IL SENTIMENTO Nella Critica del Giudizio, Kant studia quello che chiama sentimento, così come nelle altre due critiche aveva analizzato la conoscenza e la morale. Anche il sentimento di cui egli parla va inteso non nel senso comune del termine, ma seconda una accezione tecnica ben precisa: si chiama sentimento quella peculiare facoltà umana mediante la quale l uomo fa esperienza di quella finalità o scopo del mondo reale e delle cose che lo compongono. Si tratta di quel concetto di finalità che la prima Critica escludeva sul piano fenomenico e che la seconda postulava a livello di noumeno. Ciò che è sentimento tende a vedere e a descrivere il mondo fisico in termini di libertà e finalità. Kant sottolinea che quanto questa facoltà umana propone rappresenta solo una nostra esigenza, qualcosa che, in quanto tale, non ha valore conoscitivo in senso stretto (cioè non ha valore scientifico).
GIUDIZI RIFLETTENTI I giudizi i caratteristici ti i del sentimento t costituiscono i il campo che Kant chiama dei GIUDIZI RIFLETTENTI, in contrapposizione al campo dei GIUDIZI DETERMINANTI, cioè le affermazioni scientifiche. Mentre i giudizi determinanti sono oggettivi e scientificamente validi, almeno per ciò che concerne il fenomeno, quelli riflettenti ti esprimono solo bisogni i di ordine umano. La Critica del giudizio è appunto un analisi dei giudizi riflettenti.
GIUDIZI RIFLETTENTI Ci sono due tipi fondamentali di giudizio riflettente: quello ESTETICO, che riguarda la bellezza, e quello TELEOLOGICO, che riguarda il discorso sugli scopi della natura. Con il giudizio estetico, osserva Kant, sentiamo intuitivamente la finalità della natura. Esempio: un bel paesaggio pare rispondere alla nostra esigenza di armonia estetica. Nel giudizio teleologico tale finalità la sentiamo concettualmente. Esempio: riflettendo sulla struttura di uno scheletro, arriviamo a dire che esso ha il fine, lo scopo, di sorreggere un corpo. Nel primo caso Kant parla di finalità soggettiva e nel secondo di finalità oggettiva.
IL GIUDIZIO ESTETICO Kant ci fornisce quattro definizioni di bellezza, una per ogni gruppo categoriale. 1) Secondo la qualità il bello è l oggetto di un piacere senza interesse. Io contemplo una cosa, per esempio un opera d arte, senza interessarmi a quanto valga, a se e quanto possa essere utile, ma solo per la sua bellezza, per il piacere che la sua rappresentazione fa sorgere in me. 2) Secondo la quantità il bello è ciò che piace universalmente, senza concetto. Per Kant il giudizio estetico si presenta con una tipica pretesa di universalità, in quanto esige che il sentimento di piacere provocato da una cosa bella sia da tutti condiviso, senza che il bello sia sottomesso a qualche concetto. Le cose che giudichiamo belle sono tali perché vissute spontaneamente come belle e non perché giudicate tali attraverso un ragionamento o una serie di concetti.
IL GIUDIZIO ESTETICO 3) Secondo la relazione, la bellezza è la forma della finalità di un oggetto, in quanto questa vi è percepita senza la rappresentazione di uno scopo. L armonia degli oggetti belli, pur esprimendo un accordo fra le parti, quindi una finalità, non soggiace ad uno scopo determinato, concettualmente esprimibile. 4) Secondo la modalità, in ultimo, il bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto di un piacere necessario. È un altro modo per ribadire che il giudizio estetico è qualcosa su cui tutti p g q debbono essere d accordo, sebbene tale consonanza non sia esprimibile tramite concetti e regole logiche, ossia tramite giudizi scientifici (determinanti).
UNIVERSALITÀ Come si può notare, la tesi più vistosa e qualificante dell estetica kantiana è l universalità del bello. Si tratta di una tesi piuttosto lontana dal nostro tipico soggettivismo estetico. Bisogna tener presente che Kant distingue nettamente fra il campo del PIACEVOLE, che è ciò che piace ai sensi nella sensazione, da quello del PIACERE ESTETICO, che è il sentimento provocato dall immagine o forma della cosa che diciamo bella. Il piacere è legato alle inclinazioni individuali e quindi non ha universalità. Esempio di piacevole : la vista di una bella donna appartiene al piacevole e non al piacere estetico perché coinvolge ben precise inclinazioni individuali legate alla sessualità.
