La ricerca di nuove forme urbis per la città contemporanea: fra auto-figuratività e dialettiche urbano/territoriali



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Antonio Riondino La ricerca di nuove forme urbis per la città contemporanea: fra auto-figuratività e dialettiche urbano/territoriali Politecnico di Bari, Dipartimento DICAR Gruppo di ricerca UFG_Urbanformgrammars, linee di ricerca City-Nature / Den-City av.riondino@libero.it Abstract. Ambito di interesse della ricerca è lo studio e la messa a punto di principi e tecniche insediative capaci (utilizzando la definizione di Ludovico Quaroni) di una propria, precisa auto-figuratività di Piano. Suo diretto riferimento è la Città di Fondazione: tema che trova specifiche peculiarità storico-architettoniche negli insediamenti che dal periodo romano arrivano ai borghi borbonici e alla Riforma Agraria, fino ad alcuni recenti esperimenti mirati alla definizione di nuove scenari per la città contemporanea. Nel concreto, il tema intende riflettere sulla possibilità di offrire oggi un progetto teorico metodologico alternativo alla città diffusa, così come alle dinamiche connesse alla periferizzazione dei bordi esistenti. Sistemi paesaggistico/produttivi - territoriali/urbani, capaci di forma urbis e di morfogenesi coerenti coi propri codici genetici, destinati alla scala della città minima (borgo) o a risolvere parti interne alla grande dimensione (quartieri autosufficienti). Keywords: città di fondazione, pianificazione figurativa, dialettiche inter-scalari Premessa Una civiltà in grado di rovesciare [ ] il tradizionale accumularsi dell'urbanistica spontanea [ ] è anche in grado di conservare la capacità di progetto una volta che la città è costruita. Essa è lungimirante perché sa appunto progettare il proprio futuro. Argina i fiumi, costruisce enormi piattaforme sopraelevate per tenere all'asciutto la città intera, regola le acque urbane bianche e nere, produce, ammassa e distribuisce il cibo, costruisce mirabili edifici per l'attività comune dei suoi membri, possiede un'autorità sufficiente per gestire tutto ciò e farlo "durare a lungo". (Mortimer Wheeler) Utilizzando una definizione di Ludovico Quaroni, obiettivo della ricerca è quello di [ ] riprendere il filo di un discorso, di una azione per la forma della città. Suo ambito di interesse è quindi, lo studio e la messa a punto di principi, tecniche e norme insediative capaci di disciplinare una propria, durevole auto-figuratività di Piano. Suo diretto riferimento è la Città di Fondazione: tema che trova specifiche peculiarità Page 1 of 5

storico-architettoniche negli insediamenti che dal periodo romano arrivano ai borghi borbonici e alla Riforma Agraria, fino ad alcuni recenti esperimenti mirati alla definizione di nuove scenari per la città contemporanea. Loro principale caratteristica è la forte unità insediativa data dal chiaro ordine morfologico, dalla precisa identificazione nel territorio, dalla sinergica relazione con i sistemi produttivi: caratteristiche, queste, che seppure sotto molteplici declinazioni, hanno finito per tipizzare le Città di Fondazione secondo, proprie, specifiche forme urbis. Si tratta di uno dei fenomeni urbani di maggiore interesse sorti in Italia nel primo Novecento; fenomeni legati agli effetti provocati dai processi di conurbazione e trasformazione delle città consolidate del primo dopoguerra, che avevano visto, da un lato, l urgenza di una politica di difesa dei centri storici, dall altro, la cogente ricerca di forme di tutela dei margini. Urgenze che erano sfociate nei grandi temi etici dei quartieri INA Casa, e poi negli impianti colonici della Riforma Agraria all interno dei quali s era venuto a formare quel diverso pensiero moderno, quel diverso approccio alla Città vista ora come insieme dei fenomeni ambientali, come fenomeno interscalare destinato a risolvere il dualismo urbano/architettonico -paesaggistico /produttivo. 