro). 3.2.1 Preparazione dei 38 ceppi all antibiogramma e antibiogramma Le operazioni descritte in seguito sono state eseguite in condizione di sterilità, vicino a un becco Bunsen. I 38 ceppi sono stati scongelati dall equipe dell ICM e personalmente inoculati con la modalità dello strisciamento per settori 10 nel terriccio agar sangue. Lo strisciamento per settori viene eseguito in tre fasi. Si effettua un primo strofinamento fitto che arrivi all incirca a metà della capsula in modo da scaricare l ansa. L ansa deve percorrere tutto il diametro della capsula. Per il secondo strisciamento è necessario girare la capsula di 60 gradi e con l ansa si esegue uno sfregamento leggero, disegnando una linea a zig-zag. Infine, per il terzo e ultimo strisciamento, si compie una nuova rotazione sempre di 60 gradi e si esegue lo sfregamento come il precedente (vedi figura 4). Le capsule sono Figura 4 Fotografia che illustra la crescita del ceppo E.coli 189FFD inoculato secondo la tecnica dello strisciamento per settori (ICM) poi state messe in incubazione a 37 C per una notte. L agar sangue è un terreno composto da sostanze altamente nutritive, che permette a tutti i batteri di crescere e prosperare, a differenza di un terreno selettivo, che consente solo a determinati batteri di moltiplicarsi. È fondamentale eseguire questo passaggio per avere microrganismi freschi per eseguire gli antibiogrammi. I risultati possono così essere interpretati con le tabelle di riferimento, ottenute con batteri nelle stesse condizioni. Se i batteri fossero ad esempio morti, l esito del test potrebbe essere falsato. Una volta cresciuti, i batteri sono stati inoculati in un terreno liquido, in questo caso un brodo di arricchimento standard (TSB). A tal fine sono state prelevate 2-3 colonie batteriche con un ansa sterile e sono state stemperate in 2 ml di brodo. Dopo questa operazione le provette sono state messe in incubazione a 37 C per favorire la moltiplicazione batterica. Secondo i metodi standard [4], l inoculo che viene utilizzato per l antibiogramma deve avere una concentrazione di batteri non superiore a 0.5 McFarland 11 (circa 10 8 UFC 12 /ml). Per ottenere questa concentrazione, dopo circa 3 ore d incubazione, le colture batteriche sono state diluite con una soluzione 0.9% di cloruro di sodio, che mantiene le cellule vitali. Esistono due metodi che permettono di ottenere la 10 Una possibile tecnica per l inoculazione su piastra dei batteri. 11 È l unità di misura che si utilizza per misurare la concentrazione dei batteri. Indica quante cellule batteriche vi sono per ml di sospensione in base alla sua torbidità. 12 Unità Formanti Colonie 16

giusta concentrazione di batteri. Il primo, non molto preciso, consiste nell inserire i batteri nella soluzione salina e contemporaneamente confrontare l opacità della miscela che si ottiene con quella di una provetta di controllo 0.5 McFarland, fino al punto in cui le provette presentano la stessa torbidità. La seconda tecnica utilizza una macchina capace di misurare esattamente la concentrazione dei batteri, sempre in McFarland, man a mano che i batteri vengono introdotti nella provetta. In questo esperimento è stato utilizzato prevalentemente il primo metodo, per alcuni ceppi è stato utilizzato il secondo. Raggiunta la giusta concentrazione, i batteri sono stati inoculati nelle capsule per l antibiogramma. A tal fine è stato preso un batuffolo di ovatta sterile ed è stato immerso nella sospensione batterica. Il batuffolo impregnato di batteri è stato strisciato per 3 volte in modo fitto, girando per ogni strisciamento la capsula di 60 gradi. Infine è stato passato il batuffolo sul margine interno della capsula. A questo punto le capsule sono state lasciate riposare per una decina di minuti e in seguito sono stati inseriti, utilizzando una pinzetta sterile e a volte lo stampigliatore 13, i 9 dischetti di antibiotici. Sono stati inseriti i seguenti antibiotici: Ampicillina (AM, penicillina semisintetica), Cefoxitina (FOX, cefalosporina di II generazione), Cefuroxime (CX, cefalosporina di II generazione), Cefpodoxima (CPD, cefalosporina di III generazione), Augmentin (AMC, contiene Amoxicillina, penicillina semisintetica e acido clavulanico, inibitore ESBL), Ceftriaxone (CRO, cefalosporina di III generazione), Cefotaxima (CTX, cefalosporina di III generazione), Aztreonam (ATM, monobattame 14 ), Cefepime (FEB, cefalosporina di IV generazione). I dischetti sono stati inseriti nella sequenza indicata sopra. Questo permette di osservare l eventuale presenza di sinergie o di antagonismi ricercati. Le sinergie sono presenti quando due antibiotici a contatto producono un effetto maggiore sui batteri rispetto all effetto che avrebbero se fossero presi singolarmente. Gli antagonismi consistono nel fenomeno inverso, cioè quando due antibiotici a contatto presentano un effetto minore che se da soli. I dischetti sono stati messi ad una distanza reciproca maggiore ai 24 mm, per impedire interferenze tra i vari antibiotici. Le piastre sono state messe in incubazione alla temperatura di 37 C per una notte. Il giorno dopo sono state analizzate per determinare le resistenze dei ceppi analizzati. Per stabilire se il battere è sensibile o resistente ad un dato antibiotico ci si è basati sui valori di riferimento, che indicano il diametro dell alone d inibizione di crescita attorno ai diversi dischetti (vedi tabella 2). Sono poi state cercate eventuali sinergie e antagonismi, visibili attraverso variazioni delle forme degli aloni di inibizione. 13 Si tratta di una macchina nella quale si mettono i dischetti d antibiotico, che devono essere applicati alla piastra. 14 Nome della famiglia di antibiotici di cui fa parte l Aztreonam. 17

Antibiotico Concentrazione Diametro Diametro dell antibiotico dell alone dell alone applicata al dischetto (µg) < Resistente Sensibile 1 Ampicillina (AM) 10 14 mm 14 mm 2 Cefoxitina (FOX) 30 19 mm 19 mm 3 Cefuroxime (CX) 30 18 mm 18 mm 4 Cefpodoxime (CPD) 10 21 mm 21 mm 5 Ceftriaxone (CRO) 30 20 mm 23 mm 6 Augmentin (AMC) 20/10 15 17 mm 17 mm 7 Aztreonam (ATM) 30 24 mm 27 mm 8 Cefepime (FEB) 30 21 mm 24 mm 9 Cefotaxima (CTX) 5 18 mm 21 mm Tabella 2 Indica per i diversi antibiotici utilizzati (colonna 1), la concentrazione dell antibiotico sul dischetto (colonna 2), le dimensioni dell alone d inibizione nel caso il ceppo sia resistente all antibiotico (terza colonna) e nel caso sia sensibile (quarta colonna). I valori si riferiscono agli enterobatteri. Per verificare se i batteri possiedono i geni per la produzione delle ESBL, è stata osservata la loro risposta fenotipica. In caso positivo, nell antibiogramma deve evidenziarsi una sinergia tra gli antibiotici Ceftriaxone, Augmentin e Cefotaxima e una resistenza per l antibiotico Cefoxitina. Il riscontro di queste due caratteristiche è il fattore più importante. I risultati per gli altri cinque antibiotici, benché non siano determinanti per la ricerca di batteri ESBL positivi, sono comunque stati raccolti. La risposta fenotipica ricercata è spiegata di seguito. Gli antibiotici Ceftriaxone e Cefotaxima sono cefalosporine di III generazione. Augmentin contiene l antibiotico Amoxicillina, che fa parte delle penicilline semisintetiche, e l acido clavulanico, un inibitore degli enzimi ESBL. La Cefoxitina fa parte delle cefalosporine di II generazione. I quattro antibiotici presi in considerazione sono suscettibili agli enzimi ESBL, quindi in loro presenza vengono degradati e il battere risulta resistente. La presenza di acido clavulanico inibisce però l attività di questi enzimi e di conseguenza, se i batteri sono ESBL positivi, si manifesta un livello minore di resistenza ai tre antibiotici e si ha la sinergia. Per evidenziare la sinergia ricercata, il dischetto con l antibiotico Augmentin deve essere messo tra gli altri due in quanto contiene l inibitore acido clavulanico. Nelle capsule la sinergia si manifesta nel seguente modo: gli aloni esterni non appaiono come cerchi perfetti, ma presentano una sagoma ovale in cui la parte rivolta all antibiotico centrale è più grande (vedi Figura 8). Con l antibiogramma non si identificano tutti i ceppi aventi i geni della resistenza per le ESBL. È possibile infatti che alcuni batteri lo possiedano, ma che questo non venga espresso a causa della presenza