UNIVERSALITÀ Ma come è possibile che vi siano giudizi estetici universali? Kant risolve questo problema della sua estetica sulla base della comune struttura della mente umana. Kant afferma che il giudizio estetico nasce da un libero gioco, ossia da uno spontaneo rapporto, tra l immaginazione e l intelletto, in virtù del quale l immagine della cosa appare rispondente alle esigenze dell intelletto, generando un senso di armonia. Visto che queste due facoltà immaginazione e intelletto sono strutturate nel medesimo modo in ciascun essere umano, ne deriva l esistenza di giudizi estetici universali. La bellezza dunque non sarebbe una proprietà oggettiva delle cose, ma il frutto di un incontro del nostro spirito con le cose. Kant dice che se le belle forme sono in natura la bellezza è nell uomo.
IL BELLO ARTISTICO Distinto dal bello presente in natura, c è il bello artistico. Quest ultimo non viene appreso nelle cose mediante il giudizio del gusto, ma è prodotto dal genio, ovvero dalla ragione che opera come natura, spontaneamente e creativamente. Kant ritiene che solo nel mondo dell arte vi sia il genio, solo l artista può essere tale, mentre riserva il termine ingegno all ambito della filosofia o della scienza. Fra il bello di natura e il bello nell arte esiste, comunque, profonda affinità: la natura, infatti, è bella quando viene considerata esteticamente come opera d arte; per parte sua, l opera d arte è bella quando ha la spontaneità della bellezza naturale.
IL SUBLIME Dopo aver trattato del bello, Kant passa all analisi del sublime. Per sublime si intende un valore estetico che, in tutte le varie sottospecie, è prodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato o di incommensurabile. In particolare, il sublime matematico nasce in presenza di qualcosa di smisuratamente grande (le stelle, le galassie...), mentre il sublime dinamico di fronte alle più terribili manifestazioni della natura (uragani, terremoti...).
IL SUBLIME Di fronte a queste cose nasce in noi uno stato d animo ambivalente: da una parte proviamo dispiacere perché la nostra immaginazione non abbraccia la grandezza e potenza di tali fenomeni, ma dall altra piacere perché la nostra ragione sa concepire l infinito, al cui confronto le maggiori grandezze naturali sono insignificanti... Qualcosa di smisurato, ma di finito, ha il potere di risvegliare in noi l idea dell infinito: scoprendoci potatori di tale idea, che attesta la nostra essenza di esseri superiori alla natura, ne proviamo una commozione profonda, che trasforma l iniziale senso della nostra piccolezza fisica in una coscienza della nostra grandezza spirituale. Ci accorgiamo che il vero sublime non risiede tanto nell oggetto che ci sta di fronte, quanto in noi stessi.
GIUDIZIO TELEOLOGICO Come abbiamo visto la finalità del reale, oltre che essere percepita immediatamente nel giudizio estetico, può anche essere pensata mediante il giudizio teleologico, in virtù del concetto di fine. Secondo Kant, l unica visione scientifica del mondo è quella meccanicistica, basata sulla categoria di causa-effetto e sui giudizi determinanti. Una visione, dunque, che esclude categoricamente il concetto di fine. Kant però afferma che in noi vi è una tendenza irresistibile a pensare finalisticamente. Di fronte alle cose del mondo, noi non riusciamo a non pensare che esse Di fronte alle cose del mondo, noi non riusciamo a non pensare che esse abbiano uno scopo!
GIUDIZIO TELEOLOGICO Noi non possiamo mai fare a meno di incontrarci con la considerazione teleologica, in quanto il meccanicismo, secondo Kant, non è in grado di offrire una spiegazione soddisfacente e totale dei fenomeni naturali, in particolare degli organismi. Egli arriva addirittura a scrivere che non c è cè nessuna ragione umana [ ] che possa sperare di comprendere secondo cause meccaniche la produzione sia pure di un solo filo d erba.