1 Verso una nuova misura conforme Proiettando quelle esperienze nelle criticità della situazione odierna, la nostra ricerca intende riflettere sulla possibilità di offrire oggi un progetto teorico-metodologico alternativo quindi alla città diffusa così come alle dinamiche connesse alla periferizzazione dei bordi esistenti. Un progetto di Città basato su una nuova misura conforme, capace di una figuratività riconoscibile, di porre rimedio alla dilatazione dei suoi margini, di resistere all indistinto processo di conurbazione del paesaggio, di costruire una nuova etimologia urbana identificativa delle nuove dinamiche fisicosociali. Un progetto di Città strategicamente limitato a parti urbane, quindi, che trova il proprio riferimento teoretico-metodologico, sia nella nozione tecnica avanzata da Ludovico Quaroni e Carlo Aymonino (relativa al concetto di quartiere applicato ad una dimensione tutta da ridefinire nella scala e nei caratteri della globalizzazione); sia in quella di natura più espressamente fenomenologica, teorizzata da Gianni Vattimo, ovvero, di un idea del progetto (architettonico) inteso non più in termini di piano omnicomprensivo, ma come campo ermeneutico necessariamente circoscritto, parzializzato ad un dato insieme di fenomeni; un sistema capace di attivare quel campo (o circolo ermeneutico) messo a punto da Hans Georg Gadamer in Verità e metodo al fine di riuscire ad analizzare, comprendere, strutturare le diverse dinamiche che compongono la principale patologia della città contemporanea: quella dell incapacità di auto-regolamentarne il disegno e le sue naturali variazioni in termini di sistema e significato logico. Applicate alla Città, queste nozioni equivalgono, quindi, ad una parzializzazione del campo d azione rispetto all altrimenti, fuori-scala territoriale. Facendo nostro l assunto teorico/linguistico proposto da Franco Purini,

tale parte di territorio potrebbe essere considerata come sua zolla : una sorta di metaforico frammento tellurico idealmente evidenziato (e non estrapolato) dal continuum territoriale e destinato, nonostante la dimensione minima, elementare rispetto alla scala d insieme, a produrre, rappresentare, attraverso il proprio specifico Universo di relazioni, la sintesi iconica del suo più generale fenomeno territoriale. Un Universo, rappresentato dal rapporto osmotico fra l artificio urbano e i segni strutturanti la natura naturata della sua costellazione paesaggistico/produttiva: di fatto, segni primari o invarianti della loro comune essenza urbanologica, del loro stesso significato figurale. Condizione, questa, che fa della diretta relazione Città/Paesaggio (dei diversi paesaggi, siano essi naturali o coltivi -paesaggi delle diversità areali, emblematici dei caratteri antropici quanto narrativi della forma assunta dal territorio-) il principale ambito di interesse dei nostri esperimenti progettuali. Tale scelta si rivolge ad una reale emergenza: quella socio-occupazionale-insediativa derivata, da un lato, dal consumo del territorio da parte delle politiche edilizie correnti, dall altro, dagli impopolamenti delle campagne provocati dai recenti fenomeni migratori. Fenomeni che richiedono una nuova politica urbanologica in difesa, appunto, della forma urbana; una forma che torni ad essere capace di comunicare l estetica della sua antropologia sociale, di tutelarne le identità soggiacenti, ma anche di svilupparne gli scenari inediti promuovendosi, perciò, come inclusiva, interrazziale, interculturale. Parliamo infatti di [ ] scenari inediti, la cui suggestione è amplificata dal loro essere visti come apparizioni nuove e necessarie. In questo senso [ ] Ciò che la nostra cultura dovrebbe fare è appropriarsi di queste nuove realtà paesistiche per contaminare positivamente le nostre. Tale compito potrebbe essere reso più facile riformulando il senso stesso del nostro patrimonio storico, da sottrarre a quel culto compiaciuto e insieme astratto del passato che implica in realtà lontananza e disinteresse nei confronti del