REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE FERIALE PENALE



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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE FERIALE PENALE 42800/14 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PIETRO DUBOLINO Dott. LUCA VITELLI CASELLA Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO Dott. ANTONIO SETTEMBRE Dott. ROBERTO MARIA CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE - Presidente - - Rel. Consigliere - - Consigliere - - Consigliere - - Consigliere - UDIENZA PUBBLICA DEL 21/08/2014 SENTENZA N REGISTRÒ GENERALE N. 29562/2014 ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da: orzp11 4 11/411 k ii140~1 TORCHIO GIACINTO N. IL 26/03/1949 avverso la sentenza n. 1153/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del 03/03/2014 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/08/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.,?».2e4.-c> che ha concluso per,e 6, t AA.." -L.r( ist_2_. Udito, per la parte civile, l'avv Udit i difensor Avv. Via Serbelloni, 1 20122 MILANO (MI) redazione@penalecontemporaneo.it Editore Luca Santa Maria Direttore Responsabile Francesco Viganò 2010-2014 Diritto Penale Contemporaneo

Ricorrente TORCHIO Giacinto ORDINANZA La Corte d'appello di Torino, con sentenza emessa il 3 marzo 2014, confermava quella di primo grado che giudicò TORCHIO Giacinto responsabile del delitto di diffamazione continuata aggravata dal mezzo della pubblicità - commesso in Asti ed in San Damiano d'asti dal febbraio al settembre 2006 - condannandolo alla pena della multa, ritenuta di giustizia, concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti all'aggravante contestata, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio. Riformava parzialmente la sentenza di primo grado limitatamente alla quantificazione della provvisionale. Per quanto in questa sede rileva, i Giudici d'appello,ribadita la sussistenza dell'addebito ascritto all'imputato (dallo stesso neppure contestata ) hanno escluso si fosse maturato il termine finale di prescrizione, attesa l'incidenza di plurime cause di sospensione per almeno sette mesi. Ricorre per cassazione l'imputato, per tramite del difensore, deducendo due motivi per vizi di violazione di legge e di difetto,contraddittorietà ed illogicità della motivazione, così sintetizzati. Con la prima doglianza deduce il ricorrente che, diversamente da quanto affermato dalla Corte distrettuale, il reato sarebbe ormai definitivamente estinto per prescrizione. Si sostiene infatti che, partendo dalla data di decorrenza del termine - coincidente con la data di consumazione del reato individuata,con la sentenza di primo grado,nel marzo 2006 - avrebbe dovuto tenersi conto del minor termine sospensivo pari a 147 giorni ( e non a sette mesi ), con esclusione dei cinque periodi di rinvio disposti nel corso del giudizio di primo grado per impedimento del giudice,per la pendenza di trattative volte alla rimessione della querela,per omessa citazione dei testimoni da parte del P.M. e per impedimento del difensore di parte civile, di guisa che il reato si sarebbe definitivamente estinto alla data del 24 febbraio 2014. Con il secondo motivo, lamenta il difensore come la sentenza impugnata difetti di motivazione in punto alla condanna dell'imputato al pagamento della provvisionale, per la mancanza di prova del danno subito dalle parti civili per fatto dell'imputato. i <