di un altro gene, l AmpC. Il prodotto del gene AmpC, un altra β-lattamasi a spettro esteso, non viene inibito dall acido clavulanico e quindi non è visibile la sinergia. I batteri aventi i geni per le ESBL, che non vengono identificati tramite l antibiogramma, sono detti falsi negativi. Per verificare se i batteri contengono il gene AmpC vi sono diverse procedure. Si possono ad esempio usare delle piastre Mueller Hinton (MH) dove nel terreno viene aggiunto l antibiotico Cloxacillina (una penicillina semisintetica), che è in grado di inibire il gene AmpC. In pratica si fanno degli antibiogrammi con un unico dischetto dell antibiotico Cefoxitina che viene degradata dal prodotto dell AmpC, sia su piastre MH normali che su piastre MH con Cloxacillina. In caso di presenza del gene AmpC, i diametri di inibizione che si andranno a leggere sulle due capsule, dovranno essere diversi. Nella capsula con la Cloxacillina, l alone dovrà essere almeno 5 mm più grande rispetto a quello misurato nella capsula senza l antibiotico. Un'altra tecnica per verificare se il battere possiede il gene AmpC consiste nel ricercarne direttamente il gene, cioè svolgere lo stesso lavoro presentato in seguito per i geni TEM, SHV, OXA e CTX-M. Può anche capitare che un battere possieda il gene AmpC, ma che questo non venga espresso. In 15 20 mg Ampicillina e 10 mg Acido Clavulanico 18

questo caso l acido clavulanico è ancora in grado di inibire le di ESBL. In altre parole il gene è presente nel genoma del battere ma visto che è inattivo è come se non ci fosse. L analisi dei falsi positivi è stata eseguita in un secondo tempo dall équipe dell ICM. 3.2.2 Estrazione di DNA totale dal ceppo di controllo 23/07 + ESBL Il ceppo di controllo produce ESBL e contiene tre dei quattro geni di resistenza ricercati (TEM, SHV e CTX-M). Lo scopo di questa estrazione è quello di avere a disposizione del DNA, con il quale controllare il corretto funzionamento del termociclatore 16. Capita infatti spesso che con la PCR 17 si ottengano dei risultati errati. L estrazione del DNA totale di un battere consiste nell estrarne sia il cromosoma che i plasmidi. Alcune colonie del ceppo 23/07 + ESBL (2/3 colonie) sono state prelevate con un ansa sterile e stemperate in 200 µl di InstaGene Matrix in un tubetto Eppendorf da 1,5 ml. Questa matrice, a contatto con i batteri, ne causa la lisi e quindi la liberazione del DNA. In seguito il tubetto è stato messo sull agitatore Vortex per 15 secondi, per sciogliere bene le colonie ed è stato scaldato per 10 minuti alla temperatura di 95 C, per facilitare la lisi cellulare. Al termine del riscaldamento è stato utilizzato nuovamente l agitatore Vortex per 15 secondi, sempre per sciogliere bene le colonie e avere una miscela omogenea. Il campione è poi stato centrifugato per 10 minuti a 13000 rpm al fine di far precipitare tutto il materiale di scarto, tra cui le proteine e i residui delle pareti e delle membrane cellulari batteriche. Il DNA rimasto in sospensione è stato conservato a -20 C. 3.2.3 Estrazione dei plasmidi dai 38 ceppi d interesse Per l estrazione dei plasmidi da ogni ceppo è stato usato un apposito kit (kit Nucleobond), nel quale sono contenuti tutti i materiali e le spiegazioni necessarie per l esecuzione del test. Tramite questo kit è possibile estrarre tre diverse quantità di DNA Mini (AX 18 20), Midi (AX 100) e Maxi (AX 500) a dipendenza delle quantità di tamponi che si utilizzano. In questo esperimento sono state osservate le indicazioni per un estrazione Mini in quanto per il procedimento successivo, la PCR, è sufficiente una piccola quantità di DNA. Il primo passo per l estrazione dei plasmidi è stato quello di stemperare 2-3 colonie batteriche in 400 µl di Buffer S1+RNase A in un tubetto da 1,5 ml. Questa miscela di sostanze permette di risospendere le cellule. In seguito sono stati aggiunti 400 µl di Buffer S2 che, oltre ad avere delle proprietà tamponanti (quindi minimizzanti le variazioni di ph), permette la lisi delle cellule batteriche. Il campione è poi stato mescolato per inversione molto lenta, per non creare danni al DNA. Questo movimento è stato ripetuto per 15 volte e poi