significato più profondo di ciò che costituisce una parte fondamentale della nostra memoria. (Franco Purini) 2 I luoghi di interesse Le città e i territori privilegiati dai nostri obiettivi e dai nostri esperimenti insediativi sono infatti, quelli più soggetti a questi fenomeni: aree a forte capacità produttiva, siano esse coltive o industriali; aree nelle quali si sono prodotte forme di pseudoinurbamento diffuso del tutto prive di un principio urbanologico, così come di una dialettica organica alla città di riferimento e al suo paesaggio. Aree che si collocano in rapporto, sia alla città consolidata (interventi di rifondazione urbana), sia nel suo immediato extra-moenia (interventi di nuova fondazione), dando corpo a due tipi di strategie: a carattere fondativo (esterne alla città consolidata), o ri-fondativo (interne alla loro estensione periferica). Nel primo caso, essi corrispondono a veri e propri borghi di fondazione; nel secondo, a settori urbani compiuti: luoghi interstiziali intenti a riammagliare, trasformare (grazie anche al nuovo significato assegnato ai campi agricoli pseudo-urbanizzati da noi riconfigurati nella formula di lacerti di orto urbano -) i diffusi settori periferici. In entrambi i casi, gli elementi strutturanti i progetti sono quelli riflettenti le componenti storiche dell ideale forma urbis, ovvero: Page 3 of 5

l organicità e la compattezza del tessuto abitativo, la forte iconicità dei suoi edifici specialistici, dei loro spazi di relazione, dei segni a scala del territorio. Segni/invarianti che diventano, nella nostra ipotesi, metafisica del sistema, struttura figurativo/normativa (riproponendo il concetto quaroniano ) capace di dotare (o di far coincidere) la forma con le sue stesse leggi predisposizionali, rendendo l impianto, di fatto, un vero dispositivo tecnico/espressivo. 2.1 Le invarianti insediative Procedendo scalarmente, tali invarianti corrispondono innanzitutto al sistema orografico, ai suoi tracciati, alle sue giacenze architettoniche siano esse edilizie che naturali; quindi -a seguire-, alle componenti riguardanti i rapporti fra fenomeno coltivo e fenomeno insediativo (di fatto, l entità topografica del sistema). Entità che trova nel perimetro il suo primo e rilevante fenomeno espressivo; il suo primo problema architettonico destinato a ripercuotersi sulle altre due invarianti: quella rappresentata dagli elementi necessari ad azionare relazioni percettive a grande scala, e quella costituente il tessuto abitativo. Invarianti, che nei nostri intenti teoricoprogettuali mirano a configurarsi come segni/significato del sistema, come aggettivazione della struttura al fine di renderla decodificabile e decifrabile in ogni sua parte. Applicati al comprensorio dei Reali Siti Borbonici della Daunia pugliese (oggetto delle nostri laboratori didattici e della nostra ricerca applicata) la prima invariante vede infatti distillate le componenti e le relazioni più significative a scala del territorio. Lievi alture ed estese pianeggianti, disegnate dalle griglie coltive, dai tracciati delle reti tratturali e infrastrutturali, dalle canalizzazioni per l irrigazione idrica, dalla verticalizzazione dei silos granai, tutti percettivamente raggiungibili grazie alla condizione relativamente piana del suolo, vengono a costituire l insieme delle configurazioni ambientali/paesaggistiche dei futuri assetti morfologici. Assetti che trovano la loro precisa identificazione della forma del perimetro, ovvero, del margine del sistema insediativo, rendendo il suo ideale recinto (di fatto ricavato dalla regolarità geometrica dei suoi fronti edilizi): espressione delle differenze, luogo della massima tensione scaturita dall incontro fra Città (o parte urbana) e Natura, multiplo morfologico di un più generale fenomeno, di fatto, territoriale. Fenomeno, destinato quindi ad ulteriori specificazioni scalari; quali quelle affidate ai suoi segni prevalenti (quegli elementi iconici, dati - mumfordianamente - a porre in