Incontro sul tema Il matrimonio nel diritto Venezia, Centro culturale San Vidal, 22 maggio 2015



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Transcript:

Incontro sul tema Il matrimonio nel diritto Venezia, Centro culturale San Vidal, 22 maggio 2015 Il dialogo del diritto italiano con altri ordinamenti Cristina Campiglio In materia di famiglia (e di matrimonio) occorre prendere atto di una sorta di bipolarismo - che sembra essersi accentuato in tempi recenti - tra le normative di quelli Stati che, traendo ispirazione o anche talora semplicemente pretesto da un certo credo religioso, mostrano un impronta decisamente maschilista e non di rado sanzionano penalmente l omosessualità, e le normative di altri Stati orientate al soddisfacimento delle aspettative e delle esigenze, vere o presunte, del singolo individuo al punto da ridefinire i confini stessi della famiglia. Tale bipolarismo rispetto al quale l Italia si colloca in una posizione che potremmo definire intermedia rende difficile il coordinamento tra gli ordinamenti e suscita una serie di interrogativi, a livello internazionale, europeo e nazionale. Il presente intervento intende dare conto dei principali aspetti controversi. Il diritto al matrimonio e alla creazione di una famiglia è riconosciuto a livello internazionale fin dal secondo Dopoguerra. Risale infatti al 1948 la Dichiarazione universale dei diritti dell uomo, nella quale l Assemblea generale dell ONU ha inserito il seguente art. 16: 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei 1

futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Questa disposizione ha immediatamente suscitato la reazione del mondo islamico, di cui si è fatto portavoce il rappresentante saudita. Il Corano, infatti, subordina il matrimonio della donna alla religione islamica dell uomo; questi, dal canto suo, può sposare solo donne islamiche, ebree o cristiane. Una volta celebrato il matrimonio, poi, l uomo mantiene una posizione di privilegio. Questa concezione della famiglia non si rispecchia nella Dichiarazione del 1948. Proprio per tener conto della posizione islamica, l ONU ha evitato, nel successivo Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966), qualsiasi riferimento alla non discriminazione su base religiosa e ha attenuato il principio di uguaglianza dei coniugi. Recita infatti l art. 23 del Patto: 1. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. 2. Il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia è riconosciuto agli uomini e alle donne che abbiano l'età per contrarre matrimonio. 3. li matrimonio non può essere celebrato senza il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 4. Gli Stati parti del presente Patto devono prendere misure idonee a garantire la parità di diritti e di responsabilità dei coniugi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e al momento del suo scioglimento. In caso di scioglimento deve essere assicurata ai figli la protezione necessaria. Nel frattempo, in Europa, un altra organizzazione internazionale (il Consiglio d Europa) elaborava la Convenzione europea dei diritti dell uomo (la c.d. CEDU, risalente al 1950), che all art. 12 sancisce: A partire dall età minima per contrarre matrimonio, l uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l esercizio di tale diritto. Dalla formulazione della norma emerge chiaramente come matrimonio e famiglia siano concepiti in maniera unitaria, sicché non può essere costituita una famiglia se non vi è matrimonio. Nel 2000 l Unione europea procede a modernizzare l art. 12 della CEDU, scindendo matrimonio e famiglia e riconoscendo il diritto di creare una famiglia indipendentemente dalla celebrazione del matrimonio. L art. 9 della Carta dei 2

diritti fondamentali dell Unione europea, infatti, è così formulato: Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio. Al riguardo occorre precisare che, non essendo mai state armonizzate dall Unione europea (sprovvista di competenza in tema di diritto di famiglia), le nozioni di matrimonio e famiglia vanno ricostruite alla luce dell ordinamento di ciascuno Stato membro 1. L omesso riferimento - nell art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea - al sesso dei nubendi, unitamente al riferimento alle leggi nazionali che disciplinano l esercizio del diritto di sposarsi, mirava, nelle intenzioni dei suoi redattori, a consentire il riconoscimento di unioni matrimoniali tra persone del medesimo sesso. Nelle Spiegazioni dei redattori si legge: La formulazione di questo diritto è stata aggiornata al fine di disciplinare i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscono modi diversi dal matrimonio per costituire una famiglia. L'articolo non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso. Questo diritto è pertanto simile a quello previsto dalla CEDU, ma la sua portata può essere più estesa qualora la legislazione nazionale lo preveda. Nel 2010 la Corte europea dei diritti dell uomo (organismo del Consiglio d Europa, deputato a controllare il rispetto della CEDU) si pronuncia su ricorso di una coppia omosessuale a cui le autorità austriache avevano vietato di celebrare le nozze, in presunta violazione dell art. 12 della CEDU. I giudici ritengono, alla luce dell art. 9 della Carta dell UE, che il diritto di sposarsi tutelato dall art. 12 della CEDU non possa più essere limitato alle persone di sesso diverso, fermo restando che la previsione o meno del matrimonio tra persone del medesimo sesso rientra nella discrezionalità degli Stati. Tanto l art. 12 della CEDU quanto l art. 9 della Carta, insomma, riconoscono 1 Merita di essere ricordato che nel 2003 l Unione (allora Comunità) europea ha emanato un regolamento (il n. 2201/2003) in materia di giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, che si occupa anche delle decisioni dei tribunali ecclesiastici. Quattro Stati membri, infatti, hanno assunto impegni concordatari con la Santa Sede (Italia, Spagna, Portogallo, Malta). Secondo il regolamento (art. 63), le sentenze ecclesiastiche relative all invalidità di un matrimonio, non appena integrate nell ordinamento di uno di detti Stati, producono automaticamente effetti in tutti gli Stati membri dell Unione, al pari delle sentenze dei giudici nazionali. 3