la miscela è stata incubata a 18-25 C ( temperatura ambiente) per 2-3 minuti. Il passo successivo è stato l aggiunta di 400 µl della soluzione Buffer S3, in precedenza conservata nel frigo a 4 C, per far precipitare gli scarti dovuti alla lisi batterica. Gli scarti sono costituiti di proteine, residui della parete e della membrana cellulare. Il tutto è stato di nuovo mescolato per inversione 15 volte, fino ad ottenere una sospensione omogenea. A questo punto il DNA cromosomiale ha iniziato a precipitare, visibile sotto forma di filamenti biancastri. Per facilitare tale processo la miscela è stata messa nel ghiaccio per 5 minuti; in seguito è stata centrifugata a 12,000 x g per 5-10 minuti alla temperatura di 4 C, per far depositare gli scarti della lisi e il DNA cromosomiale. Il passo finale è stato l isolazione del DNA plasmidico attraverso un NucleoBond. Si tratta di una colonnina in cui c è una resina, che dopo attivazione tramite il contatto con il Buffer N2 19, riesce a trattenere i plasmidi isolandoli dal resto della soluzione. Il surnatante ottenuto dalla centrifugazione è stato introdotto nella colonnina. Questa è stata poi lavata con 3 ml di Buffer N3 per eliminare eventuali impurità. I plasmidi 16 Il termociclatore è la macchina che esegue l amplificazione del DNA via Reazione Polimerasica a Catena o PCR. 17 Reazione Polimerasica a Catena, che permette l amplificazione del DNA. 18 La sigla AX serve per l identificazione della colonnina Nucleobond da utilizzare nei diversi casi. 19 Determina un cambiamento del ph che permette la formazione di legami chimici tra resina e DNA. 19

sono stati recuperati dalla resina attraverso l eluizione con 1 ml di Buffer N5 in un tubetto da 2 ml. Il DNA plasmidico in soluzione è stato fatto precipitare con 750 µl di isopropanolo. Il campione è stato in seguito centrifugato a 15,800 x g per 30 minuti sempre alla temperatura di 4 C ed il surnatante è stato allontanato dal pellet contenente l'estratto plasmidico. Successivamente sono stati aggiunti 500 µl di etanolo al 70% per disidratare il DNA e il tubetto è stato centrifugato nuovamente a 16,100 x g a 18-25 C (temperatura ambiente) per circa 30 minuti. Infine il DNA del pellet è stato risospeso in 40 µl d acqua. 3.2.4 Preparazione dei campioni alla PCR e PCR per i geni TEM, SHV, CTX-M e OXA Sono stati effettuati due tipi di PCR: la PCR normale, che amplifica un unico gene, e la PCR Multiplex, che amplifica diversi geni contemporaneamente. In questo esperimento è stata utilizzata la PCR normale per amplificare i geni CTX-M e OXA. Per i geni TEM e SHV è stata effettuata la PCR Multiplex, in quanto le condizioni di temperatura per l ibridazione dei primers per questi due geni sono molto simili. Innanzitutto sono stati scongelati i primers CTX-f, CTX-r, OXA-r, OXA-f, SHV-r, SHV-f, TEM-c, TEM-h, le cui sequenze nucleotidiche sono illustrate nella figura 5. Figura 5 sequenze nucleotidiche dei primers [5] 3.2.4.1 Preparazione dei campioni per la PCR normale per i geni CTX-M e OXA Per l amplificazione di ogni gene sono stati preparati diversi campioni, seguendo le indicazioni sulle quantità riportate sotto. Per il gene OXA sono stati preparati in totale 41 campioni: 38 campioni per i ceppi batterici in esame, 1 campione per il controllo negativo (invece del DNA plasmidico sono stati utilizzati 2,5 µl d acqua) e 2 campioni per il controllo positivo, con DNA proveniente dal ceppo ESBL + 23/07 (uno con 2,5 µl DNA plasmidico e uno con 2,5 µl DNA genomico). Per il gene CTX-M sono stati preparati 40 campioni: 38 campioni per i ceppi batterici in esame, 1 campione per il controllo negativo (invece del DNA plasmidico sono stati utilizzati 2,5 µl d acqua) e un solo campione per il controllo positivo (con 2,5 µl di DNA plasmidico 23/07 + ESBL). Composizione campioni per la PCR normale 12,5 µl Master Mix 0,75 µl primer-f 0,75 µl primer-r 8,5 µl H2O 2,5 µl DNA plasmidico La preparazione dei campioni è stata effettuata sotto cappa, al fine di evitare qualsiasi tipo di contaminazione. Per la preparazione di ogni campione è stata prelevata prima la sostanza necessaria in quantità maggiore, quindi la soluzione 20