comunicazione tra loro i vari fenomeni agenti nel territorio ). Che trovano nei nostri progetti, la loro massima espressività nel rapporto fra l orizzontalità della pianura dauna, i suoi tracciati antopici, la verticalizzazione dei suoi manufatti: produttivi, civili, religiosi (rappresentati dai silos-granai, dalle torri civiche, dai campanili). Si tratta, in sintesi, di un procedimento segnico che trae le sue radici nella Psicologia della forma teorizzata da Heinrich Wolfflin, dagli sviluppi successivi operati da Rudoolf Arnheim sulle Dinamiche delle forme percettive, nei metodi di decodificazione e strutturazione dei fenomeni semantici proposti da Gyorgy Kepes, nel metodo cognitivo/figurativo propugnato da Erwin Panofskj, in quello psico-percettivo

delineato da Merleau Souty. Procedimenti mirati, nel nostro caso, a mettere in comunicazione, il territorio col tessuto edilizio fino ad influenzarne (in senso muratoriano) le sue stesse leggi insediative, il suo stesso codice tipo-morfologico, le sue potenziali variabili, la sua complessiva espressività. Istanza, che, tradotta nel nostro programma tipo-morfologico, vede i tipi edilizi (tratti dai caratteri areali delle città e del territorio di riferimento) essere oggetto di variazioni aggregativo/espressive in rapporto al variare dei corrispettivi fenomeni morfologici e paesaggistici. Essi sono fondamentalmente, il tipo a schiera e a pseudoschiera, entrambi organizzati sulla base dei principi dell Edilizia sociale e sulla ripresa del contributo fondamentale dato dal Moderno alla questione abitativa. Aggregati secondo le caratteristiche della scala di vicinato (criticamente mutuata dalle caratteristiche insediative soggiacenti), essi vengono infatti programmaticamente declinati in rapporto ai fenomeni agenti sia al suo interno che nell intorno territoriale-produttivo, strutturando la forma urbis come insieme di moduli tipo-morfologici, come sintesi delle sue derivate figurative. 3 Un possibile modello iconico per la città/paesaggio di nuova fondazione Il risultato in progress, è quello di un progetto di paesaggio urbano formato da unità nucleizzate : ovvero, da costanti figurativo-normative fortemente relazionate fisicamente e percettivamente intorno ad un centro paesaggistico (luogo delle comuni attività produttive) tale da comporre un vero e proprio comprensorio urbano/territoriale multicentrico gestito dalla una rinnovata rete di tracciati e complementarità funzionalivisive. Una formula insediativa, al tempo stesso tecnica ed iconica, quindi, intenta a sviluppare capacità di autodisciplina, forse anche di auto-regolamentazione. Una formula per certi versi simile all antica aspirazione ippodamea, a quella degli antichi Castrum centuriali, a quella dei borghi agresti che dal Medioevo arrivano, come nella Corteghiana di Saverio Muratori, come nel collage analogico di Aldo Rossi, come nella Vema di Franco Purini, alla possibilità di idealizzare anche una forma urbis della città contemporanea. Una città dove La forma del territorio istruitaci da Vittorio Gregotti, le mirabili descrizioni del paesaggio utilizzate da Rosario Assunto, le zolle incise di Franco Purini, possano diventare una reale ipotesi per nuovi scenari urbanopaesaggistici. Scenari di una nuova aggettivazione, di un nuovo sistema semiologico nel tentativo di risolvere quella che è l odierna contraddizione ontologica, rappresentata, appunto, dalla dimensione snaturata e sregolata dei luoghi dell esistenza, dalla perdita di ogni cogito di auto-identificazione. Una città -quella che proponiamo- nuovamente strutturata, quindi in grado (richiamando ancora Gadamer) di sviluppare ed esplicare ruoli e sensi, di svelarne le più insite appartenenze e dialoghi, di evolverli in forme narrative di una antropologia urbana, capace -come nelle mirabili visioni di Italo Calvino- di costruire la città del futuro, o almeno di risolvere l alienazione cui sembrava essere costretto l uomo della città contemporanea. Page 5 of 5