oggi il gender neutral marriage prendendo atto che in alcuni Stati il matrimonio è aperto a tutti, a prescindere dal genere (si tratta di 21 Stati, tra cui 13 europei) ma, stante le forti implicazioni socio-culturali, ne demandano la disciplina ai legislatori nazionali, i quali restano perciò liberi di continuare a riservare l istituto matrimoniale alle persone di sesso diverso. In altri termini, gli Stati non sono tenuti a consentire né la celebrazione di nozze tra individui del medesimo sesso né la produzione di effetti di nozze omosessuali celebrate all estero (con la conseguenza che allo status di coniuge eventualmente acquisito altrove non è garantita alcuna continuità attraverso le frontiere). La stessa Corte europea poi, da un lato, ha riconosciuto degno di tutela l interesse dello Stato a promuovere il modello monogamico di matrimonio, dall altro è intervenuta sui c.d. matrimoni di convenienza. Per matrimonio di convenienza (simulato o fittizio) si intende il matrimonio celebrato non per le normali finalità - affettive e giuridiche - ma allo scopo di ottenerne vantaggi immediati. Soprattutto in passato era molto frequente che stranieri extracomunitari convolassero a nozze con cittadini di Stati dell Unione europea per acquistarne la cittadinanza e/o ottenere il permesso di soggiorno. Di qui l intervento della stessa Unione europea che nel 1997 ha adottato una risoluzione sulle misure da adottare in materia di lotta contro i matrimoni fittizi. Nel 2004, per contrastare il fenomeno, il Regno Unito ha emanato una norma che richiedeva un certificato ad hoc per gli immigrati che volessero sposarsi. Ma la Corte europea (2010) ha affermato che il margine di apprezzamento riservato agli Stati non può estendersi fino al punto di introdurre una limitazione generale, automatica e indiscriminata, a un diritto fondamentale garantito dalla Convenzione europea: la previsione di un divieto generale, senza che sia prevista alcuna indagine riguardo alla genuinità del matrimonio, è pertanto lesiva del diritto di cui all art. 12 della CEDU. Alla luce di questa decisione, la Corte Costituzionale italiana (2011) ha dichiarato illegittimo l art. 116 comma 1 codice civile, come modificato dall art. 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di 4

sicurezza pubblica), nella parte in cui richiede alla straniero extracomunitario che voglia sposarsi in Italia un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. Anche nel caso dell art. 116 del nostro codice civile, infatti, si tratta di un divieto generale giacché il legislatore lungi dal rendere più agevole l accertamento della eventuale convenienza del matrimonio dello straniero (con un cittadino italiano) ha dato vita, appunto, a una generale preclusione a contrarre matrimonio a carico di stranieri non regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato. Passando ora al tema del matrimonio poligamico, tipico degli ordinamenti di Stati islamici, va detto che tutti gli organismi internazionali deputati al controllo del rispetto dei diritti umani hanno assunto una posizione negativa, a motivo della natura discriminatoria dell istituto (originariamente concepito invero dal Corano come strumento di aiuto a vedove e orfani). La Corte europea dei diritti dell uomo (2003) ha precisato che la libertà religiosa protetta a livello internazionale riguarda soltanto la sfera intima della persona e che regole sociali di derivazione religiosa non godono pertanto di detta protezione. Ne consegue che ogni Stato può legittimamente impedire che norme di diritto privato di ispirazione religiosa attentino ai valori fondamentali dello Stato democratico, e in particolare può disattendere in pratica, disapplicare - le norme islamiche che prevedono discriminazioni in base al sesso, quali quelle che consentono all uomo di avere più mogli e di godere di privilegi in sede di scioglimento del matrimonio (il riferimento è al ripudio della moglie) o in sede successoria. In altre parole, lo Stato che non riconosce il matrimonio poligamico celebrato all estero, e dunque non riconosce lo status di coniuge alla seconda/terza/quarta moglie del poligamo, non può essere accusato di violazione di alcun diritto fondamentale e, specificamente, non può essere considerato colpevole di lesione della libertà religiosa di alcuno. E bene osservare che il settore in cui più frequentemente si pone il problema della poligamia è quello dei ricongiungimenti familiari. Come si deve comportare l autorità italiana di fronte alla richiesta della seconda/terza/quarta moglie di ricongiungersi al marito, già residente in Italia con la prima moglie? 5