+++++++++++++ Evidenzia il Collegio, tutto ciò premesso, che, in riferimento al primo motivo di ricorso, esiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Preliminare è l'accertamento della data di consumazione del reato dalla quale decorre il termine di prescrizione del reato in conformità al disposto dell'art. 158 cod. pen.,nel testo novellato, applicabile nel caso di specie. Il capo di imputazione fa riferimento, a tale proposito, a fatti accaduti " dal mese di febbraio 2006 al settembre 2006". Non appare rivestire alcuna rilevanza la pur contestata continuazione, peraltro non applicata dal Giudice di prime cure che, concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti all'aggravante sub art. 595, comma 3 0 cod.pen.: reato commesso con il mezzo della stampa, ha determinato la pena nella misura di euro 1.032,00 di multa pari al massimo edittale previsto per l'ipotesi-base, senza apportarvi alcun aumento ex art. 81 cpv. cod. pen. Ha peraltro statuito il Tribunale di Asti che "a febbraio dell'anno 2006 " furono rinvenuti, sulla pubblica via dalla domestica della famiglia delle parti offese,mentre si recava al lavoro,alcuni ritagli di giornale recanti le fotografie dei fratelli Goria,con scritte ingiuriose. Inoltre in " altra occasione " (non meglio collocata ratione temporis ) la stessa donna ebbe occasione di leggere sul vetro impolverato dell'automobile del figlio, la scritta offensiva : " Alplast merda ". "Nei giorni seguenti " - si legge ancora nella motivazione della sentenza di primo grado - furono rinvenuti, in altri luoghi pubblici del paese di San Damiano, numerosissimi volantini dall'inequivoco contenuto diffamatorio in danno dei fratelli Goria. Alcuni di essi furono spediti all'unione industriali di Asti di cui,all'epoca, Goria Renato Erminio era vicepresidente. Deve ancora annotarsi in punto alla individuazione della data di consumazione del reato, che nella stessa sentenza ( fg1.5) si accenna al fatto che "questa situazione " ebbe a protrarsi "per circa sette - otto mesi ", tantoché Goria Renato Erminio si decise a sporgere querela " nel mese di marzo " [ 2006 ]. Dalla verifica degli atti rimessi a questa Corte, risulta che l'unica querela orale fu effettivamente presentata alla P.G. in data 11 marzo 2006. Appare quindi logico e corretto far coincidere con tale data, quella di consumazione del reato, ancorandola all'unico elemento realmente dotato di inequivoca certezza. Ne discende che risultano procedibili tutte le condotte diffamatorie commesse fino alla suddette data. Per quelle successive, asseritamente commesse fino al settembre 2006 alla stregua della incolpazione, dovrebbe invece operare la causa di improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela, eventualmente da rilevarsi d'ufficio ex art. 129 codice di rito. Facendo quindi decorrere dall'il marzo 2006 il termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi sei, previsto 2 <

dalla vigente normativa in materia, il reato de quo si sarebbe estinto, l' 11 settembre 2013. Su detto termine hanno tuttavia inciso,secondo quanto risulta dallo spoglio preliminare del fascicolo, plurime cause di sospensione in dipendenza di taluni rinvii subiti dal procedimento nel corso del giudizio di_primo grado, alle quali accenna la sentenza impugnata e precisamente: 1. dal 23 dicembre 2009 al 18 marzo 2010: richiesta di rinvio disposto, senza opposizione di P.M. e delle parti civili,per impedimento dell'avv. Bortolotto, difensore dell'imputato in quanto bloccato a Torino a causa del maltempo: 2 MESI e GIORNI 22. 2. dal 17 febbraio al 28 giugno 2012: rinvio disposto, con sospensione del termine di prescrizione, per impedimento professionale dello stesso difensore dell'imputato: 4 MESI e GIORNI 10. 3. dal 17 novembre al 15 dicembre 2011: rinvio disposto per adesione del difensore dell'imputato all'astensione dalle udienze proclamata dall'associazione di categoria. 28 GIORNI. Ora,fermo restando che per la sospensione sub 1, siccome dovuta ad un fatto pacificamente qualificabile come "impedimento", non può che operare il termine di giorni 60 previsto dall'art. 159, comma 2 cod. pen. e che per quella sub 3, la durata della sospensione corrisponde all'intervallo temporale ( giorni 28) tra le due udienze, vale osservare che, quanto alla sospensione sub 2, si pone invece il problema se anch'essa sia da considerare, al pari della prima, come dovuta ad " impedimento " e quindi soggetta al limite dei 60 giorni, o se invece, non essendo assimilabile il concomitante impegno professionale ad un vero e proprio " impedimento ", l'intervallo tra le due udienze, ai fini del calcolo della sospensione, debba essere computato per intero e, quindi,nella specie debba ritenersi sospeso, per mesi 4 e giorni 11 il corso della prescrizione. Nella prima ipotesi, venendo il periodo totale di sospensione ad ammontare a mesi 4 e giorni 28, la prescrizione sarebbe maturata il giorno 28 febbraio 2014 e quindi in data antecedente a quella di pronunzia della sentenza gravata di ricorso ( 3 marzo 2014 ). Nella seconda ipotesi, il totale del periodo di sospensione ammonterebbe a mesi 7 e giorni 29; per cui la prescrizione si sarebbe invece maturata in data successiva alla suddetta pronunzia e, precisamente, il 20 aprile 2014. Optare quindi per l'una piuttosto che per l'altra soluzione acquista rilevanza anche agli effetti dell'applicazione dell'art. 578 codice di rito: se nel presente giudizio di legittimità ovvero in quello di appello, in uno con la declaratoria di estinzione del reato per maturata prescrizione erroneamente disattesa dalla Corte distrettuale. La questione da risolvere, nel caso di specie, concerne pertanto l'interpretazione della disposizione dettata dal'art. 159, comma 1 n. 3 cod. pen. come novellato 3

ed in particolare se nelle riferite ipotesi la sospensione del procedimento sia stata determinata da " un impedimento" del difensore ovvero se invece consegua ad semplice "richiesta" di rinvio del processo avanzata dal difensore; donde,come si è osservato testé, la diversa durata del periodo di sospensione del corso della prescrizione. Sul punto va evidenziato il contrasto giurisprudenziale cui si è fatto cenno. Con la sentenza n.44609 del 14 ottobre 2008, la Sezione 10 ha affermato che l'impedimento del difensore per contemporaneo impegno professionale non costituisce un'ipotesi di impossibilità assoluta a partecipare all'attività difensiva e quindi, pur dando luogo ad un legittimo rinvio dell'udienza, non fa scattare i limiti di durata della sospensione della prescrizione di cui all'art. 159, comma 1 n. 3 cod. pen. In motivazione vengono richiamate le conformi pronunzie della Sez. 3, n. 4071 in data 17.10.2007, rv. 238544, Regine; Sez. 2, n. 20574 in data 12.02.2008, rv. 239890; Sez. 1, n. 25714 in data 17.06.2008, rv. 240460, Arena.Lo stesso principio è stato ancora ribadito dalla Sezione 2 con la sentenza n.17344 del 29 marzo 2011. Si è in sostanza ritenuto che in tale ipotesi non si configuri un impedimento in senso tecnico all'esercizio dell'attività difensiva,ma ricorra il caso di deliberata scelta, ancorchè legittima, fatta valere nel giudizio attraverso la " richiesta "di rinvio. Di talchè, al pari di quanto pacificamente statuito in caso di rinvio dell'udienza determinato dall'adesione del difensore all'astensione proclamata dall'associazione di categoria (S.U. n.1021 del 2002 rv.220509), la sospensione del corso della prescrizione deve abbracciare l'intero rinvio non soffrendo la limitazione dei sessanta giorni. A tale indirizzo giurisprudenziale se ne contrappone altro, di segno contrario, di cui è espressione la sentenza n.10926 emessa il 18 dicembre 2013 dalla Sezione 4. Si è sostenuto che l'impedimento del difensore per concomitante impegno professionale in altro procedimento,una volta valutato e verificato dal giudice penale che abbia accolto la relativa richiesta di rinvio, integra un caso di assoluta impossibilità a comparire ex art. 486 comma 5 codice di rito, tenuto conto dell'esigenza di garantire l'effettività della difesa tecnica come sottolineato dalle S.U. con la sentenza n. 4708 del 1992 con conseguente applicazione della " limitazione " della sospensione della prescrizione ex art. 159, comma 3 n. 1 cod.pen. PQM Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. Così deciso in Roma,lì 21 agosto 2014. Il Consigliere estensore Luca Vitelli Casella Htzf,,Zi Cr,c,«I 4 'resi' nte 'due li

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE IV Sezione Penale DEPOSITATO IN CANCELLERIA