Rileva al riguardo una direttiva comunitaria relativa, appunto, al diritto al ricongiungimento familiare (la n. 2003/86), che all art. 4 comma 4 prevede: In caso di matrimonio poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge. Dunque, il ricongiungimento deve essere senz altro negato: e questo, vale la pena di sottolinearlo, tanto se a chiedere il ricongiungimento è la prima moglie quanto se è una moglie successiva, perché la direttiva non richiede che a convivere sul territorio comunitario sia la prima moglie. Insomma, se l uomo è in Italia con la seconda moglie, la prima moglie (che ai nostri occhi sarebbe invero l unica sposa legittima ) non potrebbe ottenere il ricongiungimento. Da ultimo occorre accennare al problema del riconoscimento in Italia di matrimoni celebrati all estero da individui dello stesso sesso. E bensì vero che, salvo rare eccezioni, gli Stati che ammettono il matrimonio omosessuale richiedono un legame con lo Stato stesso - sia esso la cittadinanza o la residenza -, ma ciononostante non è infrequente che coppie italiane riescano a sposarsi all estero e chiedano poi la trascrizione del loro matrimonio nel registro dello stato civile italiano. Già nel 2001 il Ministero dell Interno è intervenuto in materia chiarendo, in una circolare, che non è trascrivibile il matrimonio celebrato all estero tra omosessuali, di cui uno italiano, trattandosi di atto contrario ai principi fondamentali (c.d. ordine pubblico) del nostro Paese. Seguendo le indicazioni ministeriali, l ufficiale di stato civile di Latina si era rifiutato, nel 2004, di trascrivere il matrimonio celebrato in Olanda da due italiani. Contro questo rifiuto veniva proposto ricorso al Tribunale di Latina che confermava il rifiuto (2005). Gli interessati avevano poi adito la Corte d Appello di Roma che pure aveva confermato la legittimità del rifiuto della trascrizione (2006): il matrimonio in questione non può essere trascritto nei registri dello stato civile dello Stato italiano perché non presenta uno dei requisiti essenziali per la sua configurabilità come matrimonio nell ordinamento interno, la diversità di sesso tra i coniugi. Infatti, posto che dottrina e giurisprudenza 6

tradizionalmente distinguono i requisiti per la valida costituzione del vincolo matrimoniale dai requisiti indispensabili per la sua stessa esistenza, questi ultimi vengono pacificamente individuati nella diversità di sesso, nel consenso delle parti e nella celebrazione. Tali requisiti sono invero direttamente ricavabili dall art. 107 cod. civ., che configura il matrimonio come un negozio giuridico bilaterale tra due persone di sesso diverso, le quali dichiarano, in un determinato contesto formale, di volersi prendere rispettivamente in marito ed in moglie. La coppia ricorre in cassazione, ma anche la Suprema Corte (sentenza n. 4184 del 2012) nega la trascrivibilità dell atto di matrimonio olandese. La Corte ricorda la sua stessa giurisprudenza secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è - unitamente alla manifestazioni di volontà matrimoniale degli stessi espressa in presenza dell ufficiale dello stato civile celebrante - requisito minimo indispensabile la stessa esistenza del matrimonio civile come atto giuridicamente rilevante. Questa soluzione tuttavia - prosegue la sentenza non si dimostra più adeguata alla attuale realtà giuridica, dato che nel nostro ordinamento giuridico è compresa una norma - l art. 12 della CEDU, appunto, come interpretato dalla Corte europea - che ha privato di rilevanza giuridica la diversità di sesso dei nubendi, superando radicalmente la concezione secondo cui tale diversità è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, della stessa esistenza del matrimonio. Ciò porta la Cassazione ad affermare che l intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende - non più dalla loro inesistenza, e neppure dalla loro invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell ordinamento italiano. Nonostante questa presa di posizione della Cassazione e a dispetto di una seconda circolare del Ministero dell Interno (2007) contraria alla trascrizione, il Tribunale Grosseto nell aprile 2014 ha ordinato la trascrizione del matrimonio tra due italiani del medesimo sesso celebrato a New York. La decisione del giudice toscano è stata interpretata da molti come una sorta di legalizzazione del matrimonio omosessuale e parecchi Comuni hanno iniziato a trascrivere matrimoni celebrati all estero da italiani del medesimo sesso. Di qui un nuovo intervento del Ministero dell Interno che, con una circolare dell ottobre 2014, 7

invita i Prefetti a vigilare affinché non vengano trascritti matrimoni celebrati all estero tra persone dello stesso sesso. In particolare si chiede ai Prefetti di imporre ai Sindaci la cancellazione di eventuali trascrizioni avvisando che, in caso di inerzia, si provvederà all annullamento d ufficio degli atti illegittimamente adottati. 8